NOT IN MY NAME

Torno a rispolverare il blog per appoggiarci sopra le statuine di un presepio blasfemo e rancoroso.

Ieri sera, come i meno distratti sapranno, l’Inter ha cannato la miliardesima partita che non poteva cannare, quella che avrebbe potuto far girare pagina, azzerare tutte le critiche e portare la squadra al famigerato “next step”.

E invece, stocazzo.

Non ci crederete, e questo blog non è una prova a mio favore, ma col tempo sono diventato un tifoso più maturo, che ragiona meno di pancia, in termini di impresa potremmo dire un aziendalista. E come tale, mi ero fatto andar bene Conte nonostante il gatto che si porta in testa, il passato juventino e la squalifica per omessa denuncia. Era funzionale all’ennesimo anno zero, arrivava con Marotta alle spalle, aveva una sua logica.

Ne sono stato convinto fino alla ripresa di ieri.

Poi mi è venuto in mente lui, anzi Lui, e quel che aveva fatto nella sua di ripresa, in una partita di uguale importanza ormai 11 anni fa.

(60) 1908 STORIE, DINAMO KIEV – INTER 2009/10 – YouTube

Non che servisse questa Epifania per sentire puzza di bruciato ieri sera: gli amici mi saranno testimoni, e già dalla fine del primo tempo ho iniziato la mia litania: “vediamo di non aspettare gli ultimi 10 minuti per fare i cambi e metterci l’elmetto, qui bisogna buttarla dentro in una maniera o nell’altra”.

Appunto: primo cambio a venti dalla fine, un’ultima mezz’ora giocata sotto metadone, ad assistere attoniti alla nostra disfatta, con l’immancabile carambola sfigata con cui sventiamo da soli la conclusione più pericolosa della partita. Il classico finale pronosticabile.

E qui subentrano le responsabilità di Conte. Che per quel che mi riguarda non stanno nell’aver fatto giocare Tizio al posto di Caio, quanto nella totale apatia dei giocatori in campo.

Aldilà delle preferenze sul modulo, sul tipo di giUoco, sui calciatori utilizzati, se c’è una cosa che tutti riconoscono a Conte è la grinta, la capacità di trasmettere furore agonistico alle sue squadra. Ieri sera non si è visto niente di tutto ciò. Ci siamo fermati alla bella traversa di Lautaro dopo 5 minuti, pensando che prima o poi sarebbe entrata.

Ora: io seguo l’Inter da quarant’anni, e forse proprio per questo so che, all’Inter, non basta passeggiare sempre dritto per arrivare alla meta placidi e rilassati. Noi ci dobbiamo sudare ogni cazzo di centimetro in campo. Potrete capire la mia inquietudine tutte le volte in cui percepisco nell’atteggiamento della squadra quel fatalismo ineluttabile che sembra quasi emergere come un fumetto dalle loro teste “Oh, visto che bravi? Neanche dieci minuti e abbiamo già preso una traversa e fatto un altro paio di azioni: basta continuare così e vinciamo facile”.

Maledetti!

Il Real fa il suo, e quindi non abbiamo nemmeno la scusa dei cattivoni che ci hanno fatto uscire apposta. No. Per il terzo anno di fila siamo arrivati all’ultima partita del girone con l’obbligo di vincere (condizione sempre necessaria, a volte sufficiente) e per tre volte abbiamo balbettato, insipidi come la peggior squadra di esordienti.

Pensavo di aver visto il peggio, che invece doveva ancora arrivare. E qui tutto il mio aziendalismo vacilla pericolosamente. Proprio perché tengo all’Inter -che non è un modo infantile per dire che tifo per lei, vuol proprio dire tenerci, volerle bene, sperare che tutto vada per il meglio- non posso accettare che uno dei suoi tesserati più rappresentativi si presenti così a commentare la sconfitta che lo butta fuori dall’Europa.

(60) INTER SHAKHTAR 0-0 CONTE CONTRO GLI ARBITRI NERVOSO NON RISPONDE ALLE DOMANDE E SNOBBA CAPELLO – YouTube

Un bambino permaloso incapace di perdere, di ammettere le proprie responsabilità, che insulta chi gli fa domande assolutamente sensate, che non risponde come il bimbo offeso o che inventa balle per svicolare a considerazioni più che legittime, come il carugnin de l’uratori che dice “io la so ma non la dico”.

No, caro Conte: questo non è un allenatore dell’Inter. E avrei voluto che un cazzo di Ausilio, di Zanetti, o addirittura di Marotta lo riportasse per le orecchie davanti alla telecamera per scusarsi in diretta di fronte agli interessati e all’interessata. Sì, perché tra i destinatari dei suoi strali c’era anche una donna. So che essere un vecchio galantuomo con retrogusto maschilista è ormai fuori moda, ma mi hanno insegnato che la buona educazione è un dovere nei confronti di tutti, soprattutto con le signore.

Caro Conte, hai toppato su tutta la linea. Non me ne frega un cazzo di Eriksen, che per quel che mi riguarda può andar via domani. Se è per quello mi frega molto di più di Sensi che è sempre rotto e che ci manca come il pane, mi frega non aver passato il turno unicamente per la nostra inedia. Mi urta invece, e in maniera epidermica, aver dovuto assistere a quei minuti di dichiarazioni in cui, di Inter, non c’era proprio niente.

Sei anche poco furbo, Andonio: non vuoi che ti rompano i coglioni con domande scomode? Vai lì e attacca il disco del “è tutta colpa mia, non mi sono fatto capire dai ragazzi. Io sono l’allenatore, le scelte sono mie, la responsabilità anche “. Vedi che a quel punto li avresti spiazzati, e qualcuno avrebbe detto “beh ma non è colpa tua se Lukaku ieri non ha toccato palla, se Lautaro ha preso la traversa…”.

È da agosto che penso che quell’assurda riunione si sia conclusa con un accordo di questo tipo: la Società ti accontenta in tutto e per tutto (ecco Vidal, ecco Kolarov, via Godin), tenta di vendere Eriksen (evidentemente non è così un crack, altrimenti avremmo la fila fuori per portarlo a casa a meno di venti milioni…). Tu in cambio porti a casa un trofeo.

Se così non è, una stretta di mano, un incentivo all’esodo e nemici come prima.

Che le cose siano andate così o meno, non ti resta che vincere lo scudetto, e sai benissimo che non sarà facile.   

Al lavoro adesso, e basta con le stronzate.

DI OPPORTUNITA’ E OPPORTUNISMO

Ecco i miei due centesimi sul pasticciaccio brutto de Ivan Zazzaroni.

Partirò da lontano e lambendo i confini del semplicistico luogo comune, per una volta non “maledetto”: quel che manca più di tutto il resto nel nostro Paese è il senso dell’opportunità.

Come dicevo l’altra sera nella bella serata con gli amici intervenuti alla presentazione del libro, il razzismo ai giorni nostri non lo si trova tanto nei deliri suprematisti fatti e finiti, riassumibili nell’abominio “tu ci hai la pelle nera e quindi sei inferiore“. Certo, gli infami e i trogloditi ci sono sempre stati e sempre ci saranno, ma ragionando a grandi numeri non è questo il tema di giornata.

Quello che l’Italia sta affrontando solo negli ultimi anni è invece una quotidiana e sempre più stretta convivenza con l’altro, in grave ma fisiologico ritardo rispetto a tutti gli altri Paesi europei.

È una convivenza che personalmente reputo sana e salvifica, ma che in ogni caso come ben sappiamo è inevitabile, ed alla quale pochi nascono preparati. Dipende da te, da come sei fatto, da dove e come sei cresciuto e da quanto sei curioso, aperto verso tutto ciò che è “altro” da te.

Francia, Inghilterra, Germania per tanti e non sempre nobili motivi, fin dal dopoguerra hanno avuto società multirazziali ed eterogenee, con annessi problemi di integrazione e convivenza tutt’altro che risolti, ma forse non è un caso che il titolo di ieri abbia sollevato incredulità prima ancora che critiche presso i media stranieri.

Il punto sta proprio qui: l’intento del Corriere dello Sport era discriminatorio? No, non credo proprio. Anzi: l’obiettivo principale era celebrare i due giocatori di Inter e Roma e magari fare anche bella figura mettendo in prima pagina due “diversi”. Lo stesso Zazzaroni lo spiega così, gonfiando il petto per l’ampiezza delle sue vedute: vedete come siamo stati bravi a mettere due neri in prima pagina? Se non lo capite i razzisti siete voi.

Eh certo, come no, siamo all’inversione dell’onere della prova. Faccio il paraculo e se poi non ci caschi m’incazzo. Fin troppo facile il giochino, grazie.

Il passo avanti che a mio parere va fatto è proprio questo: Lukaku e Smalling sono diversi rispetto a cosa? A noi bianchi? Quindi fatemi capire: l’uomo bianco non è più ontologicamente superiore, ma continua ad essere quello che nel mio mestiere si chiama il reference standard, l’unico metro di paragone a cui tutti debbono fare riferimento? Minchia come siamo evoluti…

Venerdì sera avevo ricordato i casi dei “buu” razzisti allo stadio, magari fatti da tifosi di squadre che a loro volta hanno calciatori di colore in rosa, come se questo di per sè escludesse ogni intento razzista. Ricordiamo le parole dell’ultrà veronese “anche noi c’abbiamo il negro in squadra e se gioca bene gli battiamo le mani“.

Nulla di più sbagliato.

Ecco, il parallelo è ardito ma secondo me ci sta: nemmeno chi fa “buu” al Lukaku o al Koulibaly di turno è per forza un suprematista bianco; lo fa proprio per “rompere i coglioni” al giocatore, offenderlo e magari fargli perdere la testa (vedi proprio Koulibaly l’anno scorso in Napoli Inter, espulso per aver polemicamente applaudito l’arbitro esasperato dai cori subiti per tutta la partita).

Però…

C’è un però grande come una casa. Non basta non essere razzisti “old fashion” (o fascion, perdonate il facile gioco di parole) per essere innocenti. Nel mondo di oggi è necessario non avvicinarsi nemmeno all’idea, a costo di sembrare perbenista o eccessivamente formale.

Torniamo al senso dell’opportunità: una battuta scontata come “Black Friday” può strappare un sorriso se fatta al BarSport dal pirla di turno, non se ci fai un titolo su un quotidiano sportivo nazionale. È sempre il solito discorso: non c’è una legge che vieti espressamente di mettersi le dita nel naso (o fare le corna nelle foto istituzionali), semplicemente ci arrivi da solo ed eviti di farlo. Il fatto che Zazzaroni (o chi per lui) non ci arrivi, e anzi si incazzi risentito accusando di razzismo al contrario chi l’ha criticato, è l’ennesima conferma di quanto poco sia compreso il tema in Italia.

Gli ultimissimi esempi arrivano dal calcio femminile: la juventina Aluko, inglese di origini giamaicane, ha concluso la sua esperienza nella Juve, dice di essersi trovata benissimo nel Club, ma non altrettanto bene in città. Scrive testualmente che Torino (non il paesino sperduto nel fondovalle lucano) “sembra essere decenni indietro sul tema integrazione“, aggiungendo di essere “stanca di entrare nei negozi e avere la sensazione che il titolare si aspetti che io rubi qualcosa“.

Utilizzando il tipico understatement inglese – da me apprezzatissimo, ma so di essere di parte – Aluko aggiunge:

On the pitch, we achieved a lot of rapid success: a league title, the domestic cup and the Supercoppa. Off the pitch, I think it is fair to say things have been a little more uneven“.

Mio riassunto in italiano: “Sul campo abbiamo conquistato tanti trofei. Fuori dal campo, possiamo dire che la situazione sia stata un po’ più accidentata”.

E poco dopo torna a puntare il dito sulla scarsa consapevolezza che pervade l’ambiente del calcio (e non solo) sul tema del razzismo (il grassetto l’ho aggiuto io):

“… there is an issue in Italy and in Italian football and it is the response to it that really worries me, from owners and fans in the men’s game who seem to see it as a part of fan culture”.

Mio riassunto in italiano, grassetto compreso: “C’è un tema in Italia e nel calcio italiano, ed è la reazione a questo tema che mi preoccupa di più, dai presidenti ai tifosi del calcio maschile che lo vedono solo come parte della cultura dei tifosi”.

Nelle sere successive a questo fatto ho visto una interessante trasmissione su Sky in cui Fabio Tavelli, Flavio Tranquillo, Paolo Condò e Carolina Morace (insieme ad un’altra avvocata giuslavorista di cui non ricordo il nome) parlavano di calcio femminile in generale, e di questo episodio in particolare. È stata la stessa Morace a dire “signori, qui pensiamo di essere il centro del mondo, ma rispetto agli altri Paesi siamo indietro e di molto“. E si riferiva tanto alla condizione del calcio femminile, quanto alla consapevolezza sul problema razzismo.

In altre parole: troppo spesso in Italia si fa ancora il gioco dell’ “Io non sono razzista, ma…“. Quel “ma” fa tana-libera-tutti e si può continuare ad ignorare il problema fino alla prossima volta.

Concludo con un aneddoto personale. Quand’ero ragazzino ricordo che stavo vedendo un incontro di boxe tra un pugile di colore (che chiameremo Jones) ed uno bianco (che chiameremo Smith), e la sovraimpressione alla tele che doveva far capire “chi fosse chi” recitava:

Jones: blue trunks / Smith: red trunks“. (Per chi non lo sapesse, i “trunks” sono i calzoncini).

Ricordo le risate degli adulti che erano con me: “ma come? uno è bianco e uno è nero… più diversi di così! Che bisogno c’è di differenziarli dal colore delle braghe?

Ecco, aldilà delle battute (sacrosante se fatte tra amici) per me invece è giusto, educato, civile, moderno, intelligente, sensibile e in ultima istanza corretto non discriminare rispetto al colore della pelle. Mai. Anche quando la buona fede è assodata. Anche quando non si vuole minimamente offendere.

C’è uno sketch che gira in Inghilterra sulla BBC (qui il link che trovate sul Tubo): lì come detto si sollazzano sul tema da qualche decennio e sono finalmente arrivati a poterci scherzare, proprio perchè sanno quanto il problema sia delicato e quanto labile sia il confine tra la genuina curiosità del where are you from? e la sgradevole inopportunità del where are you really from? (visto che l’understatement lo so usare pure io?)

Da noi Beppe Grillo quando faceva il comico di mestiere diceva “potremo finalmente dirci un Paese normale quando daremo del “testadic**zo” a un nero non perchè è nero, ma perchè è davvero una testa di c***zo“.

Non potrei essere più d’accordo, ma di strada da fare ce n’è ancora tanta.

Direi tutta. Dire che dobbiamo ancora partire. Direi che è ora.

CHE BEL BAMBINO! COME SI CHIAMA? COMPLOTTO.

Non dite che non ve l’avevo detto…

Le cose cambiano, il vento della novità, Eraclito e il panta rei… tutte ‘ste robe qua insomma.

Morale: è nato il libro!

Sul contenuto non mi pronuncio, eventualmente sarete voi a farlo. Anticipo solo che non è una raccolta dei pezzi pubblicati sul blog, ma un qualcosa che parte da lì e segue una sua strada, sufficientemente tortuosa come i neuroni di chi scrive, ma illuminata dalla luce della ragione.

Il tutto a partire dal titolo: ” È Complotto” e dal sottotitolo “Considerazioni di uno psicolabile interista“.

Da bravo esordiente devo essermi perso un paio di tutorial sul “come fare ad autopubblicare un libro”. Vedo che di solito si parte dall’ebook, che si cerca di promuovere in giro tirando insieme quattro baiocchi (i fighi dicono “facendo crowdfunding”) per poi finanziarsi la stampa di qualche copia cartacea.

Da fiero oppositore del pensiero unico, ho ignorato la procedura e son partito dalla fine, cacciando il grano per far stampare un centinaio di copie. Sono attualmente in possesso di qualche decina di esemplari -al netto di quelli già distribuiti ai primi fortunati lettori- che provvederò a far avere a chi dovesse farne richiesta fino ad esaurimento scorte.

Parallelamente, spremerò le meningi (mie e di qualche amico fidato…) per entrare nel meraviglioso mondo dell’e-publishing ed altre parolacce assortite, in modo da avere entro tempi ragionevoli la versione digitale da poter acquistare online.

Da lì in poi, chi vivrà vedrà.

Foto da papà orgoglioso

SETTEMBRE

Tenendo fede al (dis)impegno preso nei mesi scorsi, torno dopo qualche mese a scrivere di Inter a queste latitudini informatiche, per passare in rassegna tante delle cose successe ai nostri amatissimi negli ultimi tempi.

Sì, è arrivato Conte ed è partito Icardi.

Sì, è arrivato Lukaku ed una manciata di altri giocatori.

Sì, siamo incredibilmente in testa a punteggio pieno, avendo già battuto Milan e Lazio.

Detto ciò, calma massima e niente voli pindarici.

Come e più delle altre volte in cui siamo stati in testa da soli (Mancio edizione 2015/2016, Spalletti vendemmia 2017/2018) l’obiettivo dell’Inter dev’essere duplice: da una parte, tentare di proseguire in questa striscia positiva il più possibile. Per striscia positiva non intendo necessariamente vincerle tutte, bensì vincere le partite “che si devono vincere” e non combinare minchiate tipo Slavia Praga, con un pareggio sgraffignato al 92′ che mi ha fatto esultare per lo scampato pericolo.

Quando poi dovesse davvero arrivare la sconfitta “che non ci sta”, lo scivolone inopinato, la buccia di banana che ti fa cascare culo in terra e gambe all’aria, ecco, quello sarà il vero banco di prova.

Tanto per esser chiari: i periodi natalizi degli ultimi anni sono stati la rappresentazione plastica di quanto vado dicendo. Punti persi da pirla, partite comode sulla carta e invece indigeste come la proverbiale peperonata a colazione, ed ecco lo psicodramma di durata bimestrale. Il biennio spallettiano è andato grossomodo così, ma non è stata certo una novità. Anzi, la differenza rispetto ai patatrac precedenti è stata che con Lucianino da Certaldo siamo riusciti a raggiungere l’obiettivo minimo stagionale sul fischio finale (leggasi: Decèèèmpionss).

Conte sta facendo bene, trovando in Sensi un giocatore che sinceramente non mi aspettavo così forte e versatile e ricevendo buone risposte praticamente da tutti gli altri.

Mi piace soffermarmi sul piccolo centrocampista per una serie di motivi.

Anzitutto, arriva all’Inter dopo un corteggiamento da parte dei cugini rossoneri durato almeno due anni, durante i quali la favoletta del “ragazzo che tifa Milan fin da bambino” aveva saturato la mia pazienza in tempo zero. Ma c’è di più; proprio nello scorso calciomercato, durante il quale il Milan collezionava due di picche che manco io al ginnasio, l’ex Sassuolo aggiungeva la beffa al danno: non solo non te la do, ma in più la do al tuo compagno di classe che ti sta tanto sulle balle.

E quindi Sensinho arriva in nerazzurro, ovviamente acclamato da tutti come “il regista che tanto serve all’Inter e che permetterà a Brozovic di tornare a fare il suo ruolo da interno, chè quello lì non è mica un regista, e insomma qui ci vuole il regista, anche se Pirlo era un’altra cosa eh? Pirlo è insostituibile… ma come ha fatto l’Inter a darlo via? “.

L’ho romanzata un po’ ma la manfrina resta quella.

Invece, in tasca a loro e a tanti altri, Sensi si rivela oggi uno splendido centrocampista totale. Piccolo ma tignoso, corre e recupera palloni, ha piede e testa lucidissimi che gli permettono di metter la palla dove vuole (il che spesso coincide con “dove serve”). A tutto ciò aggiunge una sconosciuta -almeno a me- capacità di corsa e di inserimento che, a voler essere blasfemi, lo fanno somigliare più all’inarrivabile Iniesta che allo scolastico Xavi da quattromila passaggetti a tre metri dal compagno.

Date alla stampa un po’ di tempo ed inizieranno a contemperare i complimenti con la consueta litanìa del “bravo eh? Ma non è un regista… all’Inter manca il regista, e Brozovic non lo è…”.

Cambiando soggetto, ma rimanendo saldamente in ambito mediatico, non sarà sfuggito ai più disturbati tra di voi come le lodi all’Inter siano sempre seguite dal complemento di specificazione “di Conte“. Poi il titolo sceglietelo voi: si va da “è già l’inter di Conte” a “Conte ha già cambiato l’Inter” oppure “Quella di Conte è una grande Inter“.

Il concetto è quindi quello del dottore che arriva a curare una gabbia di matti. Anche in questo caso non è una novità: ogni nuovo allenatore nerazzurro in tutti questi anni ha goduto di un credito iniziale, sperperato poi nel corso della stagione allorquando la sua sapienza tecnico-tattica veniva infettata dal virus nerazzurro.

In altre parole, visto che l’Inter è sbagliata ed ha torto per definizione, chiunque arrivi da fuori è visto come il cavaliere immacolato, moderno demiurgo che tenta la mission impossible di convertire un’accozzaglia di craniolesi in un Club calcistico di livello.

A differenza dei suoi predecessori, però, Conte vincerà in ogni caso. Se dovesse portare l’Inter alla vittoria, sarebbe davvero il salvatore della patria. Se, più probabilmente, inciamperà, non sarà certo per colpa sua, ma per quella mandria di invorniti che suo malgrado l’hanno circondato.

Settembre difficilmente poteva andar meglio. Vero che l’unica partita ciccata è stata prorpio quella che ho visto dal vivo, ma come dicono a Parigi inscì avèghen. Le prossime due (Barça fuori e Juve in casa), lungi dall’essere decisive, saranno però validi banchi di prova per i nostri. Uscire con le ossa rotte o “a testa alta” (come si ama dire di sconfitte diversamente strisciate) potrebbe fare tutta la differenza del mondo in termini di consapevolezza.

Continuo a fare fatica ad “innamorarmi” di Conte, ma non posso non riconoscergli una costanza ed una applicazione da professionista puro, direi maniacale, che nessuno dei suoi predecessori ha avuto negli ultimi anni.

Fossi un osservatore imparziale, sarei assai curioso di vedere come gestirà la prima sconfitta o, ancor di più, la prima partita buttata via. Da tifoso, ovviamente, non ho il minimo interesse ad indagare una simile eventualità, chè la banale ripetitività di queste settimane mi va benissimo.

LE ALTRE

Brevemente: ai tanti che puntano il dito sulle iniziali difficoltà della Juve di Sarri faccio purtroppo presente che, pur condividendo l’assioma, il risultato fa cinque vittorie ed un pareggio in campionato, più un pareggio nella partita teoricamente più difficile del girone di Champions. Niente di buono, insomma, chè se alla fine la portano a casa lo stesso anche quando arrancano, figuriamoci quando saranno entrati in sintonia col nuovo mister… (sì, lo confesso, un po’ gliela sto gufando ma il senso è quello…).

Il Napoli invece becca qualche gol di troppo, pur avendo davanti una potenza di fuoco mica da ridere. Credo che anche nel loro caso sia questione di tempo per far amalgamare al meglio Manolas e Koulibaly. Per il resto Ancelotti ne sa tante, se non tutte, e non faticherà a far rendere al meglio il materiale umano a sua disposizione.

Chiaro che adesso è facile sognare ad occhi aperti e fantasticare di Scudetto: più realisticamente, ritengo che solo Napoli e Juve ci siano superiori, e che limitando le stronzate stagionali a livello minimo, una delle due possiamo lasciarcela alle spalle.

Dei cugini preferirei non parlare per umana pietà. Sono indietro e molto: rivedo in loro il periodo che abbiamo vissuto nel passaggio da Moratti a Thohir: stagioni gestite da ragionieri e contabili più che da direttori sportivi, dove le nozze coi fichi secchi erano all’ordine del giorno.

Cari cugini, addà passà ‘a nuttata…

WEST HAM

A parte il pareggio di ieri col Bornemouth, direi che andiamo benone, quarti alle spalle degli inavvicinabili Liverpool e City, a un punto dal redivivo Leicester ma un punto sopra i ben più sofisticati Chelsea e Tottenham e con alcuni scalpi già messi nel carniere (vedi Man Utd settimana scorsa). So far, so good.

Risultati immagini per inter squadra esultanza
E niente: in queste settimane tra di noi ci guardiamo così…

VIVI E VEGETI (PIÙ O MENO…)

INTER-UDINESE 1-0

A valle di una delle partite maggiormente sofferte da parte di chi scrive, posso dire “bene così”. Si doveva vincere, si è vinto e -fidatevi- conoscendo i nostri polli era tutt’altro che scontato.

I match contro i friulani sono sempre insidiosi, ancor di più dopo il pessimo interludio europeo di martedì, motivo per cui mi sono trovato a soffrire e smadonnare come da tempo non mi capitava… il tutto per una partita insulsa di fine girone di andata.

Spalletti riparte da un 4-3-3 assai tecnico nella mediana (Joao-Brozo-Borja) e interessante negli avanti, panchinando Perisic per Keita forse per lisciare il pelo ai tifosi, ma venendo comunque ripagato da una discreta ora di gioco del senegalese. 

Il primo tempo è di dominio assoluto in termini di giUoco ma, trattandosi di Inter, la cosa non viene nemmeno menzionata, limitandosi le critiche alla -giusta- annotazione di un risultato ancora vergine nonostante due ottime occasioni (Icardi e soprattutto Keita).

La ripresa comincia male, con i nostri a non ritrovare le distanze e la confidenza con il campo mostrate nella prima frazione. Gli ospiti non se lo fanno dire due volte e portano prima Mandragora e poi Ter Avest a concludere pericolosissimamente davanti a Handanovic, sprecando per fortuna l’occasione.

Da lì i nostri si svegliano e ricominciano a ruminare l’erba e mulinellare le gambe. Borja è l’interista chiamato al tiro con più frequenza, trovandosi a giostrare spesso alle spalle di Icardi. Sfiga, lo spagnolo non è tra quelli a cui può appicciarsi la antica locuzione “attenzione è un buon tiratore”, e le due, tre, quattro conclusioni tentate sono lì a testimoniarlo.

Dopo 10 minuti di ripresa, oltretutto, la spia della riserva dello spagnolo si accende: ecco quindi il cambio con un Lautaro Martinez che entra bene in partita, con la speranza -che si rivelerà vana- di poter rimpiazzare il compagno anche a livello di occasioni di tiro.

Si continua comunque a giocare, con Keita a crossare perfettamente per Icardi, la cui capocciata a botta sicura finisce invece fuori di un nulla, lasciando interdetti compagni e spettatori.

Per il gol tocca aspettare un corner e la scellerata idea di Fofana, che decide di colpire di mano in piena area: fallo inizialmente non visto dall’arbitro, che viene però richiamato dai colleghi del VAR. Il replay lascia pochi dubbi ed è rigore, che Icardi trasforma con un beffardo quanto glaciale cucchiaio.

E se fino a quel punto la squadra mi è anche piaciucchiata, esattamente come martedì è dal gol in poi che invece mi fanno incazzare. L’Udinese a quel punto pare ben poca cosa, non avendo sostanzialmente giocato se non per i primi 5 minuti della ripresa: è il momento di ammazzare la partita facendo il secondo se non il terzo gol.
Parte invece il festival dei minchionazzi, all’insegna del “ma no dai segna tu” “oh proviamo il gol da fighetti”, “guarda mamma, senza mani”. Mi ritrovo a mitragliare i cuscini di cazzotti, non avendo a disposizione altre vittime sacrificali, ed accolgo il triplice fischio finale esausto come dopo aver scampato un pericolo mortale.

Manteniamo la posizione in classifica, e soprattutto ci sistemiamo psicologicamente dopo la brutta doccia fredda di Champions. Non che basti un 1-0 con l’Udinese per digerire la diminutio del passaggio all’Europa League ma, ripeto, temevo l’ennesimo psicodramma  con ennesimo giro di giostra concesso agli araldi di corte, come vedremo solertissimi a preconizzare orizzonti nerissimi per i nostri fino a sabato sera e altrettanto pronti a cambiare registro lodando il nostro bomber che ci tiene a galla e nasconde le difficoltà di manovra dei nostri.
L

LE ALTRE

Juve e Napoli sostanzialmente giocano la nostra stessa partita -faticando anzi più di noi- e finiscono per vincere con analogo punteggio, ottenuto su rigore (Juve) o su punizia a tempo ormai scaduto (Napoli).

Mentre scrivo la Lazio ha problemi con l’Atalanta, in vantaggio per 1-0, mentre domani sera il Milan chiuderà la giornata facendo visita all’amatissimo Pippo Inzaghi: la classica partita in cui vorrei perdessero entrambi.

E’ COMPLOTTO

C’è poco da fare, l’uscita dalla Champions, oltre ai già gravissimi effetti sportivi, ha fatto partire lo shitstorm su tutto l’universo nerazzurro. L’arrivo di Marotta è stato raccontato come quello di un medico che arriva a tentare il salvataggio disperato di un paziente ormai moribondo. L’intera gestione societaria, tecnica e strategica è stata buttata nel cesso senza alcun riguardo, se pensiamo che qualche mente libera o forse solo intellettualmente onesta ha parlato apertamente di critiche sempre un po’ esagerate quando rivolte a noi.

Mi fa piacere riportarlo, perchè negli stessi giorni il già richiamato Andrea De Caro ha preferito il solito parallelismo tra le due squadre milanesi, non riuscendo a nascondere un tono di critica a Spalletti quando si è trattato di descrivere i due atteggiamenti tenuti dai rispettivi allenatori.

Ed è inutile che De Caro faccia ricorso all’excusatio non petita riferendosi al tifo interista come a un grande e prezioso bacino di lettori, troppo importante per spingere un giornale a parlarne male per il puro gusto di farlo.

Ecco le parole, false come una banconota da ventottomila lire e riferite a Spalletti:

Al mea culpa preferisce l’affondo. «Vogliono demolirci». Chi e perché resta un mistero. L’Inter – la cui tifoseria numerosa e caldissima rappresenta un bacino per qualsiasi media sportivo – è stata celebrata per mesi come un Instant team subito protagonista. Una regola non scritta del giornalismo dice che si vendono sempre le vittorie mai le sconfitte (che deprimono).

Al finto agnello potrei rispondere che, se è vero che al tifoso fa piacere leggere della propria squadra quando vince ergo quando se ne parla bene, al tempo stesso ai tifosi avversari fa piacere che dei propri rivali si parli male. Ecco quindi che due tifoserie ben più influenti per ogni giornale e tante volte allineate su grandi temi calcistici quali quelle di Juventus e Milan senz’altro troveranno gradevole e divertente il continuo martellamento in direzione Inter, essendo evidente a tutti che le grandi squadre sono all’apparenza tutte uguali, ma che qualcuna è evidentemente meno uguale delle altre e quindi di quella si può anche parlar male senza timore di rappresaglie

PSV-eliminazione-Crisi-Conte-Simeone-Wandanara-Madrid-Marotta.

Così, in loop per quattro giorni, poi basta il cucchiaio di Icardi e tutto si acquieta fino alla prossima volta.

Ma non di sola Inter vive la stampa italiana. Come si suole dire, “torti e ragioni alla fine si compensano”, quindi, oltre a parlare a sproposito male dell’Inter, per compensare la situazione eccoli parlare bene -ma sempre a sproposito- del Milan.

Spostandosi infatti sulla sponda sbagliata del Naviglio, e partendo da una settimana fa, ecco dalla viva voce di Leonardo la conferma del fatto che Ibra… non arriverà (oh nooo cit.). Lui dice che potrebbero arrivare un paio di rinforzi tra metà campo e attacco, il tutto da far coincidere con il Fair Play Finanziario ma, trattandosi di Milan, alla Rosea tutto pare superabile al punto da far titolare perentorio “Due acquisti a Gennaio”.

La Ggente mi fa poi essere d’accordo con Caressa, che non è mai una bella cosa, nel momento in cui bofonchia un “mah…” quando apprende che il gentile pubblico da casa aveva votato quale migliore in campo di Milan-Torino il giovane Cutrone, autore di questo errore (min. 3.00) senza senso nel finale di partita. Capisco il non fare gol -ci mancherebbe- ma è proprio il modo in cui colpisce il pallone a tradire la completa mancanza di fondamentali. Potere dei giUovani rossoneri, peraltro lanciatissimi anche quest’anno nel campionato Primavera! Del resto quando di propone giUoco…

Chiudo il trittico rossonero riprendendo una gustosa intervista allo splendido Clarenzio Seedorf: il mai troppo rimpianto culetto d’oro ricorda i mesi passati sulla panchina milanista lamentando una certa solitudine (ma non erano tutti una grande famiglia?) e riservando una gradevolissima stoccata all’ex compagno Inzaghi:

“Mi sono sentito molto solo in quel periodo ma nonostante ciò abbiamo creato un gruppo unito per fare numeri importanti: 35 punti in 19 partite, con un gioco accettabile. Ero pronto per iniziare la nuova stagione ma hanno preso altre decisioni. Avrei voluto la fortuna di Inzaghi che può continuare a perdere e a restare in panchina”.

Passando al turno europeo, come non menzionare poi la trasferta greca di Europa League, che ha portato i nostri prodi ad essere eliminati da qualsiasi competizione europea per la stagione?

Ad essere onesti, però, quella partita ci dice tante cose.

Anzituto, l’indegno comportamento dei tifosi dell’Olympiakos. Oltre ai flauti comicamente richiamati da Leonardo, i palloni tirati sistematicamente in campo per perdere tempo e soprattutto la frase del telecronista “c’è un bambino che sta per entrare in campo… fortunatamente è stato fermato dal padre” sono tutte sintomi di un calcio malato (cit. Gialappiana) che meriterebbe punizioni in sede istituzionale.

A seguire, un arbitraggio scandalosamente divertente. L’avverbio lo pronuncia l’appassionato di calcio, l’aggettivo il tifoso sfegatato che gode a vedere uno stralunato Abate non capacitarsi di un rigore del genere.

Infine, e mi costa sangue e dolore dirlo, complimenti a come il Milan ha suddiviso tra i suoi tesserati la gestione mediatica del dopo partita.

A Leo è lasciata la parte istituzionale, con la Società a lamentarsi e chiedere giustizia come è giusto che sia. Sbaglia il paragone col flauto e mi fa riderissimo, ma per il resto ha ragione in tutto.

Gattuso, in quanto allenatore, fa un altro mestiere e quindi deve analizzare la partita: giù il cappello davanti a Ringhio allora, quando dice che giocando così alla cazzo i suoi meritano di tornarsene a casa.

Come già ripetuto, spero che l’avvento di Marotta serva a mettere un po’ d’ordine tra i nostri tesserati, a suddividere tra loro le responsabilità ed il repertorio da cantare davanti ai microfoni e -chissà mai- ad ottenere un minimo di rispetto dalla stampa italiana.
Sarebbe un risultato ancor più importante di uno scudetto.

WEST HAM 

Bella vittoria in casa del Fulham di Mr Ranieri. Ottavi a parimerito e a due soli punti dal Man Utd di José!

CRIBIO

Caparbio pareggio ottenuto in casa contro il fanalino di coda Albino.

Ospiti in vantaggio, con l’onta di aver fatto segnare uno dei tanti africani che viene qui a rubare il lavoro ai nostri giUovani (nella fattispecie, l’ivoriano Kouko), poi la banda di bravi ragazzi dalla messa in piega in ordine trova il pari. Il Mister parla apertamente di primo tempo inguardabile e dice di non voler guardare la classifica.

Come dargli torto…

Delicatissimo

MAI CUNTENT

INTER-GENOA 2-0

Un risultato assai bugiardo ci permette di portare a casa tre punti di pura decenza e nulla più.

In una squadra che ha bisogno di certezze come di poche altre cose al mondo, si decide di sparigliare tutto, riproponendo la difesa a tre, riciclando Nagatomo sulla sinistra e osando addirittura l’accoppiamento Eder-Palacio ad affiancare Icardi, con Perisic e Banega seduti a guardare.

Oltretutto, la difesa a tre presuppone la partecipazione di due dei tre centrali alla fase di impostazione: sciambola per il Genoa, che fa a gara a lasciar solo Murillo, il quale ci mette del suo deliziandoci con la sua pochezza tecnica fatta di appoggi banalmente sbagliati e rinvii approssimativi.

Solo un poco meglio Miranda e D’Ambrosio, ma più che altro perché far peggio era difficile (parlo ovviamente di giocare il pallone, chè a fare da stopper puro Murillo va benissimo).

Altro effetto collaterale del cervellotico 3-5-2 è il mortificare Candreva nell’anda e rianda sulla fascia destra: il romano è una persona seria e un gran lavoratore, e quindi il suo lo fa, ma se ci aspettiamo la solita gragnuola di cross per Icardi, ciao còre…

Shakerate il tutto e troverete 35 minuti di squallore nerazzurro, con il piccolo Cholo a mangiarsi un gol pazzesco e con Handanovic a mettere un paio di salvifiche pezze a svarioni collettivi degni delle partitelle fuori scuola di Panchito (leggasi: tutti dietro al pallone e in culo alla tattica).

Poi, per una volta, una botta di culo: un corner che rimalza in area per allontanarsi -apparentemente- dalla zona pericolosa, e il destro di Brozovic che calibra la boccia proprio all’angolino, dopo aver fatto la ceretta a una decina di gambe.

Il Genoa è ancor più incredulo di noi, e sostanzialmente smette di giocare, trovandosi di colpo con la lingua di fuori e la testa confusa.

Complice il vantaggio inopinato, Pioli inserisce toglie l’impalpabile Eder e mette Melo per dare più filtro al nostro centrocampo un po’ troppo toda joya toda bellessa. 

Il cambio mi fa smoccolare una volta di più:

Macheccazzo! Vedi che ce l’avevi il medianaccio mordi-caviglie? Potevi mettere lui fin dall’inizio e tenere fuori uno a caso tra Nagatiello e D’Ambrosio! Troppo facile? Troppo banale? Salamadonna

Detto ciò, i nostri controllano (diciamo così) senza soffrire più di tanto, e beneficiando della maggior libertà di azione di Joao Mario e Brozo i quali, intorno alla mezzora, pongono fine allo scempio confezionando il raddoppio: ottimo il portoghese a farsi 40 metri resistendo al pressing avversario, e servendo Ayeye in piena area per il facile rigore in movimento che mette tutti tranquilli.

Tutti contenti quindi? No, manco pe’gnente (non so se si era capito).

Sono incainato come pochi, e non perchè si sia giocato dimmerda. Quella non è una novità e sai chemmefrega. Mi giran le balle per quel che dicevo all’inizio: siamo in uno stato catatonico, abbiamo la solidità di un budino, abbiamo una mezza dozzina di cadaveri ambulanti da tumulare nel mercato di gennaio, e il nostro ha la pensata di sparigliare tutto e riproporre gente che non gioca da mesi… Continuiamo così, facciamoci del male, diceva un saccente e sopravvalutato regista.

Pioli, che pur mi sta simpatico e mi pare una brava persona, riesce anche a farmi recriminare su un punto su cui finora l’avevo difeso: Gabigol.

E’ pacifico che il budino di cui sopra sia la base meno adatta per inserire un giovane di belle speranze, che ha tutto da perdere e nulla da guadagnare nell’entrare in un’accozzaglia di craniolesi quale la nostra.

Però, mannaggia la pupazza, se non lo fai entrare nemmeno sul 2-0 di una partita che a quel punto è finita, ‘sto qua quando mai lo vedremo in campo?

Poco male, ci pensa la solerte stampa a menare il torrone e proporre la soluzione.

LE ALTRE

La Juve vince il Derby da Juve e cioè soffrendo, con un po’ di culo ma con tanta grinta e la sicurezza nei propri mezzi, mentre il Napoli ne fa 5 a un Cagliari incredulo di fronte a tanta potenza di fuoco.

La Lazio continua a vincere, mentre la Viola regola 2-1 il Sasssuolo nostro prossimo avversario. Insomma, vinciamo ma non guadagniamo granchè in classifica.

Il Milan, e non sapete quanto mi sanguinino le dita a scriverlo, fa una signora partita contro la Roma, pur sbagliando un rigore e finendo per perderla. Montella mi sta sul piloro per la falsa modestia contrapposta all’intima convinzione di essere un guru (maffanguru!), ma sta tirando fuori il massimo da un nugolo di buoni giocatori, senza però l’ombra di un campione (chiedere a Locatelli e Donnarumma sul gol di Nainggolan, ma questo non lo dirà nessuno chè sono giuovani e itaGliani).

Basta complimenti: la Roma è seconda, a quattro dalla Juve che la ospiterà alla prossima. A noi “buoni”, e cioè non juventini, servirebbe il colpaccio capitolino contro la Vecchia Signora, ma anche lì… i gobbi resterebbero comunque a +1 e non me li vedo a subire l’eventuale contraccolpo psicologico.

Però, una cosa alla volta. Daje.

E’ COMPLOTTO

Ecco inflessibili i censori del mondo nerazzurro: nulla da obiettare sulla critica ai nostri dopo la partita appena descritta. Sono io il primo a evidenziare i difetti concettuali prima ancora che calcistici dell’Inter. Curioso però che le stesse penne che fino a domenica pomeriggio scrivevano con la carta carbone “conta solo vincere, servono solo i tre punti“, dalle 22.30 della domenica sera hanno messo su il disco del “risultato bugiardo, che non nasconde i difetti dell’Inter“. Siamo alle solite, e infatti lo segnalo solo per dovere di cronaca.

 Il “caso Gabigol” ci terrà compagnia da qui alla fine del mercato di Gennaio, e già mi sono espresso sulla gestione cervellotica del ragazzo da parte della Società. È ancora lontano il tempo in cui l’Inter riuscirà a dominare e non a subire una notizia, anticipando le critiche e confezionando una risposta ad una domanda non ancora formulata. Qualcosa del tipo: “sappiamo che c’è ‘sto ragazzo che abbiamo pagato tanto e che non ha ancora giocato: non ci rompete i coglioni, lasciatelo in pace e fateci lavorare“. Poi da lì puoi comunque sbagliare, ma almeno non aspetti di farti processare da tutti i sapientoni schierati tipo plotone di esecuzione.

Ma che ve lo dico a fare…

WEST HAM

Buon pareggio a Liverpool contro i Reds che vanno avanti subito.

(We’ve got) Payet pareggia su punizia da par suo, poi andiamo addirittura in vantaggio ma ci pensa il nostro portiere Randolph a paperare per il 2-2 finale.

Could be worse.

img_0007

IO ABITO TRA LORETO E TURRO

INTER-JUVENTUS 2-1

Il titolo è cambiato in corsa, visto che inizialmente avrei voluto rendere omaggio al me stesso adolescente e crooner, impegnato a strimpellare Against all Odds di Phil Collins con ilmauri (rigorosamente tuttoattaccato, altresì detto ilmaurling per gli amici).

Take a look at me now, avrebbe potuto dire l’Inter citando la romantica canzonetta al 99′ di ieri sera, con la maglia giusta, la formazione giusta e la cazzimma giusta e a soli tre giorni dallo scempio visto in coppa.

Poi però ho pensato che sono un cazzaro, e che non riesco fino in fondo a sposare la massima di Oscar Wilde “Mai discutere con un idiota, ti trascina al suo livello e ti batte con l’esperienza“.

Ho quindi pensato di citare altro tipo di classici per rispondere a uno dei tanti titoli simpatttici visti nell’ultimo mese, rendendo pan per focaccia, a patto di sapere il seguito della citazione del titolo…

Ad ogni modo, l’Inter batte meritatamente la Juve per 2-1 giocando meglio dei gobbi e meglio di quanto fatto in tutto questo inizio stagione. (non che ci volesse molto…).

Con due terzini degni di tale nome, la squadra sulla carta non sarebbe nemmeno troppo inferiore ai gobbi, ma pure con i due migliorabili talenti italici di fascia, la gagliarda compagine nerazzurra se la gioca a viso aperto. Bravi Joao Mario e Banega ad alternarsi come geometri di centrocampo, con l’ulteriore benefico effetto di far risaltare la splendida pars destruens del Pitbull Medel, che finalmente può dedicarsi a proteggere la propria metacampo e pressare qualsiasi essere semovente, senza dover nel contempo pensare a cucire giUoco e pennellare lanci di 40 metri (se solo ne fosse capace…). C’è un cazzo da fare, per me il cileno è imprescindibile, sono gli altri intorno a lui che devono fare il resto. E stavolta l’han fatto alla grande.

Volendo azzardare un riassunto dei due tempi, il primo vede un paio occasioni a testa, curiosamente divise tra loro in due botta e risposta a cavallo della mezzora.

Insolito l’errore di Khedira, forse troppo solo e fermo quando colpisce di testa, servendo di fatto Handanovic con un retropassaggio. Esemplare Icardi nell’azione che porta al palo dopo destro a voragine: non solo il tiro mi ha visto gridare al gol saltando sul divano in sincrono con Panchito stile Aldo e Giovanni nell’iconica immagine passata alla storia, ma la tenacia e la forza fisica con cui ha conteso e strappato il pallone a Chiellini -non proprio Ranocchia…- mi ha fatto davvero strabuzzare gli occhi.

L’intervallo ci raggiunge quasi increduli, talmente consci dei nostri limiti da essere esterrefatti nel vederci ancora in parità. Epperò, “esaminandomi bene bene” (cit.) il pari è giusto se non addirittura stretto.

Di più: la ripresa ricomincia da dove si era finito. Poche le azioni chiare, splendida l’azione che porta al bellissimo destro al volo di Candreva servito da Icardi che esce di pochi cm. Sono talmente inebriato da tanta decenza che non penso nemmeno quel che avrei pensato in condizioni normali e cioè “cazzo dovevamo segnare, questi adesso ce la mettono inder posto“.

Cosa che puntualmente accade poco dopo: D’Ambrosio è lodevole nel pressare due o tre avversari sulla sua fascia. Peccato però che nessuno lo aiuti, e che il terzo gobbo (Alex Sandro) faccia un discreto numerillo per saltarlo e mettere boccia tesa in mezzo all’area. Santon, guarda caso, dorme e Lichtsteiner può piazzare palla in buca.

Nemmeno il tempo per attingere al serbatoio delle Madonne e dei rimugini che i nostri si rimettono in carreggiata. Ecco il corner di Banega battuto come-cazzo-si-deve (teso, alto ma non troppo, dalle parti del dischetto del rigore). Ecco Icardi svettare tra Bonucci e Mandzukic (“non dico proprio il primo della lista, ma neanche l’ultimo degli stronzi“) e bucare Buffon per l’1-1. Grande, grandissimo l’argentino: onestamente non mi era mai parso così forte fisicamente nè così bravo di testa. Invece, tra Pescara e Juve ha piazzato due capocciate degne di uno dei miei personali best ever sentimentali.

Il rampollo di casa, ritrovato un certo contegno al pari del padre, mi fa “ma stasera pareggiare è come una vittoria?“: il ragazzetto è sveglio, e la dura vita da tifoso nerazzurro l’ha già reso avvezzo a godere di gioie effimere e ad assaporare piccoli piaceri consolatori. Non riesco quindi a mentirgli dicendo “ma no, adesso andiamo a vincere!!” come forse dovrei, e mi limito a confermare la sua tesi. “Sì Pancho, con quest’Inter, contro questa Juve, sì“.

La Dea Eupalla punisce invece il mio eccessivo realismo, regalando a noi tutti un sesquipedale errore di Asamoah che libera inopinatamene Candreva sul vertice dell’area. Bello il tocco per Icardi che se l’allunga un po’ troppo ma è comunque bravo a tenere palla viva: Buffon nel frattempo è uscito e quindi la porta è vuota. L’esterno destro di Maurito è un cross da manuale per la testa di Perisic che sovrasta Barzaglione e deposita a fil di palo il 2-1.

E’ delirio sul divano e tutto intorno, padre e figlio gridano come forsennati con la moglie del primo e madre del secondo a lanciare uno sguardo di biasimo benevolo, o forse solo rassegnato.

Entra Higuain, manca poco, una sua conclusione esce di poco, e Pancho mi dice “Pà non ce la faccio a guardare, ho troppa paura“, ma stavolta gonfio il petto di coraggio e orgoglio incosciente citando il Presidente Pertini dopo il 3-0 di Altobelli al Bernabeu: “Non ci prendono più, non ci prendono più!“.

Così è infatti, e De Boer scappa negli spogliatoi a gustarsi la sua vendetta, lasciando il campo e il palco alla sua orchestra, finalmente capace di suonare insieme un rock solido e ritmato.

Il finale sarebbe stato perfetto con un’inquadratura della moderna triade Agnelli-Marotta-Nedved al fischio finale, ma sono una persona che si accontenta di poco, e va bene così.

LE ALTRE

Il Napoli balza in testa al Campionato, dimostrando come si possa uscire rinforzati dalla campagna acquisti pur avendo venduto un centravanti da 36 gol a stagione. Milik non sarà un fenomeno ma segna quanto Icardi, e in più permette agli ottimi Insigne, Callejon e Mertens di giocare un po’ di più da solisti e un po’ meno da spalla del centravanti di turno. La Roma paga a Firenze un po’ del culo avuto nelle prime giornate, perdendo per 1-0 con un gol molto discusso e poco dopo aver colpito un palo con Nainggolan. Come noi stanno a 7 punti, a una distanza dai cugini che battono la Samp nel finale dopo aver rischiato di perderla prima (vedi gol annullato a Muriel) e di vincerla poi (vedi quasi rigore in area blucerchiata).

E’ COMPLOTTO

Avendo contravvenuto al proposito di non scrivere di Europa League, non posso rimestare nel pentolone della “vergogna” e di tutto il rispetto (cioè nulla) nutrito dalla stampa verso l’Inter e il suo allenatore.

Devo ammettere che, nei suoi anni nerazzurri, Mancini aveva fatto molto affinchè non si palesassero i suoi amici nei vari giornali, ma ora che è fuori dai giochi le sue vedove hanno fatto partire un tiro incrociato su De Boer che -come detto- ha davvero pochi precedenti in Italia.

Sintomatico il fatto che il quotidiano sportivo di Torino riesca a dare la notizia della sconfitta della Juve quasi senza nemmeno citare l’avversario che l’ha battuta, limitando il suo racconto alle colpe di Allegri e alla scarsa vena dei giocatori in campo.

Poco meglio ha fatto la Gazzetta, se pensiamo che Alessandra Bocci, nell’edizione cartacea odierna, impiega ben 30 righe per iniziare ad attribuire i giusti meriti a Icardi, dilungandosi prima in critiche poco velate sull’estate passata, sulla piscina con vista sullo stadio, su WandaNara che fa i tweet, sul cane e sul nome del cane, sul cellulare d’oro e forse anche sulla fiatella all’aglio di uno dei figli…

Vedere per credere:

20160919_135647

Insomma, quando non è crisi bisogna comunque trovare un caso. Peccato che Brozovic sia stato messo fuori rosa dalla società, compatta e severa nel proteggere l’allenatore e la squadra isolando il reprobo Brozo… In altre epoche ne sarebbe uscita una mezza paginetta simpatttica  e una gallery con Vieri e Di Biagio che lasciano il ritiro, Adriano che dorme ubriaco sui lettini dei massaggiatori e Luis Figo che mette sotto i gatti neri.

E invece, sti cazzo di cinesi fan le cose per bene…

Ah no, il merito è ovviamente “degli italiani”, visto che ho sentito dire anche questa: “i nerazzurri, finalmente con quattro italiani in campo, battono la Juve” (Radio Capital, giornale delle 8.00 del mattino). Peccato che anche nel giovedì di quaresima contro l’Hapoel gli italiani in campo fossero quattro. Peccato che ieri sera le uniche due insufficienze tra i nostri le abbiano prese D’Ambrosio e Santon. E non perchè sono italiani.

Perchè sono scarsi. As simple as that.

Resta poco per la stampa a ‘sto giro, solo gufarla un po’ (vero Ilaria?) dando appuntamento a Empoli per il turno di settimanale, “perchè è quella che sarà la partita della verità!“.

Come dire che battere la Juve va beh, ma adesso vediamo di darci un taglio, mica è successo niente!

WEST HAM

Qui andiamo malissimo: ne prendiamo 4 anche contro il West Brom ed entriamo con due piedi nella boascia della zona retrocessione.

Ah: Zaza hanno iniziato a percularlo pure da quelle parti...

PS: Come chicca conclusiva, un finale circolare: abbiamo iniziato con citazione aulica, finiamo con i grandi classici: “Non erano i fari di una macchina che chiedeva strada…

ivan-il-terribile-32

Giuro che appena ho visto il minuto ho iniziato a ridere ancor di più…

TANTO PER NON PERDERE L’ABITUDINE

 Certe cose non vanno mai in vacanza, nemmeno a campionato fermo.

Ecco quindi un breve (ma nemmeno troppo) compendio degli scempi mediatici letti e ascoltati negli ultimi tempi.

E’ COMPLOTTO – SPECIALE EURO 2016

Inizio con un godibilissimo quanto velleitario piacere: vedere Quaresma sfanculare Rizzoli. Abbiamo dovuto attendere 7 anni per tributare il primo convinto applauso al Trivela!

Questo perchè -sarebbe inutile negarlo- Quaresma da noi è stato un pacco vero e proprio e di applausi ne ha ricevuti giusto il giorno in cui se n’è andato. Dopo il gol-qualificazione con la Croazia però si è voluto strafare, come al solito: la direttiva è stata “l’hanno pagato 30 milioni“, mentre ci avevano sempre detto 18+ilgiovanePelè per un totale di 24.

Però diciamo “30 milioni sull’unghia” che fa più figo e l’Inter fa ancor di più la figura dei fessi.

E’ COMPLOTTO – SPECIALE COPA AMERICA

Passando dall’Europa alla Copa America, debbo ancora una volta i giusti crediti all’amico Sergio, ormai preoccupantemente contagiato dalla sindrome di accerchiamento: la segnalazione riguarda la sempre simpatica (con l’Inter) Repubblica che, descrivendo le fasi salienti della finale vinta dal Cile contro l’Argentina, si premura di farci sapere che “L’Interista Medel perde palla” lanciando pericolosamente Higuain verso la porta.

Tutto vero, non c’è che dire. Nessuno però segnala che, sull’erroraccio del Pipita (in questo caso non “Il napoletano Higuain”), l’interista Medel sarebbe comunque stato in grado di respingere rimediando alla cazzata fatta con una corsa che si è tragicomicamente conclusa sul palo.

Sintomatico invece che nello stesso pezzo a firma Nicola Sellitti l’errore di Vidal nella lotteria dei rigori sia considerata ovviamente “ininfluente” e che anzi il cileno sia definito testualmente il “terremoto emotivo della Roja“.

Per chi non lo ricordasse Vidal è un ex-Juve: a volte guarda il caso…

E’ COMPLOTTO – SPECIALE I CAZZI DI CASA NOSTRA

Passando alle nostre latitudini, tocca addirittura plaudere all’amor proprio di Brocchi che, stanco di attendere Godot o chi per lui, con uno scatto di orgoglio ha l’ardire di scrivere una bella letterina di dimissioni all’amatissimo Presidente. Oltre ad avere nemici in casa, a non avere voce in capitolo sui possibili acquisti, ed essere messo lì ad aspettare che i pezzi grossi abbiano tempo anche per lui, il ragazzo se ne va perchè non è stato informato dell’acquisto di Lapadula, pure da lui richiesto e prontamente già intonato alla musichetta aziendale, visto il subitaneo ringraziamento al “Dottorgalliani“. Ma andiamo avanti con la squadra dell’Amore e con l’immancabile Mister X come da tradizione Gallianese.

E il Mister X non ha tardato a palesarsi: ecco arrivare al Milan Vincenzo Montella, già cercato due anni fa da Galliani senza successo e in arrivo adesso quale quinto allenatore in altrettante stagioni. Fatta la doverosa presa per il culo ai cugini per un comunicato in cui riescono a inserire il loro mantra “proposta di gioco“, è indicativa la scala di priorità data dalla Gazzetta alle questioni milanesi di questi giorni.

Come al solito, vedere per credere:

gazza_prima_pagina_29 giu 2016

Evidentemente l’ennesimo allenatore della ennesima riscossa rossonera è più importante dell’arrivo di Suning a capo dell’Inter. Ci voleva molto a invertire la posizione dei due titoli?

Evidentemente sì, se ti chiami Inter…

E’ COMPLOTTO – SPECIALE SETTORE GIOVANILE (TARGATO TRAVAGLIATO cit.)

La Gazza di settimana scorsa presenta la finale del campionato Giovanissimi tra Roma e Atalanta titolando (vado a memoria ma non troppo) “Ecco i due vivai migliori di Italia“.

Perdendo 5 minuti (non di più) su Wikipedia, direi che l’affermazione è quantomeno opinabile:

Settore giovanile Roma Atalanta Inter

Oltretutto la stessa Gazza, nell’articolo, descrive la portata “storica” dell’evento, specificando che la vincente della finale (è poi stata l’Atalanta) avrebbe eguagliato l’Inter del 2012, capace di vincere nello stesso anno due dei Campionati del Settore Giovanile: nel nostro caso erano stati Giovanissimi e Primavera, oltre al simpatico gingillo della Next Gen Series.

Ma come vedremo tra poco, quel gingillo è stato del tutto inutile per i maestri pensatori del calcio italico.

Prima di addentrarci nel Nextgen-gate, solo poche righe per fare i sentiti complimenti all’Atalanta per il doppio successo, e chiarire con la consueta schiettezza e sincerità orobica quale sia il loro pensiero sulla situazione dei potenziali giovani calciatori nella odierna società:

Oggi nelle rose dell’Atalanta ci sono anche ragazzi “stranieri”: “Il tessuto sociale mondiale è cambiato, ci sono tanti figli di immigrati che fanno parte della società e l’Italia deve essere brava ad adattarsi. L’integrazione sociale ha fatto la fortuna di Paesi come Belgio e Francia e per me è un fenomeno positivo”.

Quindi il succo è: brava Atalanta che fai giocare anche i figli di immigrati.

L’Inter invece è una vergogna perchè ci ha i negri in squadra.

Ma arriviamo alla ciliegina alla merda, che purtroppo non posso linkare, essendo comparsa a firma Alberto Cerruti sulla rubrica di risposte ai lettori, e come tale visibile solo sull’edizione cartacea, mi pare di Martedì 28.

Che ve devo dì: se non vi fidate andatevela a cercare, vedrete che non sto delirando (non più del solito almeno…)

Il prode Cerruti loda giustamente Fabio Grosso per aver deciso di restare alla guida della Primavera juventina anziché lasciarsi tentare dall’avventura in Serie A. Fin qui nulla da dire. Ma, ancora, siccome così la notizia non aveva abbastanza “ciccia”, ecco il colpo da manuale.

Con i giovani ci vuole pazienza -prosegue Cerruti- un Mister non allena i ragazzi per fare carriera: meglio arrivare secondi come Grosso che vincere la Next Gen come Stramaccioni con una squadra che poi non ha prodotto nessuno e con un allenatore che si è bruciato.

Si vede che Duncan, Mbaye, Longo, Benassi, Crisetig e Livaja me li ricordo solo io.

COSA CI ASPETTAVAMO

INTER-CARPI 1-1

Un tifoso normale -per quanto un tifoso possa essere definito normale- vede nella sua squadra una sorta di guida, di faro nella notte, di atollo di salvataggio cui aggrapparsi nel periglioso mare della vita.

E’ vero, è una visione dell’esistenza un po’ triste  quella che delega a 11 giovanotti in braghe corte la felicità e la realizzazione di una persona.

Gente brava a scrivere su questo concetto ci ha scritto un libro di discreto successo, poi diventato un film di cassetta, arrivando a chiedersi retoricamente se “la vita è una merda perchè l’Arsenal fa schifo o viceversa“.

Nel dubbio, noi interisti non corriamo nemmeno questo rischio, chè lo sappiamo di essere diversi da tutti gli altri. I nostri non sono eroi in braghette, bensì malati mentali ormai irrecuperabili, ai quali tuttavia non riusciamo a non voler bene.

Forse riconosciamo in loro i nostri stessi deficit cerebrali, e il cerchio si chiude…

Vedere il portiere avversario (ovviamente cresciuto nel nostro settore giovanile) fare due parate in due secondi come il miglior Handanovic, assistere attoniti al nostro centravanti che entra in area di rigore palla al piede e non trova nemmeno il modo di tirare in porta, prendere atto del fatto che la superiorità numerica non dà alcun vantaggio ai nostri uomini… Tutte queste sono spie fin troppo evidenti che il cetriolo è in agguato.

E quando gira, sappiamo purtroppo dove va a finire

Quando poi, come già detto più o meno in diretta su un popolare social network, entra uno che si chiama Kevin Lasagna e non ha mai segnato in Serie A, cosa cazzo volete che succeda?

Pigliamo gol al 93′ in contropiede con l’uomo in più.

Nemmeno Zeman che si fa di acido a dosi equine…

Pagherò un’ideale multa di centolicchielire per ogni volta in cui ho ribadito l’importanza di avere giocatori intelligenti in campo. Possiamo discutere sull’opportunità del Mancio di fare i nomi dei colpevoli di questo pareggio, puntando il dito su Icardi e su Ljajic che in pieno recupero non cerca la bandierina ma punta l’area avversaria perdendo palla: nessuno però ha dubbi sul fatto che abbia detto la sacrosanta verità.

Ma minchia ragazzi…

Fingendo un’analisi della partita, il Mister decide di far riposare il diffidato Miranda affiancando Juan Jesus a Murillo. L’idea è rischiosa -e facendo i faciloni risulta fatale, essendo JJ a non chiudere sul goleador farinaceo- ma di principio condivisibile, ritenendo (a torto?) l’attacco carpigiano meno pericoloso di quello dei cugini rossoneri.

Ad ogni buon conto, il 25 brasiliano -uno dei pochi intelligenti, per ricollegarmi al ragionamento di cui sopra- entra comunque nella ripresa, a comporre un terzetto di centrali e mostrarci una mezz’ora di 3-5-2 di Mazzarriana memoria (ma non diciamolo a nessuno…).

Sui lati, Telles nel primo tempo è discreto sulla sinistra, con Perisic a farsi tutta la fascia nella ripresa con analogo rendimento, mentre sulla destra Montoya e Nagatiello fanno a gara a farsi rimpiangere l’un l’altro. Una sciagura di insicurezza il primo, tante volte libero di scendere avido di gloria e quasi mai all’altezza della situazione, confusionario e ingenuo ai massimi livelli il giapponese, specie per come abbocca alla finta di Di Gaudio nella fatale ripartenza che porta al pari.

Melo rientra senza troppi errori -in questo caso la diffida e rischio squalifica funziona, limitando gli interventi a pen di segugio- mentre Brozovic è troppo intermittente nelle sue giocate.

Davanti, Palacio ha la fortuna di segnare sostanzialmente a porta vuota, ma a parte questo fa vedere ai vari Ljajic, Icardi e Jovetic come si deve muovere un attaccante moderno.

Maurito si piglia una giornata di ferie, dato che -come detto- non tira nemmeno quando è davanti al portiere, mentre Ljajic (e Jovetic per i pochi minuti giocati) sono un monumento all’incostanza e la mancanza di grinta.

E’ evidente che avremmo potuto portarla a casa facendo solo un poco più di attenzione nei minuti finali. E’ però altrettanto palese che il problema vada oltre l’infilata presa in pieno recupero, e si spinga alle ultime 5 partite, nelle quali, indipendentemente dal risultato, abbiamo perso quella feroce concentrazione e quella -conseguente- impenetrabilità difensiva che ci avevano portato in testa alla classifica.

ANALIZZATE CRITICAMENTE… 

Eh sì, perchè nessuno si è mai sognato di paragonare il nostro organico a quello di Juve, Napoli e pure Roma. Se giochiamo a figu e confrontiamo le rose a disposizione, la nostra -il nostro centrocampo in particolare- soccombe al confronto con le altre.

Detto ciò, abbiamo dato prova della possibilità di giocarcela alla pari, a patto di compensare il gap di classe con un surplus di testosterone e fosforo.

Hai detto niente, mi direte… e vi do pure ragione.

Fatto sta che per un quadrimestre (non per due partite) ci siamo fatti bastare l’efficienza toyotista del nostro attacco e la serratura a quadrupla mandata della nostra difesa, inframmezzati dalla splendida ignoranza di Medel & Co.

Come detto svariate volte, e come alfine notato anche da Zio, Vialli, Boban e gli altri del Club, l’Inter non ha mai cercato un regista, nè tantomeno lo cerca adesso. Segno che quella del Mancio è una precisa scelta -condivisibile o meno: lui vuole arrivare in porta in altro modo (quale? non chiedetelo a me…).

Quel che vuole sono palle quadre in difesa e genio (nella letterale accezione amicimiei del termine) in attacco. Il che vuol dire fare velocemente le cose semplici e funzionali per andare in porta: una roba tipo Lasagna, per dire…

E’ chiaro che se togli le due succitate virtù (difesa bunker + attacco killer), ti rimangono le quaranta (quaranta!) palle perse ad ogni partita e causate da fondamentali migliorabili e staticità in campo, le rimesse laterali regalate agli avversari -nei secoli fedeli, verrebbe da dire…- e quella sostanziale sensazione di “caghiamocisotto” ogniqualvolta il nostro avversario azzecca tre passaggi in verticale.

Ribadisco: l’ultima cosa da fare in questo momento è criticare Mancini, visto che è lo stesso allenatore che veniva osannato da noi interisti fino a Natale. Fa bene a incazzarsi, anche coi singoli secondo me, fa bene a provocare dicendo che certi gol li avrebbe segnati anche a 50 anni (purtroppo non ho dubbi a riguardo…), fa bene a esigere una reazione che per prima cosa deve essere di uomini e solo poi dei calciatori.

Al solito, tempo per riflettere non ce n’è, visto che nella prossima settimana affronteremo Juve e Milan. I verdetti non tarderanno ad arrivare.

LE ALTRE

La Juve infila l’undicesima vittoria di fila, battendo 1-0 la Roma e facendo vedere cosa voglia dire il concetto di consapevolezza dei propri mezzi applicata al calcio: non fa una gran partita, ma trasmette -prima di tutto a se stessa-la sensazione che prima o poi la butterà dentro. Dybala fa un gran gol, e fatto quello la Roma non va nemmeno vicina a rischiare di pareggiare.

Se non li odiassi così tanto arriverei quasi a battergli le mani: poi l’inquadratura si sposta sulla tribuna e posso lasciarmi andare ai più che salutari insulti agli interessati e ai congiunti più o meno prossimi.

Il Napoli dal canto suo marcia altrettanto bene, vincendo in casa Samp e mantenendo la testa solitaria della classifica, con Higuain a timbrare il 21° centro in altrettante partite e i compagni di attacco a fare da degna spalla.

I cugini fanno due gol in perfetto stile-Milan (leggasi uno in leggero fuorigioco e l’altro dopo rimpallo de fazza che diventa assist più che involontario, ma loro propongono giUoco) ma si fanno rimontare entrambe le volte da un voglioso Empoli.

La Viola non ha problemi a regolare il Toro e ci affianca al terzo posto.

E’ COMPLOTTO

Non vi ammorberò sull’improvvida uscita di Sarri post Coppa Italia, nè sul can can che ne è seguito. Dico solo che, da esegeta della parolaccia, ho applaudito Vialli ieri sera che, tagliando la testa al toro, commentava l’altrettanto nefasta uscita di De Rossi in direzione Mandzukic (“stai muto zingaro di merda“), chiedendosi retoricamente “ma non ci sono più i begli insulti di una volta? Stronzo, ad esempio…“.

Il manifesto programmatico potrebbe essere:

Più madri e sorelle, meno razze e preferenze sessuali.

Per il resto non c’è granchè da segnalare, se non che alle giuste reprimende agli interisti (capaci di perdere 4 punti nei minuti di recupero delle ultime 3 esibizioni in casa) si aggiunge il solito saccente richiamo alla mancanza di italianità dei nerazzurri.

Che cazzo c’entra? se li avessero segnati un inglese un francese e un tedesco la barzelletta avrebbe fatto meno ridere?

Ho la decenza di non lamentarmi per il rigore non fischiato su Icardi nel primo tempo, ennesima dimostrazione dell’assoluta inutilità degli assistenti di porta. Per essere bipartisan faccio presente che analoga figura da cioccolataio la fa l’assistente di linea di Empoli-Milan, che non segnala il truffaldino “mani” di Mario Rui su cross del milanista.

Ma, come si dice, è il bello del calcio.

WEST HAM

Diciamo la verità: rischiamo seriamente di vincerla col City, dopo averli già purgati all’andata a casa loro. A Valencia risponde due volte il Kun Aguero, prima che Kouyaté all’ultimo secondo non centri la traversa con quel che sembra il colpo di testa risolutivo.

Fortune’s always hiding…

int car 2015 2016

Almeno s’è sbloccato Palacio (va beh se poi penso a quello che si è mangiato nella ripresa…)

CHE CE FREGA DELLO SCUDO (NOI C’AVEMO ER QUINTO POSTO)

INTER-LAZIO 4-1

Difficile concentrarsi sulla partita, in una serata che segna l’addio al calcio del nostro Capitano.

Ci provo.

Mazzarri replica la formazione del Derby, col solo innesto obbligato di Kuzmanovic per lo squalificato Cambiasso. A ulteriore e non richiesta conferma di quanto l’aspetto mentale sia determinante nel calcio odierno, gli stessi uomini rifilano 4 gol ad una Lazio ampiamente rimaneggiata, e ciononostante per nulla inferiore al Milan di questi tempi.

Oddio, non ci facciamo mancare niente, e mi ci metto anch’io: dopo meno di due minuti ho l’infausta idea di dire a Panchito “mettiamo il commento di Scarpini?” giusto in tempo per vedere il laziale Cana liberissimissimo di colpire di testa e incocciare sulla caviglia di Biava per il più beffardo degli 0-1. Mi maledico da solo per aver sfidato la malasorte, nonostante gli infausti precedenti di poche settimane fa, e mi accingo alla cena con amici per loro fortuna immuni dal virus calcistico.

Simulo indifferenza sentenziando “abbiam già preso un gol” ma dentro di me bestemmio come un portuale. Lascio comunque il pargolo come sentinella, sperando di vederlo agitarsi come un satanasso, e per fortuna il rampollo mi corre incontro quasi subito, annunciando il subitaneo pareggio del Trenza. La cena prosegue quindi con un occhio e un orecchio allo schermo e il resto ai commensali i qualil, scopro inorridito, stanno pascendosi di asparagi.

Chi mi conosce sa della mia idiosincrasia per le verdure (combatto una personale battaglia contro tutti gli asseriti benefici di questa robaccia verdognola millantati da schiere di nutrizionisti, e riuscirò anche qui a scoprire il complotto!); tuttavia, la superstizione ha la meglio sulle preferenze alimentari e accetto di assaggiare un pezzo del suddetto asparago (“oh, piccolo eh!”). La mia mente malata ha già fatto suo l’assioma da cattolico di quarta categoria mangia-asparago-che-il-buon-Dio-ti-premia-e-segna-l’Inter e, puntuale come un treno svizzero, il sorriso sdentato di Panchito fa capolino un secondo dopo aver sentito Scarpini esibirsi nel sincopato “ègolègolègol!“.

Il replay mi fa gustare l’assist di Kovacic, graditissima fotocopia di quanto avvenuto in occasione del pareggio, e il bel diagonale di Icardi. Faccio appena in tempo a gridare alla gufata (e quindi al complotto) quando vedo campeggiare un erroneo 3-1 in alto a sinistra del teleschermo, quand’ecco che la gufata si tramuta in un azzeccatissimo vaticinio: il terzo fischione arriva pochi minuti dopo, ancora con Palacio bravo a girare un cross di Nagatomo sporcato dalla difesa laziale.

Termino di cenare più tranquillo, attendendo la ripresa e il paseo de honor per il Capitano, a cui assisteranno anche gli agnostici amici di cui sopra, a testimoniare dell’eccezionalità dell’evento.

La ripresa è inevitabilmente distratta dall’ingresso di Pupi, che nei 40 minuti giocati dimostra di essere fisicamente ancora all’altezza, regalandoci quattro o cinque sgroppate come ai bei tempi. Poco dopo è il momento di Milito, che subentra al posto di un immenso Palacio (17 gol in una squadra di risicata decenza): ovazione strameritata anche al Principe, anche se il suo crepuscolo è decisamente più accentuato rispetto a quello del Capitano. Handanovic sacramenta in sloveno stretto contro i compagni che lo obbligano a un superlavoro anche in una serata che ai più pare già scritta, e per fortuna Hernanes chiude i giochi con il più che classico gol dell’ex, spendendo a fil di palo un bel sinistro a giro.

La vittoria, corroborata dagli altri risultati del penultimo turno, ci dà la matematica certezza di quel quinto posto che tutti ora dicono essere sempre stato unico obiettivo stagionale. Faccio finta di crederci, pur rimanendo dell’idea che il quarto posto fosse ampiamente alla nostra portata. Bravissima la Fiorentina a raggiungerlo con Rossi e Gomez a meno di mezzo servizio, ma polli noi a non approfittare delle tante occasioni per superarli. Il tutto pur avendoli battuti sia a Milano che a Firenze!

Sorvolo per amore della vostra glicemia sulla festa e la giusta celebrazione del Capitano e mi concentro per un attimo sul Mister, visto che il teatrino del “Mazzarri sì Mazzarri no” è in pieno svolgimento.

 

I’ MISTE’ (da leggersi con spiccato accento toscano)

Non ripeterò per l’ennesima volta il concetto (per me sacrosanto) per cui non è l’allenatore il problema dell’Inter.

Mi scopro concorde con Sconcerti (capita anche questo…) quando dice che non servono allenatori nuovi, ma soldi per comprare giocatori migliori.

Triste ma vero.

Aggiunge, e anche qui sono purtroppo d’accordo, che tutti giustamente plaudiamo alla splendida eccezione dell’Atletico Madrid del Cholo Simeone, ma che alla fine la Premier l’ha vinta il City degli sceicchi, e che il disastrato Barça di quest’anno può ancora beffare i colchoneros nello scontro diretto di settimana prossima.

Insomma, pur non amando particolarmente Mazzarri, cambiare allenatore vorrebbe dire cominciare da zero per l’ennesima volta e buttar via il poco o tanto fatto quest’anno.

Volete la mia? Teniamo Mazzarri per l’anno prossimo, con rinnovo automatico se centra il terzo posto. Per il resto, il prossimo allenatore dei nostri spero arrivi tra due o tre anni ed abbia la crapa lustra di Esteban Cambiasso. Lui è il vero cervello dell’Inter degli ultimi 10 anni, lui è secondo me -di tutti i Tripletisti– quello che ha le qualità migliori per avere successo una volta appese le scarpe al chiodo.

Per la prossima stagione pare che vireremo su una difesa a quattro, e che altri arrivi dalla Premier League potranno far compagnia all’esperto Vidic. Si parla di Evra e di Tom Ince, che dovrei idolatrare essendo figlio di cotanto padre, ma per il quale ho invece sentimenti agrodolci, visto che fu lui la scusa per cui il grande Governatore decise di assecondare la signora Claire e lasciare Milano in un triste pomeriggio d’estate del 1997.

Ah signora Claire: visto che l’asma del ragazzino non era poi così grave? Gioca in Premier League!

 

LE ALTRE

Il Milan si mangia tutto il vantaggio derivante dal Derby, perdendo fuori tempo massimo contro l’Atalanta. Bellissimo e spassosissimo il sinistro a voragine di Brienza, con i cinque minuti di recupero scaduti da una manciata di secondi.

Non mi pare di aver sentito a riguardo le lamentele del Geometra, che in questo di solito è un maestro. Probabilmente, beccato in tribuna a dar del “matto” a Seedorf, non ha voluto soffiare sul fuoco delle polemiche, non presentandosi alle telecamere nel dopogara.

Lo faccio io al suo posto (cosa mi tocca fare…): perchè l’arbitro lascia giocare quando i minuti di recupero scadono? Perchè non si decide una volta per tutte quale delle diverse condotte sia giusta? (fischio al secondo spaccato? Faccio finire l’azione? Faccio giocare finchè la palla non esce?) So che è una questione da poco, e in questo caso sto ancora finendo di ridere visti i protagonisti della vicenda, ma la mia domanda è seria.

Ho ovviamente anche la risposta, prevedibile ma non per questo immotivata: perchè così gli arbitri mantengono la loro fetta di potere, la loro sfera di discrezionalità, con tutto ciò che ne consegue.

Hanno potere, sono importanti, sono teoricamente influenzabili, addirittura corrompibili.

E sì che il tempo effettivo non prevederebbe nemmeno la temutissima moviola in campo. Eppure…

Gettando lo sguardo alle altre squadre, La Juve sbanca anche l’Olimpico giallorosso nella classica partita da 0-0, che però in questa stagione -si spera- irripetibile diventa uno 0-1 con Osvaldo che entra a 10 dalla fine e purga gli ex compagni al 94′.

Conte parla a nuora perchè suocera intenda, e dichiara ai giornali che la squadra così com’è non può vincere in Europa e molto difficilmente può far di meglio in Italia. E’ vero, e egoisticamene spero che la dirigenza bianconera non lo voglia accontentare. Una Juve così com’è, pur con un anno in più, mi pare ancora l’indiziato più serio per il prossimo campionato, mentre una nuova guida tecnica porterebbe quantomeno un giustificabile periodo di assestamento tra i bianconeri, con la speranza che qualcuno riesca ad approfittarne.

Non noi, ovvio. Ma magari Roma e Napoli…

 

E’ COMPLOTTO

Ue’, alla fine la Zanetti Cam l’hanno messa. Non posso dire che l’addio del Capitano non sia stato adeguatamente “coperto” mediaticamente. Penso solo che si sia dovuto arrivare al suo ritiro per celebrare degnamente la grandezza di quest’uomo, sempre escluso dalle frasi fatte degli ultimi anni, del tipo “le ultime bandiere del calcio sono Totti, Maldini e Del Piero“.

Addirittura, dopo 20 anni che è in Italia, buona parte della stampa non riesce nè a scrivere nè a pronunciare correttamente il suo nome: personalmente tiro una Madonna ogni volta che vedo scritto Xavier con la “X” iniziale, e rido imbarazzato quando lo sento chiamare nella stessa maniera, oppure “Giavièr” o addirittura, alla francese “Javié“. Ma questo è lo scotto che si paga ad aver passato anni a non voler vedere la sfida mediatica, a lasciar correre, a sentirsi troppo superiori per rispondere.

Così ti storpiano il nome, ti chiamano prescritto, Jakartone e via dicendo. E tu fai spallucce.

Per fortuna Thohir la pensa diversamente: l’accordo con Infront è l’esempio lampante: la concessionaria di pubblicità puzza di berlusconismo lontano un miglio, e guarda caso è il partner della Lega calcio da anni. Probabilmente per questo, Moratti ha sempre rifiutato accordi con queste persone, legandosi invece a RCS per la gestione del marketing e dei diritti sportivi, spuntando però condizioni nemmeno paragonabili a quelle delle diversamente strisciate, “guarda caso” legate al più attrezzato competitor.

Chiudo la cervellotica spiegazione con un assioma che ho già esposto altre volte:

If you can’t beat them, join them.

E cioè, se non sei in grado di avere vantaggi dalla guerra contro “il sistema”, e quindi -prosaicamente- se non riesci a spuntare da RCS condizioni migliori di quelle offerte da Infront, turati il naso e vai coi “cattivi”, chè tanto come dicono i latini pecunia non “puzzat”!

 

WEST HAM

Ormai salvi, assistiamo come invitati alla festa del City che festeggia il campionato battendoci per 2-0.Il Liverpool del fenomeno Coutinho, inspiegabilmente lasciato andare via dall’Inter e ancor più sorprendentemente escluso dailla convocazione ai Mondiali, alla fine arriva secondo.