ICARDI SI ICARDI NO

L’imputato si alzi. A suo carico, leggo dal suo fascicolo, vedo:

  • Cattivi rapporti con parte dello spogliatoio. Solo i croati? Davvero? Quant’è grande la inevitabile zona grigia, che esclude i suddetti slavi ed altrettanto gli amici-amici? La possibilità di permanenza in nerazzurro dell’Icardi è a mio parere direttamente proporzionale all’ampiezza della succitata zona grigia;
  • Relazione con l’allenatore che pare compromessa, colpe e meriti di entrambi;
  • Scarsa o nulla collaborazione con la Società che, da Febbraio in poi, ha invano chiesto low profile e silenzio mediatico, a cui l’imputato ha risposto come visto in questi giorni;
  • Uno stato di forma sotto i livelli minimi di decenza, senz’altro complici i due mesi da scioperato, e la conseguente penuria di gol in stagione. Solo 10 finora, e non dimentichiamo che anche prima della querelle-fascia di capitano, il nostro era in astinenza da gol da qualche partita.

Certo, l’imputato ha anche le sue belle esimenti, oltre a qualche attenuante ed una fedina fin qui immacolata:

  • 100 e passa gol in 6 stagioni non è roba da poco, e tutti sono concordi nel ritenere questo 2019 come una sfortunata contingenza e non come un declino del giocatore (peraltro appena 26enne);

Forse con Marotta a bordo già da Luglio la questione avrebbe potuto risolversi in maniera più rapida e meno mediatica? Chi lo sa. Qui senz’altro non si è visto arrivare il bubbone… Cara Inter, ascolta uno ossessionato dai media: se la moglie-agente del tuo giocatore migliore ti informa che da Settembre sarà in TV tutte le domeniche a parlar di calcio, la cosa in qualche modo la devi tamponare.

  • Aldilà delle esternazioni del suo agente, che mi limito a definire inopportune, la ricerca della massimizzazione dei profitti da parte di qualsiasi professionista è un imperativo cui nessuno sfugge. Fa quindi parte del gioco tutta la tiritera legata al rinnovo del contratto ed all’aumento dello stipendio. Che la questione sia stata gestita male nell’insieme è pacifco, ma in questo caso è la Società a mio parere ad avere le maggiori responsabilità.

Raiola o Mendes non avranno labbra carnose e un metro di tette da mostrare a favor di camera (per quanto Raiola…), ma si sono mai visti ospiti fissi in una trasmissione che parla di calcio? Mai.

Solo una mente semplice o obnubilata può pensare di uscire indenne da 9 mesi di domande incrociate all’insegna “allora rinnova?” “perchè non ha ancora firmato?” “ma ci sono problemi?“.

In questo, torno a dire, Wanda fa il suo mestiere e difende gli interessi di famiglia, alternando polemiche, lacrime e scollature a seconda della convenienza. Non è il massimo in termini del già citato senso dell’opportunità o di understatement ma, hey, mica siamo a Buckingham Palace… Tu però, cara Società, cos’hai fatto davvero per evitarlo? E dopo che non l’hai evitato, cos’hai fatto per minimizzare entità e durata del danno.

Prima cagata che mi viene in mente: ti dò 100 lire in più di aumento ma basta ospitate in TV non concordate con il Club.

Odio concordare con Caressa, ma capita anche questo: domenica sera l’ho sentito auspicare una gestione più o meno dittatoriale dei diritti di immagine dei calciatori da parte delle società e questo, a un imperialista come me, suona come musica celestiale. Che tu sia Icardi o Piraccini, sei un calciatore dell’Inter e mi rappresenti anche quando sei sulla tazza del cesso. Ergo: dalle tue terga non esce nemmeno un peto se non l’hai prima concordato con me.

So’ poeta, checcevoifà

SI VA BEH MA ALLORA, ANDARE O RESTARE?

Sono un vecchio romantico, quindi alla fin della fiera vorrei che Icardi rimanesse. Fortunatamente ho superato la fase in cui il centravanti della mia squadra dev’essere il mio modello di vita (per quello restano i terzini biondi e tedeschi e i mediani pelati e argentini). Il mio ragionamento è assai più utilitaristico e poggia su due motivazioni discretamente nerborute:

Se Icardi lo dai via adesso, lo svendi. Troverai senz’altro soggetti interessati, ma scordati i 110 bomboloni della clausola. Verosimilmente lo puoi cedere per 70, forse 80 milioni.

Che, per carità, son gran soldi e, vista l’endemica necessità di plusvalenze, sistemerebbero i numeri del bilancio dell’anno. Però di fatto incassi la metà di quel che sarebbe stato il suo valore dopo una stagione all’altezza dell’Icardi che conosciamo.

Ragioniamo coi se e coi ma, per una volta: immaginiamo un Icardi con i “soliti” 25 gol in Campionato, cui sommare la buona figura fatta in Champions (6 partite e 4 gol, di cui 2 a Tottenham e Barça). Se ricordate, uno dei leit motiv di questo inverno, con acque ancora placide, era “aumentiamo la clausola! Anzi no: togliamola del tutto chè anche ad aumentarla comunque è come appiccicargli sopra il cartellino del prezzo, e il PSG di turno arriva e te lo porta via“.

Invece siamo al “diamolo via al primo che ci casca e se lo piglia”, come fosse un Balotelli qualsiasi; peggio; come nell’intramontabile scena di Amici Miei, tutti consapevoli che “chi si prende Donatella, deve per forza prendersi tutto il blocco”. E la cosa, in termini di valutazione del giocatore, non fa il bene del venditore.

Ma siccome ci piace ragionare coi se e coi ma, ammettiamo pure che l’Atletico di turno sia disposto a pagare la cifra in questione: 75 cucuzze e ciao-ciao Icardi (dall’esempio ho volutamente lasciato fuori l’ipotesi Juve, che complicherebbe ancor di più il dilemma). A quel punto, col portafoglio bello pieno, devi andare a trovare e successivamente comprare uno che faccia lo stesso mestiere, magari con un procuratore più tranquillo.

E qui casca l’asino: dove lo trovi?

Dybala? Non scherziamo. A parte che è una seconda punta, e poi fa a gara col nostro a chi ha fatto la stagione peggiore…

Dzeko? E dovrei portarmi in casa un 34enne che, per quanto elegante e che fa giocar bene la squadra, segna meno della metà di Icardi?

Lukaku? Forte, senz’altro lo strapaghi -ammesso che il Man Utd voglia venderlo- sia in termini di cartellino che di ingaggio, e poi non sai in che modo può ambientarsi in Italia.

Zapata? Sta facendo la stagione della vita, ma se andiamo su di lui gettiamo la maschera e dichiariamo che vogliamo vivacchiare e basta.

Quindi come la si risolve?

Il film che mi sono fatto -non ci vuole un genio per capirlo- è che vedo impossibile la contemporanea permanenza sua e di Spalletti. E, posto che nessuno dei due al momento gode del massimo della mia considerazione, mi tengo l’argentino e sacrifico il toscano.

Spalletti sente da mesi aria malsana intorno a sè, con la Società ancora una volta incapace di far quadrato intorno al proprio Mister e a lasciare passare spifferi e voci senza che nessuno senta il dovere di smentire.

Non è nemmeno escluso che Lucianino, capita l’antifona, abbia detto “beh se me ne devo andare allora mi tolgo qualche sassolino dalla scarpa”: nessuno ha capito e probabilmente non sapremo mai la esatta genesi di tutto il putanoire legato alla fascia. Chi dice che il fastidio sia partito dallo spogliatoio, chi dal Mister, chi da Marotta.

Quel che è certo è che subito dopo Parma-Inter, vinta con gol di Martinez su bel movimento di Icardi, Spalletti ha abbaiato contro tutti senza nemmeno essere interrogato sull’argomento dicendo “è ora dibbbasta con ‘sta manfrina del contratto, ora la devono chiudere!” mostrando insofferenza tanto verso il giocatore quanto verso la dirigenza.

Ora: facciamo l’ultimo ricorso ai se e ai ma, e ipotizziamo che effettivamente Spalletti venga giubilato a fine stagione. Il nuovo Mister (agghiacciante o meno) arriverà in una situazione per lui nuova, e potrebbe tranquillamente dire “io non so cosa sia successo e non me ne frega niente: io so che qui c’è un numero 9 che la butta dentro come un cecchino e questo io me lo tengo!”.

Se invece è proprio la Società a voler far fuori Icardi, allora vedremo il nuovo allenatore districarsi tra frasi fatte del tipo “ho accettato perchè l’Inter ha una storia e un progetto, che va aldilà dei singoli giocatori”.

So di essere incoerente con quel che blatero di solito: sono di norma uno strenuo difensore del Mister di turno, perchè come sapete vedo nella scelta di quel tassello l’architrave della strategia societaria.

Faccio però molta fatica a preferire un addio di Icardi affinchè possa rimanere Spalletti, per un semplice motivo: la Società dà l’idea di essersi rotta le balle di entrambi. Tenere Spalletti vuol dire che non si è riusciti a prendere Conte (che piaccia o no), quindi per Spalletti vuol dire vivere una stagione da “sopportato”. Al primo pareggio stupido in casa parte la canea, matematico.

Posto che al momento l’epilogo più probabile è l’addio di entrambi (esemplificazione plastica del bambino e dell’acqua sporca buttati via, e proprio per quello paragone assai applicabile a latitudini interiste), almeno fatemi sperare di poter conservare una garanzia di gol per la prossima stagione.

L’ERBA CATTIVA NON MUORE MAI

INTER-PSV 1-1

Andiamo a casa, o peggio, nell’Europa dei poveri, come è giusto che sia.

Inutile recriminare su quello che fanno gli altri, assai più opportuno leccarsi le ferite e constatare che, come da titolo, certi difetti sono davvero difficili da eliminare.

Ancor più della maglia a strisce verticali nerazzurre, il tratto distintivo di questa squadra è da sempre quello di sbagliare le rimesse laterali e -ben più grave- le partite decisive, quelle senza margine di errore, quelle in cui (porcoildemonio) “dipende tutto da te”.

Era infatti assai improbabile che il Tottenham potesse sbancare il Camp Nou e, in sostanza, il Barça ha fatto quel che doveva. Non si può fargli una colpa se in una partita per loro totalmente inutile fanno riposare un po’ di titolari: in ogni caso segnano dopo pochi minuti e apparecchiano la serata come meglio non potrebbero.

Noi invece il gol lo becchiamo, pure da polli, e pure dal solo giocatore che -a sentire i sedicenti esperti- aveva già esperienza e dimestichezza con i palcoscenici internazionali, vista la pluriennale esperienza in bianconero. Oh! Come no… dribbling della minchia sulla trequarti, palla persa e sifulotto che si accomoda tra le nostre terga.

Il nostro equilibrio, psichico prima ancora che tattico, va a farsi benedire: come se mancasse una manciata di minuti e non quasi tutta la partita, i nostri sparacchiano palloni in avanti alla cazzo, azzardano dribbling e giocate in verticale (Asamoah ancora capofila) che sono la totale antitesi di un approccio alla partita che pure era stato convincente. Ottimo il cross di Icardi che trovava Perisic sul secondo palo: colpo di testa e manata del portiere aiutata dal legno della porta. Insidioso il cross basso dalla sinistra, pochi minuti dopo e sempre sullo 0-0, su cui D’Ambrosio in avviamento colpiva fuori di poco.

Le premesse insomma c’erano tutte. Buon inizio, ottime notizie in arrivo dalla Spagna. Però Tafazzi è in agguato e colpisce.

Tocca fare un rimando al cosiddetto “giorno che non esiste”: al 44′ del primo tempo di “quel” Lazio-Inter, vendemmia 2002, i nostri stavano sopra 2-1 ed in sostanziale controllo del match. Il terzino sinistro di allora (talmente inviso a chi scrive da non volerlo nemmeno nominare) pensò bene di combinare la minchiata del secolo servendo il pari che avrebbe portato alla nostra sconfitta. Ho sempre pensato che, andando al riposo in vantaggio, quel Campionato l’avremmo vinto, a prescindere dal come si fosse arrivati a quell’ultima giornata.

Singolare che ieri sera, in una partita per alcuni versi ancor più importante di quella, sia stato ancora il terzino sinistro a farsi rubare palla e condannarci all’antinferno.
Torno ad un concetto già espresso più volte: quando le tue forze -fisiche ma soprattutto mentali- sono al lumicino, il margine di errore è minimo e, di contro, lo sbaglio rischia seriamente di far saltare le residue energie e gli equilibri così precariamente assemblati.

Detto, fatto. Oltretutto Asamoah è recidivo, visto che da analoga posizione (min. 2.00 di questo nostalgico filmetto) ci fece il graditissimo regalo di perder palla nell’Inter-Juve gestione De Boer, vinta proprio grazie a quell’errore ed alla conseguente capocciata di Perisic.

Torniamo all’oggi. L’intervallo di Inter-PSV arriva come una dose di psicofarmaco, almeno nelle speranze di chi scrive. Che Spalletti faccia capire a questi qua che tempo e modo di riprenderla c’è. Forse…

E le occasioni per quello arrivano, soprattutto con l’andar del tempo: Borja trova benissimo Icardi in area, che spara di sinistro sul palo lungo trovando il mezzo miracolo del portiere. Poco dopo i due si scambiano il favore, con Icardi a servire di testa lo spagnolo per quel che sembra un facile rigore in movimento: la girata è però “masticata” e la palla finisce docile in mani olandesi.

Poco dopo ancora Icardi protegge palla al limite e la scarica per quel che vorrebbe essere il destro a giro di Brozovic, ma che si tramuta in un’arma impropria lanciata all’omino delle bibite.

Politano, anche ieri tra i migliori, mette alla mezz’ora una bella ma difficile palla sul secondo palo, sulla quale il festeggiatore seriale, spregevole frequentatore di stadi iberici, si arrampica riuscendo a capocciarla in porta. Non irreprensibile il loro portiere nella circostanza ma chissefrega, l’1-1 è cosa fatta.

Mancano venti minuti nei quali -è ovvio a tutti tranne che agli 11 in campo- c’è da continuare a spingere per trovare il 2-1. I nostri invece hanno un altro black-out, dopo quello successivo al gol del PSV: si rendono infatti conto che sic stantibus rebus sarebbero qualificati e di fatto traccheggiano senza affondare il colpo.

Ancora una volta, la cosa che fa più incazzare non è tanto questa (anche se già così…) quanto il fatto che l’inevitabile pareggio del Tottenham all’85’ ha l’effetto pavloviano di far riversare i nostri nell’area avversaria, facendo spiovere cross e passaggi come in un disordinato temporale estivo. Ecco Icardi avere un’altra bella occasione (fermato bene dai difensori), ecco Martinez librarsi nell’area piccola per quel che pare essere il cabezazo vincente e si tramuta invece in uno squassante e forte peto (cit.)

Ancora una volta finiamo con un pugno di mosche in mano, a rimuginare sulla sfiga e sul fatto che fino a 5 minuti dal 90′ eravamo qualificati. Tutto vero per carità… Il Barcellona poteva far giocare Messi Suarez e compagnia, darne 4 agli inglesi e tutti contenti.

E’ però abbastanza miope e puerile (vero Scarpini?) attaccarsi a questo o ad altri episodi. E’ un po’ come lasciare tutti i regali di Natale al 24 pomeriggio e poi lamentarsi perchè non riesci a far tutto. Andateaccagare e usate Amazon!

Come vaticinato, temo l’onda lunga di questa eliminazione, che davvero ci fa ripiombare a un anno e mezzo fa. Bravo deve essere Spalletti, e bravissimo Marotta, a far capire alla squadra che -è vero- son delle teste di cazzo, ma che questo girone di Champions ha consentito all’Inter di voltare pagina. La società ha comunque incassato tra tutto una quarantina di milioni che verranno utilissimi in sede di mercato, e l’imperativo categorico dev’essere quello di non disperdere nulla di quanto ottenuto.

Per il resto, ripeto, dell’Europa League poco mi importa. Quand’anche riuscissimo ad andare avanti (usque tandem?), avrei preferito uscire contro il Real Madrid agli ottavi in Champions piuttosto che col Chelsea di turno un giro dopo nella coppetta di consolazione.

SFIGHE, MERITI E COLPE

Molto sinteticamente: Icardi e Politano bravissimi, con un particolare quanto effimero godimento per le critiche preventive rivolte al nostro Capitano, puntualmente rispedite nei deretani dei rispettivi mittenti. Ma su questo vi ammorberò infra.

Politano, e in misura minore la coppia di difensori centrali, sono al momento con Icardi i nostri punti di forza. Brozovic ieri sera non mi è piaciuto, ma è un’altra risorsa fondamentale per quest’Inter.

L’altra metà della squadra galleggia nel mare placido del “senza infamia e senza lode”, o rientra nella categoria “sfighe” o “colpe”. Nel primo gruppo iscrivo gli infortunati Ninja e Vecino, che tanto comodo avrebbero fatto nelle ultime gare. La scelta di escludere Gagliardini e Joao Mario dalla lista di Champions è facile da criticare adesso, ma a mio parere era il minore dei mali.

Le colpe della partita a mio parere vanno distribuite tra Asamoah (spiace ma l’errore è lampante e purtroppo decisivo), Perisic per il perdurante stato di catatonìa e -solo dopo- Spalletti.

Non ho particolari critiche tecniche da rivolgere al Mister sulla formazione schierata e i cambi fatti ieri sera (forse Politano l’avrei tenuto dentro, ma era cotto, mancavano 10 minuti e non è per quello che abbiamo mancato la qualificazione), nemmeno per quel Candreva ripescato un po’ a sorpresa e che invece nel primo tempo ha creato problemi al PSV alternandosi con Politano e D’Ambrosio sulla destra. Un Perisic più pronto, ad esempio, avrebbe potuto sfruttare il bellissimo cross a metà primo tempo che invece è sfilato lungo stante il ritardo del croato.

Volendo trovare il pelo nell’uovo nella gestione tattica di Spalletti, mi ha incuriosito il fatto che Vrsaljko sia subentrato al “Poli” schieradosi a sinistra (lui destro naturale) lasciando il più eclettico D’Ambrosio sulla destra. Ma è una roba che ha sistemato dopo 5 minuti invertendo i due terzini.

Le critiche piuttosto si concentrano sulla parte “motivazionale” e di preparazione alla partita. Non riuscire a reagire dopo l’errore di Asamoah (per quanto importante) vuol dire che la squadra è fragile, e che le energie mentali -come detto- erano al minimo. Aldilà dell’agitare le braccia urlando “Calma! Calma!“, il Mister non è riuscito a convincere i nostri che l’impresa fosse comunque fattibile. E questo, per che è il capitano della baracca da un anno e mezzo, è grave.

L’ostruzionismo degli olandesi ha fatto il resto, con un Van Bommel ancor più intollerabile del solito a istruire perfettamente i suoi all’ammuina e all’infortunio sistematico: il famoso calcio totale orange… Il minchione oltretutto continua a recriminare sulla mancata espulsione di Handanovic nella partita di andata, dando prova di ignoranza calcistica oltre che di innata simpatia.
I nostri hanno solo sperato nella tenuta del Barcellona, anzichè cercare di risolvere la questione in proprio. Il che la dice lunga sulla loro autostima.

NO TAFAZZI PLEASE

Detto questo, che a nessun essere senziente venga in mente di dar seguito alle tante puzzette informatiche che cianciano di allenatore da cambiare e cagate simili. Assodato il fatto che Repubblica, e Andrea Sorrentino in particolare, hanno qualcosa di personale contro l’Inter e contro Spalletti (probabilmente i lupacchiotti de sinistra ancora non gli perdonano l’eccidio di Totti), mi aspetto che Marotta nelle prime uscite da nuovo AD si dichiari entusiasta di lavorare con Spalletti, indipendentemente dal fatto che lo sia o meno. La fiducia tra Società a Mister mai come in questo momento è da ribadire e dare assolutamente per scontata.

La testa va messa al Campionato per un paio di mesi, cercando di difendere quanto conquistato e recuperare sul Napoli, il che vuol dire vincere lo scontro diretto di Santo Stefano. Quella è la -nuova- partita della vita, che passa però da un paio di fermate intermedie (Udinese e Chievo) nelle quali è doveroso farsi trovare lucidi e cattivi.

E’ COMPLOTTO

Avrei da scrivere per settimane, chè gli ultimi giorni sono stati di una simpatia ancora maggiore del solito nei confronti dell’Inter. Tocca per forza saltare di palo in frasca.

I giorni e le ore precedenti al match sono state all’insegna della polemica e del gufaggio preventivo. L’endoscopia cui è stato sottoposto Icardi, tra compleanno della moglie e blitz a Madrid meriterebbe una lenzuolata all’uopo.

Mi limito a segnalare il taglio basso dell’edizione cartacea della Gazza di lunedì, nella quale si ripete l’effetto-scoop già magistralmente notato anni fa dal prode Stefano Massaron quando si volle spacciare come notizia sensazionale la paparazzata di Wesley Sneijder che fumava una sigaretta fuori da un locale. I soliti olandesi cannaioli…

Immagini sgranate anche in questo caso, con tanto di “tondini” a incorniciare i visi e arditi parallelismi sullo sguardo di Zanetti -per una volta alquanto accigliato e rivolto in basso- e l’umore della Società per la trasferta del proprio Capitano ad una partita cui hanno assistito cani e porci di stanza in Italia e Spagna. Vedere per credere:

Ma ovviamente è solo uno il calciatore che avrebbe fatto bene a non esserci.

Oltretutto la Gazza è recidiva anche nell’edizione odierna: non potendo pubblicare le articolesse sicuramente già pronte, con cui accusare Icardi di scarso impegno, di non aver nemmeno fatto gol (visto che si limita a fare solo quello…) e avendo invece dovuto riconoscere che è stato il migliore in campo, non solo per la rete segnata ma per gli assist non capitalizzati dai compagni, non potendosi dedicare a questo -dicevo- ecco che il prode Andrea Di Caro trova comunque il modo di tornare al blitz di Madrid, chiedendosi retoricamente:


Già, Icardi: al di là del gol segnato e della prestazione, ci chiediamo ancora se sia stato opportuno che il capitano della squadra sia andato a Madrid a vedere il Superclasico River-Boca come un tifoso argentino qualsiasi, sobbarcandosi un viaggio notturno a meno di 48 ore dalla gara più importante dell’Inter. È questo l’esempio da dare ai compagni? Si prepara così una partita di vitale importanza? Il problema non è quanto quel viaggio abbia inciso: è una questione di immagine, regole, comportamenti.

Per chiarire: ne vorrei undici di tabbozzi tatuati come lui, che in campo e in allenamento si fanno un culo quadro e che poi senza vergogna sperperano milioni di euro per fare regali alle mogli. E per fortuna non sono l’unico a pensarla così. Voi tenetevi i finti bravi ragazzi, semplicemente più furbi o più protetti dai media, e accomodatevi cordialmente al furgoncino diretto in discarica.

Icardi è un modello di vita e di stile? Assolutamente no, ed è altrettanto lontano dal prototipo di calciatore che mi piace (Ince, Simeone, Cambiasso, Zamorano, Milito… in questo sono un romantico). Però segna con regolarità impressionante e, non dovendone fare il mio idolo da adolescente, mi va benissimo così.

L’altro giochino cui si sono dedicati i vari scribacchini di corte è stato  il festival del “tanto è facile”: una partita di Champions, ultima e decisiva, per quanto contro l’avversario meno forte del girone, è comunque roba da stringiculo. Oltretutto il PSV è sì meno forte di Tottenham e Barça, ma non è ad ogni modo paragonabile ad uno Young Boys, un Viktoria Plzen e nemmeno ad una Stella Rossa. Ma fa niente: siamo al festival del “non vedo perchè l’Inter non dovrebbe vincere“. Di più, qualcuno si dichiarava “sbalordito se l’Inter non vincesse“. Grazie della fiducia, davvero.

Dopo aver visto “il perchè l’Inter non ha vinto”, il giornalista sconcertante asfalta di marrone anche quanto fatto di buono fin qui, riuscendo a contraddirsi da solo quando scrive:

Nell’Inter la conferma di un limite di gioco apparso chiaro sia col Barcellona che con il Tottenham. Fino all’imprevedibile pareggio col Psv.

Caro Sconcerti, delle due l’una. O l’Inter a Wembley e in Spagna non ha poi fatto così male, e allora era lecito aspettarsi di più col PSV, oppure l’Inter già con Tottenham e Barcellona aveva mostrato limiti di gioco, ma allora il pareggio col PSV non può essere considerato imprevedibile. Ci fai o ci sei?

Questo pezzo della Gazza segna invece una nuova vetta dell’arcobazia giornalettistica: ecco fuse insieme gemme di Same but Different (mezza Juve è a Madrid ma va bene perchè hanno un giorno in più di riposo) e balle inventate di sana pianta:

la delusione per una partita senza tiri che ha portato l’Inter a meno 14 punti dai bianconeri dopo appena quindici giornate di campionato, confermando che il gap tecnico tra le due squadre è ancora decisamente rilevante per provare a insidiare il dominio Juve in Italia”.

La “partita senza tiri” poteva essere 2-0 all’ora di gioco se Gagliardini e Politano (ah.. i nostri ragazzi italiani) avessero avuto piedi e neuroni ben allacciati al resto del corpo. Nessuno poi ha chiesto all’Inter quest’anno di insidiare il dominio Juve in Italia: non si capisce perchè, a sobbarcarsi questo dovere morale, dovrebbe essere la squadra che ha acciuffato il quarto posto negli ultimi minuti dell’ultima partita della stagione scorsa, e non Napoli e Roma che stabilmente da un lustro stazionano tra il secondo e il terzo posto. Ma va beh…

C’è poi tra le critiche post-match un ultimo e assolutamente trascurabile aspetto, che rientra nella solfa del “non è vero però ci sta bene quindi lo scrivo lo stesso“. Come probabilmente sapete, non tollero chi piange (in generale) e ancor meno chi lo fa per una partita di calcio. Le eccezioni concesse sono pochissime. Ora, titolare un pezzo “Icardi in lacrime” per poi leggere nel pezzo stesso che a piangere non è stato lui, semmai -forse- la moglie, non ha di certo contribuito a migliorare la mia giornata nè la reputazione dei giornalisti sportivi ai miei occhi. But nobody says anything…

Infine, ho notato da più fonti una rigida separazione nei commenti alle eliminazioni di Inter e Napoli, accomunate da gironi assai difficili e dalle rispettive sorti legate all’ultimo match.
E’ chiaro a tutti che il compito più agevole ce l’avesse l’Inter, e nessuno qui sta recriminando sulle giuste e copiose critiche arrivate ai nostri.

Però un minimo di onestà intellettuale ci vuole: il Napoli, già con Sarri, figuriamoci con “Carletto”, è nelle grazie di tutti per il bel giUoco, e ci mancherebbe. Sono una gran bella squadra da ormai tre-quattro anni, mica come l’Inter che “non migliora mai” e che è endemicamente incapace di “avere un giUoco”.
Non è allora logico aspettarsi più da Ancelotti & Co.che dalla solita Inter pazza e balbettante? Perchè bisogna accusare l’Inter di aver subìto lezioni di calcio a Londra e Barcellona e tacere pietosamente sui primi 70′ di Liverpool, nei quali i Reds avrebbero potuto dilagare? Perchè, come summa di tutto ciò, Sky titola rispettivamente e incoerentemente “Disfatta Inter” ed “EuroNapoli” il passaggio delle due squadre in Europa League?

La risposta nel titoletto di questa allegra seziuncella.

Aveva sbagliato già nella foto iniziale… che cacchio ci fa nella fila dei perticoni in piedi?


CIAPA SU E PURTA A CA’

BARCELONA-INTER 2-0

Che devi fare? Che devi dire?

Niente più di quanto aulicamente espresso nel titolo.

Il Barcelona è più forte dell’Inter, con o senza Messi: questa l’amara verità.

Partendo dall’assunto, il candidato spieghi come si è svolta la partita e come l’Inter avrebbe potuto far meglio.

Proviamoci: Spalletti recupera i due croati (credo ci sia stata un po’ di sana pretattica o forse solo cautela) e conferma Borja dietro a Icardi. Rispetto al Derby, D’Ambro-Miranda-Candreva al posto di Vrsaljko-De Vrij-Politano.

Onestamente mi aspetto un assedio o giù di lì, invece -anche in un primo tempo senz’altro timido e balbettante- un paio di volte buttiamo fuori la capoccia. Bello il cross rasoterra di Perisic con Icardi a anticipare portiere e difensore ma a spedire alto sulla traversa, intelligente l’assist di testa di Vecino a liberare ancora Mauro che non se la sente di calciare di sinistro e si perde tentando la sterzata sul destro, episodico ma comunque pericoloso il destro a scaldabagno di Vecino da fuori area che finisce alto di poco.

Oltre a queste tre occasioni -che, ripeto, non mi aspettavo di vedere- lunghi quarti d’ora di soliloquio in lingua catalana.

E’ probabile -nel mio caso è certo- che uno faccia più attenzione a come giochino gli altri quando affrontano la tua squadra del cuore, perchè onestamente il loro possesso ieri sera mi è sembrato molto più efficace e molto meno gni-gni-gni di tante altre volte.

Mi scopro in fiero e antitetico disaccordo con Sconcerti, e la cosa mi conforta.

Partita tra eunuchi un par de palle (tanto per rimanere in tema).

Il Barcelona rimane uno squadrone anche senza i tre nanetti Xavi-Iniesta-Messi. Questo Arthur, che nella mia ignoranza non conoscevo, pare una sintesi dei primi due, e in 90 minuti avrà sbagliato forse un passaggio. Rakitic è quello del Mondiale, e Busquets l’intollerabile passista (stavolta non simulatore) che regola il traffico lì in mezzo. C’è poco da fare, con quelli la palla la vedi poco.

Se mi si passa l’azzardo, è stata l’Inter a patire l’assenza del Ninja più di quanto loro abbiano sentito la mancanza di Messi. Questo non perchè -ovviamente- Nainggolan sia più forte di Leo, ma proprio perchè la “lezione tattica”del Barça è talmente nota a tutta la rosa da poter avere successo -almeno contro questa Inter- anche senza il suo giocatore migliore. Sulla nostra sponda siamo qualche passo indietro e, visti i tentennamenti di pressing, gioco e personalità, un animale come il Ninja sarebbe stato senz’altro di aiuto.

Per lunghi tratti della partita si è visto come il pressing di quelli là portasse la palla tra i loro piedi quasi magneticamente, con i nostri incapaci di fare altro che non fosse “la butto lontana e vediamo“. A ulteriore conferma di ciò, il primo quarto d’ora della ripresa, quando riusciamo a tenere meglio la palla e giocare con un minimo di manovra.

Beneficiamo di un Politano assai più pimpante di Candreva (a mio parere tra i più in difficoltà, certo non aiutato da D’Ambrosio: sembrava facessero a gara a chi si nascondeva di più); se non altro l’ex Sassuolo, mancino, schierato sulla destra ha più campo per giocare e quindi più alternative al “candelone operaio” in fascia per il compagno di turno.

E difatti una delle poche azioni pericolose della ripresa arriva proprio dal sinistro di Politano. Il cross a rientrare è velenoso assai, con Ter Stegen a smanacciare sventando la minaccia, stante Perisic pronto al tap-in vincente.

Con l’andar del tempo escono anche lo stesso Perisic e Borja, rimpiazzati da Keita e Lautaro. Entrambi avranno da lì al 90′ la loro occasione, con il primo a tentare un difficile -e infatti innocuo- colpo di testa, stante Piqué a sovrastarlo fisicamente, e col secondo  a sparare alto il tiro dopo bella transizione che avrebbe meritato uno sviluppo più intelligente (nella circostanza: dai ‘sta palla a Keita sulla sinistra, fallo entrare in area e cross in mezzo per vedere l’effetto che fa).

Tuttavia, l’azione migliore dei nostri capita proprio sul sinistro solitamente educato di Politano: bello lo sviluppo sulla sinistra, cross basso per Icardi che saggiamente arretra, tacco dell’argentino a liberare l’italiano sulla lunetta dell’area di rigore con visuale libera e tiro finale che però centra in pieno l’omino delle bibite.

Volo alto sulle tante occasioni del Barça, che manda in gol Rafinha alla mezz’ora su imbeccata di Suarez e Jordi Alba nel finale dopo bella combinazione corale: potevano farne altri, e Handanovic fa un paio di miracoli. Suarez timbra una traversa dopo assist di mano di Rakitic non visto e Brozo fa il salvataggio migliore della serata sdraiandosi dietro la barriera per neutralizzare la furbacchiata della punizia tirata rasoterra.

Che son più forti l’ho già detto. Tra due settimane Messi ancora non ci sarà. San Siro invece sì e -magari- anche il Ninja: possiamo fare meglio.

Basterà per fare punti?

LE ALTRE

Per noi le notizie migliori della serata arrivano dall’Olanda, con il PSV a rimontare il vantaggio del Tottenham e timbrare il 2-2 finale a pochi minuti dal 90′. Questo vuol dire Inter 6 punti, e loro con 1 punto a testa. Posto che dobbiamo fare la corsa per il secondo posto e non sul Barcelona, il margine è ancora buono. La vera partita da vincere -ragionando a tavolino- è quella col PSV in casa, che però sarà l’ultima del girone e -come tale- pericolosissima a livello mentale.

Vero che i nostri paiono cresciuti sotto questo aspetto, ma continuo a non fidarmi.

Il turno per le italiane è comunque positivo, stanti le vittorie di Roma (prevedibile in casa) e Juve (bravi purtroppo a espugnare l’Old Trafford) e il pari del Napoli a Parigi che vanifica nel recupero quella che sarebbe stata una vittoria meritata.

 

E’ COMPLOTTO

Non c’è molto, lo ammetto. Le critiche post-partita ci sono state come è giusto che sia, ma onestà impone di riconoscere che sono state quasi tutte obiettive, costruttive e contemperate dalla crescita della squadra nell’ultimo periodo.

Certo, poi c’è sempre chi vuol fare il professorino de ‘stoca. Ma se erano riusciti a parlare di “fallimento” nel 2002-2003 (secondi in Campionato e semifinalisti in Champions), hanno gioco facile a definire “disastro” quello di ieri.

Torniamo ad affacciarci a certi palchi dopo anni di partite del giovedì (che siano amichevoli infrasettimanali o trasferte in qualche bucodelculo europeo), e un minimo di scotto lo paghiamo.

Ecco, se devo togliermi qualche sassolino, non mi è piaciuto tutto il clima da gita scolastica dei nostri al Camp Nou: foto a garganella manco fossimo degli esordienti totali…. Oh! noi qui otto anni fa abbiamo scritto la storia, ricacciandogli in bocca le cagate della remuntada e roba assortita,

Ho capito che ai tempi molti dei nostri giocavano ancora nelle giovanili, ma qualcuno di quei tempi viaggia ancora al seguito della squadra: un minimo di personalità in più l’avrei voluta vedere.

Mi è piaciuto per esempio Spalletti nel dopo-gara, quasi incazzarsi per i complimenti all’insegna del “beh dài…bravini…“. E’ giusto che metta su la faccia brutta, che pretenda di più dai nostri, che faccia passare il messaggio che nessuno è andato lì in gita premio. Siamo in Champions e ce la dobbiamo giocare con tutti. E-che-cazzo.

Ad ogni modo, avanti tutta e testa alla Lazio lunedì sera: questi sono giustamente avvelenati per come è finita la stagione scorsa.

Tenere a mente e agire di conseguenza.

bar int 2018 2019

Ah ragazzi mi son dimenticato… Occhio che questo non gioca più con noi!

MY FUNNY VALENTINE

INTER-SASSUOLO 1-2

Non posso dire che me l’aspettassi, ma anche sì.

Questo weekend ha visto una giostra infernale di emozioni calcistiche scoppiettare nell’universo neroblù (…. Sò poeta, checcevoifà…).

Le nostre amabili teste di cazzo (Mister compreso) pensano bene di complicarsi la vita giocando una partita di impegno innegabile, ma di altrettanta confusione.

Posto che nessuno dei nostri ha fatto il ganassa blaterando di pallottoliere e goleada -come del resto riconosciuto dallo stesso Iachini- non serviva un genio per capire che non esiste squadra che abbia timore reverenziale nei nostri confronti e che giustamente il Sassuolo è venuto a giocarsi la sua partita con la tranquillità di chi non ha nulla da perdere.

Sic stantibus rebus, non doveva essere una sorpresa per Spalletti trovarsi di fronte ad una squadra schierata con un 3-5-2. Di conseguenza, non si capisce perché fin dal primo quarto d’ora abbia cominciato a mischiare le carte, con Candreva e Perisic a scambiarsi posizioni tra loro e anche con Rafinha e Cancelo, in un turbiglione di emozioni che aveva l’unico difetto di lasciare più spiazzati i nostri che gli avversari.

Che l’Inter di quest’anno (e dell’anno scorso, e di quello prima ancora…) non sia una squadra di compattezza e costanza granitica mi pare assodato. Sembrerebbe quindi azzardato mischiare le carte e puntare tutto sull’effetto sorpresa nella partita che per definizione non puoi sbagliare.

Sarò all’antica, ma in casa contro una squadra già salva il mio spartito sarebbe: metti giù la formazione che ti dà più certezze e falle fare quel che sa fare meglio. Poi al limite aggiusti in corsa, ma parti così.

Ed in effetti, a leggerla, la formazione sembra rispecchiare questo pensiero.

Macché.

Certo, noi al solito un po’ di culo mai e arbitri benevoli nemmeno, quindi da un intervento più che dubbio nasce una punizione che il pur bravo Politano vede passare attraverso una ventina di gambe, prima di ruzzolare beffarda alla sinistra di un Handanovic obiettivamente poco colpevole.

Da lì in poi l’happening continua. Ecco quindi Cancelo mostrarsi in una delle peggiori versioni stagionali (tutto scureggette e finte di tacco di stopardeciufoli) e Icardi in versione Derby, con due gol sbagliati e uno inutilmente segnato in fuorigioco.

Come dicevo in apertura, non si può dire che i nostri non ci provino: Consigli avrà un’altra serata da raccontare ai nipotini (l’elefantiaca memoria di chi scrive lo ricorda già nell’anno di (dis)grazia 2015/2016 a parare anche sua mamma con le buste della spesa in un maledettissimo Inter-Sassuolo finito anche in quell’occasione con la vittoria delle piastrelle emiliane): la parata a fine primo tempo su Icardi a botta sicura è un mix di bravura e fortuna, mentre l’altro intervento alla mezz’ora della ripresa è culo… in tutti i sensi.

I nostri accentuano ancor più il coefficiente di difficoltà rifiutando quasi con sdegno l’idea della conclusione dalla distanza e affidandosi soltanto alla combinazione stretta in verticale, già ardua di suo e ancor di più contro una squadra compatta e tosta nel difendere il vantaggio.

A scanso di equivoci, andiamo tanto vicino al pareggio noi quanto vicini al raddoppio i neroverdi. La spinta nerazzurra è sempre più intensa ma sempre più disordinata, e Ranocchia e Skriniar restano pericolosamente soli a coprire metri e metri di campo.

E alla fine quelli là raddoppiano. Berardi risorge ovviamente contro di noi dopo una stagione che definire di transizione è un complimento, e a metà ripresa impallina Handanovic con un destro a voragine (lui che è più mancino di me…) .

Siamo sotto di due e manca meno di mezz’ora. La tentazione di spegnere la tele con bestemmione incorporato è altissima, eppure la malattia mentale prende ancora il sopravvento. “Chissà -mi ritrovo a pensare- se facciamo subito il 2-1, con ‘sta mandria di pazzi furiosi non puoi mai sapere…

Il gol lo troviamo (anche se tardi) con Rafinha, tra i migliori e i più lucidi anche ieri sera: in barba a quanto visto fare dai compagni, dal limite dell’area fa partire l’esterno sinistro che va a baciare il palo interno e carambolare in rete.

2-1 e 10’ da giocare, ma energie mentali in piena riserva.

Eder entra per fare il solito casino organizzato e per quello combina anche bene con Icardi, per poi trasformarsi nel Dario Morello del 2018 e tirare di destro per ben due volte, quando un piattone sinistro della minchia sarebbe stato assai più pericoloso.

Necessario l’excursus sul fu giovane-giovane-giovane-Morello-facci-un-gol-giovane-Morello.

Nota toponomastica: si diceva che i suoi avessero una paninoteca in Piazza Piola. 

Tuttocittà a parte, Morello è stato un giovane panchinaro negli anni del Trap, che visse la partita più importante della sua carriera in una fredda serata di Dicembre a San Siro. L’Inter vittoriosa a Monaco di Baviera (sì, quella di quel gol di Berti), riuscì nel ritorno a pigliare 3 gol in 7 minuti, parzialmente compensati dalla solita toppa messa da Serena. A quel punto ai nostri serviva un altro gol per passare il turno.

Nei miei peggiori incubi vedo ancora il succitato giovane-giovane-giovane-Morello entrare in area dalla sinistra e tirare con l’interno collo destro distruggendo i cartelloni pubblicitari a più riprese.

Maledetto.

Torniamo alle tragedie odierne. La fine arriva come una beffa annunciata, con i nostri distrutti, chi a terra, chi con le lacrime agli occhi.

Come detto in apertura: non mi aspettavo di perdere, ma senz’altro non ero certo di passare una serata festosa con una gragnuola di gol a fare da contorno.

I nostri quindi vanno a nanna consapevoli di aver buttato nel cesso buona parte di quel che avevano in mano e di doversi affidare a Zenga e al suo Crotone per poter avere un’altra chance.

LE ALTRE

E Zenga per quello il suo lo fa, eccome. Costringe al 2-2 la Lazio, dopo aver rimontato lo svantaggio iniziale ed aver mantenuto il 2-1 fino al pari finale degli aquilotti.

Ai fini della classifica, essere a -3 (come siamo) o essere a pari punti (come avremmo potuto e dovuto essere) è la stessa cosa, stante lo scontro diretto all’ultima giornata.

Insomma, volendo raccontarci le favole, è come se avessimo vinto 4-0 col Sassuolo.

Sembra una battuta ma non lo è: se avessimo vinto con meno di 7 gol di scarto, e stante il pari della Lazio a Crotone, un pareggio all’Olimpico non sarebbe stato comunque sufficiente per i nostri, che quindi dovranno fare in fretta a dimenticare l’orrenda figuraccia di sabato e convincersi che il destino della stagione è ancora tutto nelle loro mani.

(Come se la cosa mi facesse stare tranquillo…).

La nostra sconfitta aveva tra l’altro dato alla Roma la matematica certezza di partecipare alla prossima Champions, rendendo quindi del tutto ininfluente il big match contro la Juve. Lo 0-0 che ne esce serve solo a certificare quanto già noto a tutti (Gobbi tricolori per il 7° anno di fila e Roma sicura terza o quarta).

Il Milan va vicino al colpaccio a Bergamo ma cede nel recupero contro un imperioso stacco aereo di Masiello accomodato in porta da Donnarumma.

Altro gol di testa.

Provo sempre un fremito di piacere ogni volta che capita, ancor più su corner: ai tempi della coppia ZioSilvio-ZioFester, il Geometra era solito rosicare minimizzando l’importanza dei goal subiti di testa e da palla inattiva, come se contassero meno. Donnarumma, dopo le mirabolanti prestazioni nel mercoledì di Coppa Italia, replica lo spettacolo anche in campionato, accompagnando il pallone del pari in porta e vanificando la vittoria che avrebbe significato sesto posto matematico.

Cambia poco, perché l’allineamento dei pianeti storicamente amico della parte sbagliata di Milano non giocherà brutti scherzi: la Viola ha pensato bene di imitare i nostri, togliendosi dall’impaccio di uno scontro diretto coi rossoneri all’ultima giornata, perdendo in casa contro il Cagliari ed estromettendosi dalla lotta come fanno i fiji de ‘na…

 I Ringhio Boys non avranno problemi a batterli, con l’Atalanta invece a far visita proprio al Cagliari, ancora in mezzo al guado ed assatanato in cerca di punti salvezza.

 

WEST HAM

Bella vittoria casalinga contro l’Everton che dà una parvenza di onesta decenza al finale di stagione.

Info di servizio: la seziuncella impertinente “E’ COMPLOTTO” assume volumi incompatibili con un solo post (in compenso spiega almeno in parte il ritardo di pubblicazione. Stay tuned, stiamo lavorando per voi).

int sas 2017 2018

Il sinistro, diobono, usa il sinistro!

PAGELLE E PROGETTI PER IL FUTURO

Allora, pensavo di evitare le pagelle di fine stagione visti i risultati alquanto prevedibili, con la maggior parte della rosa a piazzarsi dietro alla lavagna, invece un minimo di riflessione ci vuole, anche e soprattutto in vista della squadra che la nuova proprietà (di seguito FozzaInda) vorrà costruire.

ARRIVANI I BUONI

Pochi quelli da salvare “senza se e senza ma”.

Per conto mio: quattro, per essere precisi. Y nada mas.

Miranda: Il brasiliano, tolte un paio di topiche nella stagione, si è dimostrato quel che si sperava fosse, ossia un centrale di esperienza e saggezza che dà sicurezza a tutto il reparto, bravo a tamponare le falle del più esplosivo Murillo.

Medel: Il cileno è tra i miei preferiti, anche per andar contro alle vedove di Pirlo e del bel giUoco che si scandalizzano nel vedere Medellino scorrazzare sulle stesse zolle stuprate da Gennarino Gattuso nell’ultimo decennio.

Ma Ringhio è simpatico guascone, questo un criminale degno dei Latin Kings.

E ad ogni modo, a correre, recuperar palloni, menare quando c’è da farlo e soprattutto metterci garra, non è secondo a nessuno.

Perisic: si è rivelato, con Miranda, il miglior acquisto della stagione, con un rendimento in crescendo di cui ha beneficiato anche la Croazia nella recente apparizione Europea, tanto luminosa quanto fugace. Raro, dalle nostre parti, vedere un mancino giocare e tirare così spesso in porta da sinistra: è il tipo di giocatore che avrei voluto essere io, piedi fucilati a parte, ma è un dettaglio…

Caposaldo inamovibile delle prossime stagioni, assolutamente da tenere anche a fronte di offerte scabrose.

Icardi: non avrà ripetuto i 22 goals della stagione precedente, ma ha dimostrato a soli 23 anni di essere già una certezza quanto a marcature, con importanti segnali si miglioramento nella fase di costruzione e di appoggio ai compagni.

Oltre alle 16 reti, ci sono anche 4 assist nella stagione terminata da poco: dato incoraggiante, da migliorare solo nella misura in cui ciò non andrà a detrimento della capacità realizzativa del ragazzo, chè Maurito è e deve rimanere il centravantone ignorante che la caccia dentro. Sono gli altri a doverlo servire. Che poi non debba rimanere come un palo della luce sul dischetto del rigore in attesa del pallone siamo tutti d’accordo, ma non voglio nemmeno sentir parlare in lontananza di falso nueve e cagate assortite…

TI MANDANO A OTOBRE

La frase è doverosa citazione di ogni buon padre di famiglia (compreso il mio) preoccupato dal rendimento scolastico del figlio, e che ammonisce circa i possibili esiti del fancazzismo applicato allo studio. Inutili i tentativi del pubescente di turno (io nel caso) di far presente che erano ormai decenni che si veniva rimandati a Settembre, e che al limite Ottobre aveva la doppia T… Niente da fare: ti mandano a Otobre (cit).

Che poi era quel che capitava di solito…

Ad ogni modo, nell’ultima Inter sarei stato in ottima compagnia:

Handanovic, Murillo, Brozovic, Kondogbia: tutti potenziali ottimi giocatori, tutti l’hanno fatto vedere a settimane alterne, con frequenza direttamente proporzionale all’ordine di presentazione.

Tutti e quattro da tenere e da riproporre, a meno di offerte vantaggiose (almeno 15 bomboloni per Handa e Murillo, almeno 20 per Brozo, nessuno sarà così matto da offrirne 30 per Kondo che quindi si toglie dal mercato non per propri meriti).

D’Ambrosio, Nagatomo, Juan Jesus: terzini di ruolo i primi due, spesso adattato il terzo, tutti senza infamia e senza lode. Eppure, a mio parere, proprio nell’assenza di almeno un terzino forte in campo sta uno dei limiti principali di quest’Inter. Le “bestie” nello specifico sono state altre (vedi alla voce Santon & Telles), ma nessuno di loro ha garantito più di una risicata sufficienza. Visti gli arrivi di Ansaldi (visto poche volte ma interessante) ed Erkin (mai visto giocare, di fatto un rimpiazzo di Telles, si spero più forte), la situazione non migliorerà a livello di prestigio e di “nome”; mi accontenterei lo facesse a livello di pura e semplice efficacia: chissà mai che qualcuno si decida a mettere un cross come Dio comanda…

In buona sostanza, uno dei tre può tranquillamente andare al miglior offerente (if any…).

Palacio: dispiace, anzi disbiasceah (cit. Contiana) dover mettere nell’angolo dei rimandati anche il Trenza, ma onestà intellettuale impone di riflettere sul crepuscolo di questo grande calciatore. La saggezza calcistica è tutt’oggi a livelli eccelsi, ma le primavere passano e il rendimento ne risente. Nulla di drammatico, per carità, l’anno prossimo così come quello appena passato può fare l’ultima mezz’ora e aiutare a scardinare difese un po’ troppo affollate. Purtroppo non più di questo.

BOCCIATO COFFARO

Santon & Telles: poco da aggiungere rispetto al cenno fatto poc’anzi. Il giovane butterato, ex bambino d’oro rapidamente assurto a novello bimbominkia ha languito per più di metà stagione in panchina, dando un pessimo ultimo assaggio di sè nel Derby di ritorno, poco dopo metà stagione. Era pieno inverno e per lui la Primavera non sarebbe (più?) arrivata.

Bella l’idea romantica del figliol prodigo che torna a casa madre, ora può tornare ad andarsene.

Telles era una scommessa e -come sempre accade quando si tratta di terzini sinistri- l’abbiamo persa. A livello di fondamentali ha probabilmente il piede migliore di tutti i colleghi di reparto, ma ha combinato un discreto numero di minchiate in difesa che mi portano non solo a non rimpiangerlo, ma a vedere la sua dipartita come quella di un vecchio conoscente dopo una lunga malattia: “almeno ha smesso di patire

Jovetic & Ljajic: la fantasia zingara al potere. Mortacci vostra! Non vi volevo, mi avete fatto quasi cambiare idea con le prime apparizioni (Jojo ancora in estate, Ljajc poco dopo) e siete ripiombati  in quell’inedia interrotta solo da sporadici guizzi di talento, senza nemmeno raggiungere i picchi di un cazzo di Chino Recoba, che sulla sua imprevedibilità (nel bene come nel male) ci ha costruito una carriera.

Vade retro, Saragat.

Uno era in prestito secco ed è tornato a casa, giusto in tempo per iniziare una nuova avventura; l’altro ce l’abbiamo sul groppone con la malriposta speranza che qualcuno ci caschi e possa replicare l’operazione Shaqiri a 12 mesi di distanza (col tabbozzo svizzero che, pur non essendo Maradona, di Jovetic ne vale due o tre…).

Felipe Melo: altro pacco previsto, ma mica ci voleva un indovino. Citando il sommo Mortillaro che parla di Cardini: “Preside, è cretino!” e con i minus habens calcistici c’è poco da fare. Anzi, devo ammettere: ha tirato addirittura fino a Dicembre, svalvolando nella esiziale sconfitta casalinga con la Lazio che ha segnato la sua condanna definitiva e l’inizio di quella della squadra.

Via, anche “a tranci in un market rionale” ma via. Subito.

Eder & Biabiany: giocatori diversi, arrivi diversi, uguale rendimento: poco o nulla. Entrambi potrebbero tornare buoni solo in fase di composizione delle rose, viste le stringenti norme in tema di italiani in squadra e settori giovanili di provenienza. Visto il discreto Europeo giocato dall’italo-brasiliano potrebbe uscirne una vendita interessante (a parte il gol al 90′ con la Svezia niente di che a mio parere, ma qui è tutto un celebrare questi nostri eroi italici e lacrimevoli quindi per una volta accodiamoci festanti e gioiosi…).

MISTER

Inevitabile una disamina un pocolino più articolata sul Mancio, alla prima effettiva stagione dopo l’avvicendamento con Mazzarri datato Novembre 2014.

Rispetto alla campagna acquisti natalizia poche settimane dopo il suo arrivo, ha senz’altro utilizzato meglio le risorse affidategli: allora i vari Podolski e Shaqiri furono accantonati senza troppi problemi, e fine simile fecero Kovacic e Vidic, pur non scelti da lui.

Avendo guidato la baracca negli ultimi 12 mesi sa cosa manca alla squadra, aldilà di ruoli e posizioni in campo: carattere, mentalità vincente, palle quadre.

Chiamatelo come vi pare, ma quel che serve all’Inter è quel che Bergomi diceva di Matthaeus: “questo qui arrivava in spogliatoio e diceva: ragazzi oggi si vince e -cazzo- si vinceva“.

E’ possibile che Mancini sperasse di trovare nell’esecrando Melo un simile leader -se è così l’errore di valutazione è grave.

E’ probabile che ora lo cerchi in Yaya Touré.

E’ pressochè certo che non verrà accontentato da FozzaInda, con i casi, le crisi, i mal di pancia ed i ridimensionamenti che ne conseguiranno.

Tanto siamo vaccinati…

Alla prossima puntata per i consigli per gli acquisti.

pagelle-calcio

 

VINCI CASOMAI I MONDIALI

Pensieri in ordine sparso sul Mondiale.

 

“TI HO COMPRATO AI PRIMI DI NOVEMBRE…”

Ho passato una buona settimana a credermi una reincarnazione brizzolata del noto Crisantemi di Banfiana memoria.

Quasi tutte le squadre per cui ho tifato sono puntualmente uscite, chi già nella fase a gironi (Inghilterra, Italia, Costa d’Avorio), chi agli ottavi (lì ho fatto quasi filotto: Cile, Messico, Nigeria, Uruguay, Grecia, Algeria, Stati Uniti, tutti a cantare in coro “tutti a casa alè…“).

Mi resta da tifare la sempre nerazzurra Argentina, per quanto la colonia interista stia più che altro languendo in panchina, salvo sporadiche apparizioni.

 

PRIMA PILLOLA DI COMPLOTTO

A tal riguardo, il complotto è in agguato ad ogni latitudine, e quindi il pallone grintosamente recuperato da Palacio e gentilmente offerto a Messi per il gol finale di Di Maria al 118′ contro la Svizzera è stato presto dimenticato per far posto alla “inedita collaborazione tra Barça (Messi) e Real (Di Maria) che salva l’Albiceleste“.

 

ANALISI TENNICO-ANTROPOLOGICA

Tra le due big sudamericane, non so onestamente chi abbia avuto più culo, stanti pali e traverse a salvare risultato e deretano di entrambe le compagini.

Alla vigilia dei quarti, mi sbilancio prevedendo un approdo alle semifinali di Brasile, Argentina, Olanda oltre alla appena qualificata Germania, ed una finale tra le due storiche rivali latinoamericane.

Da buon romplicoglioni, l’unica squadra che non vorrei vedere trionfare è proprio la Seleçao. Chi mi conosce sa la poca simpatia che ho per tutto ciò che il futebol bailado rappresenta. Neymar è forte e tanto ma, come giustamente fatto notare da qualcuno, a Barcellona è la spalla di Messi. E soprattutto, diciamo la verità: non è possibile vedere 20 ragazzi nel fiore degli anni e della forza piangere prima durante e dopo le partite.

gnegnegne

gnegnegne

Nun se po’ vede, nemmeno se le lacrime -prevedibilissime- sono quelle del grandissimo Julione.

uggegge' uggegge'

uggegge’ uggegge’

 

Spero che non vincano, punto e basta.

Come direbbe il tipico nonnetto brianzolo -avvizzito dalla vita ma con la saggezza data dall’età- “almeno ta pianget per queicos….

 

 

LI TAGLIA ITALIOTA

Calata la mannaia dei miei giudizi sul Mondialedeimondiali, non mi nascondo dietro un dito e riconosco di essere un banale, bieco e provinciale tifoso da squadra di Club, che non riesce a gioire davvero per una Nazionale piena di “nemici” settimanali. Mi faccio scivolare addosso le ovvietà del tipo “ci credo, voi interisti di italiani non ne avete!“, chiedendomi solo su quale pianeta Paletta possa essere preferito a Ranocchia.

Per il resto, vedere Chiellini incredulo per l’impunità di Suarez mi fa sorridere, pensando alle malefatte del suddetto puntualmente impunite alle nostre latitudini. Provo un misto tra la pena e la rabbia nel sentire Caressa gridare “clamoroso!! incredibile!!” dopo averci messo un minuto buono di replay per accorgersi che quella non era una testata ma un mozzico, e cercando tutti gli appigli possibili per giustificare sconfitta ed eliminazione degli Azzurri.

Irbudellodituma!

Irbudellodituma!

Non mi lascerò sfuggire l’occasione per mettere in dubbio la serietà e la coerenza del Mister Prandelli che dà le dimissioni quella stessa sera, (“un signore”, “si assume le sue responsabilità”, “molla la cadrega in un Paese in cui le dimissioni non le dà mai nessuno”, questo il mantra di quei giorni), per poi raggiungere l’accordo con un Club la cui panchina si era guardacaso liberata pochi giorni prima (11 giugno, per la cronaca). Non arrivo a pensare che abbia giocato a perdere, ma che sia andato sul sicuro con le sue dimissioni, certo dell’abboccamento coi Turchi questo sì.

Ciao ti dirò

Ciao ti dirò

Che signore, un gran signore.

Detto ciò, ovviamente l’Italia non è uscita dal mondiale per colpa sua: la squadra è quella che è, si regge sugli ultimi spunti di qualche ex-campione (Buffon, De Rossi, Pirlo-con-tutto-il-male-che-gli-voglio, il buon Barzagli). La generazione successiva è composta da buoni giocatori o finti campioni, che evidentemente più di così non possono dare.

In altre parole: Prandelli non ha lasciato a casa Maradona, nè fatto giocare Baggio da stopper. Questi erano: tocca incolpare le mamme che non li han fatti bravi abbastanza.

 

SECONDA PILLOLA DI COMPLOTTO

Memore dei fiumi di critiche riversati sull’Inter per l’incapacità di chiudere con una pagina pur gloriosa del suo passato, giubilare la vecchia guardia,  smembrare il malefico Clan Del Asado, e sulla ancor più grave insistenza nell’affidarsi a quegli splendidi quarantenni anzichè “far giocare i ragazzi che ci mettono tanto entusiasmo“, ho atteso al varco le serve mediatiche che puntuali si sono presentate a ranghi compatti a piena difesa dei Buffon e dei Pirlo di turno.

Fin troppo facile il parallelo: là come qua, le vacche son magre, e i pochi buoni sono i “vecchietti”. Ha ragione il prode capitano azzurro, lo scommettitore, nonchè compratore di Diplomi per corrispondenza e simpatizzante di gruppi fascistoidi: i migliori di questa Nazionale sono stati i giocatori più esperti.

Ha ragione lui così come avevano ragione i vari allenatori nerazzurri che dal 2010 ad oggi hanno continuato ad appoggiarsi sulle esperte spalle dei reduci del Triplete, stante l’inconsistenza delle nuove leve.

Uguali, ma diversi:

Buffon ha ragione.

Cambiasso è bollito e deve andarsene.

Non fa una grinza

 

QUINTESSENZA DELLA MEDIOCRITA’

LAZIO-INTER 1-0

Con un’altra preoccupante analogia tra il campionato 2012/2013 e quello in corso, la sconfitta di Roma palesa in un certo senso l’impossibilità di migliorare il rendimento di una squadra composta in massima parte da discreti giocatori, alla quale però mancano quei 3 o 4 campioni che possano farla emergere dall’attuale “zona Uefa”. Abbiamo smesso di chiamarla così da qualche anno, ma il nomignolo da affibbiare alle posizioni tra la quarta e la sesta è quello.

Il bellissimo gol di Klose, adesso come 12 mesi fa, ci fa capire quanto lo spunto del singolo abbia spesso -e giustamente!- il sopravvento sul gioco manovrato (o supposto tale) e il palleggio arioso. Ho inziato al 30′ del primo tempo a smoccolare contro Mazzarri dicendo “fuori il Kuz e Guarin, dentro Kovacic e il Principe e almeno cominciamo a giocare“, e quando finalmente (a un quarto d’ora dalla fine) i due cambi sono stati fatti, la pera è arrivata inesorabile, con Nagatiello a farsi saltare due volte in due secondi e Ranocchia a mancare il millesimo anticipo della sua carriera, specchio fedele di una difesa, diciamo pure di una squadra, volenterosa ma ahimè poco più. L’italiano, se non altro, era in area e ad una distanza plausibile dal centravanti tedesco, mentre Rolando mirava l’azione a debita distanza e Juan Jesus era proabilmente impegnato in una delle mille scorribande in Lucio-style, visto che nemmeno rientrava nell’inquadratura. Incredibile il brasiliano nel causare una mezza dozzina di pericoli e nel rimediare poco dopo alle sue genialate sfruttando il fisico e la corsa: insomma, un bignami di tutto ciò che un difensore non dovrebbe fare.

Non voglio accanirmi contro Ranocchia, ma ieri sera abbiamo avuto la definitiva conferma dell’errore fatto anni fa nel “mollare” Bonucci per lui. Impietoso il caso che, in soli due giorni, vede il bianconero segnare il 2-0 alla Roma e il nostro incapace di contrastare Klose nella sola occasione da rete capitatagli in 90′.

Se la difesa è migliorabile assai, il centrocampo è semplicemente inesistente. Vi risparmio le frasi fatte sulla “zona in cui si vincono e si perdono le partite”, e della completezza che necessariamente deve essere la qualità precipua di ogni buon centrocampista. Dico solo che l’accozzaglia vista ieri vedeva un solo giocatore che è (stato) in grado di ricoprire tale ruolo: Cambiasso gioca ormai poco più che da fermo, e questo è un problema, ma ieri sera è stato il solo ad avvicinare livelli di decenza, avendo accanto nell’ordine: un brocco (Kuzmanovic è semplicemente brocco, non ci sono altri aggettivi, non per niente è la riserva di Taider. Non Simeone, Taider…); un cavallo pazzo che passa la partita a llitigare con tutti, tirare da metacampo e sbagliare i passaggi di 10 metri; e infine un fantasista che ha il solo merito di essere nella sua miglior stagione, visto il nulla che ci aveva fatto vedere nelle edizioni precedenti.

Per quel che riguarda l’attacco, se anche Palacio passasse il resto della stagione a girare a vuoto (come fatto in quest’ultima occasione) sarebbe comunque in credito con una squadra che lo lascia sistematicamente solo a coprire 50 metri di campo.

Come vedete l’anno nuovo ha portato una ventata di ottimismo in chi scrive, data dalla contemplazione della nostra squadretta e dei relativi difetti, e che nemmeno il ritorno di Milito ha saputo migliorare.

Il Principe, coerentemente con lo stile comunicativo nerazzurro, è stato dato come sicuro titolare per tutte le vacanze natalizie, salvo poi essere annunciato in tono trionfantedi ritorno tra i convocati , come se si trattasse di un recupero miracoloso. Infine, e detto con tutto il bene che sempre vorrò al ragazzo, la manciata di minuti giocati hanno fatto capire il perchè del suo tardivo ingresso in campo. Per tanto così, avrei volentieri visto all’opera Icardi, verosimilmente alle prese con una slogatura del belino, vista la furia intrusiva con cui continua indefesso a trapanarsi la tipa.

Caro Thohir, tutto questo dolore un giorno ti sarà utile: togliti dalla testa che, combinati come siamo, si possa far meglio della classifica attuale. Sì, potremo scavalcare il Verona e forse approfittare malvagiamente dei legamenti claudicanti di Pepito Rossi, ma per la Champions serve altro. Dirò di più, non uno ma due centrocampisti validi (difficile), o quantomeno migliori di quelli in rosa (decisamente più facile).

Suggerimenti? iniziamo con un bel pacco in cui infilare Kuzmanovic, Mudingayi, Alvaro Pereira e Belfodil, e vediamo quante centinaia di euro riesci a tirar su. Se fino a pochi mesi fa l’obiettivo -tutt’altro che stellare- era Nainggolan, accasatosi invece alla Maggica a rinfoltire un reparto già più che valido, ora mi accontenterei di un Cigarini e un Parolo. Che tristezza.

Lascio in fondo le considerazioni sull’ennesima serata “sfortunata” degli arbitri. Facendo una battuta, nella stessa giornata in cui la Juve (già stra-vincendo) beneficia di 2 espulsioni in 1 minuto ed il Milan plaude all’annullamento del validissimo pareggio dell’Atalanta, i nostri vedono il laziale André Dias rimanere in campo per 90′, pur dovendo -a termini di regolamento- abbandonare il campo già nel corso del primo tempo. Il brasiliano è a mio parere correttamente ammonito allorquando abbatte Guarin lanciato a rete  (siamo al limite dell’area e c’è un altro difensore a poca distanza), ma l’entrata di 10 minuti dopo, sempre su Guarin, è scomposta e pericolosa, coi tacchetti ad affondare sul fianco del colombiano: secondo giallo tutta la vita, ma non per l’arbitro D’Amato.

Non fa nemmeno notizia il rigore non dato per “una di quelle trattenute che in area si vedono ad ogni corner“. Rolando viene preso per la manina e gentilmente fatto sdraiare sul dischetto del rigore, but nobody says anything…

Tante volte negli ultimi anni ho scritto ciò che sto per ripetere, ma vedo che come al solito non cambia un cazzo: siamo scarsini e tristanzuoli, e proprio per questo non possiamo permetterci torti arbitrali (ammesso che uno possa permetterseli se invece è fortissimo).

LE ALTRE

Vincono proprio tutte, Milan compreso che come detto si aggiudica lo “scontro salvezza” con l’Atalanta (copyright Mr Allegri) e dà inizio alla cerimonia di beatificazione di Kakà per i suoi 100 gol con la maglia più sdolcinata del mondo. La Juve, come detto, regola la Roma senza aver bisogno di aiuti arbitrali, che comunque, a scanso di equivoci, arrivano. I gobbi di fatto chiudono il campionato alla fine del girone di andata, ed onestamente c’è poco da dire. Il Napoli approfitta del KO dei giallorossi recuperando 3 punti con la vittoria contro la Samp.

E’ COMPLOTTO

Mi sono volutamente tenuto lontano dalle dichiarazioni del dopo-partita perchè non avevo voglia di sentire il Mister lodare i ragazzi per la buona volontà e per il secondo tempo giocato meglio degli avversari, per la sconfitta immeritata e per i soliti sfavori arbitrali. Tutto vero, e in una certa misura è quel che Mazzarri deve dire, chè mica può andar davanti ai microfoni e dire “alleno una squadra di caproni, che cacchio pretendete?“. Però, quanto meno tra di noi, vorrei capire in che modo si pensa di poter migliorare lo squallore a cui tristemente ci stiamo abituando. Any suggestions?

WEST HAM

Di male in peggio: penultimi in classifica, fatti fuori dalla FA Cup dal Nottingham (che gioca nella Championship, la nostra Serie B): un bel 5-0 che ha causato reazioni di questo tipo:

Piccoli "bambinoFilippo" crescono

Piccoli “bambinoFilippo” crescono

Per la cronaca, il bimbetto e la famiglia hanno rimediato un invito ad Upton Park per la prossima partita.

Ora mi metto a frignare sotto la sede in Galleria, vediamo cosa succede!

Salvatene un paio, buttate via il resto

Salvatene un paio, buttate via il resto

LASCIATE OGNI SPERANZA, O VOI CH’ENTRATE

INTER-VASLUI 2-2

Dopo aver eroicamente strappato un pareggio al granitico Valsui, conquistiamo la fase a gironi dell’Europa League, un girone dantesco di disperati e delusi che toglierà fiato e gambe ai nostri in vista del Campionato, ma che etica sportiva e dignità personale ci obbligano a tentare di vincere.

Come sono lontani i tempi della cara coppa UEFA che, un po’ per reale convincimento e un po’ per la storia della volpe e l’uva, arrivavo a definire ancor più difficile della Coppa Campioni: mentre infatti alla mamma della Champions partecipavano solo i campioni della stagione appena passata, alla UEFA del secolo scorso accedevano seconde, terze e quarte di ogni campionato. Morale, trovavi sempre due tra Real, Barcellona e Atletico Madrid, due tra Milan, Inter e Juve, due tra Porto Benfica e Sporting Lisbona. Per le inglesi il discorso è diverso vista la lunga squalifica dalle coppe dopo l’Heysel. Per di più le squadre erano il doppio della Coppa Campioni, quindi si giocava un turno in più. L’Inter in quegli anni, di Coppa UEFA ne ha portate a casa tre e, come direbbe la Cortellesi nella riuscitissima imitazione dell’On. Santanché, “le rivendico con orgoglio!”.

Ora, ribadisco, siamo a poco più di una coppetta di quartiere. Tristèssa…

Tornando alla fredda cronaca, la serata si apre con le inevitabili –e per una volta scusabili- lacrime di Julio Cesar alla passerella di addio. Del resto, il ragazzo emotivo lo è sempre stato e si è lasciato andare alla frigna già tante altre volte in questi sette anni. Essendo per di più quella di ieri la sua ultima uscita, gliela perdono. Anzi, il mio grazie sempiterno si associa a quello di tutti i neraSSuri del globo terracqueo.

E’ curioso che la sua mancanza si faccia sentire così tanto nei 90 minuti immediatamente successivi al suo saluto: i nostri due portieri di turno nella serata (Castellazzi e Belec) sono i principali artefici dei due gol rumeni: l’Italiano, dopo fuorigioco gravemente sbagliato da Samuel (Muro, que pasa?), pensa bene di tuffarsi a bomba sull’attaccante avversario rimediando sacrosanti rigore+espulsione, mentre il secondo organizza una caccia alle farfalle su un corner concesso subito dopo aver rimediato al troiaio di cui sopra con il pareggio di Palacio. Morale: nemmeno stavolta si è potuto assistere ad una tranquilla e ragionata gestione del risultato, bensì è toccato aspettare il 92’ per gioire grazie al primo gol nerazzurro di Guarin, entrato nella ripresa col piglio del “ghe pensi mi” e col sottoscritto che non ha fatto altro che guardargli il polpaccio malandato ad ogni scatto.

Il centrocampo del resto era decimato (fuori per vari motivi Obi, Deki, Gargano, Mudingayi, Duncan,  Pereira), e Strama non poteva far altro che schierare Cuchu, Zanetti e Nagatomo in un rombo che aveva Coutinho vertice alto. Cambiasso ha sofferto la mancanza di dinamismo dei reparto e non è riuscito a fare il “ghisa” nel traffico lento e impacciato del proprio centrocampo. Nagatiello, reduce dalla febbre e fuori ruolo, semplicemente non ci ha capito un cazzo.

Il Capitano, chettelodicoaffà, è stato tra i migliori correndo come un pazzo e attingendo a piene mani dal suo schema preferito (o unico?): discesa di 50 metri palla al piede e punizione guadagnata. In serate come questa, vuol dire ossigeno puro.

Davanti mi è piaciuto molto Coutinho, che continua a mostrare i suoi miglioramenti in termini di intensità e corsa, mentre Palacio ha avuto una serata pesante, giocando da vice Milito e quindi in un ruolo non suo, riuscendo tuttavia a fare un gol e chiamare il portiere avversario al miracolo su un altro tiro. Cassano non giudicabile, sacrificato sull’altare del secondo portiere da far entrare e si spera più riposato in vista di Domenica.

Morale: nonostante il brutto (ma sufficiente) risultato, l’Inter di ieri sera non mi è dispiaciuta: largamente rimaneggiata in mezzo e davanti, dove Milito e Sneijder sono stati giustamente lasciati a sedere, credo non avremmo avuto problemi di sorta con Handanovic al proprio posto in mezzo ai pali. Certo, duole sottolineare come Samuel sia in una forma assai rivedibile, mentre archivio con piacere un altro buon tempo di Ranocchia. Dietro abbiamo ufficialmente perso Maicon, con tutte le conseguenze che questo comporta, e il cartello “lavori in corso” è ancora ben visibile: Samuel da recuperare, Juan Jesus da valutare (lo tieni? Lo dai in prestito per farlo giocare?), coppia di centrali titolari ancora da scegliere (attualmente punterei su Ranocchia e uno tra Silvestre e Chivu), fasce da ridisegnare (spostare Nagatomo a destra e provare Pereira a sinistra? Mettere il Capitano su una delle due?). Il tutto con la Roma di Zeman in arrivo domenica sera. Inutile dire che la partita già vuol dire molto, chè a vincerla metteresti i giallorossi a -5 punti, a perderla rischieresti di demolire quanto di buono fatto finora. Che finisca in pareggio?

 

E’ COMPLOTTO

Mi incazzo, mi incazzo sempre e sempre di più, sia coi nostri che col mondo… sarà l’età.

Argomento: Nigel De Jong. seguito per tutta l’estate dall’Inter, ora finisce al Milan. Fa parte del gioco, i nostri cercavano un cagnaccio a metacampo e hanno trovato Gargano, oltretutto a condizioni favorevoli (prestito e diritto di riscatto per complessivi 6 mln, di cui però solo 1,25 da dare subito). Concordo oltretutto nella preferenza accordata al nanetto uruguagio, reduce da 5 anni di A e quindi teoricamente più pronto del  tatuatissimo galeotto olandese. Quel che mi limito a sottolineare è che il City dall’Inter voleva almeno 7 milioni, mentre è finito al Milan per la metà esatta (3.5). Vero che il tempo stringeva e in questo caso giocava a favore del Milan, ma la sensazione che l’Inter non sia capace di “fare i prezzi” rimane. Non sto discutendo di “chi” viene comprato o venduto, ma del “come”. Comprare Handanovic prima di aver risolto con JC ti mette all’angolo e ti obbliga a pagargli 3 mln per levartelo di torno. Far arrivare Maicon a scadenza nel 2013 ti costringe a svenderlo per 4 mln, proprio al City, ennesimo esempio di sceicchi abituati a spendere e spandere per qualsiasi giocatore tranne che per quelli di nerazzurro vestiti. E’ come se gli altri, il Milan in particolare, avesse sempre un jolly da giocare, o forse solo un maggior prestigio internazionale –del resto, i farabutti fanno paura- che fa pensare agli altri club “con questi meglio stare schisci…”.

Coi nostri invece, giù mazzate, chè tanto siamo simpatttici.

Ce n’è ovviamente anche per “gli altri”: continua infatti il giochetto dell’età dei calciatori: De Jong ha avuto 28 anni per tutta l’estate, fino al giorno dell’arrivo di Bojan al Milan (controllate la Gazza se ce l’avete ancora). Quel giorno, la foto di De Jong accostato al Milan campeggia poco sotto il titolone “Milan, non solo Bojan” e magicamente l’olandese ha 24 anni (!). “Sarà un refuso”, penso. Infatti. Nelle pagine interne gli anni diventano – e restano in tutti i giorni successivi- 27. Che è giusto, visto che il ragazzo farà i 28 a Novembre. Si vede che sarà andato all’anagrafe proprio settimana scorsa…

Similmente, una volta arrivato al Milan, Pazzini secondo la rosea pare aver segnato 16 gol non nell’anno e mezzo di permanenza all’Inter, ma solo nell’ultima stagione –chiusa invece con un malinconico “5” alla voce “reti in campionato”. Ma non vorrete mica che il Milan acquisti un attaccante che segna poco, vero?

Taccio per umana decenza sul tentato scippo di Berbatov ai danni della Fiorentina, godendo invece per il 2 di picche rifilato anche a loro a poche ore di distanza. Mi limito solo a riprenderne una splendida letta in rete nei giorni scorsi, e che la dice lunga sul DNA Juventino. I gobbi hanno infatti cambiato il terzo portiere.

E’ andato via Leali. Hanno preso Rubinho.

Giuro che è vero.

I tre amigos

I tre amigos

 

 

GONE FOR A WHILE BUT BACK AGAIN

Ariecchime, anche se un po’ più tardi del previsto. Riparto da dove eravamo rimasti: settore giovanile e bla bla bla. Ora, togliendoci dalla testa l’utopia dei giovani imberbi che arrivano e risolvono tutto, chè tanto basta far giocare i giovani italiani, una seria analisi sulla rosa per la prossima stagione si impone. Analisi che, per quanto possibile dovrebbe prescindere da pregiudizi –positivi o negativi che siano- e da gratitudine o rancore per quanto fatto in passato.

BYE BYE LOVE, BYE BYE HAPPYNESS

Personalmente, pur con dolore, condivido la scelta societaria di giubilare alcuni protagonisti degli ultimi anni per iniziare quel rinnovamento che almeno in parte doveva partire 12 se non 24 mesi fa.  Iniziando dal numero uno, concordo seppur a malincuore con l’operazione Handanovic a discapito di Julio Cesar.  JC ha un contratto da 4.5 mln per i prossimi 2 anni, che la società ha liberamente sottoscritto, e che però adesso si rende conto di non poter onorare. Fa quindi la proposta fatta a tutti i big in squadra (tranne Sneijder a quel che mi risulta): il massimo che ti possiamo dare è 2.5 mln all’anno. Ci possiamo accordare? Chiaramente non è così automatico che un giocatore, calciatore professionista, debba accettare per forza e per amor di maglia. Questo è quello che vorremmo noi tifosi sognatori, ed è quello che i cugini diversamente milanesi sono bravissimi a vendere, salvo essere smentiti a poche settimane di distanza (noi-i-nostri-campioni-non-li-vendiamo). Sfortunatamente, JC ha tutto il diritto di dire “ragazzi, questo pezzo di carta l’avete firmato voi senza che io vi tenessi un kalashnikov puntato contro, quindi io non mi muovo dalla mia posizione”. Al tempo stesso, l’Inter ha tutto il diritto di agire di conseguenza, prendendo il miglior portiere su piazza in Italia (considerando qualità-prezzo-età) e garantendosi a prezzo e ingaggio più che ragionevoli il portiere per i prossimi 5-7 anni.

Condivido ancor di più, e con molto meno dolore, la rinuncia a Lucio. Ribadisco di voler tenere fuori ogni valutazione soggettiva sul calciatore in questione (non l’ho mai amato e chi mi conosce lo sa) e quindi mi baso sui dati di fatto: si può questionare su una Società che solo 12 mesi fa gli ha rinnovato il contratto a cifre che un anno dopo dice di non poter più sostenere, ma detto ciò il Lucio dell’ultima stagione ci è costato più di qualche punto, e le primissime apparizioni paiono confermare il trend discendente (ask Coutinho for references); dovendo scegliere un centrale vecchio e saggio mi tengo Samuel tutta la vita. Certo, Lucio in un anno salta meno partite perché fisicamente è più integro, ma è l’unico punto che fa pendere la bilancia a suo favore. Consideriamo anche che al crescere del minutaggio crescerebbe anche la probabilità di vedere scempi come Parma… Obrigado, Lucio, quella è l’uscita e che Dio ti abbia in gloria.

Più indigesto il fatto che il suo addio non sia stato monetizzato (è stato evidentemente ritenuto sufficiente il risparmio del suo ingaggio, 14 mln lordi in 2 anni, e l’uscita del suo procuratore il giorno dopo la fine del campionato –Lucio vuole andarsene- ha complicato di molto le cose); ancor meno simpatttico il suo approdo alla Juve. Non cambio di una virgola il mio giudizio sul giocatore, ma per principio non vorrei mai vedere i “miei” giocatori accasarsi in casa Juve o Milan, fossero anche caproni alla Muntari o giocatori ormai finiti stile Vieri collezione 2005. Vedremo: la speranza è di vincere a Torino dopo palla persa in una delle sue uscite alla cavallo pazzo, il timore è prendere la pera di tesata su calcio d’angolo. Il trofeo TIM di ieri ci ha dato un primo godibile sollazzo.

Zarate era fortunatamente un prestito che non è stato riscattato ed il guaio si è risolto così: pacco respinto, applicazione della teoria della minimizzazione del danno e tanti saluti.

Forlan ha avuto la faccia tosta di chiedere una buonauscita dopo l’anno della minchia che ha passato all’Inter. Alla fine ha ottenuto il cartellino a gratis e si è levato di torno, destinazione Porto Alegre. Anche qui speravo di poter almeno in parte monetizzare ed evitare la minusvalenza, ma almeno ci leviamo un pacco  da 3.5 mln netti all’anno.

Pur essendo secondo solo a Lucio come beneficiario delle mie Madonne nella scorsa stagione, spero che Maicon resti. Ne faccio un discorso puramente tecnico: Se JC è degnamente sostituito da Handanovic, e se l’ultimo Lucio può non essere fatto rimpiangere da uno tra Silvestre e Ranocchia, non vedo un terzino destro che sia avvicinabile ad un Maicon pure a mezzo servizio. Ribadito il rimpianto per non aver preso Isla –con lui in rosa l’addio di Maik sarebbe stato almeno affrontabile – non credo che Jonathan, né Nagatomo né lo stesso immenso Capitano potrebbero supplire ad una sua eventuale dipartita.

Discorso simile per Sneijder: mestruato perenne, ma unico fuoriclasse rimasto in rosa, a mio parere da tenere a meno di offerte al limite dell’imbarazzante. E’ non a caso l’unico ad avere un ingaggio totalmente fuori controllo (tipo 6 mln netti all’anno) che, non essendo soldi miei, mi paiono comunque ben spesi. Detta male, preferisco spenderli e farlo sentire pietra angolare dell’Inter presente e futura –il nostro ha 28 anni e per altri 3-4 può giocare ai massimi livelli- che incassare una ventina di milioni da reinvestire sul Lucas di turno. Intendiamoci: Lucas o chi per lui sarà il nuovo Messi? Amen, allo stato attuale dei fatti l’ultimo giocatore che cercherei di vendere è proprio Wesley.

Con dispiacere invece credo sia opportuno rinunciare a Pazzini, anche se non dovesse arrivare Destro. Il Pazzo ha capito che il Mister giocherà con una sola punta centrale, e che Milito è il titolare pressoché inamovibile: legittimo il suo desiderio di andare a giocare, un po’ meno spiattellarlo al microfono azzerando all’istante il suo valore di mercato. Mancano destinazioni plausibili al momento, e credo che non sia improbabile che l’Inter ne agevoli la partenza contribuendo a parte dell’ingaggio come già fatto con Pandev l’anno scorso a Napoli.

Essendo ormai l’ex pupillo di casa Destro destinato a Roma, o ovunque fuorché l’Inter, non starei a impazzire alla ricerca di un vice-Milito. Avanti con Longo, almeno fino a Natale, e si vedrà: il ragazzo pare destinato a seguire le orme del suo collega di un paio d’anni più grande, e Stramaccioni è l’uomo che più di chiunque altro può capitalizzarne il potenziale.

ARRIVANO I BUONI

 Come detto Handanovic e Silvestre mi trovano rispettivamente molto e sufficientemente contento. Spero che il portiere si mantenga sui suoi standard, che gli permetterebbero di non sfigurare in una tradizione pluridecennale di eccellenti portieri (Bordon-Zenga-Pagliuca-Toldo-JC). Quanto a Silvestre, mi auguro possa essere un buon centrale da alternare a Ranocchia, che a mio parere ha maggior potenziale, ma anche più problemi di continuità.

Palacio ha il difetto di avere il peggior look visto a San Siro dai tempi di Taribo West e di arrivare con un anno di ritardo, dando modo a Gasperini di dire “visto che avevo ragione quando lo chiedevo l’anno scorso?”. Detto ciò, e al netto di eventuali deferimenti della giustizia sportiva, mi pare un buon acquisto, seppur non giovanissimo, da cui possiamo attenderci tra i 10 e i 15 gol, oltre ad un certo numero di assist per il Principe. Non voglio ridurre tutto a numeri, ma quando si parla di attaccanti questo è quel che si va a guardare. Lui e Milito paiono nati per giocare insieme (uno svaria, l’altro suggerisce-riceve-segna), speriamo che le impressioni siano confermate.

Detto che non considero Guarin un nuovo acquisto (bene il riscatto dal Porto con un paio di milioncini di sconto, ma non facciamo il gioco delle tre carte: è arrivato a Gennaio, non adesso), attendevo stesso epilogo per Poli, per poi apprendere di un inopinato e imbarazzante “non se ne fa niente”. E dire che sembrava poco più di una formalità: riscatto fissato a 6 mln al raggiungimento di un “tot” di presenze in campionato. Del ragazzo c’era bisogno, eccome, e invece toccherà vedere al suo posto quella chiavica umana di Mudingayi, che tutti i bene informati descrivevano da settimane come ansioso di sbarcare sulla sponda sana del Naviglio… e vorrei vedere: un 31enne che ha dato il suo meglio come mordicaviglie del Bologna, si ritrova l’insana opportunità di giocare nell’Inter… Un nuovo Muntari, ma più vecchio: un affarone, non c’è che dire.

Si parlava di questo Paulinho, centrocampista dai più accostato a Marchisio, che servirebbe come il pane in un reparto che rischia di dover continuare a schierare Cambiasso e Zanetti nel 99% dei casi, stanti ricambi non all’altezza. Mai visto giocare, questo Paulinho, ma nel dubbio pare che non arriverà: giusto il tempo di “farcelo venir duro” (excuse my french), per poi sentire il solito ritornello “il ragazzo vuol rimanere in Brasile”.  Un altro nome serve comunque, a mio parere molto più del Lucas di turno. Staremo a vedere, ma ho come l’impressione che l’unico eventuale nuovo arrivo andrà ad ingolfare il reparto avanzato, dove già abbiamo un carnaio di mezzi campioni (Coutinho, Alvarez, Palacio) e due stelle tanto luccicanti quanto fragili (Milito e Sneijder): manca come detto un vice-Principe, e spero vivamente che Longo possa farsi apprezzare.

Di seguito, nel caso in cui a qualcuno fregasse qualcosa, una formazione di cui potrei ritenermi soddisfatto:

                                                               Handanovic

     Maicon       Silvestre                   Samuel           Nagatomo

 Cambiasso

Guarin                            Paulinho?

 Sneijder

 Milito    Palacio

 

Prime alternative: Zanna, Ranocchia, Poli, Obi,  Coutinho,  Longo

Altri: Chivu, Jonathan, Mbaye, Stankovic, Duncan, Alvarez

SOCIETA’

In tutto questo puttanificio di arrivi e partenze, la Società si è anche mossa nel buio, andando a piazzare alcuni uomini in posti strategici. L’arrivo d Marco Fassone è indicativo di una precisa volontà da parte del Sig Massimo: Fassone è il “papà” dello stadio della Juventus, e il progetto di avere una cosa analoga (ma più bella!) da qui a 5 anni mi pare il miglior presupposto per tornare ad essere grandi. E’ ovvio che SanSiro resterà sempre SanSiro e che il cuore di ogni tifoso piangerà sangue quando si tratterà di sbaraccare. A me, tifoso rancoroso, la cosa farà ancor più male perché già vedo il ghigno mefistofelico del Geometra Galliani che, tipo avvoltoio, non vede l’ora di mettere le mani sul Meazza, intitolarlo seduta stante al suo presidente e prenderne pieno possesso; motivo in più per augurarmi che Pisapia o chi per lui rimanga sindaco di Milano per decenni, in modo da non fare sconti di nessun tipo a questa banda di balordi!

Nell’immediato, sono molto curioso di vedere all’opera i giocatori sul nuovo campo di San Siro semi-sintetico con lo scappellamento a sinistra. Non sono d’accordo (e me ne vanto) con i nostalgici alla Gianni Rivera, che dicono che così non è calcio, che si perde la poesia e minchiate del genere. Io voglio che la palla rimbalzi bene, che se uno sbaglia uno stop non abbia l’alibi della zolla che si è alzata, e soprattutto non voglio doverlo maledire ad ogni legamento che salta. Eccheccazzo! La soluzione è il sintetico? C’è solo un modo per scoprirlo: provare. Andrà male? Come non detto, torneremo a rizollare il campo 4 volte a stagione e ci saremo tolti il dubbio.

Più in sordina ma non per questo meno importante, l’arrivo di uno di principali osservatori dell’Udinese, Valentino Angeloni, a ricoprire il ruolo di capo osservatore per la prima squadra. Se i friulani sono giustamente portati ad esempio come modello di scouting, questo qua qualche merito ce l’avrà avuto perdìo! Nessuno gli chiederà di comprare Messi, ma di replicare operazioni che nel passato ci sono già riuscite (Maicon, Cambiasso, Julio Cesar) e che da un po’ non riusciamo a ripetere, facendo serpreggiare il dubbio atroce che si sia trattato di sano culo e non di visione e progettualità.

Più romantico invece il trasferimento di Ivan Ramiro dal campo alla panchina nel ruolo di Team Manager: può essere utile a Stramaccioni per aver un supporto “umano” e un collante con lo spogliatoio,  sulla scorta di quanto avvenuto con Mihaijlovic vice-Mancini.

Tutto sommato, la campagna acquisti dirigenziale mi pare improntata ad una maggior professionalità e ad un minor spirito da “grande famiglia” –pur con l’eccezione di Ramiro, come detto-. La cosa mi sta bene in linea di principio, con la speranza che i professionisti individuati siano all’altezza del compito che li attende.

UNA BELLISSIMA, UNA TERIBBBILE. MA VA BENE

 Non potevo non dedicare due righe alle maglie per la prossima stagione: dopo avere disprezzato le righe sottili della stagione passata, e le zigrinature del post triplete, non posso non accogliere con gioia il ritorno al blu scuro e alle 5 righe belle larghe. Peccato il blu come riga centrale anziché il nero, ma qui siamo a un passo dalla paranoia, curabile solo dopo TSO del sottoscritto.

La seconda maglia non c’entra niente con l’Inter: l’Inter di rosso ha solo i conti, niente altro. Non mi scandalizzo, non sono –più- così romantico. Dico anzi che Moratti dovrebbe parlar chiaro ai tifosi: non spargiamo nell’aere cagate del tipo “il rosso è parte dello stemma di Milano e la maglia vuole omaggiare la nostra città”. Dica la verità: cari tifosi, c’è un cinese che ci potrebbe dare tanti soldi per fare lo stadio nuovo: tra gli accordi con lui, o anche solo come gesto di riconoscenza, la seconda maglia sarà rossa come omaggio alla Cina e al suo potenziale mercato plurimilionario. Credo che in Cina e nel mercato asiatico in generale ne venderanno a strafottere, in Italia ben poche, anche se le vendite dei primi giorni paiono dire il contrario.

La sostanza è: volete il Messi del 2020? Accattatevi ‘sta maglia e non rompete i coglioni.

E’  COMPLOTTO

Solo per tranquillizzare i miei dottori: non sono guarito e continuo a soffrire di sindrome di accerchiamento e cospirazione ai danni dell’Inter. Palese è stata la reazione delle prostitute intellettuali dopo la scoppola presa dall’Italia in finale contro la Spagna: colpa dell’Inter, in buona sostanza (for further details:  http://www.facebook.com/photo.php?fbid=467864509893428&set=a.304492886230592.86394.304489272897620&type=1&theater). Evidente è l’appecoronamento dei media di fronte alle deliranti dichiarazioni dell’Agnellino che dice di “non riconoscersi nella matematica della FIGC”, pur avendo una ventina di sentenze a sbugiardarlo e senza che l’ultimo scudetto gli consigli la prudenza o forse solo il buon senso di tacere e guardare avanti. In tutto questo, le tre stelle giganteggiano fuori dalla sede e dal loro stadio, senza che nessuna istituzione si pronunci anche solo sull’opportunità di sbandierare dei falsi storici in maniera così impunita.

Dall’altra parte, i cugini sbagliati non stanno certo a guardare.

Ho sinceramente sperato che il Boca Juniors vincesse la Libertadores per vedere che cazzo avrebbero scritto quei pagliacci sulla loro maglia: Zio Fester ineffabile aveva detto che nel caso avrebbero cambiato la scritta in “Club europeo più titolato in Europa”, come se fosse normalissimo e assodato poter scrivere il cazzo che si vuole sulle maglie e senza che a nessuno sia scappato da ridere. Tristèssa…

Guarda caso, quando giocano in Europa questa manfrina non la possono fare, a conferma del fatto che il nostro campionato è sempre meno prestigioso e sempre più stantìo.

In pieno stile Milanello Bianco poi  il teatrino di Thiago Silva che rimane “perché noi i nostri campioni non li vendiamo” per poi vederlo andar via a braccetto con Zlatanasso per una paccata di milioni. Questo perché loro sono una grande famiglia e ai loro ragazzi ci tengono. Ripeto per l’ennesima volta: ogni club ha il sacrosanto diritto di comprare e vendere i giocatori come meglio crede, ma poniamo un limite alle stronzate: perché pensare che i propri tifosi siano così coglioni da credere alle favole? Purtroppo la manfrina va avanti da decenni and that’s nothing new, anche se stavolta il tifoso milanista avrebbe ottimi motivi per sentirsi davvero turlupinato: ma come, prima mi fai rinnovare l’abbonamento e me la fai vedere, e poi non me la dai?? Timidi segnali di ribellione arrivano dal popolo di tifosi più aziendalista del mondo, l’unico capace di vantarsi degli 80 mila in B con la Cavese e quindi reo-confesso di assenza totale di coscienza critica. Una ventilata minaccia di class action è bastata affinchè il Geometra dicesse che il Milan è disposto a risarcire quanti finora hanno sottoscritto l’abbonamento. Andrà a finire che, a parti poche teste pensanti, il grosso dei tifosi abbaierà e nient’altro, chè alla fine questa dirigenza ci ha portato in cima al mondo…

Altra cosa da sottolineare è il tono tenuto dai giornali nei giorni della cessione di Ibra e Silva in Francia: la Gazza di quei giorni recitava testualmente: “Venduti! E Adesso…” e dal tono sembrava che l’affare l’avesse fatto il Milan a sbarazzarsi di due bidoni che finalmente potevano essere sostituiti con Tevez e Rolando. Cioè, come far passare una brutta notizia per un’ottima opportunità di ricostruire e ripartire di slancio verso nuove meravigliose avventure.  In più l’ultima chicca: dopo aver attentamente conservato l’età di Ibra a 30 anni (ne farà 31 a inizio ottobre) quel giorno –guarda caso proprio il giorno dell’addio- Ibra diventava “ormai 31enne” e deciso a chiudere la carriera nel giro di pochi anni. Troie.

IL (FU) CAMPIONATO PIU’ BELLO DEL MONDO

Svestendo per un attimo i panni del tifoso che ancora si sbellica per il mercato dei cugini, non posso non notare come l’addio di Ibra e Thiago Silva chiuda definitivamente un’epoca durata quasi trent’anni, nei quali la Serie A era l’approdo ultimo di qualsiasi calciatore in cerca di una consacrazione internazionale. Dopo essere stati superati in questo senso da Spagna e Inghilterra nel corso degli anni 2000, ormai anche Germania e Francia sono in corsia di sorpasso. I due rossoneri rappresenta(va)no di gran lunga i migliori interpreti del campionato nei rispettivi ruoli, e vederli partire è una –spassosissima- sconfitta per il calcio italiano. Personalmente, allo stato attuale credo che l’unico giocatore ancora definibile fuoriclasse sia Sneijder, ma queste sono considerazioni personali e da tifoso. Mettiamola così: che la Juve abbia meritatamente vinto l’ultimo campionato e che si presenti ulteriormente rafforzata per il prossimo, senza avere in squadra grandi campioni (Buffon e Pirlo sono a fine carriera), è la dimostrazione empirica di quanto vado dicendo. La Juve è una squadra solida, forte, ma la vedo molto lontana dai fantastici 6 (Real Barça ManUtd ManCity Chelsea Bayer). Riusciranno i nostri eroi (Istituzioni & Presidenti) a risollevarsi e tornare all’antica gloria?

No.

Le ormai periodiche analisi di Deloitte & co., riprese dai nostri giornali, dipingono un quadro già cristallizzato, per non dire incancrenito: la Serie A sopravvive solo grazie ai diritti TV, cioè dall’entrata che meno di tutte stimola i club a migliorare “l’esperienza” del match allo stadio e lo spirito di appartenenza al club (leggasi merchandising). Qui o si copia pari pari dalla Germania, la migliore in Europa a suddividere le proprie entrate tra TV, stadio e magliette, o i volatili saranno ancor più per diabetici.

GOL NON GOL

Infine, quel farabutto di Blatter per una volta ha l’idea giusta e promuove l’idea delle telecamere sulla linea di porta per porre fine ai dubbi su palloni ballonzolanti a cavallo della stessa. La cosa, pur essendo molto più fumosa di quel che sembra e sebbene proveniente da un losco figuro, mi trova d’accordo, ed il fatto che Platini non se sia felice non ha che rafforzare la mia convinzione. Non capisco perché, laddove si può diminuire l’incertezza e togliere qualsiasi responsabilità e discrezionalità agli arbitri, rendendo quindi il gioco più bello e  senz’altro più corretto, ci si appelli al fascino dell’errore arbitrale, all’alea e all’imprevisto che sono un po’ il sale del calcio. Ma manco peggnente! Riduciamo al minimo il margine entro cui l’arbitro può agire “da solo”, togliamogli quanto più potere possibile, non lasciamogli la possibilità di essere corrotto. E ancora, bocciamo la manfrina degli arbitri di porta che, aldilà delle cagate dette da Platini NON hanno fatto bene all’Europeo, cannando proprio la valutazione sotto gli occhi di tutti (gol dell’Ucraina non dato causa salvataggio di Terry già oltre la linea).

Avere 6 arbitri in campo che non risolvono il problema è la classica soluzione da ottusa difesa corporativa. C’è la tecnologia? Usiamola Cristo! Io personalmente sarei solo contento di sapere in 5 secondi se la palla è entrata o no.

E per quel che mi riguarda, lo sarei altrettanto se le squadre avessero un paio di “jolly” da giocarsi nella partita per capire se un certo contatto è rigore o no. Sarei addirittura estasiato dall’introduzione del tempo effettivo, che farebbe sparire all’istante la decina di attacchi apoplettici e con risurrezione incorporata visibili durante ogni partita che Dio manda in terra.

Davvero non sopporto la visione sentimentalista del “si stava meglio quando si stava peggio”, ancor di meno se propugnata da chi –lo scrivente rancoroso dall’elefantiaca memoria non lo dimentica- ha festeggiato una Coppa Campioni tra i morti e grazie a un rigore fischiato per un fallo fuori area.

HAPPY BIRTHDAY TO YOU

CHIEVO-INTER 0-2

Come detto ancora incredulo a fine partita: beh, bello però vincere ogni tanto!

L’Inter vince la sola partita giocata in maniera decente nell’arco degli ultimi 40 giorni e si fa un bel regalo per i suoi 104 anni: non è l’età media del centrocampo titolare, ma l’età effettiva del Club, fondato il 9 Marzo 1908.

La nuvoletta di Fantozzi aleggia ancora più che minacciosa sulle capocce dei nostri, fermando sulla traversa un bel tiro di Sneijder nel primo tempo e soprattutto facendo sbagliare un rigore a Milito, al quale devo confessare una cosa: se mi sono accorto io che di solito i rigori li tira forti, centrali e a mezza altezza, ragione vorrebbe che si scegliesse un angolo e ivi si tirasse forte. Sorrentino, portiere clivense di buono spessore e sufficiente perspicacia, resta invece fiducioso della bomba ignorante a centro porta ed è bravo a respingere, mantenendo la porta veronese inviolata.

Il primo tempo, complice un ritorno al rombo che a mio parere dà ordine più mentale che tattico, vede i nostri in buona forma, con Stankovic e Sneijder a fare da vertici del suddetto quadrilatero e Zanna e Poli fidi scudieri laterali.  Dietro soffriamo poco, se si eccettua la solita ventina di rimesse laterali regalate da Maicon e l’uccellata di Pellissier ai danni di Lucio, che rimedia poi con mestiere nell’unica occasione creata dal Chievo.

Davanti il Principe e Forlan fanno quel che possono; pesa come detto il rigore sbagliato, ma i due si muovono e si cercano con sufficiente applicazione.

La ripresa ci vede in versione più ciapatina, forse per paura di non riuscire a sbloccarsi e quindi di subire la beffa, o forse per un purtroppo comprensibile calo di energie fisiche: l’autonomia dei nostri non può essere raddoppiata per il solo fatto di aver tenuto il Cuchu a riposo, e quindi le gambe a poco a poco mulinano meno km e lasciano un po’ più spazio ai gialloblù. La partita scollina lemme lemme fino agli ultimi minuti, nei quali è chiaro che solo un episodio può dare la vittoria ai nostri.

Ai nostri avversari lo 0-0 va più che bene, e quindi il corner al minuto 88’ è di quelli troppo preziosi per essere sprecati. La parabola di Wes pare anche lentuccia e prevedibile, ma Samuel è talmente bravo e forte da saltare in anticipo, colpire in controtempo e prendere di sorpresa Sorrentino. Vantaggio a 2 minuti dalla fine ed una strana sensazione di eccitante sollievo che corre sulla schiena “fandomi felice” (cit. eliana).

Nemmeno il tempo di capacitarmi dell’incredibile evento –e di dire “portento” continuando le citazioni delle sopracciglia del rock n roll italico- che il prode capitano, 40 anni e non sentirli, si sciroppa 50 metri di corsa e pennella dalla destra il cross sul quale plana il Principe, capocciando in rete il 14° sigillo di una stagione almeno numericamente buona, e dando ai ragazzi la gioia e –si spera- la tranquillità per preparare quella che oramai è da tutti vista come LA partita.

 

LE ALTRE

Non seguo il pomeriggio domenicale e quindi apprendo i prevedibili punteggi in arrivo da Milan e Juve. I gobbi paiono aver finito la benzina e, come da me preconizzato (rectius gufato), mostrano il lato debole del giocare sempre a mille all’ora: ficata finchè la brocca ti regge, ma poi son dolori. I cugini invece marciano come un diesel e temo che nessuno possa seriamente contendergli il campionato. Che mediocre è e mediocre rimarrà, vista anche la figura demmerda dei succitati diavoli in terra albionica. L’illusione di vedere ripetere i capolavori di La Coruna o Istanbul è durata poco meno di un’ora, ma è comunque stato bello vedere certe facce impallidire e poi riprendere colore nell’arco di 90 minuti. E meno male che hanno la Champions nel DNA!

 

E’ COMPLOTTO

Parto proprio dalla maiuscola prestazione rossonera per sottolineare il livello di zerbinaggio che qualcuno tra le decine di inviati al seguito dei suddetti riesce comunque a raggiungere: Nosotti di Sky riesce a chiedere a Mexes se la partita di Londra possa dare una spinta in più in vista del Campionato. Splendido nella sua imbarazzata sincerità (o forse solo lucidità) il francese quando lo rintuzza dicendo “Veramente stasera abbiamo perso 3-0…!”.

Guardando in casa nostra, un ceffone al servo di turno che prima dipinge Pellissier come “uno che all’Inter ha sempre fatto gol” (vero), salvo poi commentare il cambio del suddetto con Moscardelli dicendo “entra adesso una punta che in passato ha già fatto tanto male all’Inter” (ha segnato un gol lo scorso anno, e purtroppo, visti gli ultimi precedenti, non è nemmeno evento così raro per una qualsiasi punta…). Il gufaggio a oltranza era iniziato annuncuando l’arrivo di Moratti al Bentegodi e ricordando lo spiacevole precedente dell’ultima trasferta seguita in prima persona dal Presidente (Novara, sconfitta a settembre e bye bye Gasp): insomma, tutti gli ingredienti possibili per rendere ancor più acida e indigesta la partita dei nostri.

Noi poi ci mettiamo la nostra parte, con un signore di 60 anni che si riduce alle lacrime per una vittoria a Chievo che gli salva il deretano (c’ha pure la faccia di bronzo di dire “ma è perché io ci tengo” senza però specificare se il riferimento sia alla squadra o alla panchina). Gli occhi lucidi, che seguono di pochi giorni quelli esecrandi (e difatti da me esecrati) di Cambiasso, danno l’assist per l’inevitabile servizio sulle “lacrime dell’Inter dal 2000 ad oggi”, iniziando con Ronaldo che si scassa contro la Lazio, passando dal cosiddetto giorno-che-non-esiste nel 2002, per arrivare alle lacrime dolceamare di Mourinho e Materazzi dopo Madrid e approdare ai poco edificanti exploit degli ultimi giorni.

Ribadisco la mia sincera quanto irrealizzabile speranza: due settimane di stipendio di multa a chi piange in maglia nerazzurra. A casa tua fai quel cacchio che vuoi,  sul posto di lavoro ti contieni.

 

WEST HAM

I martelli inciampano in casa contro i penultimi della classe, non andando oltre un insipido 1-1 contro il Doncaster. Il Reading ci aggancia al secondo posto, il che mi lascia poco tranquillo visto che, come per la Serie B italiana, i primi due sono promossi automaticamente, mentre il terzo se la gioca ai play off contro quarti, quinti e sesti.

Testa giù e pedalare!

Mucchione nerazzurro a festeggiare... un'immagine che iniziavo a credere fosse ormai frutto della mia fantasia malata.

Mucchione nerazzurro a festeggiare… un’immagine che iniziavo a credere fosse ormai frutto della mia fantasia malata.