OK, PANIC!

NOVARA-INTER 3-1

Stop.

Fine della corsa.

E’ tornata l’Inter simpatttica che resuscita i morti e regala serate di gloria ai debuttanti (Trabzon e Novara in 7 giorni).

… e io così pirla da volermi sorbire la differita ad orari post-lucani dopo essermi fortunosamente perso la diretta (Pearl Jam Twenty in anteprima al cinema, da brividi!).

Assisto così già “saputo” al disastro di Novara, contemplando l’encefalogramma piatto di una squadra che semplicemente non ha né capo né coda. Siamo al quarto modulo dopo 4 partite, con la costante di lasciare due monumenti –purtroppo più per dinamismo che per meriti sportivi- come Zanna e Cuchu da soli in mezzo, senza nessun altro che faccia da filtro (Nagatomo? Sneijder? Castaignos??). Poverini, per troppe volte in questo inizio campionato mi hanno ricordato lo spot di quel trumbé che correva da una parte all’altra a piantar rubinetti con l’acqua che perdeva da ogni buco possibile e immaginabile.

‘Sta gente c’ha pure un’età…

L’immagine più fedele della squadra la dà quello psicolabile di Lucio che sostanzialmente si è svegliato in versione “Nicola-Berti-do-Brasil” e gioca stabilmente davanti alla coppia museale di cui sopra, pronto a partire lancia in resta verso il nemico, con gli effetti che abbiamo ahinoi imparato a conoscere.

Morale: davanti non arrivano palle giocabili, le punte non vengono a prendersele, il resto è pura accozzaglia di craniolesi.

L’equilibrio della squadra è ben testimoniato dal primo minuto di gioco, quando un’assurda gestione della palla ai limiti della nostra area genera un 1 contro 1 che finisce con pallonata di Meggiorini sul faccione di JC, subito chiamato all’uscita disperata.

La solfa, a livello di lucidità e organizzazione, rimarrà quella per 90’ e più.

Il Meggio, vecchia conoscenza della nostra Primavera, segna l’inevitabile gol dell’ex con Lucio –how fuckin’strange– a vagabondare a metacampo e gli altri due centrali (Chivu e Ranocchia) presi in mezzo dal temibile attacco piemontese.

La ripresa vede il doppio cambio (Obi e Pazzini per Castaignos e Forlan) che si può tranquillamente definire gattopardesco: sono sempre loro a fare la partita, salvo qualche sporadico intermezzo dei nostri che ogni tanto si ricordano di essere (stati) dei campioni e mettono insieme qualche abbozzo di azione da gol. Rosina, in ogni caso, che non disturba i nostri avversari più di tanto.

Il finale è rocambolesco: Ranocchia, secondo l’arbitro ma non secondo me (che c’ho ragione!) causa il rigore e viene espulso. 2-0 e partita chiusa? Quasi, il tempo per il Cuchu di fare il gol della bandiera, ma non fa nemmeno in tempo a farcelo venire duro che Rigoni chiude il discorso con un 3-1 meritato.

 Ora, finita la cronaca, azzardo il paragone socio-politico-sportivo: Gasp (mi scuserà per l’insulto) come Berlusca. Deve andarsene, non-può-non. Ma siamo sinceri: sicuri che con un altro al suo posto i problemi magicamente svaniranno?

No.

Questo è un passo necessario ma per nulla sufficiente per far tornare l’Inter (perché di questo parliamo, ché l’Italia a confronto son quisquilie…) una squadra di calcio di senso compiuto.

L’arrivo Ranieri o Zenga potrà togliere un velo di polvere, aprire le finestre e cambiare l’aria. Ma detto questo, la squadra cigola sotto il peso dell’età, della panza piena e degli acciacchi, e i nuovi non sembrano avere i piedi e la testa per far meglio.

Certo, fa tristezza vedere le colonne della squadra (il riferimento è ancora a Cambiasso e Zanetti) esposti a queste figure barbine, che assolutamente non meritano.

Mi pare però di tutta evidenza che ci sia da portare a dignitoso termine un gruppo che ha dato e vinto tanto, facendogli fare l’ultima stagione giocando come sanno e senza pensare a stravolgimenti tattici senza senso.

Sor Claudio o un-Walter-Zenga lo possono fare? Forse. Ok, proviamo, ma siamo (congiuntivo esortativo) consapevoli che “this is a showdown” (cit. Beatlesiana dal White Album).

Nella foto: Cambiasso a fine partita.

Nella foto: Cambiasso a fine partita.

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