INTER-TORINO 2-2
Ormai non si può più parlare di occasione persa, bensì di consolidata –e compassata- velocità di crociera.
Siamo una squadra da metà classifica, e solo la mediocrità di questo campionato ci tiene sconsideratamente in corsa per il terzo posto. Ti aspetti sfracelli da Guarin e Palacio e ti trovi a prendere sberle da Cerci e Meggiorini, nuovi soci del Club Gautieri, leggasi di buoni giocatori che porteranno sempre nel cuore l’Inter, destinataria delle migliori giocate delle loro oneste carriere.
E dire che, ancora una volta, era iniziata bene, anzi in maniera letteralmente incredibile: Fantantonio si guadagna con furbizia la punizione dal limite dell’area e Chivu disegna una parabola perfetta che ricorda un suo precedente gol, fatto con la maglia della Roma, anno del Signore 2003-2004.
Se non è incredibile questo…
Sono passati pochi minuti, siamo in vantaggio e non dobbiamo quindi nemmeno “fare” la partita (…cazzo di partita vuoi “fare” con Gargano e Mudingayi a centrocampo?) quindi tutto sembra incanalato per il meglio.
Invece il Toro viene fuori alla grande (il Mister compagno di vacanza fa girare i suoi 4 attaccanti a meraviglia), noi ci capiamo meno del solito, finché Guarin dimostra il lato B dell’animalanza che l’ha fatto scintillare nelle ultime uscite. Dribbling suicida al limite dell’area e palla persa: scambio tra Barreto e l’ex Meggiorini, che torna al gol dopo ere geologiche. Manco a dirlo l’ultimo gol in A l’aveva fatto ancora contro di noi: quando si dice il caso… ecco spiegato lo stringiculo che mi era preso apprendendo della sua presenza in campo al posto del capitano Bianchi. Tornando al Guaro, continuo a volergli bene, perché la stupidità è un difetto ma non una colpa. Diciamo che ci ha dato una lampante dimostrazione di cosa voglia dire farsi guidare da un cavallo, e non da un fantino. Finché facciamo a chi ce l’ha più duro, no problem (and excuse my french…), ma se si tratta di ragionare, si prega di ripassare…
Chivu, per rientrare nella normalità, si fa male ed è costretto a uscire dopo nemmeno mezz’ora, mentre A’ Cassano là davanti cerca di spremere il massimo dal proprio immobilismo. Palacio è spremuto come un limone, e coprire da solo il fronte d’attacco nuoce inevitabilmente alla lucidità sotto porta. A scanso di equivoci, i compagni provvedono a non farlo stancare, centellinando i suggerimenti in avanti (se si eccettuano i rinvii ad minchiam).
La ripresa fa quel che deve, ossia riprende la storia là dove l’avevamo lasciata: il Toro fa quel che vuole e noi non ci capiamo un cazzo. Pereira (tutti i difetti di Guarin senza averne i pregi) viene scherzato dal terribile Cerci che arriva sul fondo e crossa rasoterra di destro: Juan Jesus è in colpevole ritardo, Meggiorini è in esecrabile orario e timbra la doppietta. Di lì a poco esce Mudingayi (ennesimo giocatore sano come un pesce fino a vestire il neroblu) ed entra il Cuchu. Ora, non mi dilungherò in lodi sperticate su Cambiasso perché non è il caso, né sbrodolerò righe su righe sui due eroi romantici (il suddetto crapapelada e l’immenso Capitano) che salvano la squadra da una sconfitta assai probabile (e tutto sommato meritata). Mi limito a dire che, alla lunga, è meglio avere testa che gamba, e che le carenze dei due esperti argentini sono acuite dalla mancanza di un centrocampo normalmente detto, che possa consentire ai suddetti di rifiatare, di giocare spezzoni di partita e di non dover essere sul banco degli imputati ad ogni partita persa o non vinta. Per esser chiari: le ultime uscite del Capitano sono state terribili, con la velenosa ciliegina della palla persa a Roma domenica scorsa. Resto però dell’idea che questi due, se dosati con giudizio, possano dare ancora qualcosa all’Inter. Con la rosa attuale, diventano –purtroppo- titolari inamovibili per mancanza di alternative.
Dopo il pari del Cuchu (di destro!) seguìto a discesa arrembante di Zanna, ho addirittura l’ardire di pensare che la si possa vincere, spremendo le ultime gocce di genio di Cassano (che mette Palacio davanti al portiere prima di essere sostituito) e sperando che Guarin si faccia perdonare con la sabongia che ci ha abituato a conoscere. Invece niente: per Antonio entra il solito Alvarez poco incisivo (ma anche lui, povero Cristo, non può entrare e dover salvare la patria ogni volta…), il Guaro, chettelodicoaffà… cerca l’assist quando deve tirare e mira l’incrocio da 30 metri col compagno libero da servire.
Ma soprattutto, Handanovic mi dà due conferme di quanto ardita fosse la mia speranza, andando a deviare sul palo il tocco sotto porta di Bianchi (entrato nel frattempo) e all’ultimo minuto respingendo la fame di tripletta del maledettissimo Meggiorini.
E’ andata bene, poche balle, anche se si doveva vincere, anche se ormai Ranocchia non protesta nemmeno più per i rigori non fischiati a suo favore. Abbiamo dato via i pochi piedi buoni che avevamo per far cassa e sperando (in tre giorni) di rifare la squadra. Ma di ciò dirò a breve.
LE ALTRE
La Juve impatta col Genoa in casa e Gonde si esibisce nel classico stile Juve: low profile e negazionismo quando ruba, ché tanto alla fine torti e ragioni si compensano, sceneggiata da profondo Sud quando gli gira male. Attendo con famelica curiosità le squalifiche del giudice sportivo Tosel (lui sì tifoso –bianconero of course– reo confesso), senz’altro improntate alla sdrammatizzazione ed alla comprensione del momento sportivo. Come nel caso di Cassano. Come nel caso di Ranocchia. Come nel caso di Guarin.
Per il resto, il Napoli ne approfitta sbancando Parma, mentre la Lazio addirittura perde in casa col Chievo, rendendo perfino utile il nostro pari interno nella corsa al terzo posto. Dietro marcia bene il Milan, che vince a Bergamo e tiene il ruolino di marcia migliore degli ultimi mesi, mortacci loro. Roma e Fiorentina fanno un punto in due, e Zeman sembra arrivato al capolinea, polemizzando con la dirigenza giallorossa, incredibilmente permalosa nel veder la propria squadra subire gol in quantità.
E’ COMPLOTTO
C’è in realtà poco da dire. Non tanto perché di commenti negativi non ce ne siano, quanto perché quei commenti li sottoscrivo in pieno. A ulteriore dimostrazione che quel che voglio dai media non è uno zerbinaggio quale quello sentito nei confronti di Allegri ieri per radio (mi immaginavo il giornalista inginocchiato proferire boiate tipo “lei aveva detto che a primavera sareste stati in zona scudetto ed aveva ragione…”, prima di chiosare con uno zuccheroso “impeccabile come nemmeno il Conte Max”).
Non ho onestamente la forza di arrabbiarmi quando sento critiche pesanti, spesso ad un passo dallo sfottò, sulla gestione del caso Sneijder e sulla pochezza del centrocampo attuale. Anzi, credo che una riflessione complessiva a riguardo si imponga.
CALCIOMINCHIATA DI INVERNO
Il reale errore dell’Inter è stato, a conti fatti, non vendere Sneijder nella sessione di mercato estiva, allorquando la quotazione per il giocatore poteva facilmente essere il doppio di quella cui è stato effettivamente venduto. Lo dico da convinto ammiratore dell’olandese che, seppur scostante e umorale, resta uno dei pochi campioni in circolazione. 7.5 milioni (senza bonus, chè quelli sono previsti solo per il giocatore) vogliono dire circa la metà di Pereira, ed è stata l’ennesima –e non richiesta- dimostrazione della “fame” della nostra dirigenza che, schiava degli ultimi colpi di “cuore” del proprio Presidente (leggasi aumenti di stipendio sventagliati in euforia post Triplete), si ritrova con l’imperativo categorico di tagliare il monte ingaggi. A quel punto, pur di non pagare più i 6 milioni netti all’olandese di turno (e quindi 12 lordi), va bene anche affidarsi al (solo) compratore interessato, finendo per dirgli “per il prezzo faccia lei…”.
Sul fronte acquisti, e più in generale, con pochi soldi a disposizione, diventa capitale non sbagliare gli affari: hai poche cartucce da sparare, e devi essere sicuro di fare centro ad ogni colpo. Centro che è stato fatto con Handanovic, Guarin e Palacio, più il colpo (di culo? Almeno tra di noi diciamocelo) di Juan Jesus. Parliamo, tra tutti, di quasi 40 milioni di soli cartellini, ma mi sento di dire che sono stati ben spesi.
Restano però i 9 milioni per Silvestre, i 13 per Pereira e la decina per Alvarez. Restano i pochi ma inspiegabili soldi spesi adesso per Rocchi, per poi non farlo giocare.
Resta, in buona sostanza, l’impressione di un pericoloso pressapochismo e di scarsa coerenza, se è vero com’è vero che Strama stesso ha ammesso che la squadra era stata concepita per giocare con due mediani e Sneijder, e di aver dovuto per forza cambiare in corsa.
Ora, venduto –pare- anche Coutinho al Liverpool per un’altra dozzina di milioni, spero si riesca a portare a casa l’agognato Paulinho, che a mio parere in pochissimi hanno visto giocare, ma che pare essere buono. A patto di chiarirsi: la sola cosa che sappiamo è che il soggetto NON è il regista che ci manca. Può essere un Guarin, più o meno forte e più o meno intelligente. Ad ogni modo è un interno, un incursore, un cavallone o come cazzo volete chiamarlo. Che lo si sappia, prima di dire tra due mesi che “l’Inter pensava di aver colmato la lacuna e invece per l’estate pensa a Lodi”. A guardare l’attuale composizione della rosa, all’inter di titolari fissi a centrocampo ne servono due: un regista e un interno, in modo che i due in questione più Guarin possano garantire una solida base, attorno alla quale potersi permettere di affiancare un vecchio leone (Cambiasso o Stankovic) senza pagare dazio in termini di mobilità. Difficile che la mediana così concepita possa supportare un tridente composto da Milito-Cassano-Palacio, quindi la soluzione più realistica in attacco dovrebbe prevedere un classico “tre uomini per due maglie”. Dietro, non disprezzerei l’arrivo di Schelotto, più che altro per limitare le apparizioni di Pereira e poter dirottare saldamente a sinistra Nagatiello, in ombra nelle ultime uscite ma comunque solida realtà nerazzurra di questi tempi.
I pensieri del tènnico da bar che è in me mi riportano alle infauste domeniche di metà anni ’90, allorquando il vecchietto seduto in tribuna davanti a me recitava come un mantra l’inarrivabile climax “non-c’è-ali-non-c’è-schemi-non-c’è-un-cazzo”. Siamo oltretutto nel bel mezzo di un circolo vizioso (sono socio, so ciò! Cit. Eliana per soli malati di mente): non ci sono soldi da spendere adesso, e quindi dovremmo fare con quel che si ha in casa (bellammerda…); d’altra parte dobbiamo ad ogni costo centrare la qualificazione in Champions per poter fare acquisti degni di tale nome in estate. Ribadisco che la sola soluzione al succitato dilemma può venire dal suicidio collettivo delle nostre rivali, vedendo limitate al lumicino le nostre possibilità di ergerci dall’attuale mediocrità.
Tristèssa…
WEST HAM
Day off, visto che si gioca per la FA Cup da cui il Man Utd ci ha recentemente estromessi.