ANIMALANZA

ROMA-INTER 1-1

Un pareggio giusto nel suo confuso pressapochismo. Una Roma che procede a grandi folate e clamorosi errori sotto porta e sulla propria trequarti, un’Inter incapace di un solo passaggio illuminante degno di tale nome, e costretta pertanto a correre palla al piede per guadagnare campo. Non a caso, quell’animale calcistico di Guarin è stato il migliore in campo by far.

La lettura delle formazioni mi dà conferma di vecchi difetti (“proveremo fino all’ultimo per Cassano, vedremo se portarlo almeno in panchina”: Cassano è in tribuna) e sorprendenti novità (Livaja e non Rocchi a far coppia con Palacio, Gargano e non il Cuchu o Mudingayi in mezzo al campo). L’inizio come detto è di marca giallorossa, coi nostri che faticano a contenerli e con loro a sbagliare tanto. Si arriva presto al rigore per ginocchiata di Bradley sulla testa di Ranocchia, con il nostro difensore oltretutto ammonito e tutti gli altri talmente avvezzi al “libero arbitrio” da non protestare neanche.  Rigore inesistente, c’è poco da girarci intorno.  Paradossalmente, preso il ceffone l’Inter si desta, con Livaja che prima tenta la girata da campione (palo interno e smadonnaggio incorporato di chi scrive), poi è fermato per un fuorigioco che non c’è, ed infine con Guarin che sul gong decide che “s’è fatta ‘na certa”: tentativo di tiro da fuori area rimpallato e rincorsa del nostro a riprendere palla e guadagnare di forza la linea di fondo; cross basso per l’accorrente Palacio che deve solo metterci il piede. Pareggio! Per la cronaca, romanisti e ancor più giornalisti si affannano a cercare un possibile tocco di mano del Guaro, senza peraltro riuscirci.

La ripresa  vede inizialmente la Roma più spompata, complici i supplementari di Coppa Italia (giocati anche dall’Inter con 24 ore di anticipo) e soprattutto il gran ritmo del primo tempo.  L’Inter per una mezzora non corre rischi, ma di contro non sfrutta gli errori in disimpegno che i giallorossi hanno disseminato nei 90’. Qualche possibile contropiede smaschera –se ce ne fosse ulteriore bisogno- la poca qualità di passaggio dei nostri, ed ecco che l’imbeccata giusta non arriva mai, e l’attaccante di turno si incarta sul più bello.  Il finale è invece ancora di marca romana, con Piris e Osvaldo a non capitalizzare le nuove minacce portate alla porta di Handanovic, anche ieri sera tra i migliori. A nulla –purtroppo- serve l’ingresso di Rocchi, alla ricerca di quel 100° gol in Serie A che segnare contro gli odiati ex cugini evidentemente sarebbe stato troppo. Nella serata che sancisce l’addio ufficiale a Sneijder, svenduto ai turchi per poco più della metà di Pereira (per dire…) diventa imperativo andare alla ricerca di rinforzi in mezzo al campo, nella speranza che i 10 giorni di mercato rimasti siano sufficienti, ma col timore che questo granché da comprare  non ci sia…  

 

LE ALTRE

Giornata totalmente pro Juve (come se ce ne fosse bisogno): a parte lei e il Milan (per quel che conta…) tutte le altre concorrenti ad un posto Champions pareggiano, permettendo ai diversamente strisciati di fare un utile passo avanti in classifica. Continua senza tema di smentita il mio odio calcistico per le cosiddette squadre simpatia, con l’Udinese castiga-Inter a beccare 4 gol a Torino senza far giocare Di Natale se non nell’ultima mezzora, e con il Bologna gagliardo di pochi giorni fa a concedere a Pazzini la gioia di una doppietta tanto meritata quanto insperata.  Il turno era alquanto ostico sia per noi che per le nostre dirette concorrenti (Lazio e Napoli), quindi aver mantenuto le distanze non è poi così male: il problema, lapalissiano se volete, è che per recuperare punti a chi sta davanti devi vincere quando loro non lo fanno…

 

E’ COMPLOTTO

Comincio esternando il mio personale e stupito disgusto per il premio Fair Play “Andrea Fortunato” dato a Simone Perrotta della Roma, un picchiatore a piede libero che, tanto per essere chiari, avesse giocato nell’Inter, avrebbe collezionato più cartellini che maglie da titolare.  Proseguo sottolineando come le mie invettive sulla partita non fossero tanto indirizzate all’arbitro, quanto ai commentatori di Sky che, come purtroppo sempre più spesso accade, tentano in ogni modo di giustificare l’operato degli arbitri che sbagliano contro l’Inter. Ammetto di essere troppo tifoso per essere obiettivo, ma davvero fatico a capire come quello di Ranocchia possa essere considerato un intervento falloso. In diretta non ho avuto la percezione del fallo, ma solo di un gran casino, che Orsato avrà scambiato per sgambetto o roba simile, fischiando il penalty. Gli ex calciatori in studio a dire che si sarebbero arrabbiati e molto se una roba del genere fosse capitata a loro, i giornalisti a fare la supercazzola della postilla del regolamento, dove in verità si dice che va punita anche solo l’intenzione di compiere un intervento falloso. Seguendo alla lettera questo assunto, il tackle in scivolata in area di rigore equivarrebbe sempre alla massima punizione, essendo che Ranocchia non tocca in nessun modo l’avversario, il quale invece lo salta colpendolo poi involontariamente alla testa con il ginocchio. Ripeto: uno dei rigori più strampalati che io personalmente ricordi. Detto ciò, se i vari Caressa & Co. avessero detto “l’arbitro ha toppato” in mio animus complottandi sarebbe stato placato. Non è stato così: guardando i primi replay è stato tutto un “no non lo tocca… non c’è contatto… anzi è lui (Bradley) a finirgli sulla testa”, ma bastano pochi minuti per la cervellotica spiegazione in punta di regolamento, ovviamente applicabile solo a maglie nerazzurre a strisce verticali. Vana la mia speranza di avere sostegno quanto meno dai tesserati del F.C. Internazionale, visto che il Capitano (colpevole della palla persa da cui scaturisce il rigore) dice candidamente di non aver protestato perché “anche noi avevamo avuto la sensazione che il rigore ci fosse”. Alè, avanti con la sbrodola del capitano onesto e gran signore, a ulteriore riprova del fatto che la situazione era veramente difficile da giudicare.

Riprova della malafede è la già accennata spasmodica ricerca del tocco di mano di Guarin, che non viene trovata proprio perché non c’è, e che comunque avrebbe anche potuto –legittimamente, secondo loro- portare l’arbitro a fischiare fallo di mano. Curiosa questa interpretazione, comune ai due casi considerati: l’arbitro non deve fischiare in base a ciò che vede, e cioè il (non) fallo di Ranocchia o il (non) tocco di mano di Guarin, bensì in base a ciò che gli sembra possa essere successo.

Ribadisco, stavolta la mia non è una critica all’arbitro, ma proprio a questa mandria di supponenti prezzolati commentatori che devono in ogni caso dare la spiegazione che salva capra e cavoli: “due decisioni molto difficili da prendere”: sì, ma anche no. E soprattutto: una decisione sbagliata, una giusta.

Ultima chicca, a conferma del clima da tarallucci e vino, le lodi sperticate per il guardalinee che, a dire di Caressa, non ha sbagliato nemmeno una segnalazione. E’ stato bravo, ma una l’ha sbagliata, e Livaja era solo davanti al loro portiere dopo stop esemplare. Non cambia niente nel giudizio sul guardalinee, ne ha azzeccate tutte meno una, quindi ha fatto comunque il suo mestiere. Ma tu, Caressa, non puoi falsificare la realtà. E tu, cazzo di uno ZioBergomi, che minchia ci stai a fare lì se non a correggere le minchiate mistificatorie di quello là? Hai paura che ti prendano per tifoso interista? Non preoccuparti, non corri questo rischio. 

Visto l’annuncio ufficiale del passaggio di Sneijder al Galatasaray, non posso esimermi da un giudizio complessivo sull’operato della società, che svende l’ennesimo grande giocatore del Triplete senza essere stata capace di valorizzarne il patrimonio. 7.5 milioni di euro, che magari potranno diventare 10 con i vari bonus, rappresentano poco più di un rimborso spese, considerato il valore dell’olandese. Personalmente non mi interessa  il piano di ammortamento del giocatore e la possibile plusvalenza fatta a livello di bilancio (che, se c’è, è comunque minima): mi concentro sulla strategia di mercato e di comunicazione della Società, che ancora una volta, ma forse più di ogni altra volta, si è resa ostaggio del giocatore e del compratore. Duole essere d’accordo con Fabio Monti del Corriere, da decenni esperto di cose di Inter, ma ovviamente severo e spietato quando c’è da criticare: Branca deve avergli insidiato la figlia, visti i barili di disprezzo con cui condisce i suoi articoli sull’ex Cigno di Grosseto, ma la sostanza di quello che scrive è corretta: è stata l’Inter, attraverso Branca, ad aprire il caso, e da quel momento è stato come mettere il cartello SALDI fuori dal negozio.

La gestione paternalistica di Moratti, con aumenti di stipendio più o meno indiscriminati, ha portato il Club a dover ridiscutere contratti liberamente sottoscritti pochi anni o addirittura mesi prima, dicendo in sostanza “abbiamo scherzato, non ti do più 100 ma devi accontentarti di 60”. E questa, tolta la croppa di demagogia del “con quel che guadagnano, cosa vuoi che sia rinunciare a un milione all’anno?” è un’offerta che il giocatore può legittimamente rifiutare.

In quel caso, ecco che l’obiettivo della Società non è tanto incassare soldi per il cartellino del giocatore, quanto alleggerire il proprio monte ingaggi beneficiando dei minori costi alla voce stipendi. Ragionamento logico, se si vuole, ma che portato agli estremi costringe il Club a minimizzare il valore del giocatore (quando non addirittura a pagare una buonuscita affinché il Julio Cesar di turno se ne vada) con ovvio vantaggio del compratore di turno.

L’auspicio è che almeno dagli errori, e dalle ristrette necessità, si impari: la politica degli stipendi è decisamente cambiata, e con essa inevitabilmente anche la qualità della squadra: dopo la partita si faceva giustamente notare come un centrocampo di soli onesti cursori e mediani non facesse onore alla storia dell’Inter. Questo per dire che, per qualche anno, il Presidente non dovrebbe correre il rischio di pagare premi in caso di vittoria. Il giorno in cui ciò dovesse accadere, e comunque da oggi in poi, voglio sperare che eventuali elargizioni di danaro al di fuori dei contratti vigenti avvenga in forma di bonus una tantum e non di aumento sistematico in busta paga. E che, magari, gli scazzi con i propri giocatori vengano gestiti in futuro in maniera un poco meno naif .

 

WEST HAM

Magro pareggio casalingo col QPR, ultimo in classifica, che segue la dignitosa eliminazione dalla FA Cup ad opera del Manchester Utd nel replay ad Old Trafford. Periodo marroncino per gli Hammers…

Là dove non arriva il cervello o il piede fino, arriva l'"animalanza"!

Là dove non arriva il cervello o il piede fino, arriva l'”animalanza”!

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