Pensieri in ordine sparso sul Mondiale.
“TI HO COMPRATO AI PRIMI DI NOVEMBRE…”
Ho passato una buona settimana a credermi una reincarnazione brizzolata del noto Crisantemi di Banfiana memoria.
Quasi tutte le squadre per cui ho tifato sono puntualmente uscite, chi già nella fase a gironi (Inghilterra, Italia, Costa d’Avorio), chi agli ottavi (lì ho fatto quasi filotto: Cile, Messico, Nigeria, Uruguay, Grecia, Algeria, Stati Uniti, tutti a cantare in coro “tutti a casa alè…“).
Mi resta da tifare la sempre nerazzurra Argentina, per quanto la colonia interista stia più che altro languendo in panchina, salvo sporadiche apparizioni.
PRIMA PILLOLA DI COMPLOTTO
A tal riguardo, il complotto è in agguato ad ogni latitudine, e quindi il pallone grintosamente recuperato da Palacio e gentilmente offerto a Messi per il gol finale di Di Maria al 118′ contro la Svizzera è stato presto dimenticato per far posto alla “inedita collaborazione tra Barça (Messi) e Real (Di Maria) che salva l’Albiceleste“.
ANALISI TENNICO-ANTROPOLOGICA
Tra le due big sudamericane, non so onestamente chi abbia avuto più culo, stanti pali e traverse a salvare risultato e deretano di entrambe le compagini.
Alla vigilia dei quarti, mi sbilancio prevedendo un approdo alle semifinali di Brasile, Argentina, Olanda oltre alla appena qualificata Germania, ed una finale tra le due storiche rivali latinoamericane.
Da buon romplicoglioni, l’unica squadra che non vorrei vedere trionfare è proprio la Seleçao. Chi mi conosce sa la poca simpatia che ho per tutto ciò che il futebol bailado rappresenta. Neymar è forte e tanto ma, come giustamente fatto notare da qualcuno, a Barcellona è la spalla di Messi. E soprattutto, diciamo la verità: non è possibile vedere 20 ragazzi nel fiore degli anni e della forza piangere prima durante e dopo le partite.
Nun se po’ vede, nemmeno se le lacrime -prevedibilissime- sono quelle del grandissimo Julione.
Spero che non vincano, punto e basta.
Come direbbe il tipico nonnetto brianzolo -avvizzito dalla vita ma con la saggezza data dall’età- “almeno ta pianget per queicos….“
LI TAGLIA ITALIOTA
Calata la mannaia dei miei giudizi sul Mondialedeimondiali, non mi nascondo dietro un dito e riconosco di essere un banale, bieco e provinciale tifoso da squadra di Club, che non riesce a gioire davvero per una Nazionale piena di “nemici” settimanali. Mi faccio scivolare addosso le ovvietà del tipo “ci credo, voi interisti di italiani non ne avete!“, chiedendomi solo su quale pianeta Paletta possa essere preferito a Ranocchia.
Per il resto, vedere Chiellini incredulo per l’impunità di Suarez mi fa sorridere, pensando alle malefatte del suddetto puntualmente impunite alle nostre latitudini. Provo un misto tra la pena e la rabbia nel sentire Caressa gridare “clamoroso!! incredibile!!” dopo averci messo un minuto buono di replay per accorgersi che quella non era una testata ma un mozzico, e cercando tutti gli appigli possibili per giustificare sconfitta ed eliminazione degli Azzurri.
Non mi lascerò sfuggire l’occasione per mettere in dubbio la serietà e la coerenza del Mister Prandelli che dà le dimissioni quella stessa sera, (“un signore”, “si assume le sue responsabilità”, “molla la cadrega in un Paese in cui le dimissioni non le dà mai nessuno”, questo il mantra di quei giorni), per poi raggiungere l’accordo con un Club la cui panchina si era guardacaso liberata pochi giorni prima (11 giugno, per la cronaca). Non arrivo a pensare che abbia giocato a perdere, ma che sia andato sul sicuro con le sue dimissioni, certo dell’abboccamento coi Turchi questo sì.
Che signore, un gran signore.
Detto ciò, ovviamente l’Italia non è uscita dal mondiale per colpa sua: la squadra è quella che è, si regge sugli ultimi spunti di qualche ex-campione (Buffon, De Rossi, Pirlo-con-tutto-il-male-che-gli-voglio, il buon Barzagli). La generazione successiva è composta da buoni giocatori o finti campioni, che evidentemente più di così non possono dare.
In altre parole: Prandelli non ha lasciato a casa Maradona, nè fatto giocare Baggio da stopper. Questi erano: tocca incolpare le mamme che non li han fatti bravi abbastanza.
SECONDA PILLOLA DI COMPLOTTO
Memore dei fiumi di critiche riversati sull’Inter per l’incapacità di chiudere con una pagina pur gloriosa del suo passato, giubilare la vecchia guardia, smembrare il malefico Clan Del Asado, e sulla ancor più grave insistenza nell’affidarsi a quegli splendidi quarantenni anzichè “far giocare i ragazzi che ci mettono tanto entusiasmo“, ho atteso al varco le serve mediatiche che puntuali si sono presentate a ranghi compatti a piena difesa dei Buffon e dei Pirlo di turno.
Fin troppo facile il parallelo: là come qua, le vacche son magre, e i pochi buoni sono i “vecchietti”. Ha ragione il prode capitano azzurro, lo scommettitore, nonchè compratore di Diplomi per corrispondenza e simpatizzante di gruppi fascistoidi: i migliori di questa Nazionale sono stati i giocatori più esperti.
Ha ragione lui così come avevano ragione i vari allenatori nerazzurri che dal 2010 ad oggi hanno continuato ad appoggiarsi sulle esperte spalle dei reduci del Triplete, stante l’inconsistenza delle nuove leve.
Uguali, ma diversi:
Buffon ha ragione.
Cambiasso è bollito e deve andarsene.
Non fa una grinza