BARCELONA-INTER 1-0
Finalmente, la partita che aspetto da una vita. Di quelle che ti fanno perdere anni di vita, e che ti lasciano stremato manco avessi giocato dal primo all’ultimo minuto.
Siamo grandi, c’abbiamo sotto due palle grosse così.
Resistiamo nell’arena del Camp Nou con un uomo in meno per più di un’ora, e concediamo il gol solo all’84’.
Pandev gna fa e quindi è Chivu a prenderne il posto e in buona sostanza anche la posizione, seppur con evidenti diverse caratteristiche. L’andazzo non è troppo dissimile dall’andata: palla a loro ma senza grossi pericoli, e l’Inter che cerca di ripartire (a dire il vero meno frequentemente che a S. Siro). Poi Thiaghino pecca di ingenuità, allungando una mano ad altezza collo di tal Busquets, che da parte sua mette in scena la tragedia alla Mario Merola, a cui l’arbitro con un nome da trapano (De Bleckeer o qualcosa del genere) abbocca come un pollo.
Il tam-tam della vigilia ha fatto effetto, e mi chiedo come faremo a resistere per un’altra ora in 10.
E’ qui che inizia la partita che piace a me (“che piace a me” lo dico adesso che è finita e che è andata bene; nel mentre ho dubitato fortemente delle mie capacità coronariche ed ero convinto che non avrei più rivisto il sole): sì perché quasi vent’anni di magre figure in Italia ed in Europa ti fanno sentire comodi, consolanti e perfino di gran moda quei 4 stracci che ti ritrovi addosso (la metafora di pret-à-porter a dire che, abituato per anni a sculare in un modo o nell’altro partitacce in cui chiudevamo gli avversari nella NOSTRA area, sei abituato a stare in trincea e aspettare che passi la nuttata).
Tutti dietro quindi, coltello tra i denti e palle quadre a spazzare ogni cosa o essere semovente nei pressi dell’area.
Ma una differenza rispetto al ventennium orribile c’è: anche difendersi è un’arte e richiede un suo stile e una sua logica. E allora, per l’ennesima volta in stagione, scappelliamoci davanti a José e ai suoi ragazzi, per l’intelligenza con cui occupano ogni zona del campo, per la lucidità con cui lasciano senza vergogna il totale governo della palla agli avversari, consci che tanto, massicci e incazzati com’eravamo, non ci sarebbe stata trippa per gatti.
Citando i miei trascurabili trascorsi pallavolistici, la sensazione è la stessa di quando stavamo in prima linea sotto rete e ci gridavamo l’un l’altro “qui non passa un cazzo!“
Ed in effetti, nonostante le statistiche finali parleranno di decine di tiri verso la porta di Julio Cesar, i sorci verdi li vediamo una volta nel primo tempo (paratona del nostro su sinistro all’angolino di Messi) e un’altra nel secondo quando Bojan (entrato per il fantasma di Ibra) di testa la piazza fuori da metri 2.
Il gol è sul filo del fuorigioco (forse, forse, una spalla di Piqué è davanti a Muntari, ma è davvero roba di cm, quindi giusto far giocare), ma soprattutto al 91’ prima del tiro –vincente- di Bojan c’è un “mani” di Touré che quindi rende vano il tocco dello slavo/catalano, e che soprattutto mi riporta tra i vivi quando ormai il defibrillatore sarebbe potuto servire solo come eccentrico componente d’arredo nel salotto.
Il tocco di mano c’è, anche se a velocità normale mi pareva molto più plateale. Insomma, andata com’è andata è andata bene!
Bellissima l’esultanza di tutti gli interisti allo stadio, con l’Oscar per la migliore interprestazione al Sig. Massimo che prima grida “E’ finita!!!” a moglie e amici, e in 1 secondo si ricompone girandosi verso Laporta e dandogli la mano in maniera molto “simpatttica”.
Ripeto, senza timore di scadere nella retorica (e anche se scado, chemmefott’ammé?): grandissimi, tutti, fiumi di sangue nerazzurro si sono visti scorrere sul prato del Camp Nou. Tutti hanno dato tutto quello che avevano, e rispetto al solito non voglio citare nessuno proprio per celebrare tutti.
Una vera squadra, con un grande condottiero che l’ha fatta crescere fino a diventare una macchina, capace di accumulare energia positiva da qualsiasi situazione (la sceneggiata delle magliette e della “remuntada”, le battute in conferenza stampa e tutta la cloaca sentita in questi giorni).
Per la prima volta in vita mia sono in finale di Champions. L’Inter ci arriva avendo battuto con pieno merito le due maggiori indiziate per la vittoria finale (Chelsea e Barcellona), con un cammino sempre in crescendo.
Manca l’ultimo tassello. Manca quasi un mese. Nel frattempo c’è da vincere un Campionato e, se avanza, una Coppa Italia.
Grazie ragazzi, buona notte (…e chi dorme??)