FASTIDIO

SAMPDORIA-INTER 2-2

Partita difficile da digerire, nonostante le 48 ore fatte passare. E le criticità gastriche non sono dovute solo alle contemporanee vittorie di Roma e Milan; è proprio l’andamento dei nostri 90 minuti a lasciarmi l’amaro in bocca.

Sia chiaro: a questo punto del campionato non sono i due punti lasciati a Genova a preoccuparmi, quanto piuttosto l’incapacità di essere brutti e cattivi quando serve. Il pragmatico catenacciaro che è in me potrà perdonare la giornataccia della squadra che fatica a creare occasioni da gol, che – usando gergo tecnico – gioca demmerda, ma mai gli errori sotto porta che ti fanno venire l’acquolina in bocca, mentre pregusti la pizza che vedi arrivare da lontano passarti di fianco e fermarsi al tavolo dietro di te.

Mentre tratteggio la delicata metafora culinaria, mi passano davanti agli occhi le tre occasioni mariane sciupate dai nostri in meno di cinque minuti a inizio secondo tempo. Tutto ciò è bastato per far seguire alle canoniche Madonne alcune considerazioni ancestrali del tipo “con tutto quel che ci siamo mangiati va bene se non la perdiamo ‘sta partita qua…“. San D’Ambrosio per fortuna mi viene in soccorso, visto che alla mezz’ora salva sulla linea un diagonale velenosissimo a portiere battuto.

Fatemi ora abbandonare l’obiettività che faccio finta di avere quando parlo di Inter e concedetemi qualche riga di sfogo su tre nostri giocatori, che ovviamente sarò pronto a idolatrare alla prossima partita giocata come Cristo comanda.

Handanovic: incolpevole sui due tiri che portano ai gol. Il primo oltretutto subisce la deviazione probabilmente decisiva di Dzeko, ma su quel troiaio che precede la pesciada di Yoshida rimane per la millesima volta in carriera col guinzaglio agganciato al palo e non esce su una palla lenta, stupida, fatta apposta per essere presa in volo, probabilmente subendo anche fallo.

Non riesco nemmeno a finire gli improperi a supporto del “Non esce mai questo…” ed ecco la prossemica che ben conosciamo: posa ieratica, braccia penzolanti, sguardo rassegnato e palla nel sacco. So benissimo che la mia è una critica eccessiva per quel che è (stato) un grande portiere, ma mi tengo lontano dal buonismo integralista che accusa noi critici di disprezzare un portiere che per dieci anni ci ha tenuto a galla. O meglio: non ho problemi a dire che Samir per anni è stato tra i migliori al mondo, ma se la gratitudine fosse l’unico parametro di giudizio, allora Walter Zenga o Julio Cesar dovrebbero giocare una domenica a testa per i prossimi vent’anni.

Morale: posto che il suo sostituto doveva arrivare due anni fa, e poi ancora l’anno scorso, vediamo di fare una ricerca seria e di non farci trovare impreparati alla fine di questa stagione.

Dzeko: già ho scritto circa le mie riserve sul concetto filosofico del centravanti di manovra (“può piacere o non piacere, su questo non discuto” (cit.)). La cosa che tollero ancor meno – e qui ormai dovreste conoscermi a sufficienza da non esserne stupiti – sono i pregiudizi, positivi o negativi che siano. Esattamente come anche il più banale appoggio di piatto di Pirlo al portiere era un lancio illuminante del Maestro, ogni corsa all’indietro del bosniaco è intelligentissima, fatta per aiutare i compagni, a servizio della manovra. Fernando Orsi, che commenta la partita su Sky insieme a Compagnoni (poi ne avrò anche per lui), addirittura vede un velo – ovviamente geniale – del bosniaco che libererebbe Lautaro per il gol del momentaneo 2-1. Se non avete visto la partita: Dzeko si limita a fare – per una volta! – quel che deve fare l’attaccante, e cioè dividersi gli spazi in area col compagno. E quindi, essendo Lautaro sul palo lungo, taglia sul primo. Niente di più. Ma la palla di Barella è precisa di suo, e sarebbe arrivata a destinazione indipendentemente dal lavoro di Dzeko.

Tanti i ripieghi a centrocampo del bosniaco, che sale a cucire la manovra facendo andare in sollucchero gli esteti del bel giUoco. Io da grezzo osservatore finisco presto le dita per contare le volte in cui invece la sua presenza latita là davanti, con il solo Martinez a doversi smazzare tutto il fronte d’attacco.

Quando poi, subìto il pareggio di Augello, Perisic entra in area dalla sinistra, il croato non tira in porta ma preferisce mettere palla lunga sul secondo palo per il tap-in del compagno: troppo poco elegante la scivolata, l’allungo a ruzzolare sull’erba. No: meglio non accelerare nemmeno il passo, e voltarsi verso il compagno chiedendo un passaggio più facile. Vedrai che la prossima volta, Perisic, da quella posizione tira, e magari segna anche.

Sensi: qui si rischia veramente di essere politically incorrect, perché non è né bello né giusto arrabbiarsi con un ragazzo che ha problemi fisici purtroppo sempre più evidenti. Fatta la doverosa premessa, a livello medico e societario è però giunto il momento di fare un discorso chiaro: che cosa può dare un giocatore che da quasi due anni gioca nei ritagli di tempo tra un infortunio e l’altro, e che, da ultimo, rimedia una distrazione del collaterale andando a contendere palla come tutti noi facciamo ad ogni fottutissima partita di calcetto con gli amici? Si parla spesso di profondità di rosa, facendo l’elenco delle figurine ma tralasciando un importante dettaglio: quanto sono affidabili i cosiddetti rincalzi? Detto che uno come Sensi sano per me è titolare fisso nell’Inter e forse anche in Nazionale, cosa me ne faccio di una riserva che, quando chiamato in causa, marca visita otto volte su dieci?

Abbiamo avuto lo stesso problema l’anno scorso con Vecino, Vidal e Sanchez: tre alternative mica da ridere sulla carta, tutti infortunati cronici per più di metà stagione. Hai voglia a raccontare la favola della panchina lunga: ti giri e ti ritrovi con Ranocchia, D’Ambrosio, Gagliardini e due Primavera…

LE ALTRE

Ringraziato il Napoli per la godibilissima partita vinta contro i Gobbi, tocca rendere i giusti meriti al Milan, che non ne avrebbe bisogno viste le lodi sperticate ai ragazzi di Pioli. I cugini vincono facile con la Lazio, ancora lontana dall’essere una squadra, e mostrano un Tonali davvero trasformato rispetto al modesto gregario visto l’anno scorso. Ricordo che sul bresciano pende la benedizione di Totti che di lui disse “dei tanti bravi giovani centrocampisti che abbiamo, per me lui è il migliore“. Che dire? Da interista spero che queste prime partite siano un brillo estemporaneo e che torni a galleggiare senza costrutto tra campo e panchina, ma per quanto fatto vedere fin qui tanto di cappello.

E’ COMPLOTTO

La stampa come detto è lestissima a riattivare la mielosa retorica dei bravi ragazzi rossoneri, facendo passare come un recupero lampo i 4 mesi di Ibrahimovic e tralasciando il fatto che la terapia conservativa inizialmente scelta si fosse dimostrata la strada sbagliata.

La combo MilanLab+Milanello Bianco può questo ed altro (e non sfugga la citazione “Silviesca” nel titolo)

Ma si riesce a fare di più: si torna al gol di Augello, blucerchiato suo malgrado ma ovviamente tifoso del Milan fin da bambino e – probabilmente per quello – ragazzo splendido cresciuto con sani valori. Per i puristi: il titolo della Gazza ha anche l’esclamativo, una sorta di +1 al Fantacalcio per l’assist.

Avevo promesso una nota di demerito per Compagnoni che, come tanti altri telecronisti, ha innegabili qualità, ma che non ho mai particolarmente amato. Noto in lui più che in altri la tendenza alquanto paracula di abusare della locuzione “si ha come la sensazione…“, nella sua variante “l’impressione è che…“. Niente di male, per carità, ma un telecronista dovrebbe raccontare quel che avviene, o al limite dare il suo parere su quanto sta accadendo, non raccontare di sensazioni epidermiche che non danno alcun valore aggiunto alla narrazione, e che oltretutto non di rado – come domenica – vengono sbugiardate dai fatti in tempo zero.

Andiamo nello specifico. Su entrambi i recuperi di primo e secondo tempo, la sua “sensazione” è che l’arbitro possa far giocare oltre quanto inizialmente stabilito. Nel primo tempo toppa in pieno, con Orsato che anzi fischia due secondi prima della fine dell’ultimo minuto. Nella ripresa inizialmente gli dice bene, visto che i sei minuti diventano effettivamente sette, ma il ragazzo non è contento e insiste “si potrebbe arrivare a 7:30, forse anche 8:00“. Niente, al 97:01 arriva il triplice fischio.

Domanda da cacacazzi: ma non sarebbe meglio, se proprio si vuol fare i saputelli, dare il beneficio del dubbio e dire “vediamo se l’arbitro vorrà dare un supplemento di recupero“? Un inguaribile illuminista come me sarebbe più contento: almeno lì poni un dubbio, avanzi una possibilità, non ti fai guidare da non meglio precisate impressioni, inconfutabili proprio perché impalpabili e quindi nemmeno degne di essere catalogate come opinioni.

Bah, potenza dello storytelling…

Chiudo con l’ultimo prurito di giornata provocato, guarda caso, da Arrigo Sacchi, che non perde occasione per tornare in cattedra denigrando lo spettacolo offerto da Napoli e Juventus nell’anticipo di sabato: “mi sembrava una partita degli anni ’70“. Sempre simpatico e per nulla autoreferenziale il nostro quando ci passeggia sui testicoli parlando di gioco offensivo e spettacolare in contrapposizione all’italico vizio della difesa ad oltranza e del guizzo del singolo…

Sono stato sollevato dal vedere realizzata la mia profezia in tempo zero, quando l’ho sentito innalzare lodi al calcio spettacolo del Sassuolo e denigrare Mourinho e la Roma, in quella che invece è stata una partita divertentissima da guardare per un appassionato di calcio (il tifoso probabilmente avrà perso qualche anno di vita…).

Niente di più prevedibile. Mi raccomando, ancora avanti così: i buoni tutti da una parte, i cattivi tutti dall’altra, e tutti a battere le mani al Venerabile Maestro.

CAZZO, GIA’ DIECI ANNI…

Ai tanti che oggi se lo fossero persi, di seguito il succo di quel che abbiamo detto oggi su Facebook.

Sono già passati dieci anni: a tratti sembrano trenta, altre volte invece sembrano due settimane…

Prima di abbandonarci ai ricordi inebrianti, un minimo di obiettività. Cerchiamo di capire quanto cazzo fosse forte quella squadra, quanto sia stato importante non quell’anno, ma quel ciclo dell’Inter.

Un ciclo durato 5 anni e iniziato come tutti sappiamo. È verosimile che senza Calciopoli l’Inter avrebbe fatto più fatica a costruire quello squadrone, Ibra e Vieira non sarebbero arrivati. Però Julio Cesar, Zanetti, Cuchu, Samuel e Cruz c’erano già. Maicon, Grosso e Crespo sarebbero arrivati comunque. E soprattutto, senza voler riaprire ferite che agli juventini fanno ancora male: il redde rationem di quell’associazione a delinquere che era la Juve è arrivata in ritardo. Io come tanti altri interisti ho sempre visto lo scudetto 2006, il 14°, come un segnale da parte del sistema calcio, un modo per dire “ah scusate, non avevamo capito un cazzo, ora vediamo di rimediare”. Poi in realtà hanno continuato a non capire un cazzo, visto non molto è cambiato, però…

Come sa chi ha letto il libro, il mio rancore l’ho espresso riscrivendo una manciata di campionati al netto delle famigerate sviste arbitrali. Tutti noi, non rancorosi complottisti, semplicemente tifosi dotati di occhi e intelletto, sappiamo che l’Inter avrebbe potuto e dovuto vincere almeno due campionati prima di quello 2005/2006 (parlo del 97/98 e del 01/02, io ci metto anche il 02/03).

Ad ogni modo, si vede che doveva andare così, inutile rimuginarci sopra.

Torniamo a bombazza: Quelle 5 stagioni sono finalmente state la rappresentazione di quel che ho sempre voluto dalla mia squadra: un piano strategico, una coerenza anno dopo anno, che mantenesse inalterati i punti di forza e andasse a migliorare gli aspetti ancora traballanti.

E quindi ecco arrivare Chivu, ecco crescere Ibra a livelli mai visti fin lì (chè nasino alla Juve faceva 10 gol all’anno…), ecco anche la sostituzione agrodolce in panchina. Sbagliata nei modi, sbagliatissima, ma tremendamente efficace.

Il Mancio inizia ad andarsene dopo la sua crisi mestruale post-Liverpool di marzo 2008: da lì inizia un imbarazzante tira e molla che per poco non ci costa uno scudetto, tra il gatto nero di Figo e il sarto di Appiano.

Vedo l’ultima partita di quella stagione (Parma Inter, due gol di Ibra sotto la pioggia) in una maniera solo apparentemente folle. Siamo in cinque: io, mio fratello, il Signor Carlo, Gio e il neonato Pancho.

I tre uomini presto inginocchiati per terra davanti alla tele, la mamma premurosa che si occupa del piccolo ed ha la provvidenziale idea di fare capolino in salotto col pupo in braccio a metà ripresa e chiedere “Come va?”

Ibra nello stesso istante arma il destro e tira lo scaldabagno da fuori area: gol e delirio collettivo. Bandiere che escono dalle tasche e che fin lì erano state scaramanticamente nascoste e noi tre che torniamo i dodicenni che in fondo siamo da sempre.

La donna di casa contempla la regressione pre-adolescenziale che le si para davanti agli occhi, lascia calare il livello dei decibel e sussurra “va beh, io torno di là, così magari il bimbo dorme un po’”.

La risposta all’unisono “Ferma lì! Tu adesso non ti muovi per la prossima mezz’ora!”.

So che i veri tifosi capiranno. Ma non solo loro, anche i campioni ragionano così. Non ci credete?

Facciamo un salto di due anni circa e da Monza ci trasferiamo in un lussuoso appartamento milanese in cui due giovani uomini argentini stanno assistendo -abbastanza interessati- a Roma-Samp:

La Sampdoria attacca e attacca. La bambina, malgrado il volume della telecronaca a palla e il nostro tifo da ultras, si addormenta placida in braccio al papà, e allora la mamma mormora: “Diego, la bambina dorme. Dammela, la metto a letto…”.

Serissimo, Diego Milito, il padre più sollecito e amorevole che ci sia, un uomo serio e intelligente, un cattolico praticante, stringe al petto la figlioletta dicendo: “Neanche per sogno, Sofi. Appena l’ho presa in braccio la partita è cambiata. La pupa sta qui, in braccio al papà”.

J. Zanetti, Giocare da Uomo, Strade Blu Mondadori, 2013

Non serve che vi dica com’è finita quella partita.

Chiaro quindi: io non ho mai avuto dubbi sulla mia stabilità mentale, figuriamoci dopo aver letto che anche il Principe Milito la pensa come me.

Finita la parte aneddotica, il passaggio dal Mancio a Mourinho fa continuare la crescita, che per carità, passa anche da qualche scelta toppata: Amantino Mancini e Trivela Quaresma sono lì a dimostrarlo, ma perfino questi errori andrebbero visti sotto la giusta luce.

Ai tanti che si riempiono la bocca col “Mourinho grande motivatore e comunicatore” e basta, farei vedere in ginocchio sui ceci la varietà di moduli utilizzati da José in due anni. L’uomo con l’ego più smisurato che c’è arriva convinto di usare il 4-3-3, con i due succitati ai lati di Ibra. Quando capisce che non è cosa, si adegua e cambia. Coi giocatori che ho come posso farli giocare? Rombo di centrocampo e due punte. Ah! Come giocava il Mancio! E ‘sti cazzi? Vinco il campionato in carrozza, pure senza dover giocare l’ultima di campionato.

Certo, serve un altro passaggio per arrivare alla perfezione. Ed ecco l’estate del 2009, il colpo da maestro Ibra/Eto’o più una paccata di milioni, Milito e Motta, Cavallo pazzo Lucio e Sneijder giusto in tempo per le 4 pere nel Derby, fino alla conclusione trionfale che tutti conosciamo, vecchia giusto di 10 anni.

Ecco: in tutte le celebrazioni che, grazie a Dio, stanno facendo, io al solito faccio la parte del rancoroso petulante. Occhio, quell’Inter non è “solo” la notte leggendaria di Madrid, quello è un “cazzo” di ciclo di quattro anni, che avrà una bonus track nella stagione successiva.

Ma, esattamente come per il bel giuoco o per il regista, ciclo è un’altra di quelle parole che per la stampa italiana non è applicabile all’universo interista. Noi siamo sempre quelli estemporanei, da una botta e via, ma questo ormai ve l’ho “imparato”!

Quindi: viva l’Inter viva il Triplete, viva quelle stagioni.

Ora, ognuno di noi immagino ricordi dove si trovava in quel Maggio 2010, io sempre in prima fila divanata nel salotto di casa, col rampollo semicosciente (aveva 2 anni, gridava quando gridavo io ma non ricorda nulla…). Per la finale di Champions mi ero scientemente dotato della compagnia di un amico infermiere di cardiochirurgia, all’insegna del “una cazzo di tracheotomia con la penna BIC me la saprà fare!”. La Giò rigorosamente fuori, computer e balcone, che a Maggio va ancora bene. Il problema, povera, è che si è fatta tutta la stagione così.

Ognuno poi si costruisce i ricordi secondo i propri comodi, o forse inconsciamente si va di memoria selettiva.

Ricordo la rabbia quasi maggiore alla gioia dopo la vittoria in Coppa Italia, con quell’orrenda caccia all’uomo che è stata Roma Inter, ennesima dimostrazione del fatto che l’Inter fosse sola contro tutti. Tutta la stampa a tifare Roma. Totti, Perrotta, Mexes, Taddei, Burdisso tutti da cacciare nel giro di mezz’ora, tutti liberi di menare come fabbri ferrai sotto gli occhi bonari di Rizzoli.

Lo Scudetto aveva portato con sé lo stesso sapore, forse perché lo stesso Siena era una sorta di succursale giallorossa, con Curci e Rosi in campo, Sella come vice di Malesani e lo stesso presidente che si chiamava Mezzaroma.

Ho rivisto una sintesi della partita l’altro giorno, fingendo di inciamparci per caso, e i miei ricordi al solito funzionano alla grande, quando si parla di Inter.

Compagnoni a fine partita fa passare meno di 10 secondi prima di aggiungere “L’Inter ha avuto la meglio su un avversario fortissimo: la Roma di Claudio Ranieri!

La notte di Madrid invece, aldilà dell’emozione inevitabile, è passata relativamente liscia -se mi passate il termine-. Come tanti altri interisti, vivevo una strana sensazione di ottimismo, proprio io che ho temuto di uscire contro i coreani al Mondiale per Club del Dicembre 2010.

Si è completato quel parallelo che avevo iniziato a intravedere già nella fase a gironi: la nostra Champions 2010 come l’Italia del Mundial 1982. Un girone complicato, che sfanghiamo non senza fatica.

Subito un ostacolo mica da ridere: il Chelsea per l’Inter, l’Argentina per l’Italia. E in entrambi i casi, con le partite forse migliori di tutto il torneo. Tanti ricordano comprensibilmente la tripletta di Rossi contro il Brasile o la doppia sfida con il Barcellona, ma personalmente il controllo totale del gioco che ho visto a Stamford Bridge non l’ho più visto: 4 volte l’uomo davanti al portiere in meno di un’ora di gioco. Segna Eto’o e partita incartata, loro inebetiti davanti al nostro dominio.

Brasile e Barcellona sono i picchi spettacolari dei due tornei, con Polonia e Spartak Mosca tappe intermedie prima della finale contro i tedeschi, in entrambi i casi quasi una formalità prima di alzare la Coppa.

Forse è la distanza temporale a farmi fare questi romantici paragoni tra tornei diversi, forse sto solo invecchiando… Spero solo di non dover aspettare così tanto prima di rivedere qualcosa di simile!

Ora sono curioso di sapere dove eravate voi dieci anni fa, dove e con chi avete visto le “finali” di quell’anno, come avete vissuto tutto il Lustro d’Oro. Un paio di impavidi si sono già confessati, tra generatori che finiscono la benzina spegnendo la TV e blasfemie pronunciate di fronte all’alta diplomazia internazionale.

I’M LATE. AND SO WHAT?

TOTTENHAM-INTER 1-0

Saranno contenti quelli che accusano l’Inter di avere sgraffignato qualche vittoria di troppo. I nostri, aldilà dei pomposi propositi della vigilia, vanno a Londra con il chiaro intento di portare a casa il punto che garantirebbe la qualificazione. E il piano, diciamocelo, era quasi riuscito.

Tirate le orecchie a Spalletti e Ninja per averlo riproposto da titolare e poi tolto dopo 40’, il resto della squadra mi pare solido e sufficiente per poter portare a casa il risultato.

Pare chiaro fin da subito che occasioni per segnare, nonostante la migliorabile fase difensiva londinese, non ce ne saranno molte, ed è per questo che esaurisco il bonus-madonne sull’occasione capitata a Borja Valero pochi minuti dopo il suo ingresso. Lo spagnolo, autore peraltro di una prestazione assolutamente dignitosa, cincischia col pallone tra i piedi senza trovare il decimo di secondo giusto per tirare una “pesciada al balùn” e farlo rotolare perlomeno verso la porta di Lloris.

Ma prima di analizzare la partita da un punto di vista tènnico, tocca davvero tornare sulla scelta di schierare il Ninja dall’inizio, soprattutto vista l’evoluzione della partita. Se l’ha fatto apposta, Pochettino è stato un mago a tenere la partita in equilibrio fino al 70’ per poi inserire i suoi incursori più pericolosi (Son e Eriksen) quando ormai le difese del nostro sistema immunitario erano cariche di acido lattico e obnubilate a livello neurologico. Il delitto perfetto, non c’è che dire.

Non posso però traslare il ragionamento ai nostri. Se hai uno come il Ninja, splendido tuttocampista che però appartiene alla genìa del calciatore prima di tutto fisico, e che senza quello perde il grosso della sua pericolosità, cerca di utilizzarlo al meglio. Mi spiego meglio per i duri di comprendonio (non voi, quindi, che mi avete capito al volo): parti con Borja Valero, fai girare palla, tieni la posizione e i ritmi bassi. Nella ripresa, se e quando necessario, dentro l’animalanza del tabbozzo belga e andiamo a comandare. Tenere in campo Nainggolan senza che possa correre a dovere è una pena da vedere anzitutto per lui: vederlo accennare la corsa e pensare una frazione di secondo dopo “no meglio di no se no mi scasso” mi fa pensare agli ultimi anni di carriera di Michael Owen e non rende giustizia al nostro numero 14.

Fine della polemica interna.

Anche perchè, per il resto, la squadra fa quel che deve fare. Ad esempio, parte da dietro col palleggio manovrato (almeno nelle intenzioni), che è una cosa che di solito mi manda ai pazzi, non avendo i nostri nel controllo di palla e nella visione di giUoco la specialità della casa. Però in quel caso è giusto insistere, visto che il grosso del pressing il Tottenham lo fa sulla nostra trequarti: saltato quello, poi loro sono assai morbidi e pavidi. Giusto quindi cercare di irretirlo e non sparacchiare lungo sull’isolato Icardi.

Dietro, sia Skriniar che De Vrij si comportano bene, sostanzialmente fino alla bella percussione di Sissoko che viene colpevolmente lasciato avanzare, prima di dar palla a Dele Alli che gira a sua volta per l’accorrente Eriksen: due gol in stagione, due gol con noi (contando che quello dell’andata era anche autorete di Miranda. Te possino).

Subìto il fischione è chiaro che non c’è modo di riprenderla, ed è un peccato per un certo numero di motivi.

Anzitutto la sconfitta ci costringe a giocarci il tutto per tutto contro il PSV in casa, con quel clima da ultima spiaggia che tanto volentieri avremmo evitato.

Secondariamente perchè un orecchio dovrà comunque essere sintonizzato dalle parti di Barcellona, tanto per essere sicuri che i catalani facciano le persone serie e non lascino campo aperto agli Spurs.

La terza e ultima paura è un mix delle prime due, che potrebbe paradossalmente portare a un Barcellona che fa anche il suo dovere, ma ai nostri che si perdono in un bicchier d’acqua.

Insomma, che Natale arrivi presto e con lui questa serie di verdetti di Coppa e Campionato, responsabili di insonnie già patite e ancora da gustare nelle settimane a venire.

 

LE ALTRE

Siamo al paradosso per cui la Roma ne becca un paio dal Real Madrid in casa, dopo essersi mangiata l’incredibile nel primo tempo, ma è comunque qualificata, mentre il Napoli batte 3-1 la Stella Rossa ma dovrà faticare come e forse più di noi per portare a casa la qualificazione. La Juve continua la sua serie e batte 1-0 il Valencia in un girone che riserva la gradita sorpresa finale di un Mourinho alle fasi a eliminazione per la quattordicesima volta su altrettanti tentativi, alla faccia di chi gli vuole male.

 

E’ COMPLOTTO

Noto che è bastata una sconfitta (quella di Londra) per dar fiato alle trombe e farci ripiombare negli intramontabili #crisiinter e #casointer.

Colpevoli di giornata Perisic e il papà di Lautaro Martínez. Il primo a rispondere a domanda precisa e ammettere che sì, gli piacerebbe giocare in Premier League ma che è all’Inter che pensa; il secondo a lamentarsi da chiagneffotte di professione del poco spazio riservato al figlio, pentendosi poco dopo e cancellando la sua scurreggia socialmediatica.

Spalletti risponde come deve, lodando entrambi i giocatori e circoscrivendo le loro uscite al rango di bagatelle o poco più, ma è tutto più che sufficiente per l’ennesimo paragone a distanza tra le due sponde del Naviglio. L’Inter, che tra pochi mesi dovrebbe finalmente uscire dal Settlement Agreement (è un’altra delle cose che dicono ogni anno sul ritornello di “stavolta è la volta buona”), sarà costretta a vendere uno dei suoi gioielli; il Milan con l’arrivo di Gazidis e dato per scontato quello di Ibra aggiunge al carrello della spesa Fabregas (un altro che sono 5 anni che deve arrivare in rossonero) e pare non preoccuparsi per nulla della sentenza in arrivo dalla UEFA. Ma non voglio ammorbarvi più di quanto già fatto recentemente.

Proseguo con una chicca già segnalata al volo in settimana tramite Facebook, riprendendo un sondaggio di European Football Benchmark. Nessuna sorpresa nell’apprendere che la Juve è la squadra più tirata in Italia e l’Inter (non il Milan, anche se dato parimerito) la seconda. La novità simpatttica è che i nostri sono primatisti di un’altra classifica: quella della squadra più odiata.

Commento la cosa riprendendo il laconico hashtag vergato sulla mia pagina FB: #ècompotto.

E’ in un certo senso inevitabile, essendo l’Inter sempre stata “altro” rispetto a tutto ciò che caratterizza il calcio italiano. Bene così, insomma. 

Del resto, per continuare con gli slogan, #noinonsiamoquellarobalà.

Passando a cose più scandalose e tristi, sono inqualificabili le scritte apparse sui muri di Firenze prima del match tra Viola e Gobbi. Farmi essere d’accordo con Andrea Agnelli e Nedved è cosa difficilissima, ma quest’accozzaglia di craniolesi ci è riuscita.

Segnalo una chicca marroncina che stranamente nessuno ha fatto notare, e che secondo me invece dà la misura dell’ignoranza endemica di questa gente: il nome di Scirea era stato inizialmente scritto con la H invece che con la C (vedi foto tragicomica).

Siamo ai livelli di “Indipenza Padana” o “Integraliso leghista”.*

 

*scritte realmente esistenti tra Monza e Vedano al Lambro a fine anni ‘90.

 

DUR COME ‘L MUR

ATALANTA-INTER 4-1

Che rende un po’ più l’idea rispetto al -pur più poetico- thick as a brick.

E poi siamo pur sempre in terra di magutti e maniscalchi. E’ proprio su uno dei loro celeberrimi manufatti che i nostri amatissimi ieri hanno tirato una craniata micidiale.

90′ minuti di nulla cosmico, con l’Atalanta che veniva giù da tutte le parti. Quattro pere in saccoccia e il nostro portiere che ne sventa almeno altrettante con parate clamorose.

Spalletti, forse per il campo bagnato, propende per i due “grossi” a metacampo, e quindi la zazzera improponibile di Brozovic ha come fidi scudieri Vecino e il bimbo di casa Gagliardini. Dietro, Miranda e non De Vrij, D’Ambrosio e non Vrsaljko. Confermati gli altri.

Partiamo male e proseguiamo malissimo. DAZN si pianta proprio nell’azione che porta al primo gol di Hateboer, e il mio timore scaramantico è tale da fissare inebetito la rotella che gira sul fermo-immagine del cross da sinistra.

Cazz… se è andato in bomba proprio adesso vuoi vedere che è perchè han segnato?

Il tempo di spegni/riaccendi e il sospetto diventa triste realtà.

Ma non è tanto il sifulotto in sè ad essere un problema (fate finta di credermi…): è piuttosto lo stato di morte apparente dei nostri, completamente alla mercè degli avversari, molto di più di quanto mostrato nelle pur tentennanti esibizioni di Champions col Barça.

Per farla breve, nella sintesi di primo tempo quasi finisco le dita delle mani nel contare 5 o 6 occasionissime e altre 3-4 solamente “normali”. Handanovic come detto ci salva in diverse occasioni, Miranda in ribatte in scivolata un tiro a colpo sicuro e Ilicic si traveste da terzino addizionale riuscendo a tirar fuori da mezzo metro a porta vuota.

Mi trovo a concordare con Cravero che dice “Paradossalmente di questo risultato deve essere contenta l’Inter, mentre l’Atalanta ha solo da rammaricarsi“.

La sola cosa su cui posso recriminare è un fuorigioco fischiato a Perisic, lanciato in velocità e fermato dopo che aveva superato il difensore ed era solo davanti al portiere. E’ una questione di principio, ma mi incazzo lo stesso: fallo andare avanti, diobono! Poi, se segna, vai a controllare se il fuorigioco c’era o no.

Guardacaso fanno vedere un solo replay (male allineato, non si capisce una mazza) e poi più nulla, forse travolti dall’andamento a senso unico della partita.

Epperò, a inizio ripresa, il giramento pallico continua, perchè una botta di culo ci porta a pareggiare su rigore con Icardi.

Ci troviamo quindi, senza nemmeno sapere come, ad avver raddrizzato la baracca (sempre per rimanere in termini di piccola impresa edile), e il mio borbottìo si fa spudorato nel mugugnare “vedi che a lasciare andar via Perisiccio facevamo il furto del secolo…“.

Per la cronaca, il rigore arriva da fallo di mano di Mancini su cui è perfino inutile discutere. Come forse già saprete, sono rigori che non fischierei mai (a mezzo metro dall’avversario, con braccio solo un filo largo, de che stiamo a parla’), ma sull’altare del fine supremo arbitrale -la certezza del diritto, la minimizzazione della zona grigia di interpretazione- mi va benissimo che vengano fischiati tutti, a favore o contro.

Tornando alle mie utopiche speranze, nulla di tutto ciò. La partita vive un quarto d’ora di fisiologico equilibrio, nel quale spero che i nostri si sveglino ed inizino a giocare. Oltretutto l’Atalanta perde un altro difensore, Toloi, schierando così l’intero terzetto di panchinari o supposti tali. Ritmi bassi, e la speranza che i Gaspe-boys abbiano finito la benzina si insinua nei meandri di casa…

Ripeto: nulla di tutto ciò. Il succitato quarto d’ora accademico viene fragorosamente interrotto dalla capocciata di Mancini, che riscatta il “mani” di inizio ripresa e inzucca in porta dopo essersi facilmente insinuato tra i nostri lungagnoni in difesa.

Potrebbe finire lì, perchè è chiaro a tutti che i nostri oggi non ci sono. In più, il jolly ce lo siamo già giocati col rigore.

Invece si va avanti, giusto per pigliare un gol in fotocopia buono per assegnare a Djimsiti il Primo Gol in Serie A e per far segnare il golazo al Papu Gomez, un altro che quando vede Inter si trasforma in un razzo missile.

E ADESSO?

Eh, bella domanda…

La partita della minchia doveva arrivare (non datemi del gufo, please: mi sono limitato a constatare il nostro stato di grazia nell’ultimo mese o giù di lì).

Citando il sommo tra i sommi, non c’è niente di male a cadere. E’ sbagliato rimanere a terra.

Il nostro problema è proprio questo. Come reagiranno i nostri alla solita partitaccia dell’anno. Saranno finalmente maturi abbastanza per digerire la sconfitta, farsi un bell’esame di coscienza e riprendere da dove eravamo rimasti?

Sarà invece l’ennesima spirale negativa che butta per aria le fragili certezze acquisite fin qui?

La pausa non aiuta, ed avremo due settimane di tempo per crogiolarci nel nostro dolore, mentre una dozzina di giocatori sarà in giro per il mondo a cercare di non combinare guai.

Alla ripresa si inizia col Frosinone, e poi nell’ordine Tottenham, Roma Juve, PSV e poi Napoli subito dopo Natale.

Lì inizia il vero deserto, e sono cazzi.

LE ALTRE

Vista la giornataccia, va ancora bene. Vero che il Napoli scula una vittoria nella piscina di Marassi, ma se non altro la Lazio non va oltre il pari a Sassuolo e il Milan -come prevedibile- paga dazio contro la Juve, con la chicca dello psicodramma di Higuain.

La Roma vince e recupera tre punti, ma per ora rimane a distanza di sicurezza.

Insomma, cerchiamo di vedere il lato positivo: siamo terzi a tre punti dal Napoli ed altrettanti dalla Lazio (anzi, mezzo di più perchè con loro abbiamo vinto lo scontro diretto).

E’ COMPLOTTO

Non posso non iniziare con un salto indietro di qualche giorno (vedi che dovevo aspettare a scrivere il pezzo sulla Cèmpionz?)

Ecco un sunto tardivo dei travasi di bile seguenti all’ormai iconico gesto:

Tacconi: “Io avrei dato un bel calcio in culo a Mourinho

Perrone: “Sarebbe il caso che qualcuno rifilasse un paio di scapaccioni a Mourinho

Nesti: “Le tre dita le immagino altrove

Per tacere di altre menti eccelse e celebri per la loro obiettività (Roberto Renga, Paola Ferrari).

Non uno che abbia capito -mi si passi il francesismo- che l’ultima cosa da fare quando lo si è preso in quel posto è agitarsi: così si fa il gioco del nemico.

E invece, dopo ormai 8 anni, sono ancora tutti avvelenati con la persona che, in meno di due stagioni, ha fotografato e battezzato la stampa italiana come meglio non avrebbe potuto. Questi, vuoi per coda di paglia, vuoi per rancore, se la sono segnata, ed ogni occasione è buona per minimizzarne meriti e vittorie e speculare su scivoloni e sconfitte.

Non meritevole di altro se non di una segnalazione en passant è la gufata ipocrita e finto-complimentosa del giornalista Sconcertante, che in settimana vergava il suo parere definitivo sulla partita di Bergamo e nel dopo partita era prontissimo a cambiare cavallo, parlando di Inter divorata dall’Atalanta.

Infine, faccio solo un accenno alla serataccia vissuta da Higuain, che non ho visto in diretta (non so mai contro chi tifare quando quelle due lì giocano contro), avendo di contro visto l’andata di Boca-River.

Il Pipita come detto ha sbagliato un rigore e ha poi definitivamente perso la brocca arrivando a farsi espellere nel finale. Umanamente comprensibile, tutti solidali con un signor centravanti che comunque la sua porca figura in una delle Juventus più forti di tutti i tempi l’ha fatta e che si è trovato a dover togliere il disturbo da un giorno all’altro stante l’arrivo del bellissimo e abbronzatissimo CR7.

Visto allora che avere il puntero de corazon, generoso e arrembante, ha anche dei lati negativi? Tutti a criticare Icardi per la freddezza e per l’essenzialità, ma scenate del genere non ne ha mai fatte.

WEST HAM

Insipido pareggio esterno contro l’Huddersfield che ci mantiene nell’altrettanto insipida posizione di metà classifica.

ata int 2018 2019

Quattro fischioni presi, migliore dei nostri. Vedi un po’ come siamo messi…

 

GOOD JOB

SPAL-INTER 1-2

L’ultima flessione col peso nuovo.

L’ultimo addominale coi muscoli che strillano.

Questa è stata la partita di Ferrara per l’Inter: esci distrutto, ma soddisfatto. Vittorioso e quindi euforico. I nostri hanno rischiato tanto, e onestà impone di dire che il loro pareggio sarebbe stato meritato. La SPAL sbaglia un rigore e soprattutto fa il partitone della vita contro l’Inter, dando dignità e lustro a una categoria filosofica di squadre (“le provinciali”) talvolta sbadate ed impegnate più a non disturbare la cavalcata trionfale di altre strisciate. Sassuolo, Udinese, Atalanta e un altro paio sì, sto parlando di voi.

Giusto così, non c’è che dire: si gioca sempre per vincere e fare un mazzo così a tutti.

A tutti, però…

Sterile polemica a parte, Spalletti cambia l’intera catena di destra, con Vrsaljko e Keita al posto di D’Ambrosio e Candreva o Politano. Da rivedere la prestazione dei due, e ancor di più l’intesa tra loro, fisiologicamente ai minimi sindacali.

Il croato, al rientro dopo infortunio, entra nell’azione del primo gol con un bel cross che trova dapprima la testa di Icardi e subito dopo il braccio malandrino di Djourou per la carambola in rete.

La ripresa è però in continuo affanno, fino al pastrocchio in occasione del pari di Paloschi (maledetto! con noi segna sempre…): i ruoli si invertono e stavolta è lui a deviare il cross dalla sinistra, mandando fuori tempo i compagni e consentendo alla radice cubica di Pippo Inzaghi di segnare ed esultare come lui (tocco di piatto da mezzo metro a porta vuota e crisi semiepilettica con occhio pallato davanti alla curva…il tutto di una simpatia contagiosa per chi scrive).

I nostri prima e dopo il vantaggio creano anche qualche buona occasione: monumentale quella prima inventata dal nulla e poi sciupata da Keita -tanto per continuare sui dolori del giovane esterno destro-, che solo davanti al portiere, e con Icardi altrettanto libero, riesce a passarla direttamente al portiere.

Maluccio anche Miranda che, pochi minuti dopo il nostro vantaggio, sgambetta l’ex Felipe in piena area: rigore solare e tutti a sperare in Handanovic. Il nostro si esibisce nel pezzo forte delle ultime partite, e cioè assume la posa statuaria del portiere immobile: la cosa probabilmente confonde il capitano Antenucci che calcia a lato.

Pericolo scampato, ma SPAL che continua a spingere costringendo la nostra difesa agli straordinari. C’è Borja e non Brozovic in mezzo, a garantire più fosforo ma meno gamba: la cosa si vede, perchè lo spagnolo non sbaglia un pallone (letteralmente: 41 passaggi riusciti su 41) ma copre la metà del croato. Addirittura spero di trovare il 2-0 il prima possibile, affinchè possa entrare il mai amato Gagliardini a dare una mano in contenimento.

Becchiamo invece il loro pareggio così come descritto, e a quel punto -onestamente- ho la pressante sensazione di perderla. Mancano meno di 20′ alla fine e temo che il ceffone arrivi troppo tardi per essere rimediato.

Invece Spalletti la vuole vincere, e mette quindi il Toro Martinez proprio per Borja Valero, col Ninja che arretra. Sarà il fascino della novità, saranno le marcature della SPAL ancora da sistemare, sarà -perchè no- una salutare quanto episodica botta di culo, fatto sta che Perisic vede il pertugio giusto per Icardi in piena area: controllo orientato e interno destro a giro sul palo lungo. 2-1 e grazie a tutti per la collaborazione.

Dopo tre minuti Icardi esce proprio per Gagliardini, che draga più di qualche pallone a metacampo e fa dieci minuti di rara intelligenza tattica. Come detto non lo preferisco (come dicono a Napoli) ma quando fa il suo è giusto riconoscerglielo.

Facendo un po’ di propaganda, potrei sbrodolare righe e righe di retorica melassa cianciando di grande squadra che colpisce subito dopo essere stata ferita, il ringhio dei campioni che raddrizzano la situazione proprio quando rischia di farsi complicata. E, se stessi parlando di un Real Madrid qualsiasi, probabilmente, lo farei anche. Parlo dei miei amatissimi craniolesi, invece, quindi mi trattengo, accontentandomi della sesta vittoria di fila tra campionato e coppa, e del terzo posto solitario in classifica.

Ora pausa nazionali e poi un trittico mica da ridere: Derby-Barcellona-Lazio.

Riposatevi, ma non troppo!

 

LE ALTRE

Vincono praticamente tutti, tranne la Viola sconfitta a Roma dalla Lazio. Ecco un altro dei motivi che mi avevano fatto approcciare la poltrona presidenziale di casa con un certo sospetto: vuoi vedere che qui vincon tutti e noi facciamo il patatrac?

Udinese e Sassuolo non ci pensano nemmeno lontanamente di far finta di dare fastidio a Juve e Napoli, mentre il Milan si gode un Higuain in formato cecchino, oltre alla usuale dose di buona sorte, sotto forma di gol regalati dal Chievo in due casi su tre.

Stanno però crescendo anche loro. Rosa nemmeno paragonabile alla nostra, eppure, considerando la partita da recuperare, sono lì alle calcagna. Ringhio è bravo proprio perchè sa di non essere un genio, e cerca quindi di far giocare ai suoi un calcio logico e ragionato, sfruttando il talento nella misura in cui è presente (leggasi Suso-Higuain, animalanza di Kessie e calcio saponetta di Cutrone e Bonaventura).

Il tutto per dire che il Derby sarà la consueta lotta di nervi ancor prima che di calci(o).

 

E’ COMPLOTTO

Bravo Icardi, e non solo per la doppietta in campo. E’ davvero poco tollerabile la sempiterna colonscopia cui viene sottoposta ogni sua prestazione:  quante rincorse ha fatto, quanto ha aiutato la squadra, però stavolta ha dialogato di più coi compagni, sì ma è perchè Spalletti l’ha cazziato, e poi era un po’ che non segnava in trasferta giocando alla sera e con la luna calante e gli scarpini gialli…

Schietto assai più che vanitoso quando dice al Nosotti di turno “il gol in trasferta non mi mancava, i gol li faccio sempre, ne ho fatti 29 l’anno scorso…“, così come lapidario, illuminante e definitivo è stato il Cuchu nei commenti alla partita: “siamo sempre lì a chiedere di più da quello che è palesemente il più forte della squadra…” e ancora “va bene che partecipi di più al gioco, ma la cosa positiva è che lo sta facendo senza che ciò vada a discapito dei gol“.

Però Dzeko è più bello da vedere e Higuain più completo.

Vi risparmio il commento su vostra sorella…

Per il resto, interessante sentire da Insigne che con Ancelotti gioca più libero e più vicino alla porta. Immaginate un Perisic qualunque dire la stessa cosa al primo anno di Spalletti: settimane e settimane di “caso Perisic” e confronti tassonomici e nozionistici sulle posizioni tenute in campo dallo stesso giocatore con i vari allenatori.

Qui, ad applicare la stessa ratio, ci sarebbe da mettere in discussione l’uso di Insigne fatto da Sarri negli ultimi due anni, ma guai a toccare il nuovo emulo di Sacchi!

E quindi? Aveva ragione lui? Non sia mai, vorrebbe dire dar torto a Carletto…

E quindi? Che si fa?

Una beata minchia: si dà la notizia e si dice che il giocatore è il formissima e segna gol a garganella per la gioia di grandi e piccini.

Infine: goduria immensa per il 3-2 di Mourinho in rimonta e in recupero sul Newcastle di Benitez, con la stampa mondiale già pronta a maramaldeggiare sul cadavere sportivo di José, che risponde salutandoli caramente.

Ah, ma ovviamente è tutto merito di Pogba.

 

WEST HAM

Brutta sconfitta a Brighton, che con l’occasione ci scavalca in classifica lasciandoci quint’ultimi…

spa int 2018 2019

IL POTERE CATARTICO DEL VAFFA

INTER-FIORENTINA 2-1

Altra vittoria strappata con le unghie e coi denti, di fronte ad una Fiorentina tanto bella quanto ingenua.

Non ho problemi nel dire che un pari sarebbe stato il risultato più giusto, ma occorrerebbe approcciarsi al commento con la mente sgombra e senza pregiudizi (hai detto niente…).

L’Inter segna su rigore e su una dormita della difesa viola? Vero. Detto ciò, la Fiore pareggia su autogol, e il primo tempo vede Candreva, Icardi e Perisic confezionare tre azioni da gol nitide che solo la poca precisione dei nostri non tramuta in gol.

Brozo macina km come nelle ultime uscite, purtroppo non altrettanto può dirsi di Vecino che a ‘sto giro #laprende poco.

Lodevole l’applicazione di difesa e centrocampo, che per tutti e 90 i minuti cercano di uscire col palleggio da dietro, anche quando prudenza e buon senso farebbero propendere per il rinvio lungo. Le mie coronarie ringraziano anticipatamente per l’attenzione.

Nell’attività di sgombero dai luoghicomunismi e pregiudizi andrebbe inserito anche questo passaggio: buona parte dei pericoli creati da Chiesa & Co. arrivano da palle perse in costruzione dai nostri, un aspetto su cui senz’altro Spalletti dovrà lavorare.

Qualche flash sui singoli.

Sprazzi di gioco e intesa tra Icardi e il Ninja, che paiono -lentamente- carburare. Ancora in ritardo invece Perisic.

Candreva è il mio preferito nel primo tempo per quantità e qualità delle giocate, ma San Siro è un po’ come me, rancoroso e con una memoria elefantiaca: ecco che bastano un paio di cross sbagliati nella ripresa per riaccendere il gas sotto la pentola di fagioli del Primo Anello Arancio. Tempo 5 minuti e il ragazzo finisce in panca sostituito da Politano.

Oh, l’ex Sassuolo -così come Keita- deve ancora finire di convincermi: pochi errori ma anche poche giocate che giusfitichino la sua presenza in campo. Ma -come già detto- è italiano e quindi nessuno si lamenta del fatto che “ruba il posto a uno dei nostri ragazzi“.

Bene e molto la difesa, con la coppia centrale che si candida (lo scrivo sottovoce) ad essere la migliore del campionato, un terzino sinistro degno di tale nome (e non sapete quanto sia contento di ciò) e un dignitosissimo D’Ambrosio che -in attesa di Vrsaljko- si riscopre match winner di giornata dopo ottima combinazione con Icardi, in versione assist-man.

Non abbiamo messo a posto le cose perchè sono altre le partite in cui possiamo recuperare un po’ dei punti che mancano, ma abbiamo vinto soffrendo le ultime due (parlo di Campionato) e approfittato degli inciampi di qualcun altro per salire un po’ in classifica.

Mettiamola così: rispetto alle partenze sprint degli anni scorsi, passate a chiedersi usque tandem, quest’anno almeno non possiamo farci illusioni, essendo condannati fin da subito alla rincorsa.

Un po’ come la Prof di Filosofia del Liceo che al primo giorno di scuola diceva “andiamo avanti, chè siamo indietro“.

Te possino…

 

LE ALTRE

In attesa dei cugini (auguri di tutto cuore!), le altre vincono tutte ma era in preventivo. A ‘sto giro la partita cazzutiella -per quanto casalinga- ce l’avevamo noi.

Sabato Juve-Napoli dirà qualcosa di interessante, a patto di non far cazzate e fare il nostro dovere (Cagliari in casa, mezz’ora dopo la fine dello scontro al vertice). Idem dicasi per il Derby romano previsto sempre per sabato ma nel pomeriggio.

Vincere la nostra partita vorrebbe dire accorciare in classifica su buona parte delle nostre dirette concorrenti, in attesa che gli scontri diretti comincino anche per noi.

 

E’ COMPLOTTO

Mi scuso in anticipo, perchè non sarò breve.

Mi ri-scuso, perchè dovrò ricorrere al mai troppo elegante elenco ad minchiam, che fa tanto lista della spesa, ma che mi serve per saltare di palo in frasca. Un po’ come al Tg2 quando passano dal terremoto con morti e feriti alle tendenze per la moda autunno-inverno, cavandosela con l’immancabile “cambiamo decisamente argomento“.

Partiamo dalle ultime partite giocate, in particolare dalla nostra. Ora, a me la Fiorentina piace fin dai tempi di Baggio, è la mia seconda squadra da sempre e non cambierò certo idea, perchè dirigenti e presidenti passano, ma la Viola resta.

I media italiani invece li odio, anche da prima di Baggio alla Fiorentina, ma questo è anche superfluo ricordarlo.

Fatte le premesse (decidete voi quale maggiore e quale minore) arriviamo alla conclusione del sillogismo complottistico: buona parte del mondo pallonaro arriva a lamentarsi perchè il VAR ha dato un rigore sacrosanto.

Ripeto: un rigore sacrosanto.

Al sillogismo aggiungo una domanda retorica, che rimbomba nel silenzio assordante che arriva dalla Società:

ma noi, di preciso, quand’è che ci incazziamo?

Sentire Cognigni o addirittura il glorioso Antognoni lamentarsi perchè il rigore è stato assegnato per un tocco del polpastrello (come se facesse parte del piede e non della mano) fa ridere già di suo, ma quelli almeno sono parti in causa.

Se poi ci si mette anche la politica…

Condivido il loro disappunto per la casualità del fatto (cazz.. due cm più in là e non l’avrebbe presa) ma è quel che succede in buona parte dei rigori o dei casi di fuorigioco: come dice l’immortale Al Pacino, la vita è un gioco di centimetri, e così è il football, quindi -terminata la citazione da cinefilo- non rompete i coglioni: è rigore!

Oltretutto, faccio presente un fatto che non ho sentito rimarcare da nessuno: aldilà dell’eventuale cambio di direzione del pallone a seguito del tocco, nessuno si è più semplicemente chiesto come mai il cross di Candreva non arrivi nemmeno vicino al primo palo? Il traversone è fatto “normalmente”, non in precario equililbrio, quindi la forza impressa alla palla l’avrebbe fatta viaggiare ben oltre il punto in cui va a morire…

E come può essere possibile questo improvviso rallentamento senza un ostacolo che ne rallenti la corsa? Rispondete pletora di prezzolati!

Tutti muti con Sassuolo e Parma? Col Sassuolo sì, col Parma forse no. Senz’altro tutti pronti a cavalcare la stronzata del “l’Inter ha giocato male e deve pensare a quello, non al VAR“. Qui invece il VAR interviene, corregge la decisione sbagliata e quindi fa quel che dovrebbe fare. ed è scandalo, è compensazione, è all’Inter gira bene (cit. vedere per credere).

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Sapeste a me come gira…

Seconda parte dello scandalo: tutti ad abbaiare contro Asamoah perchè non è stato espulso dopo il calcione rifilato a Chiesa (grandissimo talento che però deve perdere l’istinto di buttarsi non appena osservato dal difensore). Anche in questo caso, nessuno che abbia detto che il primo giallo è quanto di più esagerato ci possa essere, col terzino che non vede neanche da che parte arrivi l’avversario, e che quindi non può essere accusato di averlo colpito intenzionalmente.

Per me abbasterebbe così, ma c’è di più: la punzia avrebbe dovuto essere per l’Inter, visto che il figlio d’arte scatta in fuorigioco nell’occasione. La cosa è stata segnalata dal solo Barzaghi di Mediaset, silenzio di tomba sul resto dell’etere mediatico.

Terza parte: I suddetti piangitori di professione (quanto il supposto carnefice è l’Inter, visto che -come ben sappiamo- quando le ingiustizie arrivano da strisce diverse il silenzio è imbarazzante) lamentano un rigore sullo stesso Chiesa che in area si lancia in direzione di Politano cercandone il contatto. Non è rigore, mai, così come non lo è quello su D’Ambrosio che cade un po’ troppo tardi per “convincere” l’arbitro, ma che almeno il colpo dell’avversario lo prende. Lì nemmeno quello. E’ proprio lui a tuffarsi verso l’avversario: la biscia impazzita 4.0.

Invece: scandalo per Chiesa, a D’Ambro a momenti va bene che non è stato ammonito per simulazione.

E ribadisco: la Fiorentina è parte in causa, e fa il suo mestiere. A voi decidere se fanno “i grossi” perchè tanto con l’Inter non succede niente, o se sono obnubilati dall’incazzatura della sconfitta.

Diverso è il discorso che riguarda la stampa. Sentire addirittura Condò ipotizzare una giustizia compensatoria tra il rigore fischiato e le scelte di Inter-Parma è un insulto alla nostra intelligenza, da parte di uno dei pochi giornalisti degni del mio rispetto.

Ma passiamo alle considerazioni sul VAR fatte -o meglio, non fatte- su altri campi, in particolare dalle parti di Torino.

Miralem Pjanic, grande giocatore a noi già noto per le vicende dell’ultimo Inter-Juve, ieri è intervenuto così su Krejci del Bologna. Giallo per lui, esattamente come giallo era stato per Vecino nel caso di Mandzukic. Allora però, il VAR aveva visto che il bimbo si era fatto la bua e quindi vai di rosso diretto, con tutto il piano inclinato alla merda che quella decisione ha generato. Qui invece tutt’apposto e, ancora una volta, silenzio sulla Gazza a riguardo (vedere per credere).

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Siamo messi così male che dobbiamo ringraziare Pistocchi (che rimane nei nostri cuori per essere il pierino che veniva bullizzato da Josè Mourinho e perfino da Raimondo Vianello): probabilmente, in quanto defenestrato da Mediaset, è finalmente libero di dire un po’ il cazzo che vuole e ci fa vedere questa roba qui, ignorata su tutti o quasi i media mainstream.

Infine, due accenni di Milanello Bianco. Sogghigno nel sentire Gattuso apostrofare il cronista di Sky “prima o poi la becco la spia che ti passa le notizie“. Arriva ad essere perfino simpatico nella sua ruspante ingenuità, Ringhio: non è colpa sua se ha passato vent’anni di carriera in un posto dove tutti si volevano bene e dove l’ultima cosa che un cronista voleva fare era cercare casini. Molto meglio lavorare di Ctrl C+Ctrl V, chè il lavoro era già fatto, facevi meno fatica e non davi fastidio.

Evidentemente, da quando Zio Silvio non c’è più, qualcuno osa fare il suo mestiere. Solo che da quelle parti non sono preparati e ci restano male…

Il secondo accenno mi tocca da vicino, visto che è ormai ufficiale l’acquisto del Monza Calcio da parte di Berlusconi, con Galliani ancora una volta fido scudiero.

“Ribrezzo” è stato il mio commento alla notizia.

Non sono mai stato un grande tifoso della squadra della mia città, forse perchè ha sempre gravitato in orbita rossonera (Stroppa, Costacurta, Galliani stesso, Dario Smoje “il nuovo Collovati” come disse o fecero dire a Capello…).

Da oggi in poi, in ossequio alla rivalità cittadina, potrei addirittura simpatizzare per il Como.

Devo solo trovare la risposta al simpatico coretto che ogni ragazzo monzese ha cantato almeno una volta sulla soave musica di “Sotto Questo Sole” (Paolo Belli/Baccini, estate 1989):

Noi c’abbiamo il Duomo, il Parco e l’Autodròmo e voi… un lago di merda“.

Sì, perchè a Monza si dice Autodròmo. Licenza poetica.

Il #Ribrezzo di cui sopra si riverbera anche nei contorni dell’operazione: il signing dovrebbe avvenire proprio in occasione del compleanno di Berlusconi, in modo da creare l’evento ed iniziare subito il processo di fustino-del-detersivo-da-vendere-ad-ogni-costo, vera specialità della ditta Berluscofester (Motivo per cui non metto nemmeno un link, chè l’ultima cosa che voglio fargli è pubblicità!).

Ribadisco.

Ribrezzo.

 

WEST HAM

Passiamo il turno in coppa di lega vincendo 8-0! Ok, era il Macclesfield, non il Real Madrid, but stil… eight bombolons!

int fio 2018 2019

Il trenino dell’amore

LE CERTEZZE DI UNA VITA

SPAL-INTER 1-1

Eccoci al pezzo che ho scritto negli ultimi 7 mesi di Gennaio che Dio ha mandato in terra.

Siamo in piena fase “ma che cazzo è successo? Era tutto così bello, tranquillo, mi son distratto un attimo…”(cit.).

Eppure, certe costanti non cambiano mai: anno dopo anno succede sempre la stessa cosa. Filotto di vittorie e prestazioni convincenti, acuto con goleada (7-0 col Sassuolo, 7-1 all’Atalanta, quest’anno cinque pappine al Chievo) e poi spegnete la luce, chè mica vorrete che giochiamo così per tutta la stagione, per chi ci avete presi?

Ecco, domenica con la Spal sembrava l’ennesimo giorno della marmotta: ti accomodi in poltrona e pensi, se non altro per la legge dei grandi numeri, che i ragazzi oggi chiuderanno la pratica già nel primo tempo; 2-0 all’intervallo, il terzo gol al quarto d’ora della ripresa e per finire una comoda mezz’ora per il nuovo arrivato Rafinha.

Perchè mai un tifoso dovrebbe vedersi negato il sacrosanto diritto di sperare in una domenica tranquilla? Forse perché non è solo “tifoso”. È interista. E questo, tante, troppe volte fa tutta la differenza del mondo.

Spalletti ci mette del suo spostando Cancelo, destro naturale, terzino sinistro, inserendo a destra il rientrante D’Ambrosio, “che-può-giocare-indifferentemente-sulle-due-fasce” per gli amici. Il portoghese fa quel che sa e che può, cioè rientra sul destro e quindi verso il centro del campo ogniqualvolta tocca il pallone. Tutto troppo prevedibile per non essere intenzionale, e onestamente me ne sfugge il motivo.

In mezzo, mi limito a dire che Brozovic è il più in palla dei tre centrocampisti, vista la perdurante legnosità di Vecino e l’inamovibile staticità di Borja Valero. Ho detto tutto.

Davanti, Candreva e Perisic fanno a gara a vincere la gara di scoregge, mentre Icardi tocca palla per la prima volta al 40’ del primo tempo.

Inevitabile lo 0-0 a fine primo tempo (doppio vantaggio?! Mavaff…), vista anche la perfettibile mira di Candreva e Icardi che centrano nell’ordine il portiere e l’omino delle bibite nelle due occasioni avute.

La ripresa vede il casino organizzato di Eder al posto della spremuta di niente di Candreva, e la sorte -non certo per il succitato cambio- per una volta ci dà una mano.

Cancelo dimostra plasticamente quanto meritati fossero gli insulti ricevuti nel primo tempo, scodellando un cross di sinistro più che dignitoso, che il terzino di casa spedisce tragicomicamente nella propria porta.

Siamo avanti senza meritare, e senza averci nemmeno provato. Ottima occasione per capitalizzare la botta di culo e ripartire veloci e svegli per fare il secondo… se solo fossimo una squadra normale.

In realtà lo schema caghiamoci sotto non tarda molto a far capolino tra i nostri, che danno forza e speranza alla Spal ben aldilà dei legittimi sforzi di rimanere attaccata alla partita.

I nostri per quello avrebbero anche due o tre occasioni per mettere la partita in ghiaccio, ma Vecino emula il compagno nel primo tempo centrando il portiere col piattone, e Brozovic e Eder non hanno fortuna col destro da lontano.

Dietro, Handanovic fa capire a tutti perchè non esce mai, andando a farfalle su un cross dalla sinistra che il maledettissimo Paloschi mette fuori di testa. Gli insulti che riverso sul bresciano emulo di Inzaghi sono nulla rispetto al silenzio assordante che accompagna la (bella) girata di testa che ci purga al 90.

E’ purtroppo giusto così, e devo dar fondo a tutto il mio ottimismo per considerare questo un punto guadagnato in classifica, anziché due punti scivolati giù nel cesso.

LE ALTRE

Eh sì, perchè le due romane collezionano zero punti in due, dandoci l’immeritata illusione di poter ancora lottare per il terzo o quarto posto. Ne approfitta il Milan, ormai a un passo dalla beatificazione all’insegna di Ringhio cuore impavido e dei giUovani italiani mica come l’Inter.

Napoli e Gobba continuano il loro campionato a parte, e la sensazione è quella -sgradevole assai- di una Juve sorniona che aspetta solo il passo falso dei rivali per piazzare il sorpasso decisivo.

sperando di avere torto…

È COMPLOTTO 

Ringrazierò io per voi il gruppo di amici con cui ho passato il weekend, ed il lavoro che mi attanaglia vieppiù, per non aver assistito a quel che pare essere l’ennesima dimostrazione di protervia e di sudditanza nella sempre attuale liaison d’amore tra Juve e classe arbitrale. In una domenica normale, avrei passato ore e ore alla ricerca di riprese inedite e commenti al vetriolo da cui attingere in una rancorosissima rassegna stampa dedicata alla squadra più detestata d’Italia (seconda al mondo solo al Real, creo…)

Ottimo Cacciatore del Chievo, che fino a oggi avevo apprezzato solo per le pacate esultanze, che bofonchia “assurdo, non cambierà mai…” abbandonando il campo dopo aver preso il cartellino rosso.

Lo so, sono di parte e pure impreparato sul caso specifico, perchè la partita l’ho solo intravista. E’ però sintomatico che, in una giornata in cui gli errori arbitrali sono stati tanti e gravi, la colpa sia del VAR (che non è riuscito a correggerli, complice anche la cocciuta inettitudine degli arbitri di campo a volerlo consultare) e non dei fischietti che ancora una volta sbagliano a righe alterne.

Il paragone potrà non essere dei più delicati, ma mi pare calzante: la polemica di questi giorni sulla cosiddetta “moviola in campo” equivale a criticare un farmaco salvavita o l’intervento di urgenza perchè non dà sempre il risultato sperato.

Certo, per paura degli effetti collaterali non vacciniamo i bambini. Come livello di intelligenza siamo lì…

Sarebbe del resto troppo facile e retorico voler accomunare questa difesa dello status quo al raccapricciante balletto del mondo del calcio italiano, alla disperata ricerca di un utile idiota che possa evitare un commissariamento tanto probabile quanto necessario.

In tempi come questi non è possibile non citare il sommo e la sua invettiva passata alla storia (alla Storia direi partigianamente…) come #bassiamoitoni, nella parte in cui imputava a noi italiani (anzi, a voi italiani) di aver costruito Calciopoli con questa  omertà.

Sì è vero, le sto sparando un po’ grosse e un po’ a caso. Risento del clima elettorale. Se mi votate sono disposto a chiudere il blog (però non mi candido, quindi vi tocca tenermi…)

WEST HAM

Anche qui siamo in un bel periodo marroncino: dopo essere usciti dalla FA Cup per mano del temutissimo Wigan (oggi in terza serie), nel posticipo dell’anticipo del recupero di stasera pareggiamo in casa col Crystal Palace.

E in più è arrivato Joao Mario straight outta Inda.

What a load of rubbish…

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Figurati noi, Lucianino…

SCUSATE SE ESISTIAMO

JUVENTUS-INTER 0-0

Gioite, gioite, non siamo -ancora- morti.

Prossimi ad essere incolpati dell’omicidio di JFK e del giallo di Via Poma, gli insolenti nerazzurri evitano di giocare la partita del cazzimperio offrendosi come vittima sacrificale della Juventus, proponendo di contro una massiccia ed efficace strategia di limitazione dei danni.

Icardi tocca 10 palloni in 85 minuti, Perisic e Candreva pochi di più, Brozovic torna l’evanscente cugino di Cristiano Malgioglio e lo 0-0 è il miglior esito possibile.

Non che i nostri rischino chissà cosa: diffidate da chi, col passar delle ore, dipinge uno scialbo e tattico pareggio in un assedio all’arma bianca dei padroni di casa al pullman nerazzurro parcheggiato davanti ad Handanovic.

Sì, Mandzukic ha avuto tre belle occasioni e Higuain un paio di tiri malamente sprecati, ma ho visto i nostri portare a casa vittorie dopo aver sofferto ben di più.

’Sticazzi, in ogni caso; che dicessero pure quel che vogliono, non cambierebbe il mio pensiero.

Dietro torna Skriniar che sbaglia un pallone in 90 minuti (da cui origina la prima delle tre occasioni del croato bianconero), e Santon gioca a confermare i miei pregiudizi a suo riguardo:  tragicomico quando stende Cuadrado facendosi male (lui) e dovendo uscire a metà ripresa. Il colombiano l’ha sistematicamente saltato nell’ora precedente, e non posso farne una colpa al nostro terzino: sarebbe come rimproverare un cavallo perchè non sa volare.

A metà campo rientra Vecino che affianca Borja (altra buona partita della coppia violacea), lasciando il già citato Brozovic a completare il reparto d’attacco.

Taglierei corto sulla cronaca della partita. Non ho problemi a riconoscere che una vittoria della Juve non sarebbe stata un furto (uso il termine non a caso, parlando dei gobbi); d’altra parte, non mi pare che il pareggio sia stato immeritato.

Soprattutto, e non solo per questioni di classifica, erano loro a dover fare la partita e vincere. Bene ha fatto Spalletti a preparare una partita di accorta attesa. Probabilmente, rispetto ai suoi piani, è mancato quel che il Necchi definiva come “genio” e cioè “fantasia, intuizione, decisione e e velocità di esecuzione”. Ci sono state tre o quattro occasioni, durante la partita, in cui il cazzutissimo contropiede dei tre là davanti avrebbe potuto prorompere in tutta la sua putenza, ma si vede che non era serata. Consoliamoci con la testa della classifica piacevolmente e inaspettatamente tinta ancora di neroblù.

LE ALTRE

Roma e Napoli, difatti, non vanno oltre lo 0-0 contro Chievo e Fiorentina.

Solidarietà di categoria ai lupacchiotti, che si trovano di fronte un Sorrentino versione Inter: ecco la partita che il portiere clivense ha fatto contro i nostri negli ultimi 10 anni. Domenica scorsa s’è preso un meritatissimo giorno di ferie contro i nostri, e la sua mannaia si è per una volta abbattuta su maglie diverse.

Il Napoli ha perfino rischiato nel primo tempo al cospetto di una Viola capeggiata da un Cholito degno di cotanto padre tripallico e ben guidata in panca dal vecchio cuore nerazzurro Stefano Pioli.

La Lazio gioca mentre scrivo, mentre il Milan alla fine riesce ad aver la meglio di un Bologna che aveva vanificato il primo vantaggio di Bonaventura (su decisiva deviazione di un difensore avversario), facendo saltare il tappo a fiumi di inchiostro zuccheroso all’insegna del “gruppo Milan” e di “Ringhio che plasma i suoi giocatori a propria immagine e somiglianza”. Insomma “si ha come la sensazione (preambolo che odio) che sia nato un nuovo Milan” (copyright Compagnoni).

 

RIFLESSIONI PRE-COMPLOTTO

Stavolta l’ha detta giusta Adani, nel dopopartita. Lasciando Ambrosini cianciare di Handanovic e le sue parate e della pochezza della proposta offensiva dei nerazzurri, l’ex difensore ha colto nel segno dicendo che, a suo parere e anche a mio, Juve e Napoli continuano ad essere leggermente superiori all’Inter.

E’ la sua motivazione a convincermi: fa notare come tutti gli effettivi di Spalletti stiano giocando al meglio o quasi delle rispettive possibilità. Bene, benissimo nell’immediato. In prospettiva, però, non ci sono molti margini di crescita, essendo al contrario da mettere in conto qualche fisiologico passaggio a vuoto. I già citati Santon e Brozovic ultima versione sono due fulgidi esempi.

Torniamo insomma a domande che, a queste latitudini informatiche, ci siamo già fatti, con l’ulteriore vantaggio di non aver ancora dovuto trovare una risposta: cosa succederà al primo gol a porta vuota sbagliato da Icardi? Come reagiremo alla prima mancata uscita di Handanovic? Chi batterà le mani rincuorando i compagni al primo frittatone difensivo?

Chi vivrà vedrà. La classifica per ora racconta di 5 squadre in lotta per i primi 4 posti. Da ricordare che tutti e 4 i posti danno accesso diretto alla fase a gironi della Champions, senza passare dagli ostici preliminari.

Al momento pare che i nostri abbiano le qualità per finire la stagione davanti a una o due delle concorrenti (azzardo: Lazio e una tra Roma e Napoli). La mia non è scaramanzia, ma semplice proiezione futura dei ragionamenti di poche righe fa: noi questi siamo, e più di così non possiamo fare. Vero che non abbiamo le coppe; altrettanto vero che non abbiamo la rosa, l’abitudine a giocare insieme e il giUoco delle altre pretendenti.

E’ COMPLOTTO

Potremmo cominciare proprio con la simpatia degli amici di Me(r)diaset, che hanno provato la gufata preventiva con tanto di tabella esplicativa.

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Me li immagino in studio, braccia tese in avanti e mani che oscillano in un crescendo rossiniano di “oooohhhh”. Peccato per loro che a ciò non sia seguito l’ “olé” di ordinanza. Anzi, al rintuzzo di giustezza ha provveduto Lucianino da Certaldo, con l’ormai paradigmatico post su Instagram con cui ha usato toni più aulici per argomentare un bisillabo che dalle sue parti è sovente usato in circostanze come queste: #puppa!

Non sarebbe nemmeno il caso di ritornare sull’ennesima caduta di stile bianconera nella settimana che ha preceduto la partita.

Il minchione di turno è tal Pellò che si è espresso come ognuno di noi farebbe al bar sport con gli amici. Niente da ridire sul contenuto: ho personalmente augurato alle squadre diversamente strisciate le peggiori conseguenze immaginabili, e l’ho fatto più volte. Non arrivo a vantarmene, ma quasi. Il problema, non nuovo in questo Paese, è la facilità con cui poi ci si scusa, all’insegna del “eh va beh stavo scherzando, ho chiesto scusa che cazzo volete ancora?”.

Bene ha fatto Spalletti  a ricordarlo e a vergognarsi per lui nella conferenza stampa di presentazione del match.

Ennesima conferma che, quando si parla di stile, c’è chi ce l’ha e chi ci prova senza riuscirci, cercando oltretutto di convincere tutti gli altri di essere lui quello stiloso e figherrimo e noi i banali pirlotti che non capiscono niente.

Decisamente minore in ordine di importanza, ma non per questo meno puntuale, il riferimento di Spalletti alla poca serietà dei giornalisti nell’assegnare voti ai giocatori. Non è tanto il riferimento al Fantacalcio ad essere importante, quanto il fatto di voler poi manipolare quei voti, elaborati con tutta la soggettività del caso, per propugnare tesi bislacche come quelle viste in passato.

Ricordo con chiarezza una delle tante crociate anti-stranieri della Gazzetta, che sostanzialmente si dava ragione da sola portando quale prova principale la media voto dei calciatori italiani paragonata a quella dei giocatori stranieri.

Quanto è manipolabile uno strumento del genere?

Tanto. Ma nessuno dice niente. Nessuno fino ad oggi.

Che poi la stampa giochi a cercare paralleli tra questo suo modo di fare e quello di José nel biennio interista a me frega poco: lo vedo come un tentativo di mettere zizzania e creare casi là dove non ce ne sono (“Ahah! Non vi potevate sopportare e adesso ti comporti come faceva lui! Scandalo! Caso!”). Per quel che mi riguarda quello del Mister è il solo modo di guardare al rapporto tra Inter e media italiani: siamo poco considerati, spesso sottovalutati, raramente rispettati. E, soprattutto, chi lo fa ha la granitica certezza di farla sempre franca.

A meno che ci sia qualcuno che si prenda la briga di mettere in fila tutte le loro malefatte una per una e faccia presente che “così non si fa”.

L’ha fatto Mourinho, l’ha fatto spesso Mancini, aveva provato a farlo Stramaccioni, seppur il suo pedigree fosse di diverso prestigio. Ora lo sta facendo Spalletti. Imbattuto anche in questo sport.

Altro cenno a Mourinho, sconfitto nel derby domenicale contro il City di Guardiola.

Sarò senz’altro prevenuto, ma mi è parso di vedere tutta la tristezza dei commentatori sportivi italiani, figlia di tutti questi brutti 0-0 che lasciano l’Inter ancora in testa, trasformarsi in gioia e sollievo per i buoni che battono i cattivi, con Guardiola il bello e giusto che batte il brutto e antipatico Mourinho.

Patetici nella vostra ricerca della fazione a tutti i costi, prevedibili nella scelta del vostro cavallo vincente, falsi sapendo di esserlo quando riducete il calcio di Mourinho a un puro, semplice e costante difensivismo, ignorando la varietà di schemi e stili mostrati dalle sue squadre nel corso degli ultimi 15 anni.

Tornerò nelle prossime occasioni a parlare di Milan, di Voluntary Agreement e dei  successi raggiunti dalla premiata ditta Fassone-Mirabelli.

Non mettiamo insieme troppi scempi.

WEST HAM

Vittoria tostissima 1-0 in casa contro il Chelsea. Risaliamo qualche posizione ma soprattutto diamo dimostrazione di essere squadra dopo settimane, forse mesi.

That’ll do.

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Durare non durerà: però è bella…

SIAMO SERI


INTER-ATALANTA 2-0

Risultato all’inglese e secondo posto in classifica agganciato senza nemmeno troppo patire.

Onestamente non sembra nemmeno di veder giocare l’Inter: troppo quadrata, troppo “seria”, troppe poche emozioni che -per una volta- ricacciano in gola ai qualunquisti in malafede il ritrito ritornello della Pazza Inter.

Come tutti i cliché -o, se preferite Luoghi Comuni Maledetti– è molto comodo rifugiarvisi (-ci -vi -si- vi), e i nostri pennivendoli sono spaesati nel vedere una squadra cazzuta che passa il primo tempo a sbattere la testa contro una tignosa Atalanta, trovando poi vantaggio e raddoppio nello spazio di 10 minuti nella ripresa.

Rabbrividisco nel leggere il nome di Santon negli 11 iniziali, ed in effetti anche durante i 90’ non mi è chiaro il senso di schierare come terzino sinistro uno che col sinistro non la tocca mai. Ma mai! Piglia palla e rientra sul destro accentrandosi. Fa sempre e solo quello. So di essere prevenuto nei suoi confronti, chè pareva il miglior  Facchetti e si è dimostrato il peggior Tramezzani: mi limito a ringraziare gli dei del calcio per averci fatto finire la partita senza gol subiti, dando modo a Spalletti di incensarne i meriti e riconoscergli una versatilità che solo lui e pochi altri riescono a vedere.

Per il resto la squadra è la solita, così come piacevolmente usuali sono i cross che Candreva recapita sulla capoccia di Icardi: il nostro sfiora appena l’impatto sul primo traversone, con la palla che esce larga sul palo lungo, mentre non riesce nemmeno ad impattare poco dopo, abbracciato in maniera più che affettuosa da un difensore avversario.

La palla più ghiotta Icardi però se la mangia da solo: illuminante il tacco con cui Borja Valero libera il Capitano, che da parte sua è bravissimo a resistere a Toloi che cerca di ostacolarlo in tutti i modi. Purtroppo, dopo aver fatto bene la cosa difficile, fa malino quella facile: il destro a incrociare è timido, e il portiere fa il figurone.

La ripresa mi vede moderatamente fiducioso, e la nostra fascia destra mi dà ragione. D’Ambrosio in particolare fa un partitone, anticipando sistematicamente i suoi avversari e creando scompiglio in occasione di entrambi i gol. Sul primo è stato bravo e tenace a recuperar palla, tenere la posizione e subire il fallo, lasciando poi a Candreva il cross sulla conseguente punizia che trova Icardi splendidamente solo a capocciare in rete l’1-0.

In occasione del raddoppio, il terzino ceruleo fa ancora meglio, galoppando sulla fascia e mettendo poi il cross col sinistro; Icardi fa un movimento da far vedere in tutte le scuole calcio, per la bravura con cui manda ai pazzi i centrali avversari e frusta la palla sul secondo palo.

Sul 2-0 si ragiona meglio, e onestamente i nostri non rischiano più di tanto, portando a casa una vittoria solida e meritata. Una roba seria, torno a dire.

Rimiriamo una squadra che stentiamo a credere, abituati a scempi e crisi esistenziali, ormai abbonati a figuracce contro pletore di Carneadi e a risate malcelate del pubblico mediatico.

Che non vi venga in mente di rovinare tutto, amatissimi maledetti!

LE ALTRE

Ottima domenica, con i nostri vincenti e i diversamente strisciati entrambi sconfitti. E se il Milan ormai non fa più notizia -all’insegna di quel che il Vate di Setubal direbbe “bassiamo i toni”- la sconfitta dei Gobbi con la Samp è stata una piacevole sorpresa.

Il Napoli, come detto, vince e guarda tutti dall’alto. Ma subito dopo ci siamo noi, per quanto possa sembrare strano. La Roma cresce sempre più, battendo la Lazio e mettendosi potenzialmente al nostro fianco, avendo tre punti di meno ma una partita in più da giocare.

E’ COMPLOTTO

Tante cose di cui parlare.

Sulla Nazionale non sarebbe nemmeno il caso di infierire. Vorrei solo far presente che, finalmente, da fonti leggermente più credibili e conosciute di questo simpatttico aggregatore di minchiate, si pone la questione “stranieri” nella giusta prospettiva.

Eccola, la foto fatta alla tele domenica sera. Eccola, la realtà oggettiva, non interpretabile, che guarda caso viene confutata solo da chi vuole andare avanti a (s)ragionare per frasi fatte e luoghi comuni.

Eccoli quindi, Vialli e Mauro che stentano a credere ai numeri, non sembrando vero al pelato di poter dire “eh sì in Inghilterra hanno il 67% di stranieri, e infatti sono 60 che la loro Nazionale non vince niente”.

Peccato che nell’ultimo anno abbiano vinto i mondiali under 17 e under 20, tanto per smentire la coglionata dal retrogusto salviniano “tutti questi stranieri fanno il male dei nostri giovani”.

Peccato, soprattutto, che la tanto decantata Germania abbia un campionato con una minor percentuale di autoctoni rispetto alla Serie A.

Se addirittura il merdaccia per eccellenza (Zio Silvio) cerca di allontanarsi dalla vecchia cantilena del “Milan pieno di ragazzi nati a Milano”, vuol dire che anche lui ha nasato che la favoletta non funziona più.

Bravi minchioni, voi che ci avete voluto credere fino ad oggi.

Per il resto, non mi addentro nemmeno nel balletto del nuovo possibile CT o dell’eventuale commissariamento.

Da partigiano nerazzurro, mi limito ad una domanda retorica ma non troppo. Visto che ad ogni sconfitta del calcio italico si dà la colpa “all’Inter che è piena di stranieri”, proviamo a girare il punto di vista: non sarà che l’Inter si infarcisce di stranieri proprio perchè gli italiani costano di più e rendono di meno?

Mi spiace, ma la storia del “va bene gli stranieri se sono campioni, ma per i giocatori normali non vale la pena” è molto spesso una cazzata bella e buona. Per i giocatori “normali” (whatever that means), il fattore prezzo è spesso cruciale –chè, se devo comprare il campione, non bado a spese o quasi-, quindi chi me lo fa fare di spendere il doppio per un onesto terzino autoctono, quando il promettente slovacco o senegalese lo porto via con cento lire?

Non si dovrebbe mai generalizzare, e mi rendo conto che le mie ultime righe fanno proprio quello. Ma mi incazzo vieppiù quando sento la litanìa dell’Optì Poba che fa piangere i nostri giUovani.

Passando a note dolci-amare, parliamo della squadra dell’Amore. Eccola alla sesta (sesta!) sconfitta in campionato su 13 partite. Per carità, in buona misura preventivabile, contro la capoclassifica. Quello che però accade è la corsa al giustificazionismo, allo #sconfittiatestaalta, al Montella che comunque gode della fiducia della Società, alla cena di squadra dopo la sconfitta per fare gruppo, alla grande famiglia che invita l’amato Evangelico per sostenere i vecchi amici nel momento del bisogno.

Il tutto mentre altri amici vedono sempre più vicine le sbarre del carcere (alegrìa do Brasile, vallo a cantare adesso, uggeggé uggeggé!).

Il tutto mentre le millantate ricchezze del millantato miliardario cinese risultano un pocolino fumose.

Courtesy of Zer0 Tituli

(Questa la più bella trovata sui social).

Il tutto mentre Marca, tagliando più di qualche angolo e volendo fare il titolo sensazionalista (lo riconosco) paventa scenari apocalittici in viaggio da Nyon verso Milanello.

Insomma, per usare un francesismo: sono nella merda, ma a sentire i giornali hanno interessanti prospettive per il futuro.

WEST HAM

Andiamo male: Moyes, alla prima panchina degli Hammers e alla cinquecentesima in carriera, ne becca due in casa del Watford che dispone di noi manco fosse il Barcellona.

Hard times in East London…

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CUORE TORO (E FEGATO INTER)

INTER-TORINO 1-1

Era un po’ che non succedeva, e onestamente non ne sentivo la mancanza.

Il Toro, ampiamente insufficiente fino a poche ore fa, suona la migliore sinfonia stagionale alla Scala del calcio contro i nerazzurri. Ennesima dimostrazione che, contro di noi, nessuno ci pensa nemmeno lontanamente a scansarsi. E ci mancherebbe altro, sia chiaro.

A noi nessuno ha mai regalato niente e -ribadisco- va benissimo così. Diciamo che ce ne ricorderemo quando la banda di Sinisone nostro tornerà alla mediocrità mostrata in questi mesi.

Shel Shapiro forse pensava a noi quando, più di quarant’anni fa, ci ricordava che “non sempre si può vincere”: fatto sta che, per come è andata, rimaniamo con un gusto dolce amaro in bocca per come si è sviluppata la partita.

I nostri partono con la consueta formazione, fronteggiando un Toro zeppo di ex nerazzurri. Burdisso (all’esordio stagionale) e soprattutto Ansaldi fanno una partita che a queste latitudini non si era mai viste, facendo impennare i rispettivi indici di smadonnaggio da parte dei loro ex sostenitori. Belotti là davanti ha il suo bel da fare con Skriniar (e viceversa). La novità di giornata è un Icardi diligente e generoso nel fare i movimenti ma inopinatamente impreciso sotto porta. La mia sindrome di accerchiamento riesce ad incolpare anche di questo la marmaglia mediatica, che nelle ultime settimane ne ha elogiato -col solo scopo di evidenziare l’assenza di altre qualità- il senso del gol e la capacità di finalizzare ogni mezzo pallone vagante in area. Morale: Maurito ha più di un’occasione per segnare, ma potenza, tempismo e precisione restano non pervenute.

Se a ciò sommiamo un paio di gran parate del loro portiere sulle occasioni create dagli altri interisti (due capocciate di Skriniar e soprattutto Vecino), arriviamo in zona uccello Padulo: già nel primo tempo Handanovic aveva smanacciato una velenosa conclusione di Baselli (oltretutto nemmeno “premiata” dal sacrosanto corner per svista del guardalinee); nella ripresa invece, l’incursione di Iago Falque trova Miranda assai molle e lento nel contrastarlo. Al mancino del Toro non pare vero di poter rientrare sul piede preferito e far partire il tiro sul primo palo, a incenerire un incolpevole Handanovic, incredulo nel vedere la palla passare attraverso un nugolo di nerazzurri piombati con colpevole ritardo sull’avversario.

E’ il quarto d’ora della ripresa, più o meno lo stesso minuto del pareggio di Pazzini dell’ultima partita dei nostri. Le sensazioni di chi scrive, però, non potrebbero essere più diverse. Qui c’è l’odore acre e pressante della cacca pestata a piè pari, e il timore è di non riuscire mica a recuperarla.

Spalletti ci mette del suo, aspettando altri 10 minuti per fare l’unico cambio sensato (dentro Eder e fuori Nagatiello). Difesa a tre, Candreva e Perisic a far tutta la fascia e il resto della ciurma a cercare di rimediare al puttanaio.

Per quello riusciamo a rimetterla in piedi abbastanza in fretta, con Perisic a mettere in mezzo un pallone interessante ma un po’ scomodo per Icardi. Lì il Capitano fa la cosa migliore della partita, non fidandosi del suo piedone e preferendo fare da sponda per Eder, ancor più libero di lui. L’italo-brasiliano ha addirittura il tempo di stoppare la palla prima di spedire la palla all’incrocio: 1-1 e un quarto d’ora da giocare.

Ci vorrebbe un crollo del Toro, che invece non lascia e anzi raddoppia gli sforzi. Non calando l’avversario, ci vorrebbe il colpo del singolo, in mancanza il colpo di culo… Ma noi siamo l’Inter, invisa agli dèi del calcio e quasi felice di ciò: inevitabile a quel punto che lo scaldabagno tirato da Vecino timbri la traversa anzichè gonfiare la rete.

Finisce 1-1 quindi, probabilmente avendo giocato meglio di un paio di vittorie portate a casa un po’ così…  Si poteva vincere, ma senza la reazione fatta vedere si poteva anche perdere.

 

LE ALTRE

Non si sa come prendere il pareggio del Napoli a Chievo: mal comune mezzo gaudio? Smoccolamento della serie “cazz potevamo agganciarli in testa”. Fate vobis.

In mezzo al dubbio amletico, la Juve fa capire di avere senso dell’umorismo ma solo fino a un certo punto, regolando con qualche sofferenza il Benevento e passando al secondo posto solitario in classifica.

Le romane seguono, ma entrambe hanno una partita in meno: ciò vuol dire che potenzialmente siamo in 5 lì in cima, in soli due punti.

Più indietro il Milan che, se non altro, porta a casa i tre punti in quel di Sassuolo.

 

E’ COMPLOTTO

Poco da segnalare in realtà. Anzi: ho sentito Massimo Mauro lodare Icardi dopo la strana ultima prestazione. Tutto un insistere sulla volontà dimostrata, sul giocare per la squadra, sull’importanza di un assist tanto facile tecnicamente quanto difficile a livello di lucidità mentale. Al Cuchu probabilmente non pareva vero poter indugiare sulle virtù del connazionale, ma qualcosa non mi torna. Se gli stessi complimenti fossero arrivati da Caressa avrei potuto anche prenderli per sinceri, ma dal Calabrese Cantilenante proprio no… vedremo cosa c’è sotto, perchè qualcosa c’è. Per il resto, gioite gioite Gesù è nato: il Milan vince, Conte batte Mourinho e il mondo è un posto migliore. Stucchevole a dir poco il tifo nemmeno dissimulato di Zola e Marianella nel commentare Chelsea-Manchester Utd. Perfetto poi Compagnoni nel sunteggiare “Montella sarà contento del fatto che Conte ha vinto, così tutti sono contenti e lui lavora tranquillo”.

Manca solo che gli rimbocchino le coperte quando va a dormire…

 

WEST HAM

Ne becchiamo 4 in casa dal Liverpool e salta la panchina di Bilic. Può bastare?

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Talmente forte che pure la foto è sfuocata…