DI OPPORTUNITA’ E OPPORTUNISMO

Ecco i miei due centesimi sul pasticciaccio brutto de Ivan Zazzaroni.

Partirò da lontano e lambendo i confini del semplicistico luogo comune, per una volta non “maledetto”: quel che manca più di tutto il resto nel nostro Paese è il senso dell’opportunità.

Come dicevo l’altra sera nella bella serata con gli amici intervenuti alla presentazione del libro, il razzismo ai giorni nostri non lo si trova tanto nei deliri suprematisti fatti e finiti, riassumibili nell’abominio “tu ci hai la pelle nera e quindi sei inferiore“. Certo, gli infami e i trogloditi ci sono sempre stati e sempre ci saranno, ma ragionando a grandi numeri non è questo il tema di giornata.

Quello che l’Italia sta affrontando solo negli ultimi anni è invece una quotidiana e sempre più stretta convivenza con l’altro, in grave ma fisiologico ritardo rispetto a tutti gli altri Paesi europei.

È una convivenza che personalmente reputo sana e salvifica, ma che in ogni caso come ben sappiamo è inevitabile, ed alla quale pochi nascono preparati. Dipende da te, da come sei fatto, da dove e come sei cresciuto e da quanto sei curioso, aperto verso tutto ciò che è “altro” da te.

Francia, Inghilterra, Germania per tanti e non sempre nobili motivi, fin dal dopoguerra hanno avuto società multirazziali ed eterogenee, con annessi problemi di integrazione e convivenza tutt’altro che risolti, ma forse non è un caso che il titolo di ieri abbia sollevato incredulità prima ancora che critiche presso i media stranieri.

Il punto sta proprio qui: l’intento del Corriere dello Sport era discriminatorio? No, non credo proprio. Anzi: l’obiettivo principale era celebrare i due giocatori di Inter e Roma e magari fare anche bella figura mettendo in prima pagina due “diversi”. Lo stesso Zazzaroni lo spiega così, gonfiando il petto per l’ampiezza delle sue vedute: vedete come siamo stati bravi a mettere due neri in prima pagina? Se non lo capite i razzisti siete voi.

Eh certo, come no, siamo all’inversione dell’onere della prova. Faccio il paraculo e se poi non ci caschi m’incazzo. Fin troppo facile il giochino, grazie.

Il passo avanti che a mio parere va fatto è proprio questo: Lukaku e Smalling sono diversi rispetto a cosa? A noi bianchi? Quindi fatemi capire: l’uomo bianco non è più ontologicamente superiore, ma continua ad essere quello che nel mio mestiere si chiama il reference standard, l’unico metro di paragone a cui tutti debbono fare riferimento? Minchia come siamo evoluti…

Venerdì sera avevo ricordato i casi dei “buu” razzisti allo stadio, magari fatti da tifosi di squadre che a loro volta hanno calciatori di colore in rosa, come se questo di per sè escludesse ogni intento razzista. Ricordiamo le parole dell’ultrà veronese “anche noi c’abbiamo il negro in squadra e se gioca bene gli battiamo le mani“.

Nulla di più sbagliato.

Ecco, il parallelo è ardito ma secondo me ci sta: nemmeno chi fa “buu” al Lukaku o al Koulibaly di turno è per forza un suprematista bianco; lo fa proprio per “rompere i coglioni” al giocatore, offenderlo e magari fargli perdere la testa (vedi proprio Koulibaly l’anno scorso in Napoli Inter, espulso per aver polemicamente applaudito l’arbitro esasperato dai cori subiti per tutta la partita).

Però…

C’è un però grande come una casa. Non basta non essere razzisti “old fashion” (o fascion, perdonate il facile gioco di parole) per essere innocenti. Nel mondo di oggi è necessario non avvicinarsi nemmeno all’idea, a costo di sembrare perbenista o eccessivamente formale.

Torniamo al senso dell’opportunità: una battuta scontata come “Black Friday” può strappare un sorriso se fatta al BarSport dal pirla di turno, non se ci fai un titolo su un quotidiano sportivo nazionale. È sempre il solito discorso: non c’è una legge che vieti espressamente di mettersi le dita nel naso (o fare le corna nelle foto istituzionali), semplicemente ci arrivi da solo ed eviti di farlo. Il fatto che Zazzaroni (o chi per lui) non ci arrivi, e anzi si incazzi risentito accusando di razzismo al contrario chi l’ha criticato, è l’ennesima conferma di quanto poco sia compreso il tema in Italia.

Gli ultimissimi esempi arrivano dal calcio femminile: la juventina Aluko, inglese di origini giamaicane, ha concluso la sua esperienza nella Juve, dice di essersi trovata benissimo nel Club, ma non altrettanto bene in città. Scrive testualmente che Torino (non il paesino sperduto nel fondovalle lucano) “sembra essere decenni indietro sul tema integrazione“, aggiungendo di essere “stanca di entrare nei negozi e avere la sensazione che il titolare si aspetti che io rubi qualcosa“.

Utilizzando il tipico understatement inglese – da me apprezzatissimo, ma so di essere di parte – Aluko aggiunge:

On the pitch, we achieved a lot of rapid success: a league title, the domestic cup and the Supercoppa. Off the pitch, I think it is fair to say things have been a little more uneven“.

Mio riassunto in italiano: “Sul campo abbiamo conquistato tanti trofei. Fuori dal campo, possiamo dire che la situazione sia stata un po’ più accidentata”.

E poco dopo torna a puntare il dito sulla scarsa consapevolezza che pervade l’ambiente del calcio (e non solo) sul tema del razzismo (il grassetto l’ho aggiuto io):

“… there is an issue in Italy and in Italian football and it is the response to it that really worries me, from owners and fans in the men’s game who seem to see it as a part of fan culture”.

Mio riassunto in italiano, grassetto compreso: “C’è un tema in Italia e nel calcio italiano, ed è la reazione a questo tema che mi preoccupa di più, dai presidenti ai tifosi del calcio maschile che lo vedono solo come parte della cultura dei tifosi”.

Nelle sere successive a questo fatto ho visto una interessante trasmissione su Sky in cui Fabio Tavelli, Flavio Tranquillo, Paolo Condò e Carolina Morace (insieme ad un’altra avvocata giuslavorista di cui non ricordo il nome) parlavano di calcio femminile in generale, e di questo episodio in particolare. È stata la stessa Morace a dire “signori, qui pensiamo di essere il centro del mondo, ma rispetto agli altri Paesi siamo indietro e di molto“. E si riferiva tanto alla condizione del calcio femminile, quanto alla consapevolezza sul problema razzismo.

In altre parole: troppo spesso in Italia si fa ancora il gioco dell’ “Io non sono razzista, ma…“. Quel “ma” fa tana-libera-tutti e si può continuare ad ignorare il problema fino alla prossima volta.

Concludo con un aneddoto personale. Quand’ero ragazzino ricordo che stavo vedendo un incontro di boxe tra un pugile di colore (che chiameremo Jones) ed uno bianco (che chiameremo Smith), e la sovraimpressione alla tele che doveva far capire “chi fosse chi” recitava:

Jones: blue trunks / Smith: red trunks“. (Per chi non lo sapesse, i “trunks” sono i calzoncini).

Ricordo le risate degli adulti che erano con me: “ma come? uno è bianco e uno è nero… più diversi di così! Che bisogno c’è di differenziarli dal colore delle braghe?

Ecco, aldilà delle battute (sacrosante se fatte tra amici) per me invece è giusto, educato, civile, moderno, intelligente, sensibile e in ultima istanza corretto non discriminare rispetto al colore della pelle. Mai. Anche quando la buona fede è assodata. Anche quando non si vuole minimamente offendere.

C’è uno sketch che gira in Inghilterra sulla BBC (qui il link che trovate sul Tubo): lì come detto si sollazzano sul tema da qualche decennio e sono finalmente arrivati a poterci scherzare, proprio perchè sanno quanto il problema sia delicato e quanto labile sia il confine tra la genuina curiosità del where are you from? e la sgradevole inopportunità del where are you really from? (visto che l’understatement lo so usare pure io?)

Da noi Beppe Grillo quando faceva il comico di mestiere diceva “potremo finalmente dirci un Paese normale quando daremo del “testadic**zo” a un nero non perchè è nero, ma perchè è davvero una testa di c***zo“.

Non potrei essere più d’accordo, ma di strada da fare ce n’è ancora tanta.

Direi tutta. Dire che dobbiamo ancora partire. Direi che è ora.

2 pensieri su “DI OPPORTUNITA’ E OPPORTUNISMO

  1. Devo dire la verità, mi mancano molto i tuoi pistolotti settimanali! Però questa faccenda di Salvo 24 secondo me non te la puoi lasciar sfuggire.. ciao Mario, curiosissimo di leggere il tuo libro!

    • Ciao Giulio e grazie
      il “maestro di tanti” Italo Cucci… davvero vien da dire viva l’ignoranza!

      Chiedo anche a te come agli altri di pazientare ancora un poco e avrò novità.
      A presto.

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