La Stanza delle Cose Belle

La Stanza delle Cose Belle è quel posto, reale o immaginario, dove tutti noi custodiamo le nostre emozioni, il rifugio in cui nasconderci dal brutto che c’è fuori, la medicina che ci rimette in pace con noi stessi.

Per ognuna di queste Cose Belle dovrete sorbirvi un mio commento, che spero possa stimolare la vostra curiosità.

Enjoy!

LIBRI DA TIFOSO OLTRANZISTA

NO MILAN, T. Pellizzari, 2001, Limina

Caposaldo della letteratura faziosa ma ironica e intelligente.

Nonostante sia vecchio di quasi vent’anni, contiene classifiche spassosissime su partite da ricordare (o da cancellare, punti di vista…) giocatori da maledire nelle preghiere della sera, ed un affresco ancora attualissimo sul berlusconismo in salsa calcistica degli anni ’90 e 2000.

Nasce tutto da lì, con Pellizzari che -come me- sveglia dal torpore i tanti che si sono stupiti della sfacciataggine di Silvio nell’usare il Milan per la sua carriera politica. Carissimi, il vero conflitto di interessi è iniziato con Pellegatti a cantar le gesta del Milan di Sacchi fingendo di essere imparziale.

E mentre io e altri pochi gridavamo allo scandalo, voi dove cacchio eravate?

Da leggere perché: Su tutti, la tabella a doppio ingresso che descrive i vari scenari della domenica sera, a seconda dei risultati di Inter e Milan, ancora agli albori di Internet e Pay-TV invasiva. Inarrivabile la pennellata dedicata allo scenario “Vittoria Inter – Sconfitta Milan”: “Giornata perfetta. Si stacca il telefono per non essere disturbati mentre si guarda nell’ordine: le interviste del dopopartita, Novantesimo Minuto, i gol in tutti i telegiornali e si salta col telecomando da un programma all’altro di seconda serata per non perdere i servizi sulle due partite (o sul Derby vinto). Non esclusa qualche puntata sulle TV locali, per ascoltare le telefonate dei tifosi”.

MAI STATI IN B… E VOI? Interisti.org, 2006, TEA

Uno dei primi libri ironici sul calcio che ho letto, ormai una quindicina di anni fa. Che dire? Divertentissimo, una cronaca semiseria delle partite giocate dai nerazzurri nella stagione 2005-2006 che culminerà con il famigerato scudetto assegnato a tavolino.

Il tutto intervallato da squarci di vita quotidiana a “casa Milanello”, in cui Galliani e Ancelotti vengono ritratti in fantasiose (eppur verosimili!) conversazioni con i tesserati della Squadra dell’Amore.

Da leggere perché: Le pagelle di tante partite e gli impareggiabili commenti a supporto. Cito a caso dal mazzo: “Zanetti 6: Come al solito non si risparmia. Ma se farsi un gran culo bastasse per entrare nella storia, i libri scolastici sarebbero infarciti di soli sodomiti”.

NON SOLO COPPE – Berlusconi e il Milan M. Scolani e F. Luti, 2010, Limina

Ottimo compendio del Milan berlusconiano che, senza dimenticare le tante vittorie delle varie edizioni rossonere targate Sacchi-Capello-Ancelotti, porta alla luce fatti in realtà noti ai più eppure pervicacemente distolti dall’attenzione generale. Interessante un’analisi ante-litteram dei bilanci rossoneri dal 2000 al 2008: a volerli leggere, ci si trovano parecchi indizi sulla forza mediatica e pubblicitaria del Milan (incredibile, vero?) che a bilancio ha portato benefici annui superiori ai 100 milioni fin da quell’epoca.

Da leggere perché: In un contesto più da inchiesta e meno scanzonato, riesce comunque a inquadrare vittorie e sconfitte rossonere in un quadro più aderente alla realtà e meno mistificato dalla melensa retorica di Milanello Bianco e stampa di regime asservita.

LIBRI DA APPASSIONATO DI CALCIO E DI STORIE

L’ALIENO MOURINHO, S. Modeo, 2010, Isbn

José da Setubal si vanta tutt’oggi di non aver mai autorizzato né tantomeno benedetto alcuna biografia che lo riguardasse, eppure sono sicuro che questo libretto di una decina di anni fa gli avrà fatto cambiare idea. Che poi lo ammetta, ce ne passa, ma Modeo è bravissimo ad allargare la scena, descrivendo il portoghese non solo come allenatore ma come “animale pensante”.

Sorprendenti e solo all’apparenza inopinati i paragoni con il Mago Houdini, con Bela Guttman, con il Colonnello Lobanovskij che fanno da contrappunto alla storia sportiva di Mourinho fotografata nell’attimo storico della transizione tra Milano e Madrid.

Si parla di 4-4-2 così come di neuroscienze, di strategie di comunicazione e di capacità motivazionali a livelli di eccellenza.

Da leggere perché: Oltre ad una prefazione di Arrigo Sacchi che riesce a non farmi essere troppo in disaccordo con lui, rimango in ambito calcistico con una citazione che dovrebbe zittire i tanti iscritti al Club “Mourinho = pullman parcheggiato davanti alla porta”:“… il 22 Maggio, a Madrid (…) riporta la Champions all’Inter dopo 45 anni (…) Il percorso in questa Champions è una dimostrazione impressionante della sua variabilità tattica”.

I DUELLANTI, P. Condò, 2016, Baldini & Castoldi

Il pretesto sono le quattro sfide tra il Real di Mourinho ed il Barça di Guardiola in 18 giorni, fotografati alla perfezione da Paolo Condò, che ai tempi segue il calcio spagnolo per la Gazzetta. Ne viene fuori un affresco che con sapienti pennellate ci descrive tattiche e psicologie dei due allenatori. Curioso che la loro storia, iniziata da quasi compagni di squadra – uno colonna del centrocampo e l’altro valido assistente dell’allenatore – si sia via via tramutata in una pseudo-guerra di religione calcistica, rivisitazione internazionale del domestico Trapattoni vs Sacchi di fine anni 80.

Condò, pur parteggiando a livello di stile calcistico per il catalano, è bravo nel raccontare i punti di forza e debolezza di entrambi, consapevoli che quelle due settimane, oltre a rappresentare l’ennesima puntata dello scontro Barça-Real, rappresentano una sorta di scontro finale tra i due allenatori.

Non è un caso che, dopo quell’esperienza, i rapporti tra i due siano – se non migliorati – più distesi, pur ritrovandosi negli stessi anni ad allenare le due squadre di Manchester.

Da leggere perché: Perché Condò scrive come pochi, capace di volare alto tra psicologia dei personaggi e dettagli tecnico-tattici, contrappuntati da aneddoti e ricordi personali. Godibilissimo, aldilà delle preferenze tra i due duellanti.

LA MIA RIVOLUZIONE – L’AUTOBIOGRAFIA, J. Cruyff, 2016, Bompiani

Un caso troppo lampante per essere ignorato: pur non amando la poetica del calcio totale olandese, che in lui ha avuto al tempo stesso l’esempio più fulgido e l’eccezione ancor più lampante (uomo-squadra capace di vincere le partite da solo), è il classico libro che “va letto”. Il personaggio è unico nel suo genere e, pur non brillando di simpatia, riesce a motivare la sua presupponenza e quel complesso di superiorità con spiegazioni affascinanti, che partono dal calcio e col calcio pretendono di spiegare il mondo.

Come nel jazz, arrivo ad un certo punto oltre il quale non riesco più a seguirlo. Nel jazz semplicemente non riesco più a tenere il tempo, e quindi smette di essere interessante. Qui quantomeno capisco quel che vuol dire, pur senza condividere fino in fondo le teorie espresse.

Se vogliamo abbassarci al bieco tifo, la sola volta che ho tifato per lui l’ho ritrovato sul prato di Atene con uno sguardo allucinato dopo aver preso quattro pappine dal Milan di Capello. Ma resta un personaggio imprescindibile del calcio mondiale.

Da leggere perché: Perché, come giustamente sottolineato da Buffa e Pizzigoni nella prefazione, oltre ad avere i piedi (due, e pure piatti!) aveva pure una testa di primissimo livello, ed è probabilmente l’unico esempio di fuoriclasse in campo che è riuscito a replicare i successi anche in panchina. Il “suo” Dream Team che batte la Samp a Wembley nel ’92 è l’ideale prequel del Barcellona di Guardiola.

LA SFIDA, N. Mailer, 2012, Einaudi

Muhammad Ali è probabilmente il personaggio più iconico dell’universo sportivo, e non faccio eccezione dichiarandomene devoto discepolo.

Il racconto di un altro fuoriclasse, lo scrittore, narratore, giornalista, regista Norman Mailer, ci fa immergere idealmente nella calda notte africana del 1974 e nell’epica del Rumble in the Jungle.

Foreman diventa inconsapevole presagio del claim “la potenza è nulla senza controllo” e Ali lo sottopone ad una lezione quasi più di vita che di boxe.

Il “Rope a dope” viene elevato a categoria kantiana, e tutto il genio di Ali viene pienamente espresso dalla penna magistrale di Mailer. Un libro che gli appassionati di boxe apprezzeranno in misura totale, ma che non necessita di particolari conoscenze pugilistiche per cogliere nel segno.

Da leggere perché: tra i tanti passi da citare, scelgo quello del KO di Foreman: “Andò giù come un maggiordomo sessantenne grande e grosso che ha appena udito una notizia tragica, sì, cadde per due lunghi secondi, il campione, un pezzo alla volta, e Ali girava con lui in uno stretto cerchio, le mani pronte a colpirlo ancora una volta, e non ce ne fu bisogno, non fece altro che scortarlo al tappeto”.

IL MIO ALI, G. Minà, 2014, Rizzoli

Gianni Minà è uno dei giornalisti che ho più invidiato fin dall’adolescenza. Memorabile la gag di Troisi in cui favoleggia sull’agenda degli indirizzi del giornalista, che fatica a non piangere dal ridere insieme a Pino Daniele.

Un amore sconfinato (il suo, e modestamente anche il mio) per tutto ciò che è Latinoamerica, e una passione per alcuni personaggi sportivi mai banali: Mennea, Maradona, e ovviamente Muhammad Ali. Il libro è una raccolta di suoi articoli e sue interviste, a partire dagli anni ’70 fino agli anni 2000. Non c’è un unico filo conduttore quindi, ma c’è il magnetismo di Minà che in maniera quasi inspiegabile riesce a riunire vicino a sé personaggi enormi e apparentemente distanti tra loro.

Lui stesso racconta di come la prima intervista fatta con Ali fosse stata una delusione per entrambi: era stato proprio il pugile a commentare, quasi scusandosi: “Si vede che non sei contento dell’intervista. Pensavo fossi uno dei tanti che vogliono sentire le frasi fatte e le risposte scontate”. Era l’inizio di una grande intesa, portata avanti negli anni.

Da leggere perché: Basterebbe la foto della controcopertina, rappresentazione in pellicola della capacità di “networking” di Minà: Lui, Ali, De Niro, Garcia Marquez e Sergio Leone tutti insieme a Trastevere nel 1982. La storia della foto lui l’ha raccontata più volte, spassosissima.

COME LO SPORT ENTRA NELLA NOSTRA SOCIETA’

I MONDIALI DELLA VERGOGNA, P. Llonto, 2010, Alegre

Un argomento che penso di conoscere abbastanza, che nella sua drammaticità mi ha interessato fin da quand’ero ragazzino. Llonto ci porta in un ideale tour dell’Argentina del ’78, perfetto esempio di arma di distrazione di massa e di utilizzo di un evento sportivo, mediatico e popolare per nascondere le nefandezze di una dittatura passata alla storia come metonimia di un decennio di piombo e sangue per il continente latino-americano.

Leggendolo, ognuno ha modo di farsi la propria idea sul ruolo del calcio in tutta questa storia, e se cioè in tutto questo lo sport sia stato vittima o complice, seppure inconsapevole. Tante testimonianze, dell’epoca e di tempi più recenti, portano tanta informazione ma non contribuiscono a dipanare le nubi plumbee di quegli anni.

Il fatto che il CT argentino, El Flaco Menotti, fosse di dichiarate simpatie sinistrorse e che Diego Maradona non sia stato convocato per quei Mondiali aggiunge altri elementi alla mistica sudamericana che si respira a piene pagine in questa drammatica retrospettiva.

Da leggere perché: Interessante la prefazione di Giuseppe Narducci, che avevo avuto modo di apprezzare nelle vesti di PM nell’inchiesta Calciopoli, ma che non sapevo impegnato nella lotta per la giustizia e la verità per le vittime della dittatura militare argentina.

COME IL CALCIO SPIEGA IL MONDO, F. Foer, 2007, Baldini Castoldi Dalai

Tentativo ambizioso ma tutto sommato riuscito di partire dal calcio per spiegare alcuni fenomeni socio-storico-politici in varie parti del mondo.

Dalla genesi dell’Old Firm di Glasgow e dai suoi inevitabili riflessi a Belfast, alla “moda” dei calciatori nigeriani in Ucraina, fino all’inevitabile caso-Berlusconi, che in tante altre parti del mondo ha spinto oligarchi e ricchi possidenti a tentare di imitarne il percorso.

Ci sono narrazioni trasversali, che ad esempio raccontano di ebrei sparsi per mezza Europa con relative propaggini calcistiche (Ajax e Tottenham i più famosi, ma anche l’MTK di Budapest). C’è ad esempio un’interessante e per una volta non retorica spiegazione dell’unicità del Barcellona e dell’amore catalano.

Un testo imprescindibile per chi, come me, pensa che il calcio non sia mai troppo distante da qualsiasi evento nel mondo.

Da leggere perché: Nella parte dedicata a Berlusconi, indulge un po’ troppo sulla retorica dell’interismo simpatico e perdente, con tanto di cenni a No Milan di Pellizzari e della storica Comuna Baires di Milano, autentico feudo nerazzurro e sudamericano della Milano di inizio millennio. Esemplare invece il modo in cui descrive la subdola e pandemica influenza di Fininvest sull’intero sistema mediatico italiano.

L’ULTIMO RIGORE DI FARUK, G. Riva, 2016, Sellerio

Dei tanti libri sulla drammatica eppure affascinante storia jugoslava, questo a mio parere sintetizza al meglio il doppio legame tra calcio e società di quei territori. L’estate è quella di Italia ’90 e Faruk altri non è che l’ultimo capitano della nazionale di calcio della Jugoslavia, Faruk Hadzibegic.

Con tanti sintomi di quella che sarà la terribile guerra civile degli anni ’90, e che porterà ad un disegno di quella parte di mondo totalmente stravolto rispetto ai sussidiari su cui abbiamo studiato, la squadra si fa strada nelle Notti Magiche fino ad incontrare l’Argentina di Maradona. Continui cambi di scena tra storie personali di giovani uomini prima ancora che calciatori e resoconti di campo fanno di questo un libro fondamentale per la storia e la geografia dell’ultimo decennio del ‘900.

Da leggere perché: Chi cerca riferimenti all’immancabile Dinamo Zagabria-Stella Rossa (sì, quella del calcio volante di Boban) non rimarrà deluso ma, ripeto, rispetto ad altri volumi sull’argomento lo sguardo spazia anche al di fuori degli stadi.

DALLO SCUDETTO AD AUSCHWITZ, M. Marani, 2013, Aliberti

Che Buffa sia bravissimo a raccontare storie è tanto vero quanto banale, e con il rampollo di casa non perdiamo occasione per divanarci davanti ad uno dei tanti episodi di storytelling dell’Avvocato.

Prima di raccontarle, però, quelle storie vanno scritte, e quella di Arpad Weisz è una di quelle che merita. Allenatore di successo (scudetti vinti con Inter e Bologna), brillante mente ungherese prestata al calcio e presto dal calcio tradita.

Si dice che sia difficile salvarsi quando ci si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato: ancor più arduo, per un ebreo, trovare un posto che non sia “sbagliato” nell’Europa di fine anni ’30. La vicenda è drammaticamente scontata fin dall’inizio, nel suo peregrinare da Bologna a Parigi per poi trovare un momentaneo rifugio in Olanda, eppure le pagine lasciano una crescente angoscia di un epilogo ineluttabile quanto inaccettabile.

Da leggere perché: È proprio quando gli incroci della storia colpiscono una persona nella propria vita di tutti i giorni che ci si rende conto della portata di decisioni scellerate da parte dei cosiddetti potenti della terra. Questo vale per ogni epoca della storia, ed a maggior ragione sotto il Nazismo.

TRENTACINQUE SECONDI ANCORA, L. Iervolino, 2017, 66thand2nd

È la storia del paio di guanti più famosi della storia e dei pugni che li hanno portati. Tommy Smith e John Carlos rappresentano una fermata obbligatoria nel viaggio attraverso lo sport dell’ultimo secolo. Troppo affollato questo incrocio, tra medaglie olimpiche, sparatorie indiscriminate e gerarchie sociali in subbuglio.

La storia dei due sprinter afro-americani è un paradigma del loro coraggio e dell’ipocrisia della società americana, che non ha mai accettato quel gesto e che, anzi, ha fatto tutto il possibile per tenere ai margini della ribalta due atleti che al contrario avrebbero meritato di poter vivere della gloria e dell’importanza di quel gesto, anche prescindendo dai risultati sportivi.

Il fatto che una leggenda come Jesse Owens sia stato strumento del Comitato Olimpico USA per tentare di dissuadere i due sprinter dal portare avanti la loro protesta mette i brividi: la stessa persona che con 4 ori olimpici a Berlino ’36 aveva sbugiardato qualsiasi sragionamento su una supposta superiorità ariana, si prestava trent’anni dopo a placare la protesta di due atleti che, tra i primi, vivevano il loro ruoli di sportivi di successo con coscienza sociale, facendosi messaggeri dei tanti che nell’ombra subivano le conseguenze di un sistema che nemmeno oggi può dirsi “giusto”.

Da leggere perché: Aldilà della vicenda in sé, per la foto di Smith e Carlos mentre stanno per uscire dagli spogliatoi per la premiazione. Quel che dovrebbe essere il ritratto della gioia mostra invece gli sguardi di due ragazzi che temono per la loro stessa vita.

LA PARTITA, P. Trellini, 2019, Mondadori

Incuriosito dalla mole (quasi 600 pagine per raccontare la pur epica Italia-Brasile 3-2?), ho scoperto invece un sapiente resoconto che va ben oltre le gesta di Paolo Rossi & Co., e che ci racconta decine di storie variamente associate a quella partita, molte delle quali si intersecano nel corso della storia.

Da Havelange e Blatter ai fratelli Dassler (i Signori Adidas e Puma), da oscure vicende di casa nostra quali il Calcioscommesse e i crack di Milan e Corriere della Sera, passando per l’incredibile vicenda dell’arbitro di quella partita, Abraham Klein. Tutti ottimi contrappunti alla vicenda umana e sportiva di Enzo Bearzot, vero e proprio uomo solo della spedizione mondiale fino a quel momento.

Una piacevolissima vertigine di eventi e ricordi, tra aneddoti e pagine di storia, con una maglia azzurra in costante sottofondo a ricordare quella che, per molti della nostra generazione, è la prima vera memoria sportiva consapevole.

Da leggere perché: Proprio per l’abbondanza di argomenti e protagonisti, è praticamente impossibile che alcune delle vicende narrate non siano parte del nostro vissuto. Al tempo stesso, è altrettanto improbabile che almeno una delle storie non ci faccia dire “Ma va? Non lo sapevo!”.

PALLONE A SPICCHI, PERCHÈ C’È ALTRO OLTRE AL CALCIO

COACH WOODEN AND ME, K. Abdul-Jabbar, 2017, Add

Lewis Alcindor è un nome che ai non fanatici di NBA dirà poco, ma Kareem e il suo gancio cielo fanno parte della cultura sportiva di ogni “ragazzo” ormai entrato negli “anta”.

Coach Wooden è stato il suo allenatore all’università, il suo mentore e faro per mezzo secolo. Il fatto che uno dei più grandi cestisti di tutti i tempi non ceda all’autocelebrazione e decida di condividere la scena con il suo vecchio allenatore non deve stupire. Jabbar è da sempre una sorta di coscienza critica della società statunitense, non solo afro-americana e non solo sportiva e si è più volte espresso su tematiche storiche così come di stretta attualità.

Se la differenza di età e di ruoli non lo facesse sembrare strano, la definizione perfetta di questo libro potrebbe essere “una storia di amicizia vera”. Il rapporto che si instaura tra i due è paragonabile al porto sicuro a cui entrambi ritornano periodicamente nel corso degli anni, certi di trovare nell’altro conforto e continui spunti di confronto e crescita.

Da leggere perché: Può essere un primo approccio ad una personalità taciturna eppure carismatica come quella di Kareem Abdul-Jabbar, ben aldilà dell’iconico numero 33 e del record di punti in NBA tutt’ora detenuto.

ELEVEN RINGS, P. Jackson, 2014, Libreria dello Sport

Amo il basket, soprattutto NBA, ma non sono un esperto. Non riceverete quindi un’opinione illuminata sull’attacco a triangolo o sul chi sia meglio tra il “Maestro Zen” o “Coach Pop”. Fatta questa premessa, siamo di fronte al racconto di una delle carriere più vincenti e sorprendenti del mondo sportivo in generale. A chi è ancor più profano di me, vi basti sapere che 6 dei suoi 11 titoli li ha vinti da allenatore di Michael Jordan e gli altri 5 da allenatore di Kobe Bryant.

Due gli aspetti che più mi hanno affascinato della storia di Jackson: da una parte, il modo in cui è riuscito a far coesistere grandissimi talenti dalla personalità per alcuni aspetti devastante (MJ e KB) con una squadra – di più: una tribù -, condizione indispensabile per arrivare al successo. Dall’altra, l’importanza dell’aspetto mentale nell’approccio al gioco. Kobe descriveva ore di allenamenti in cui si facevano tutti i movimenti di difesa, passaggio e tiro senza mai avere il pallone tra le mani, e lo faceva con un tono di divertita ammirazione.

Ripeto: più ne sai di basket, più probabilmente apprezzerai il libro. Resta la grandezza del personaggio e l’influenza che ha avuto sulla NBA a cavallo dei due millenni.

Da leggere perché: Di citazioni potrei prenderne a manciate. Mi limito alla mia preferita: “E come ogni cosa nella vita, le istruzioni rimangono le stesse, per quanto le circostanze possano cambiare: taglia la legna, porta l’acqua”.

IL BASKET ERAVAMO NOI, L. Bird e E. MAGIC JOHNSON, 2011, Baldini Castoldi Dalai

Magic e Bird, tanto per essere chiari, sono stati i Messi e Ronaldo del basket degli anni ’80, con la differenza che il calcio è da sempre lo sport più seguito al mondo, mentre la NBA prima di loro era una lega con considerevoli problemi di credibilità (non ultimo l’abuso di droga tra gli stessi atleti) e popolarità tra il grande pubblico. Lakers e Celtics si spartirono 8 titoli su 10 nel decennio e la loro sfida fu interrotta solo dall’arrivo di un certo Michael Jordan.

I due sono stati avversari per tutta la loro carriera, fin dai tempi universitari: la finale del ’79 fu Michigan State (cioè Magic) vs Indiana State (cioè Bird). A livello di personalità non avrebbero potuto essere più diversi. La rivalità si fece sempre più intensa, fino al vero spartiacque nella vita di Magic, quel novembre del 1991 in cui portò l’AIDS a non essere più considerato “la malattia dei drogati e degli omosessuali”.

Ecco, quello è il momento in cui il rapporto tra i due cambia, ed è una bellissima storia di rapporti umani che lo sport è stato in grado prima di dividere e poi di unire in tempi diversi.

Da leggere perché: l’etica del lavoro dei due è da manuale. Bird dice: “La prima cosa che facevo ogni mattina era di andare a vedere i boxscore per sapere cosa avesse fatto quella sera Magic. Non riuscivo a pensare a nient’altro”.  Magic risponde qualcosa del tipo: “facevo mille tiri al giorno perché sapevo che sull’altra costa lui stava facendo altrettanto e non potevo permettermi di mollare nemmeno un centimetro”.

PERSONAGGI DEGNI DI NOTA

VOLEVO SOLO PEDALARE, A. Zanardi, 2016, Rizzoli

Il personaggio Zanardi è noto a tutti, e la forza di volontà abbinata all’autoironia è perfino superiore agli innumerevoli successi sportivi raggiunti.

Questo è il secondo libro scritto con Gianluca Gasparini (il primo è “… però Zanardi da Castelmaggiore”), ma a mio parere è quello che meglio tratteggia le caratteristiche dell’uomo, sempre alla ricerca di qualcosa, sempre curioso di imparare e mettersi alla prova, sempre pronto ad una nuova sfida. Se poi ci si può infilare qualche brugoletta e un paio di cacciaviti, ci si diverte ancor di più!

Onestamente non ho mai apprezzato più di tanto lo Zanardi televisivo conduttore di Sfide, sempre un filo retorico e un po’ troppo sorridente per i miei gusti. Ofelé fa il to’ mesté, dicono a Milano, e quindi il suo di mestiere è quello di farla, la storia, non di raccontarla. Dall’Ironman all’Olimpiade di Londra 2012, tanto per dirne due.

In questo libro la storia prima la fa, e poi la racconta per iscritto, facendo risaltare il suo talento e la sua forza semplicemente indomabile. Come altro definire un soggetto che ha appreso del rinvio delle Olimpiadi di Tokyo commentando “È una notizia che mi taglia le gambe”?

Da leggere perché: Tra i tanti, un motivo personale. Ho l’insana abitudine di chiamare mio figlio con una ventina di soprannomi diversi. Uno di questi l’ho preso in prestito da queste pagine, affibbiato da Zanardi al compagno di squadra saccente e precisètto (caratteristiche non proprio aliene al rampollo di famiglia): Wiki-petula.

AMA IL TUO NEMICO, J. Carlin, 2009, Sperling & Kupfer

Potrei giocarla facile dicendo che da questo libro è tratto il film Invictus di Clint Eastwood e chiuderla lì.

Ho, come tanti, una sorta di venerazione per Nelson Mandela, ed il modo in cui lo sport è stato usato dalla politica a fini di riconciliazione – per una volta! – e non di divisione o dissimulazione, pone questo libro nello scaffale più luminoso di un’ipotetica libreria socio-sportiva.

Mandela, coerente con la storica decisione di non voler perseguire alcuna vendetta contro il regime che l’aveva privato della libertà per 27 anni, pose da subito in pratica la frase fatta che ogni capo di governo pronuncia al suo popolo: “Sarò il Presidente di tutti”.

Calato in ambito sportivo, ciò volle dire appoggiare al 100% la squadra nazionale di rugby, per decenni appannaggio esclusivo dell’élite bianca, e fare di quello sport, di quella Coppa del Mondo ospitata in casa, il migliore messaggio di unione e riconciliazione possibili. Poi la palla ovale ci mette del suo, e il lieto fine è inevitabile.

Da leggere perché: Perché Madiba è uno degli esseri umani migliori che il pianeta ci abbia regalato e ho letto tanto che lo riguarda. In casa sono stato bonariamente “perculato” per aver finito la sua biografia (“Lungo cammino verso la libertà”) in tempi non esattamente brevissimi. Ecco: Ama il tuo nemico è un buon antipasto.

LA MIA VITA, A. Ferguson, 2014, Bompiani

Sir Alex è probabilmente l’allenatore più vincente nella storia del calcio. Aiutato dalle 20 e passa stagioni alla guida del Manchester United, ha collezionato qualcosa come una quarantina di trofei.

Spesso nello sport si sente dire che vincere è difficile, ma ripetersi lo è ancor di più. Ferguson e il Man Utd hanno viaggiato per lustri uno o due anni in avanti rispetto alla realtà della squadra. Un po’ come i mercati finanziari, che anticipano sempre quel che avverrà, Sir Alex in qualsiasi momento aveva già in mente i cambiamenti da fare nelle successive sessioni di mercato. Un vero e proprio “sistema” grazie al quale non si è mai fatto trovare impreparato nel gestire le transizioni generazionali e nemmeno i dolorosi addii di grandi campioni. Stiamo parlando di una squadra che è riuscita a vincere prima, durante e dopo giocatori stellari, sempre inseriti in un collettivo di incredibile solidità e consistenza.

Questo libro si concentra sulla carriera e sugli aspetti sportivi del tecnico, spaziando da Cantona a Cristiano Ronaldo senza dimenticare i famosi hairdryers con Beckham e gli screzi con Keane.

Da leggere perché: perché a stare sulle spalle dei giganti c’è sempre e solo da imparare e qui siamo a livelli altissimi. Se devo trovare un difetto, dedica solo poche righe al da me amatissimo Paul Ince, in realtà colonna del centrocampo dei Red Devils dei primi anni ’90.

LEADING, A. Ferguson, 2016, Hooder (in inglese)

Ideale complemento della biografia sportiva del tecnico scozzese, Leading è un vero e proprio saggio sulla gestione di risorse umane, siano esse squadre di calcio, team aziendali o classi di studenti.

Rispetto ad un ostico se non palloso – questione di gusti – trattato tecnico, qui il tutto è condito da inevitabili riferimenti all’esperienza pratica di Sir Alex e quindi a partite, allenamenti, episodi di campo. Si sente spesso dire che nella tal squadra manca una guida riconosciuta nello spogliatoio e, aldilà della malafede di certe affermazioni, spesso associate ad una ed una sola squadra, questo libro costituisce una sorta di vademecum per perfetto leader.

Senz’altro meno scontato rispetto a La Mia Vita, Leading fa capire quanto l’istinto e l’innato talento nel gestire gruppi di persone, ancor più se di successo, vada continuamente allenato ed aggiornato, utilizzando le esperienze quotidiane come utili scorte per ampliare il repertorio del Maestro.

Da leggere perché: Basterebbe questa citazione, presa quasi a caso tra le quasi 400 pagine del libro: “Each player has got to understand that they are part of a jigsaw puzzle. If you remove one piece, the picture doesn’t look right. Each player has to understand the qualities and strengths of their team-mates. In football eight players, not 11, win games, because everybody has off-days and it’s almost impossible to make 11 people play to perfection simultaneously”.

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