PAROLACCIA A PIACERE

MILAN-INTER 1-1

C’è una canzone di Elio le Le Storie Tese che si chiama “Nubi di ieri sul nostro domani odierno“. Sulla stessa solfa, questo pezzo avrebbe potuto chiamarsi “Partita che dovevi vincere facile, e che alla fine ringrazi il cielo di non aver perso, accogliendo il pareggio con un sorriso amaro“.

Alla fine ho optato per l’altro titolo per chiedere l’aiuto del lettore, dargli la colpa dell’eventuale turpiloquio suggerito e non stufarlo ancor prima di iniziare a leggere il post.
La manfrina però è quella: quattro occasioni clamorose, di cui il rigore è quella più difficile, oltre ad un altro paio di chances “normali” (ancora Martinez nella ripresa dopo una bella percussione e Calhanoglu a tirare a mille all’ora vanificando il tentativo di tap-in di Dzeko e del Toro). Loro nei 90′ combinano poco, è alquanto palese, eppure sono una squadra seria, che purtroppo fino ad ora merita di stare in testa alla classifica.
Spiaze ammetterlo e spero di essere smentito quanto prima, ma al momento la verità è quella.
Hanno una rosa che, a leggerla, fa rosina o poco più: quelli bravi-bravi a mio parere sono Hernandez (non Theo, Hernandez, diobono), Kessié, Tonali e Leao. Gli ultimi due trasformati rispetto all’anno scorso. Ibra è più un totem che altro, e non garantisce più di 10-15 partite all’anno. Il “problema” sono gli altri, i vari Calabria, Kjaer, Tomori, Rebic, Saelemakers, Diaz: tutta gente dignitosa o poco più, che però Pioli ha portato al massimo – e forse più – del loro potenziale.

La consolazione dovrebbe risiedere nel fatto che più di così non possono fare, ma è altrettanto vero che hanno avuto la loro dose di infortuni con Ibra, Giroud, Hernandez e Kessié. Ripeto: tolto il fisiologico amore che li circonda e l’onda lunga di buone vibrazioni, di Pioli is on fire e di simpatia mediatica, questi in Campionato stan facendo una stagione della Madonna.

Noi: abbiamo una rosa che, paragonata alla loro uomo vs uomo, è nettamente più forte, pur avendo perso i due pezzi migliori dell’11 dell’anno scorso. Mostriamo tanto, ma portiamo a casa poco. Così come con la Juve, e in parte con l’Atalanta, pareggiamo una partita che abbiamo dimostrato di poter vincere ma, come ricordiamo ogni anno agli juventini in Europa, andarci vicino conta solo a bocce.

E quindi, dopo gli incredibili errori di Martinez (due volte), Barella e Vidal, sono rimasto piacevolmente stupito della mancata beffa finale, col tiro di Saelemakers a baciare il palo (ottima la parata-laser di Handanovic) e Kessié a sparacchiare fuori la ribattuta: il sifulotto sembrava già bello apparecchiato come inevitabile epilogo.

Eravamo partiti bene, e avevamo anche avuto una sorprendente botta di culo, chè se un rigore del genere me lo fischiano contro finisco di bestemmiare tre giorni dopo. Calhanoglu è però bravo a crederci e soprattutto a farsi dare la palla da Lautaro per il tiro dal dischetto: sabongia ignorante in mezzo ai pali e 1-0.

A culo loro sono invece campioni consolidati, e quindi ecco la stupida punizione regalata da Barella e l’autogol di De Vrij a sancire la migliorabile fortuna dei nostri su calcio piazzato: dopo la Lazio, in Campionato abbiamo subito gol solo su palla inattiva. La cosa, per chi mi conosce, costituisce un aggravante e non la bonaria attenuante concessa negli anni al Milan di Ancelotti.

Passa un quarto d’ora e arriva il secondo rigore – questo sì solare – ai danni del sempre preziosissimo Darmian. Qui sinceramente mi sarei aspettato il rosso, visto che il dribbling a rientrare era fatto apposta per trovarsi solo davanti al portiere: se non è chiara occasione da gol quella…
Sappiamo com’è andata e, fatti i doverosi complimenti a Tatarusanu (con noi tutti fenomeni, checcazzo…), occorre salvare il soldato Martinez. Per la prima volta da quando è all’Inter si è preso anche i miei di insulti – e sai a lui che je frega – ma il periodo è veramente sfigato. Lo dimostra sul finale di tempo, quando Dzeko gli lascia una palla che l’argentino riesce perfino a controllare per accomodarsela sul destro: una scurreggia che finisce fuori ma lascia l’aria viziata.

La sosta potrebbe arrivare come un provvidenziale spariglio per lui e un’altra manciata di nerazzurri (Barella, Bastoni e Dzeko, tanto per dirne qualcuno, usciti tutti ammaccati prima del 90′). Il potenziale del Toro è immenso ed in buona parte già dimostrato: si trova in quello che tecnicamente è definito come “periodo del cazzo”, in cui non segnerebbe nemmeno da solo a porta vuota. E’ capitato a campioni ancor più forti di lui, quindi purtroppo non c’è da stupirsi; tocca semplicemente far passare ‘a nuttata e sperare di ritrovarlo al meglio al rientro dalla trasvolata intercontinentale.

Tornando alla partita di domenica sera, la cosa strana è che, nel primo tempo, loro hanno giocato meglio dal punto di vista del pressing e dell’aggressività, eppure le occasioni le abbiamo create solo noi (pure quella del loro gol, mannaggia al mio Fantacalcio…).
La ripresa ha visto i nostri più padroni anche nel gioco, ma non ditelo a Sacchi (ci torno, tranquilli…) e per almeno mezz’ora abbiamo comandato le operazioni, Al solito la cosa, più che tranquillizzarmi, mi ha messo in agitazione, perché a tanti passaggi non vedevo seguire la gragnuola di gol che avrebbe fatto funzione di salutare cardiotonico. E quando ti mangi l’impossibile, la beffa è in agguato: Ibra ha provato a replicare la punizia con cui ha segnato alla Roma settimana scorsa, ma una barriera sistemata in maniera sensata e un portiere che tra i pali continua ad essere di sicuro affidamento ha evitato a Zlatanasso di purgarci per l’ennesima volta.

E’ COMPLOTTO

Finisce con un pari, quindi, e il punteggio finale lascia spazio al più ritrito dei dibattiti post-cineforum. Come tanti Guidobaldo Maria Riccardelli, i commentatori sportivi si sono lanciati in commenti più o meno prevedibili, arrivando presto ad accomodarsi sulle consunte ma ospitali cadreghe del “Milan che ha fatto più gioco, mentre l’Inter ha creato più azioni“. Il che, detto senza illazioni e significati sottesi, sarebbe anche un parere condivisibile.

La mia opinione? Che dovevamo vincere con almeno due gol di scarto, e sarebbe stata una vittoria solare, meritata. Ma non l’abbiamo fatto, unicamente per colpa nostra. E quindi, in un certo senso, ben ci sta.

Poi, chiaro, c’è chi vuol strafare. E torniamo al nostro amatissimo Vate(r) calcistico, che da decenni continua a cantare la stessa canzone.

Il Milan ha cercato di promuovere calcio, l’Inter ha cercato di fregarlo“.

Un massimalista che nessuno riesce a far tacere, semplicemente perché il popolino ancora gli dà retta, dandogli modo di crivellarci i maroni con il bel giUoco e l’odio profondo per il calcio italiano. Strano poi che proprio football nostrano da lui così disprezzato, diventi invece un bene raro da preservare quando i suoi occhi puri e innocenti devono assistere a orde di barbari stranieri che lo popolano, facendolo gridare alla vergogna quando qualcuno addirittura osa vincere senza italiani in rosa.

Ribadisco qui tutta la mia antipatia per Sacchi e ancor più per il Sacchismo, che da trent’anni non fa che per prendere per oro colato quelle che sono opinioni personali, non di rado smentite dai fatti, di un figuro che è semplicemente ambasciatore del suo breve e gloriosissimo passato, prigioniero di una sua idea di calcio nel frattempo fortunatamente tramontata. Niente da fare: ogni settimana dobbiamo sorbirci i suoi anatemi contro l’Inter che è sempre – sempre cazzo, nel 1997 come nel 2006, nel 2010 come nel 2021 – espressione di un calcio timido e pavido, di ripartenza, che non fa divertire i tifosi. Tutto ciò fino al paradosso delle ultime 48 ore: in un dibattito che giustamente accusa l’Inter di essere incapace di portare a casa i frutti di quanto semina, ecco l’ineffabile omino di Fusignano che continua a dipingere l’Inter come una cinica orda di vecchi picari, avvizziti dalla vita ma esperti al punto da capitalizzare il più casuale degli episodi, in barba ai tanti bravi ragazzi che propongono giUoco e fanno divertire il pubblico.

Certo, non sarebbe giusto limitare il nostro sguardo sull’Arrigo nazionale. Come sappiamo, è l’intera stampa ad avere da sempre nel cuore l’universo rossonero, o meglio: i nostri scrivani sono particolarmente abili nell’associare a quei colori suggestioni di concordia, armonia, estetica, amore e amicizia.
Come spiegare altrimenti il commento di Pioli al coro a lui dedicato, e preso direttamente da una brutta canzone da discoteca (ne esistono di belle?) degli anni ’90? “Una delle emozioni più grandi della mia carriera“… Dài Pioli, fai il serio: se la tua carriera è così, mamma mia che tristezza…


Ma, come con Sacchi, la “colpa” non è sua, è del sistema. Lo stesso che riesce a lodare e incitare una squadra capace di fare un punto in quattro partite di Champions e incredibilmente ancora in corsa per una qualificazione che sarebbe un insulto a qualsiasi meritocrazia calcistica. La cronaca dell’ultima partita di Coppa, Milan-Porto, a firma del doppio diminutivo Piccinini-Ambrosini, sembrava uscita dai canali Mediaset degli anni ’90, quando Pellegatti faceva i servizi delle partite del Milan mal-travestito da commentatore neutrale. Lo stesso Ambrosini che, domenica, dopo l’esultanza di Calhanoglu al rigore dell’1-0, ha criticato il turco dicendo che se lo sarebbe potuto risparmiare.

Quindi fatemi capire: quando nel 2007 lo fece Ronaldo (in un Derby poi comunque vinto dall’Inter!) tutto bene e che bello, #propriolui #incredibile. Oggi invece è una cosa da evitare perché, insomma, non è bello. Detto dallo stesso che esultò così dopo aver vinto una Champions a cui il suo Club non avrebbe dovuto nemmeno partecipare, visto il troiaio di Calciopoli.

Ora, il fatto che io non stia scrivendo con la frequenza che la stagione meriterebbe potrebbe far pensare a qualcuno che abbia di meglio da fare, o che semplicemente certe storture della mia personalità stiano regredendo a livelli rassicuranti. Niente di tutto questo: semplicemente in questo periodo sto scrivendo di altro – e, incredibile a dirsi, più serio – ma non per questo le mie antenne si lasciano sfuggire le panzane della critica nostrana dedicate ai nostri amatissimi eroi in braghette.

Non scambiate quindi il mio silenzio per una passiva accettazione di tutto quel che viene disseminato nell’aere informatico.

Restando in tema di brutte canzoni, potrei chiosar che “al fin della licenza, io non perdono e tocco

Vi sèndo poco poco…

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