MELIUS ABUNDARE

INTER-BOLOGNA 6-1

La facile citazione dal mio altrimenti migliorabile latinorum mi serve per infiocchettare un’ovvietà degna di Catalano: meglio vincere con tanti gol di scarto che con uno striminzito 1-0.

La considerazione diventa già meno ovvia se arriva dalla mia penna, come noto allergica a qualsiasi retorica di bel giUoco e calcio spettacolo: “se voglio divertirmi vado al circo” per me continua ad essere una massima da sottoscrivere col sangue. Però, dopo le due partite contro Samp e Real, culminate in una ventina di tiri in porta che hanno fruttato un pari e una sconfitta, era importante agire sul morale della truppa, lucidando l’argenteria di casa o, se si preferisce la metafora idraulica, sturando il lavandino e assicurando il giusto afflusso di acqua ed il relativo scarico.

Chiaro che la filosofia del Sciur Ambroeus che sorseggia un grigio-verde di prima mattina gli farà dire “orcodighel l’era mej farne duma dü e tenèss gli alter per duman” (dài che si capisce anche per i diversamente lombardi…), ma da queste parti siamo allergici ai luoghi comuni (maledetti per definizione).

Mi vesto da tènnico per raccontare di un Dumfries che continua ad accumulare prove a suo carico, mostrandosi veloce e potente, bravo a trovare subito Lautaro per l’1-0 e offrire un costante sfogo sulla fascia. Da migliorare quando ripiega sul sinistro per accentrarsi, ma ci sarà tempo e modo.

Sull’altra fascia, Di Marco fa riposare Perisic e dà ragione al Fantallenatore che scrive, piazzando un corner al bacio su cui Skriniar incorna il raddoppio e giocando 90′ di personalità, in attesa di banchi di prova più impegnativi.

Contento per Vecino e per il gol che di fatto chiude la partita già dopo mezz’ora: guardando avanti, è importante che almeno uno tra lui e Vidal siano sempre disponibili per dare alternative al terzo di centrocampo. Tolti gli inamovibili Barella e Brozovic – in gol il primo, insostituibile il secondo – Calhanoglu non offre la continuità necessaria a farne un titolare inamovibile. Stante la cronica fragilità di Sensi e purtroppo la indisponibilità sine die di Eriksen, Inzaghi dovrà utilizzare spesso uno dei due sudamericani come versione discount di Milinkovic-Savic, in modo da assicurare kili e centimetri là dove assist felpati e dribbling ubriacanti non sono disponibili.

La partita di Correa dura troppo poco perché si possa dare un giudizio del suo feeling con il Toro: c’è da sperare che la botta al fianco che lo costringe a uscire si riassorba presto, visto che Dzeko non ha goduto del giorno di ferie concordato col capoufficio. Poco male, perché il bosniaco timbra una doppietta che mi strappa applausi convinti soprattutto per il primo dei due gol: intelligentissimo il velo di Martinez, finalmente opportunista e cattivo il Cigno di Sarajevo nel tirare la puntaccia come il miglior rapace d’area. Poco dopo ricorda a tutti di avere un piedino mica da ridere, e quasi dalla linea di fondo beffa il portiere per il 6-0.

Tutto bene quindi? Quasi.

La mia dose quotidiana di sacramenti prorompe anche in una serata di apparente tranquillità, quando vedo il carneade Theate colpire di testa e battere un incolpevole Handanovic per l’inevitabile Primo Gol in Serie A, che torna a romperci le balle dopo qualche mese di salvifica assenza.

Volendo essere petulanti e rancorosi (specialità della casa!) dedico un pensiero all’arbitro Ayroldi, che chiude il primo tempo con qualche secondo di anticipo e i nostri lanciatissimi sulla trequarti, tanto per non dover rischiare che l’Inter segni magari uno o due secondi dopo la fine del recupero (non sia mai, non è mai successo…). Si rifà dopo il 90′, quando Dumfries viene palesemente cianghettato in area. Siamo a fine partita sul 6-1 ma, amico, se c’è un rigore lo devi fischiare. Eccheccazzo.

LE ALTRE

Decido scientemente di non guardare la partita del male, scelta oltretutto agevolata dalla contemporanea finale degli Europei di volley. Esce fuori l’esaltato nostalgico che è in me, e i miei trascorsi pallavolistici, più che trascurabili, mi portano ad azzardare paragoni tra il sottoscritto e il giovane Michieletto, mancino eppure schiacciatore da posto 4. Va beh, vi risparmio i deliri di onnipotenza, praticamente l’Europeo è merito mio…

Tornando a Juve-Milan, leggo di un Allegri incazzato con se stesso e con gli altri, forse consapevole di essersi cacciato in una pozza marroncina e maleodorante, e non posso che concordare e gongolare. Due punti dopo 4 partite sono proprio pochi, la distanza sulla testa della classifica rimane di 8 punti, in attesa del Napoli: la bella novità è che quella distanza adesso la devono recuperare anche a noi. Non mi fido dei gobbi, e soprattutto non mi fido dei miei, quindi piano col de profundis. Si ripiglieranno, questo è certo; la speranza è che lo facciano quando ormai è troppo tardi.

Se i cugini riescono a ottenere elogi anche quando vengono presi a pallate per 80 minuti su 90, figuriamoci quando escono con un pari da una trasferta a Torino. Anzi, potevano vincerla, la manovra scorre fluida e spettacolare, tant’è che becchi un gol in contropiede dopo 5 minuti, ma vuoi mettere? Erano tutti avanti per vincere, per imporre il loro giUoco…

FOCUS

Da buon bastian contrario, faccio sommessamente presente un aspetto che troppo spesso viene ignorato, figlio della totale assenza di senso critico dei media nazionali, cui ha contribuito il trentennio berlusconiano che tant…. scusate, mi è partito l’embolo, ma insomma ci siamo capiti.

Il tema è Milan Lab, primo esempio in Italia di settore medico sportivo integrato, che nei suoi intenti voleva minimizzare se non annullare ogni tipo di problematica psico-fisica dei giocatori rossoneri, grazie a database personalizzati e analisi di dati biometrici per ogni singolo giocatore. È attivo da ormai vent’anni, è forse stato il primo esempio del genere in Italia, anche se la profilazione dell’atleta e la sua gestione su misura sono ormai uno standard per tutto lo sport professionistico mondiale. Soprattutto, al nostro occhio disattento, numero e tipologia di infortuni dei milanisti negli anni sono sembrati del tutto analoghi a quelli di altre squadre, in alcuni casi addirittura peggio.

Per dire, ieri sera Ibra non era disponibile, visto l’ultimo fastidio al tendine d’Achille che già gli aveva fatto saltare la trasferta di Liverpool. Un altro modo di raccontarla potrebbe portare a dire che Ibra ha giocato mezz’ora negli ultimi 130 giorni, ma mi rendo conto che sarebbe una interpretazione faziosa, mica stiamo parlando di Sensi, per cui si rispolvera il pallottoliere ad ogni nuovo stop.

Ma amen, almeno il nuovo acquisto Giroud sarà stato disponibile. Macchè: lombalgia. E non vorrete mica mettere fretta al neo-arrivato Messias -rossonero fin da bambino- e al giovane Pellegri. Morale, oltre alla pattuglia degli attaccanti, tutta ai box tranne Rebic (e tanta grazia per i rossoneri!), danno forfeit anche Calabria, Krunic e Bakayoko, con Kjaer ad alzare bandiera bianca dopo nemmeno un tempo di gioco.

È quindi strano che situazioni del genere non facciano sorgere spontanee domande che, in altre piazze, periodicamente vengono poste con cipiglio e intransigenza: ma tutti questi infortuni? La preparazione è stata sbagliata? Chi ne è responsabile? Si ha come la sensazione (cit.) di un disallineamento tra allenatore e staff medico? Tutte domande che, a maglie diverse, più e più volte sono state fatte da giornalisti che si ergevano a ortopedici e fisiatri improvvisati. Qui invece va tutto bene, avanti tutta e soprattutto #atestaalta.

È COMPLOTTO

Tornando dalla parte giusta del Naviglio, vi segnalo un paio di chicche che forse vi sono sfuggite. Luca Taidelli sulla Gazza riesce a definire “cinica come un cobra” una squadra (toh, l’Inter!) che fa sei gol in 90 minuti. Chiaro e perfino condivisibile il ragionamento: stavolta è riuscita a concretizzare quasi tutto quel che ha creato, cosa che contro Samp e Real non è riuscita a fare, ma al solito, est modus in rebus (così facciamo il paio con la citazione iniziale): nel gergo calcistico, definire una squadra cinica vuol dire fingere di farle un complimento, intendendo che ha vinto di culo con l’unico tiro in porta della partita. Non esattamente una fedele fotografia del sabato appena trascorso a San Siro.

Spostandoci su temi economici, apprendiamo che anche questa settimana l’Inter è in vendita, anche se non si sa a chi, per quanti soldi e quando sia previsto il closing.

Mo’ me lo segno (cit.)

Per chi si fosse distratto, e pensasse che le difficoltà dell’Inter siano un unicum in tutto il mondo del pallone, vale la pena ricordare che in settimana la Juve ha presentato il consuntivo dell’ultimo bilancio, chiuso a giugno 2021 con un passivo di oltre 200 milioni e debiti per quasi 400, da coprire con un imminente aumento di capitale.

Lo stesso Manchester United ha chiuso l’ultimo esercizio con 100 euro di perdita e circa 500 di debiti. Diciamola meglio: tolto il solito inarrivabile Bayern Monaco – non a caso preso come esempio dal progetto Interspac di Cottarelli – tutti i top club d’Europa hanno i conti che piangono, in particolare debiti finanziari che fanno bruciare cassa.

Niente di cui rallegrarsi, nessun tentativo di “mal comune mezzo gaudio”, anzi: consapevole che la situazione di Suning sia appesantita dai problemi con la madrepatria, ma qui pare che solo l’Inter bruci cassa ad ogni mese ed abbia una bomba sotto il culo pronta a esplodere.

L’importante è dire questo. Per spiegazioni, approfondimenti, confronti con altre realtà, ripassare domani.

Foto di spalle così non si vede quella vomitata di gatto della terza maglia

SPECCHIO RIFLESSO

MILAN-INTER 2-3

Se già il Derby di andata, giocato in condizioni di morale e classifica assai diverse, era stato presentato come uno scontro tra il bel giUoco dei rossoneri e la cinica fisicità dei nerazzurri, potete ben immaginare -anzi, già lo sapete come me- come la critica abbia introdotto la partita di domenica. Da una parte una grande famiglia, capace di stringersi intorno al proprio allenatore e di valorizzare al meglio gli ultimi acquisti, in grado di far dimenticare la star viziata che ha chiesto e ottenuto di migrare oltremanica. Dall’altra parte, un’accozzaglia di craniolesi in crisi di astinenza da fenotiazine, con un Mister pronto a svuotare l’armadietto e uno spogliatoio pronto più del solito a #guèradebbande.

Fatta la cordiale premessa, il sifulotto torna turgido a intrudersi tra le terga rossonere, sconfitte come all’andata e come in 3 delle ultime 6 sfide (le altre tre sono pareggi di cui uno acchiappato al 97′ e da loro festeggiato manco fosse stato uno Scudetto…).

Se volete l’illuminato punto di vista dello scrivente, mi sono apprustato alla poltrona di casa pronunciando le seguenti parole: “poche volte sono stato così rassegnato all’inizio di un Derby“. Cazzo, datemi torto! Dopo aver visto dal vivo lo scempio di giovedì scorso in Europa League, circondato da un gruppo di toscani che apostrofavano quasiasi giocatore, interista o tedesco, al grido di “sudicio!! vagabondo!!“, chi se l’aspettava un’Inter coi controcazzi a martellare dal primo minuto?

E invece, Vecino pesta giù la partita dell’anno e non a caso apre le marcature dopo 3 minuti. L’azione è bella dall’inizio, con Lautaro bravissimo a fare da sponda sul cross di Perisic, dopodichè… la prende Vecino.

Il Milan non ci capisce molto, e la partita continua con un quasi monologo dei nostri: solo Paquetà e Çalhanoghlu impensieriscono Handanovic, mentre nell’altra area prima Vecino e poi Skriniar di testa si divorano il raddoppio. Vantaggio meritatissimo all’intervallo e paura fottuta che, come già tante altre volte, i nostri pensino “beh il nostro per oggi l’abbiamo fatto“.

Invece no! Anzi, sul corner a inizio ripresa non faccio nemmeno in tempo a sacramentare per lo stucchevole scambio corto dalla lunetta, che il sinistro a giro di Politano arriva bel-bello sulla capoccia di De Vrij: parabola arcuata (cit. Brunone Pizzul) e Donnarumma uccellato. A me ha ricordato il gol di Cruz in un Juve-Inter del 2005, ma qui so di essere malato grave…

Da notare, visto che non lo fa nessuno, l’ottimo “Alessietto” Romagnoli colpevole su entrambi i gol.

Morale, siamo 2-0 con 40′ da giocare. Appena prima del cambio della disperazione, Bakayoko pensa bene di festeggiare l’inevitabile Primo Gol in Serie A contro l’Inter, timbrando di testa il 2-1 con una bella girata che beffa prima Gagliardini e poi Handanovic.

Nemmeno il tempo di cacarci sotto, che Castillejo (ricordiamo: “Samu” per gli amici e Peppe Di Stefano) la combina grossissima, sgambettando Politano che usciva dall’area per preparare la conclusione mancina. L’arbitro rischia i legamenti e cade, ma fischia il rigore sacrosanto. Il Toro non trema e fa 3-1 “sotto la Nord festante” (questa invece arriva dritta dritta da Giorgio Bubba).

Non è ovviamente finita, perchè il gollonzo è in agguato sottoforma di Musacchio, lo stopper del cacchio, che prima segna e poi si guarda intorno incredulo. Smadonno reclamando un fuorigioco di Piatek che in effetti non è fischiabile, ma a mia discolpa credevo che la palla l’avesse presa lui e non D’Ambrosio.

I nostri però tengono, ed è proprio il ceruleo napoletano a immolarsi al 96′ respingendo la botta ignorante dell’ignorantissimo Cutrone, che si trova l’urlo da invasato ricacciato in gola (e mi limito alla gola…).

Gran Derby, vinto in maniera tanto netta quanto insperata. Siamo e restiamo una manica di psicolabili, ma siamo ontologicamente migliori di quelli là.

LE ALTRE

Ora che non conta più nulla, la Juve perde una partita. La vedo come la concessione fintamente bonaria del dittatore di turno. Il popolo se non altro passa una piacevole domenica. Il Napoli batte l’Udinese non senza patemi, mentre la Roma perde a Ferrara facendo un favore a entrambe le milanesi.

E’ COMPLOTTO

Tante piccole perle che ci ricordano quanto, a prescindere dal risultato, ci sia una parte di Milano nella quale il sole splende sempre, ed un’altra condannata a ripararsi dalle intemperie anche quando vince.

Come già detto: loro sono una grande famiglia, noi è CrisiInter.

Esagero? Vediamo:

Lungi da me voler difendere l’essere umano Icardi, poco si può dire delle abilità calcistiche del soggetto.
Siamo alle solite: il fatto che abbia 4 in matematica non dovrebbe autorizzare nessuno a darmi automaticamente anche l’esame di latino. Ma, se la cosa non valeva per il “me” liceale, evidentemente non vale nemmeno quando si parla di Inter.
Non c’è una logica, è così e basta. E’ complotto.
Quindi, tornando alla partita, bravo Martinez a fare da sponda sull’1-0 di Vecino, resistendo alla tentazione di capocciare in porta. Lapidaria la conclusione: Icardi non l’avrebbe passata. L’ho letto sulla Gazza cartacea di ieri, non lo trovo on line, fidatevi.

Se è per questo il Corriere non è da meno, solerte a confermare che nemmeno il derby salverà Spalletti. Grazie, correvamo il rischio di rilassarci un attimo…

Il meglio però arriva da Repubblica, sotto forma di sgub di Marco Mensurati, a sentir lui informato da anonima fonte interna. Ci dice -guarda caso a poche ore dal Derby, tanto per non agitare ulteriormente le acque- che la ricostruzione del caso-Icardi è in realtà assai più vicina alla versione propugnata da Mauro e Wanda: la fascia gli è stata tolta su richiesta di Spalletti dopo che, da Capitano, era insorto contro l’allenatore colpevole di rimproverare i compagni. Insomma, tutto il contrario di quel che l’Inter fa trapelare da settimane. Del resto, perchè accontentarsi della versione ufficiale, se possiamo tirare un po’ di merda nel ventilatore?

Non ci si ferma certo qui: si narra, once more with feeling, dell’immancabile spogliatoio spaccato, con una significativa novità di giornata: ci sono tre “bande”.
Non gruppi, nemmeno fazioni. Proprio “bande”.
Potevano scrivere “gang” o “mandamenti” già che c’erano. Ma non divaghiamo: ci sono i sudamericani (belli i tempi del Triplete in cui gli argentini litigavano coi brasiliani…), ci sono gli slavi (quantomeno non ha scritto”gli zingari”) e ci sono gli italiani.
Eccola qui, la primizia! Dopo anni a passeggiarci sui testicoli sull’Inter vergogna d’Italia per mancanza di autoctoni, eccolo finalmente, lo zoccolo duro di connazionali, panacea di tutti i malanni di stagione e garanzia di virtù e rettitudine in qualsivoglia luogo di lavoro: 7 nostrani in rosa, sufficienti a creare una delle tre bande e viziare ancor di più il già mefitico “clima in spogliatoio”.

Un giorno qualcuno mi spiegherà perchè la redazione sportiva di Repubblica ha questa atavica antipatia per l’Inter: so’ lupacchiotti, si sa, ma per lo meno in contrapposizione al Berlusconismo era lecito aspettarsi non un occhio di riguardo (quello mai), magari solo l’onestà intellettuale.

Gianni Mura è ovviamente oltre l’empireo e poco ha a che fare con i vari Crosetti, Bocca e Vocalelli (sì, quel Vocalelli), ma davvero un astio così non lo vedo nemmeno dalle parti della gazzetta del balengo torinese.

Ce ne faremo una ragione eh? La cosa non mi toglie certo il sonno.

E comunque, apparecchiato il piattino demmerda per i nerazzurri, ecco come, in netta contrapposizione, viene raccontato il pre- e il post-derby rossonero.
Anzitutto, il caro buon Silvio non si trattiene e consiglia da lontano come fare a vincere la stracittadina. Punta tutto su Suso, Berlusca, con lo spagnolo che di contro è unanimemente definito il peggiore in campo.

La chicca, per chi ha fatto del concetto di “gruppo affiatato come una famiglia” un mantra leggerissimamente ridondante negli ultimi trent’anni, è gentimente offerta al momento del cambio di Franck Kessie, con l’ivoriano braccato da tre coraggiosi compagni di squadra, pronti a scongiurare l’eliminazione fisica di Lucas Biglia.

L’unico a uscirne bene, come al solito, è Gattuso, splendido quando dice “potrò anche non capire niente di calcio, ma su concetti come rispetto di regole e gerarchie ci ho costruito una carriera” e ancor più da applausi quando si lascia scappare “mo’ l’importante è che parlino loro, io ci parlo in settimana”, e “meno male che non ho visto tutto il cinema se no mi buttavo pure io nella mischia“. Un grande.

Tutti gli altri sono da oggi le comiche: i due pierini, presi da Leo e Maldini e mandati in favor di telecamere a darsi la mano e giurarsi amore eterno. Ancor di più la stampa, sempre pronta a gridare alla crisi e alle tensioni interne da un lato del Naviglio, ed altrettanto solerte sull’altra riva a minimizzare, contestualizzare e ridurre il tutto a “cose che succedono ma che rientrano subito”.

E poi, se ci pensate bene, probabilmente Kessie era scosso per i buu razzisti ricevuti durante la partita. Insomma, colpa dell’Inter anche qui.

Infine, un pizzico di goduria in più al fischio finale, avendo intravisto in tribuna Pippo Inzaghi ancora stipendiato dal Bologna ma accorso a vedere la squadra del cuore pigliarla ancora una volta inder posto!

Rappresentazione plastica di spogliatoio spaccato: ecco il classico Royal Rumble, il tutti contro tutti degno del peggior Wrestling anni ‘80


DUR COME ‘L MUR

ATALANTA-INTER 4-1

Che rende un po’ più l’idea rispetto al -pur più poetico- thick as a brick.

E poi siamo pur sempre in terra di magutti e maniscalchi. E’ proprio su uno dei loro celeberrimi manufatti che i nostri amatissimi ieri hanno tirato una craniata micidiale.

90′ minuti di nulla cosmico, con l’Atalanta che veniva giù da tutte le parti. Quattro pere in saccoccia e il nostro portiere che ne sventa almeno altrettante con parate clamorose.

Spalletti, forse per il campo bagnato, propende per i due “grossi” a metacampo, e quindi la zazzera improponibile di Brozovic ha come fidi scudieri Vecino e il bimbo di casa Gagliardini. Dietro, Miranda e non De Vrij, D’Ambrosio e non Vrsaljko. Confermati gli altri.

Partiamo male e proseguiamo malissimo. DAZN si pianta proprio nell’azione che porta al primo gol di Hateboer, e il mio timore scaramantico è tale da fissare inebetito la rotella che gira sul fermo-immagine del cross da sinistra.

Cazz… se è andato in bomba proprio adesso vuoi vedere che è perchè han segnato?

Il tempo di spegni/riaccendi e il sospetto diventa triste realtà.

Ma non è tanto il sifulotto in sè ad essere un problema (fate finta di credermi…): è piuttosto lo stato di morte apparente dei nostri, completamente alla mercè degli avversari, molto di più di quanto mostrato nelle pur tentennanti esibizioni di Champions col Barça.

Per farla breve, nella sintesi di primo tempo quasi finisco le dita delle mani nel contare 5 o 6 occasionissime e altre 3-4 solamente “normali”. Handanovic come detto ci salva in diverse occasioni, Miranda in ribatte in scivolata un tiro a colpo sicuro e Ilicic si traveste da terzino addizionale riuscendo a tirar fuori da mezzo metro a porta vuota.

Mi trovo a concordare con Cravero che dice “Paradossalmente di questo risultato deve essere contenta l’Inter, mentre l’Atalanta ha solo da rammaricarsi“.

La sola cosa su cui posso recriminare è un fuorigioco fischiato a Perisic, lanciato in velocità e fermato dopo che aveva superato il difensore ed era solo davanti al portiere. E’ una questione di principio, ma mi incazzo lo stesso: fallo andare avanti, diobono! Poi, se segna, vai a controllare se il fuorigioco c’era o no.

Guardacaso fanno vedere un solo replay (male allineato, non si capisce una mazza) e poi più nulla, forse travolti dall’andamento a senso unico della partita.

Epperò, a inizio ripresa, il giramento pallico continua, perchè una botta di culo ci porta a pareggiare su rigore con Icardi.

Ci troviamo quindi, senza nemmeno sapere come, ad avver raddrizzato la baracca (sempre per rimanere in termini di piccola impresa edile), e il mio borbottìo si fa spudorato nel mugugnare “vedi che a lasciare andar via Perisiccio facevamo il furto del secolo…“.

Per la cronaca, il rigore arriva da fallo di mano di Mancini su cui è perfino inutile discutere. Come forse già saprete, sono rigori che non fischierei mai (a mezzo metro dall’avversario, con braccio solo un filo largo, de che stiamo a parla’), ma sull’altare del fine supremo arbitrale -la certezza del diritto, la minimizzazione della zona grigia di interpretazione- mi va benissimo che vengano fischiati tutti, a favore o contro.

Tornando alle mie utopiche speranze, nulla di tutto ciò. La partita vive un quarto d’ora di fisiologico equilibrio, nel quale spero che i nostri si sveglino ed inizino a giocare. Oltretutto l’Atalanta perde un altro difensore, Toloi, schierando così l’intero terzetto di panchinari o supposti tali. Ritmi bassi, e la speranza che i Gaspe-boys abbiano finito la benzina si insinua nei meandri di casa…

Ripeto: nulla di tutto ciò. Il succitato quarto d’ora accademico viene fragorosamente interrotto dalla capocciata di Mancini, che riscatta il “mani” di inizio ripresa e inzucca in porta dopo essersi facilmente insinuato tra i nostri lungagnoni in difesa.

Potrebbe finire lì, perchè è chiaro a tutti che i nostri oggi non ci sono. In più, il jolly ce lo siamo già giocati col rigore.

Invece si va avanti, giusto per pigliare un gol in fotocopia buono per assegnare a Djimsiti il Primo Gol in Serie A e per far segnare il golazo al Papu Gomez, un altro che quando vede Inter si trasforma in un razzo missile.

E ADESSO?

Eh, bella domanda…

La partita della minchia doveva arrivare (non datemi del gufo, please: mi sono limitato a constatare il nostro stato di grazia nell’ultimo mese o giù di lì).

Citando il sommo tra i sommi, non c’è niente di male a cadere. E’ sbagliato rimanere a terra.

Il nostro problema è proprio questo. Come reagiranno i nostri alla solita partitaccia dell’anno. Saranno finalmente maturi abbastanza per digerire la sconfitta, farsi un bell’esame di coscienza e riprendere da dove eravamo rimasti?

Sarà invece l’ennesima spirale negativa che butta per aria le fragili certezze acquisite fin qui?

La pausa non aiuta, ed avremo due settimane di tempo per crogiolarci nel nostro dolore, mentre una dozzina di giocatori sarà in giro per il mondo a cercare di non combinare guai.

Alla ripresa si inizia col Frosinone, e poi nell’ordine Tottenham, Roma Juve, PSV e poi Napoli subito dopo Natale.

Lì inizia il vero deserto, e sono cazzi.

LE ALTRE

Vista la giornataccia, va ancora bene. Vero che il Napoli scula una vittoria nella piscina di Marassi, ma se non altro la Lazio non va oltre il pari a Sassuolo e il Milan -come prevedibile- paga dazio contro la Juve, con la chicca dello psicodramma di Higuain.

La Roma vince e recupera tre punti, ma per ora rimane a distanza di sicurezza.

Insomma, cerchiamo di vedere il lato positivo: siamo terzi a tre punti dal Napoli ed altrettanti dalla Lazio (anzi, mezzo di più perchè con loro abbiamo vinto lo scontro diretto).

E’ COMPLOTTO

Non posso non iniziare con un salto indietro di qualche giorno (vedi che dovevo aspettare a scrivere il pezzo sulla Cèmpionz?)

Ecco un sunto tardivo dei travasi di bile seguenti all’ormai iconico gesto:

Tacconi: “Io avrei dato un bel calcio in culo a Mourinho

Perrone: “Sarebbe il caso che qualcuno rifilasse un paio di scapaccioni a Mourinho

Nesti: “Le tre dita le immagino altrove

Per tacere di altre menti eccelse e celebri per la loro obiettività (Roberto Renga, Paola Ferrari).

Non uno che abbia capito -mi si passi il francesismo- che l’ultima cosa da fare quando lo si è preso in quel posto è agitarsi: così si fa il gioco del nemico.

E invece, dopo ormai 8 anni, sono ancora tutti avvelenati con la persona che, in meno di due stagioni, ha fotografato e battezzato la stampa italiana come meglio non avrebbe potuto. Questi, vuoi per coda di paglia, vuoi per rancore, se la sono segnata, ed ogni occasione è buona per minimizzarne meriti e vittorie e speculare su scivoloni e sconfitte.

Non meritevole di altro se non di una segnalazione en passant è la gufata ipocrita e finto-complimentosa del giornalista Sconcertante, che in settimana vergava il suo parere definitivo sulla partita di Bergamo e nel dopo partita era prontissimo a cambiare cavallo, parlando di Inter divorata dall’Atalanta.

Infine, faccio solo un accenno alla serataccia vissuta da Higuain, che non ho visto in diretta (non so mai contro chi tifare quando quelle due lì giocano contro), avendo di contro visto l’andata di Boca-River.

Il Pipita come detto ha sbagliato un rigore e ha poi definitivamente perso la brocca arrivando a farsi espellere nel finale. Umanamente comprensibile, tutti solidali con un signor centravanti che comunque la sua porca figura in una delle Juventus più forti di tutti i tempi l’ha fatta e che si è trovato a dover togliere il disturbo da un giorno all’altro stante l’arrivo del bellissimo e abbronzatissimo CR7.

Visto allora che avere il puntero de corazon, generoso e arrembante, ha anche dei lati negativi? Tutti a criticare Icardi per la freddezza e per l’essenzialità, ma scenate del genere non ne ha mai fatte.

WEST HAM

Insipido pareggio esterno contro l’Huddersfield che ci mantiene nell’altrettanto insipida posizione di metà classifica.

ata int 2018 2019

Quattro fischioni presi, migliore dei nostri. Vedi un po’ come siamo messi…

 

ALIVE AND KICKING

INTER-BARCELONA 1-1

Va bene. Benissimo. Di più: di lusso.

Pareggiamo una partita che ero incredulo di vedere ferma sullo 0-0 a dieci minuti dalla fine ed ero serenamente rassegnato a perdere dopo il gol di Malcom al minuto 83′.

E invece ci aggrappiamo con due mani alla scialuppa del Titanic e riusciamo a portare a casa un punto d’oro grazie a Icardi.

Con ordine: non rinnego nulla di quanto detto da Spalletti negli ultimi tempi. Il suo lavoro di training autogeno costante merita tutte le mie lodi, purchè si sappia a che gioco stiamo giocando.

Herrera, Trapattoni, Mourinho, negli anni sono stati lodati per le innate capacità motivazionali: i loro calciatori dicevano: “al lunedì ero terrorizzato dall’avversario che dovevo incontrare alla domenica, ora di mercoledì sapevo come fermarlo, all’ingresso in campo ero straconvinto di essere più forte di lui“.

Ecco: la manfrina del “dobbiamo giocare come loro: possesso palla e pressing alto” va benissimo per tenere alto il morale della truppa, ma non è che uno si sveglia alla mattina e pensa “cià, oggi mi sento parecchio Barcellone…“.

Diciamo la verità: il primo tempo di San Siro ha avuto il solo pregio di far rivalutare quello di due settimane fa in Spagna (già non entusiasmante di suo): per il resto assistiamo ad una perfetta macchina da guerra -per quanto con una maglia orrenda-, che si muove costantemente tutta insieme in trenta metri, pronta ad attaccare non appena possibile e altrettanto capace di rimediare i rari passaggi a vuoto nel corso del match.

Impressionante, a mio parere, vedere come le tre-quattro palle conquistate da Icardi a metà campo siano state immediatamente neutralizzate dai catalani nel momento stesso dello “scarico” della nostra punta ai compagni. Giusto il movimento del nostro centravanti -palla indietro e scatto in avanti a prendere il lancio di ritorno- : peccato che ogni volta ce ne fossero due sull’alleggerimento al compagno, e allora ciao còre…

Loro creano parecchio ma sprecano altrettanto, con Suarez a sparare a salve in un paio di circostanze e Handanovic a fare le uova come mai finora in stagione: per distacco il migliore dei nostri.

Per il resto, Vrsaljko ad oggi non dimostra di essere migliore di D’Ambrosio (e la considerazione non vuol tanto essere un complimento per l’italiano -discreto laterale e nulla più- quanto una critica -per quanto costruttiva- al croato vice-campione del mondo). Assai più a suo agio sull’altra fascia Asamoah, che inizia a trovare una giusta intesa con Perisic, altalenante nell’arco dei 90′ ma al tempo stesso pericoloso con diversi cross dalla sinistra. A centrocampo Brozo se la cava benino finchè le gambe lo reggono, ed anche nel quarto d’ora finale è bravo e intelligente a dosare gli sforzi.

Vecino invece vive una serata complicata e legnosa, mai come quella di Nainggolan, in campo solo in virtù del prestigio del match ma assolutamente non in condizioni minime per poter essere presentabile. Non commette disastri, ma uno come lui col freno a mano tirato vuol dire giocare in 10. A saperlo prima, vai di Borja dall’inizio e giòcati il Ninja nei 20′ finali.

Ad ogni modo, il primo tempo finisce a reti bianche e -ripeto- va di lusso.

Il secondo tempo, come all’andata, mostra sprazzi migliori di Inter, posizionati stavolta nell’ultimo quarto di partita invece che nei 15′ iniziali della ripresa. Suarez continua la sua guerra personale contro il mondo, riuscendo a segnare solo dopo un cross con palla già uscita. Lo stringiculo in un certo senso serve, se non altro perchè ci fa capire che non è continuando a farli tirare in porta che possiamo portarla a casa, al netto di un Handanovic che si conferma in serata.

Perisic carbura con l’andar del tempo così come Politano, e il cross del primo libera il secondo a centro area per il colpo di testa che parrebbe a botta sicura: invece fetecchia fuori bersaglio.

Siccome siamo l’Inter, è proprio il neo-entrato più improbabile a farci lo scherzo: quel Malcom strappato alla Roma per 40 milioni (sarebbe meglio dire scippato, ma il Barça agli occhi della stampa europea gode di quell’aurea bontà che dentro ai nostri confini è riservata al Milan, e in quanto tale è ontologicamente incapace di scorrettezze). E’ un po’ la versione UEFA del Primo Gol in Serie A, e infatti il brasiliano si copre la faccia con le mani singhiozzando la propria incredula gioia.

Contingenza a parte, non c’è nemmeno da sacramentare, se non contro De Vrij che si fa anticipare nettamente da Coutinho: il vantaggio è purtroppo più che meritato.

Ma proprio quando penso che l’argine si sia rotto e possa essere imminente la gragnuola di goals, ecco che Candreva e Lautaro, forse perchè entrati da poco, lavorano caparbi sulla destra e piazzano la palla a centro area dove prima Vecino e poi Icardi tentano il tiro in porta. Va male all’uruguagio, benissimo all’argentino che segna con tanto di tunnel ai danni del portiere.

Pareggio che ha dell’inaspettato, per non dire del miracoloso. Ammirevole -e lo dico senza alcun tono dileggiatorio o sminuente- la corsa di Maurito a recuperare palla e portarla in fretta a metacampo per la ripresa del gioco. Non so quelli a San Siro, ma io non ci ho creduto un attimo alla chimera della rimonta. Era però giusto che lui ci credesse, e che provasse a trasmettere la sua voglia a tutti gli altri.

Va bene così, lo ribadisco, anche se paradossalmente la vittoria finale del Tottenham guasta un po’ il clima di impresa.

Ora toccherà andare a Wembley e cercare di portare a casa un altro pari che garantirebbe (se non per aritmetica, almeno per logica) il passaggio del turno.

 

LE ALTRE

In attesa di Juve e Roma, il Napoli fotocopia il nostro risultato riacciuffando il PSG in casa grazie a un rigore. La loro situazione nel girone è migliore come posizione in classifica (primi gli azzurri, secondi i nostri), ma decisamente più fluida nel divenire (lì le 4 squadre sono tutte ancora saldamente in corsa).

Tornando a smandruppare il pallottoliere, ci troviamo nella consolatoria ma scivolosa situazione per cui “dipende tutto da me”. Sapete come la penso a riguardo, però ragioniamo: con un pari a Londra manterremmo il vantaggio contro gli Spurs (a quel punto, anche arrivando a pari punti saremmo in vantaggio negli scontri diretti).

Assai difficile che il PSV possa battere il Barça e quindi avvicinarsi, e anche in quel caso avremmo l’ultima partita in casa contro di loro per poterli tenere a distanza.

Fatti questi calculielli della minchia, buttiamo via tutto. Se vogliamo far finta di essere una squadra seria tocca presentarsi tripallici in casa Tottenham e uscirne imbattuti.

E’ COMPLOTTO

Premetto, anzi ribadisco, la mia antipatia per qualsivoglia spinta autonomista, sia essa padana, nordirlandese, sarda o catalana.

Potete quindi capire il mio massimo godimento alla richiesta di Borja Valero alla conferenza stampa pre-partita, quando ha richiesto ai giornalisti a seguito del Barça domande in castigliano, non in catalano.

 

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Per il resto il pomeriggio calcistico ha riscaldato il mio cuoricione di nostalgico nerazzurro, con un Bobone Vieri splendido (ancorchè appesantito) puntero vincente nella sfida tra vecchie glorie di Inter e Barcelona.

Oggi poco complotto, in compenso due foto.

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Che poi, vedere Piqué che si lamenta è sempre un gran godimento… Lui e le sue maniche lunghe anche a Ferragosto!

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Luci a San Siro (siam belli, lo sappiamo…)

OH ME MISERO, OH ME TAPINO

INTER-PARMA 0-1

Ho finito le metafore, i parallelismi, le figure retoriche.

In compenso, ho scorte abbondanti di giramento di balle e di vomitella.

In ossequio all’instabilità mentale che mi accompagna fin dalla più bionda età, potrei scrivere di un’Inter incapace di regolare una squadretta tutta protesa alla difesa della propria porta, così come di una squadra che il suo l’ha fatto e che si vede scippata per l’ennesima volta da torti arbitrali.

Il problema -mio, non vostro- è che mi riconosco alla perfezione in entrambe le visioni.

 

ANALIZZANDOMI BENE BENE… (cit.)

Non è infatti possibile, come segnala Spalletti stesso, che una squadra arrivi a tirare 28 volte verso la porta avversaria in 90′ senza riuscire a buttarla dentro nemmeno una volta.

E’ poco comprensibile il ricorso pressochè sistematico al cross dalla distanza nel primo tempo (centravanti: Keita), abbandonato in fretta nella ripresa alla ricerca di combinazioni veloci sulla trequarti (centravanti: Icardi).

La sfiga, oltre che la prudenza, ci mettono del loro, visto che ai terzini assenti per acciacchi (Vrsaljko e Asamoah) si aggiunge in corso d’opera anche D’Ambrosio, che per di più riesce nell’impresa di farsi male mentre commette un fallo da ammonizione.

Le fasce sono quindi inzialmente presidiate dal succitato ceruleo e dal migliorabile Dalbert.

Davanti, si parte nuovamente con Keita, preferendo preservare Icardi per la ripresa e per la Champions.

L’idea sarebbe anche giusta, anche se col senno di poi vien da chiedersi se uno tra i due terzini non potesse essere rischiato (Asamoah entra proprio per sostituire il collega che esce azzoppato a metà ripresa).

Facciamola breve: giochiamo una partita non trascendentale, sicuramente migliore di quella che ci ha visto stravincere 3-0 a Bologna, ma non saremmo l’Inter se non fossimo capaci di farci rovinare la vita.

I nostri hanno come detto diversi demeriti: non esattamente assatanati se non per pochi scampoli nei 90′, confusi nel cercare gli attaccanti nelle maniere meno consone alle loro caratteristiche, incapaci di cambiare passo quando la gara lo richiedeva.

E qui ci metto anche il Mister: ho capito che Gagliardini non può giocare in Champions e gode -come tutti gli italiani- di buona stampa (non si spiega altrimento l’assioma per cui “Brozovic può giocar bene solo con lui di fianco“), ma quali peccati dobbiamo scontare per vedere un legnoso medianaccio che fa poche cose giuste, in un mare di lentezza e imprecisione? Vecino in panchina non è certo il Nicola Berti dei tempi d’oro, ma mi pare abbia altro passo ed altra garra (Charrùa per definizione) per cercare di ovviare a tentennamenti simili a quelli mostrati nel sabato di San Siro.

A parziale discolpa di Lucianino da Certaldo c’è da dire che se i subentranti hanno un’autonomia psicofisica che sfiora il quarto d’ora (vero Politano?), non si può chiedere di più a chi se non altro ha l’alibi di essere stato in campo per tutta la partita.

NUOVA STAGIONE, VECCHI DIFETTI

Fatto salvo quanto detto supra, tocca purtroppo ripetersi, in attesa che una voce ferma e incazzata arrivi dalla Società. Non è scritto da nessuna parte che i fischi arbitrali uno debba “meritarseli” perchè gioca bene.

Che quella arbitrale sarebbe stata una giornataccia come tante altre già vissute, un complottista come me l’aveva capito dopo pochi minuti, quando il portiere Sepe non era stato ammonito per una “furbacchionata” tanto sfacciata da risultare comica: difesa in gravissimo ritardo e corner pronto a spiovere in area, il portiere parmense pensa bene di buttare un pallone in campo giusto per creare confusione e guadagnare qualche secondo.

Lui fa il suo e ci prova. Tu, arbitro dei miei coglioni, lo devi ammonire e far capire che non si scherza. In inglese si usa un’espressione che mi piace molto: to set the tone. Un cartellino che faccia intendere a tutti quanti che acca’ nisciun’ è fesso.

Oh, come no…

Forse i veri fessi siamo noi, visto che l’arbitro Magnaniello fa finta di niente e fa riprendere il gioco. Tanto è l’Inter… chissefrega.

Non indugerò più di tanto sul clamoroso rigore non dato (e tantomeno rivisto al VAR) per fallo di mano di Di Marco. Per una volta sono tutti concordi sulla scabrosità dell’errore. E’ doveroso però segnalare che al VAR c’era Rocchi, che contro di noi fa danni da lustri, senza che nessuno –se non in sparute e subito rinnegate circostanze– abbia protestato.

Ai bei tempi c’era l’istituto della ricusazione anche nel calcio: “io non voglio più essere arbitrato da quel signore, per questo, questo, e quest’altro motivo“. Oggi non è più possibile perchè -udite udite- così si metterebbe in dubbio a buona fede dell’arbitro.

Inutile dire che il mio rancore mi spingerebbe -a costo di mettermi in cattiva luce nei confronti degli arbitri- a salutare ogni designazione con un cahier de doléance personalizzato per il fischietto di giornata.

Altrettanto inutile dire che il file dedicato a Rocchi (dopo i ritiri di Tagliavento e di Rizzoli), sarebbe il più pesante.

Verremmo maltrattati ugualmente, ma se non altro ci toglieremmo la soddisfazione di dire “avete visto? cosa vi avevamo detto?“.

(Torno serio solo un attimo: è giusto che una squadra non possa ricusare un arbitro, perchè in astratto le “grandi” potrebbero fare pressioni sugli arbitri del tipo “mi vuoi arbitrare? va’ che se sbagli contro di me faccio casino e non mi arbitri più, e la tua carriera viene uccisa sul nascere“. Quindi il ragionamento fila. Noi -come in mille altri casi- siamo gli utili idioti che la pigliano inder posto: formalmente nel Club dei “grandi”, ma con il peso specifico di un sacco di piume…)

Tornando al caso specifico, è irrilevante discutere sull’eventualità di cacciare Di Marco in occasione del rigore, visto che la conclusione di Perisic non sembrava indirizzata ad entrare in porta.

Dico irrilevante perchè il ragazzo di proprietà dell’Inter ed all’inevitabile Primo Gol in Serie A centra l’incrocio grazie a un sinistro formidabile, ma con la gentile collaborazione del compagno in kilometrico fuorigioco a impallare un incolpevole Handanovic.

Questo a casa mia si chiama gol avversario annullato, dopo aver beneficiato di un sacrosanto rigore.

 

IL CONTO PER FAVORE

Dopo quattro giornate siamo a quattro punti: una bella merda, non c’è che dire. Dei punti buttati per strada, possiamo pigliarci a ceffoni da soli per il pareggio regalato al Torino dopo il miglior primo tempo della stagione, e ringraziare il Ninja per aver interrotto la barricata bolognese di due settimane fa. Detto ciò, le due sconfitte contro le emiliane sono tanto colpa della nostra insipienza quanto responsabilità della classe arbitrale.

Ed in una giornata in cui basta un disimpegno sbagliato del Cagliari per far dire urbi et orbi che il Milan è l’anti-Juve, mi chiedo retoricamente dove potremmo essere con un paio di rigori a nostro favore e senza il golazo di Di Marco.

Ve lo dico io: a 3, 4, o 6 punti in più, a seconda di voler essere pessimisti, realisti o ottimisti. Con una squadra di minchioni, ampiamente al di sotto delle proprie possibilità di gioco e di realizzazione. Nessuno lo mette in dubbio. Ma la propria minchiunaggine continua a non essere un buon motivo per non lamentarsi dei torti che si continua a subire.

Per vostra cultura ed ulteriore informazione, qui e qui quel che penso, scritti in bella.

…e domani c’è il Tottenham, tanto per arrivarci belli carichi e tranquilli.

Che bella favoletta quella della Pazza Inter…

Brozo Biondo Cicerchia

Tingiti i capelli di biondo va… faccia da pirla! (cit.)

 

GIOITE TUTTI, GESU’ E’ NATO (CIT.)

INTER-BOLOGNA 2-1

…e tanti auguri al consigliere delegato (ri-cit.)

Dopo due mesi torniamo ad assaporare il dolce gusto della vittoria, seppur sputando sangue e incasinandoci la giornata ben aldilà dei meriti di un pur valoroso Bologna.

La formazione iniziale mi vede concorde con le scelte del Mister: i terzini sono sulla fascia giusta, e uno tra Candreva e Perisic sta seduto. Che poi sia Karamoh il sostituto è tutto grasso che cola, visto il partitone che pesta giù il francesino. La cosa importante, a mio parere, era dare un segnale di cambiamento sia negli uomini (le due ali sono ai minimi storici di rendimento ed ergo di popolarità presso il pubblico) che negli schemi (Karamoh-Cancelo sulla catena di destra fanno cose diverse da D’Ambrosio-Candreva, nel bene e nel male, lo capisce anche il primo fesso che passa per la strada).

Per una squadra che ha visto le proprie certezze sgretolarsi di fronte alla mancanza di alternative, non è poco.

Ci dice anche bene, perchè tempo 2 minuti e siamo già davanti. Bella la palla di Karamoh per Brozovic che scatta bene e riesce a metterla in mezzo per Eder: bravo il Cittadino ad anticipare l’avversario e depositare in rete.

Tutto a posto? Ma va…

Oddio, non siamo troppo severi: per un quarto d’ora i nostri fanno anche la partita. Non creano chissà cosa ma sono un’altra squadra rispetto al balbettìo ininterrotto di Dicembre e Gennaio. Brozo è pescato bene in area ancora da Karamoh ma gira male di testa, e -forse per quello, forse perchè è un minus habens irrecuperabile- da lì sostanzialmente smette di giocare.

Odio darmi ragione da solo, ma proprio in occasione del gol di Eder mi ero rivolto al rampollo di casa ammonendolo circa le qualità del croato: “occhio che questo è capace di dire “ok il mio per oggi l’ho fatto, a posto così“. E’ come avere due gemelli in squadra, e non sai mai quale dei due entra in campo.”

Detto fatto, da metà primo tempo il nostro si mette in malattia, e un’ora dopo, fischiato da tutto lo stadio, ha pure il coraggio di applaudire sfrontato e indisponente come solo lui sa essere. Per dire: l’esecrando Santon, se non altro, uscendo dal campo dopo una delle ultime malefatte, aveva almeno avuto il buon busto di alzare le mani in segno di scuse verso i tifosi. Cambia poco eh? ma è segno di intelligenza e anche di un briciolo di sano paraculismo: hai meno strada da fare per riportarteli dalla tua, se parti da un’ammissione di colpa. Macchè…

Arrivo a dare ragione all’antipatico Marocchi che, rispondendo ai tanti che insistevano su fischi eccessivi alla sua uscita (ma eccessivi de che?), si chiede retoricamente “si è mai domandato il Sig. Brozovic perchè mai lo fischiano?“.

Chiusa la parentesi Ajeje, non è nemmeno giusto dire che gli altri 10 in campo sono stati dei satanassi, perchè di fatto il Bologna in partita ce l’hanno rimesso loro.

Handanovic para bene su Palacio di testa, ma non può nulla quando Miranda svirgola un rinvio non semplicissimo ma nemmeno impossibile, dando il la all’ingresso in area del Trenza e al conseguente diagonale che porta al pareggio.

Nei 20 secondi successivi, la cosa sportivamente più bella del pomeriggio, con i tifosi di casa ad applaudire l’ex amato campione che gli ha appena segnato contro.

Non i classici applausi di inizio o fine gara (sinceri ma “facili”): 50 mila persone applaudono un grandissimo calciatore che pochi secondi prima ha appena segnato contro la loro squadra.

Sciapo’ a lui, e per una volta anche ai nostri tifosi.

C’è tutto il tempo per rimediare, ad esserne capaci, anche perchè il Bologna dietro sbaglia spesso e volentieri, regalando più di un paio di opportunità ai nostri. Perisic è di avviso diverso, e vanifica due ghiotte opportunità con altrettanti tiri che paiono retropassaggi al portiere.

La sindrome del primo anello arancio colpisce anche lui, che se non altro ha la buona creanza di mettere in saccoccia senza reagire.

La ripresa vede Lisandro Lopez al posto di un malconcio Miranda; io, Tènnico da divano, avrei fatto subito il cambio Brozovic-Candreva, provando il romano più centrale e spostando Perisic più largo, per poi fare entrare Rafihna al posto del 44 invertendone il ruolo con Candreva, ma capisco che l’esigenza di fare un cambio obbligato possa aver fatto temporeggiare Spalletti: assolto.

Rafinha entra in effetti dopo il primo quarto d’ora al posto del succitato Brozovic, e sfrutta al meglio la mezzoretta di autonomia che il suo fisico per ora gli concede.

Non è un caso che la giocata che porta i tre punti arrivi dai piedi del neo arrivato e di Karamoh. Il francese parte dalla destra entrando verso il centro del campo, cercando e trovando la sponda dell’ex-Barça. Ubriacante il destro-sinistro in pochi centimetri e imparabile il mancino a voragine sul palo alla destra del portiere.

Un gol della Madonna, poco da dire (vero Minotti? vedi infra). Oltretutto, Primo Gol in Serie A per uno dei nostri (incredibile!) e, vado a memoria, primo gol con tiro da fuori da anni e anni e anni… pallettari di merda che vogliono entrare in porta col pallone!

Non è un caso, dicevo. Aggiungo un “purtroppo”: non può essere casuale che una giocata del genere arrivi da due che hanno vissuto poco o nulla degli ultimi due mesi e che -forse per quello- hanno la testa sgombra per tentare la giocata fuori dagli schemi.

Il “purtroppo” si sposa bene con le considerazioni dello Zio Bergomi di ieri sera, quando definiva l’Inter “ancora ammalata” proprio per questo motivo. Ha vinto, ed era la cosa più importante, ma ha fatto vedere che la serenità mentale, prima ancora della fluidità di manovra, è ben lontana dall’essere ritrovata.

Sticazzi, dovevamo vincere e si è vinto. Per oggi facciamocelo bastare.

E fa niente che Perisic si mangi un altro gol di testa, riuscendo a infortunarsi come degna conclusione dell’azione.

Fa niente (diciamo così…) che Spalletti lo lasci in campo tipo Beckenbauer a Mexico ’70 col braccio immobile, forse volendo far vedere che -quando vuole, pure lui…- è capace di stringere i denti.

Fa niente che i suoi compagni (più sani forse fisicamente ma di certo non mentalmente), si intestardiscano nel cercarlo sulle rimesse laterali, di fatto regalate in quantità agli avversari.

Fa niente, infine, che i nostri si caghino vieppiù sotto con l’avvicinarsi del 90′, facendosi attaccare da un Bologna dapprima in 10 e poi addirittura in 9 nei minuti di recupero. Recupero, per inciso, che un geniale arbitro decide di far giocare due volte, nonostante la seconda espulsione arrivi al 92′ già iniziato.

Continuiamo ad essere assai migliorabili, eppure ritorniamo terzi.

Usque tandem?

 

LE ALTRE

Eh sì perchè la Lazio, come da me sperato -prevedibile lo era per tutti- esce sconfitta dal San Paolo pur essendo andata in vantaggio, venendo superata in un sol colpo tanto dai nostri quanto dai cugini lupacchiotti, spaventati da un Benevento poi domato senza ulteriori patemi.

Juve e Napoli vincono, chettelodicoaffà, mentre il Milan passa con 4 gol a Ferrara, contro una Spal stranamente irriconoscibile rispetto alla tignosa squadra che solo poche settimane fa ci aveva beffato al 90′. Ma, anche per un complottista come me, credo che il motivo di doglianza vada ricercato nella testa pentagonale dei nostri e non in oscuri piani cospiratori ai nostri danni.

E’ COMPLOTTO

Partiamo proprio dai cugini, con Cutrone a segnare due gol in puro stile Superpippo, e cioè beneficiando di pali, carambole e rimpalli. Non so quanto il paragone calcistico possa stare in piedi. Per quel che mi riguarda, i livelli di intollerabilità (con la complice cortesia della solita stampa amichetta) sono assai promettenti.

Continuando con la nostra armata Brancaleone, e reiterando il postulato che facciam cagare, simpatici come al solito su Sky nel dimenticarsi di aggiornare il risultato finale (eh sì che mica abbiam segnato al 97′).

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Lorenso Minotti (il nome è scritto come lo pronuncia lui, quindi immagino si chiami proprio così), oltre alla appena citata cadensa emiliana, esprime tutta la sua imparzialità contrappuntando i suoi commenti di “per fortuna” e “meno male” riferiti al Bologna, arrivando a definire, se non ho capito male, “esteticamente non impeccabile” il tiro di Karamoh.

Su questo gli concedo il beneficio del dubbio, visto che buona parte della telecronaca a casa mia ha avuto il ritorno in cuffia di Wiki-petula alias rampollo di casa, oramai assurto a telecronista alternativo e creatore di un tappeto sonoro che Phil Spector lèvati proprio…

Quindi, Minotti potrebbe aver detto altro, ma credo proprio di aver capito bene; e se anche così non fosse, il vaffa vien buono per la prossima volta.

Giusto per la cronaca, segnalo l’ennesima dimostrazione di “tuttaunerbaunfascio“, con Ilaria D’Amico a sottolineare il bel gesto di San Siro nei confronti di Palacio, compensato da un democristianissimo applauso “ai tifosi di Inter e Milan che dopo anni di vuoto sono tornati a riempire il Meazza come ai bei tempi“.

Ma qui c’è il cacacazzi rancoroso delle tabelline che entra in campo.

Va beh, non si vede benissimo, le fonti sono qui elencate.

http://www.stadiapostcards.com/A13-14.htm

http://www.stadiapostcards.com/A14-15.htm

http://www.stadiapostcards.com/A15-16.htm

http://www.stadiapostcards.com/A16-17.htm

http://www.stadiapostcards.com/A17-18.htm

Volendo fare come il Geometra Galliani, e confezionandoci le statistiche pret à porter, potremmo calcolare che in meno di 5 anni l’Inter ha portato allo stadio mezzo milione di persone in più del Milan, per tacer degli altri top italiani.

Quindi: l’Inter per il quarto degli ultimi 5 anni ha la media spettatori più alta d’Italia, cara Ilaria. Nessuna novità, solo conferme, meritevoli di applausi (e magari di rispetto da parte di chi quella maglia la indossa. Dovrebbe esserci anche il vostro di rispetto ma abbiamo perso le speranze). Il pubblico del Milan, lui sì, dopo anni di magra, l’anno scorso e quest’anno ha ricominciato a frequentare le gradinate.

La dico così: a volte guarda il caso… proprio da quando Silvietto ha venduto.

Infine, giusto tributo all’amico rossonero che, credendo di fare una simpatica battuta, non fa altro che avvalorare la tesi che dà il titolo a questa canonica seziuncella.

Ecco l’immagine emblematica. Anche l’evento nazionalpopolare per eccellenza ce l’ha coi nostri colori:

Altro che “GNIGNI”, il vero messaggio nascosto di Sanremo…                         E’ COMPLOTTO

 

WEST HAM

Arnautovic e il Chicharito piegano il Watford e ci mantengono nella scintillante mediocrità del centroclassifica.

That’ll do.

 

LIFE IS SHIT AGAIN

INTER-UDINESE 1-3

Piccola premessa di cui non fregherà niente a nessuno, ma che rende l’idea dello stato d’animo. Rispetto alle ultime edizioni, per scrivere questo pezzo la prima cosa che mi è venuta in mente è stata il titolo.

Le ultime settimane mi avevano colto stranamente impreparato a sintetizzare in poche parole lo spirito di tutto il pezzo, probabilmente perchè ancestralmente poco avvezzo a commentare  una situazione in cui “le cose vanno tutte bene” o quasi.

Come il titolo lascia trasparire, il contesto è un pochino cambiato.

Perdiamo in casa la prima partita della stagione contro la stramaledettissima Udinese che -chi mi conosce sa- detesto ormai da anni per la pervicacia con cui inanella prestazioni di altissimo livello contro i nostri, sdraiandosi supinamente contro altre squadre strisciate con puntualità pluri-stagionale.

Come se non bastasse, il primo gol arriva dall’altrettanto stramaledettissimo Kevin Lasagna che già un anno e mezzo fa aveva ricevuto da queste stesse pagine informatiche sinceri e meritati complimenti per il suo Primo Gol in Seria A contro i nostri.

Il fiocco sul pacchetto è sistemato dall’esecrando Santon che, rubata palla all’ala avversaria, pensa bene di azzardare il dribbling in ripartenza facendosi contro-fottere la boccia da Wilmer. Oltretutto il nostro si attarda sulla linea di fondo, vanificando un possibile fuorigioco. Palla al carboidrato più indigesto della Serie A e la merda è bella che pestata.

Nel successivo minuto abbiamo se non altro la dimostrazione che il buono fatto vedere in questo trimestre non è stato solo un sogno: bella ma difficile la palla lunga data sulla destra; magistrale Candreva nello stopparla in tempo e crossarla con la giusta misura; letale Icardi nel girarla in porta di destro. Pareggio agguantato in 70 secondi e palla al centro.

Il primo tempo va avanti con un Candreva al massimo delle sue potenzialità e con una notevole mole di lavoro portato avanti sulla sua fascia di competenza. I nostri creano tanto e si mostrano in una versione inedita in questa stagione: l’Inter, cinica per definizione, per una mezz’ora è invece sciupona e stitica, incapace di tradurre in gol le tante azioni create.

E’ una cosa che mi fa preoccupare, perchè continuare a creare senza finalizzare instilla nel “creatore” la convinzione che prima o poi il goal arriverà, quasi per diritto divino. E, invece, tecnicamente parlando, stocazzo.

L’intervallo, infatti, fa spegnere la fiammella del dagadré ai nostri e ci consegna un’Udinese nelle consuete vesti di bimbo rompicoglioni che vuole rovinarti la festa di compleanno.

I nostri sono probabilmente impreparati a un simile inizio ripresa e non riescono a riprendere da dove avevano finito.

Oddio, in un certo senso c’è un fil rouge tra primo e secondo tempo: la minchiata di Santon.

Vero, il cross dell’Udinese è più fuori che dentro, e per le chiacchiere da Var ci sarà tempo più tardi.  A scanso di equivoci, il nostro interviene come ti spiegano al giorno uno di primi calci di non intervenire, e l’inguacchio si materializza con una latenza di 3 minuti.

Che la giornata non sia di gloria lo si capisce dalla facilità con cui De Paul spiazza Handanovic, e il colorito del sabato assume sfumature inequivocabilmente marroncino nel momento in cui la capocciata di Skriniar timbra la traversa, lasciandoci bestemmianti ma soccombenti.

Poco dopo,  il contropiede friulano ci colpisce dritto al cuore per un tre a uno tanto inaspettato quanto meritato. Inutili i cambi di Spalletti, mai come in questa occasione a corto di uomini che possano cambiare la partita in corsa: Eder e Karamoh si adeguano infatti assai presto all’andazzo dei titolari, limitandosi a qualche sgommata inoffensiva come quelle dei tamarri che facevano le penne col Garelli fuori dalle scuole medie.

 

QUINDI?

Dai e dai la prima sconfitta è arrivata. Colpa della cabala e della diciassettesima partita, colpa di Thohir ancora in panchina dopo 10 mesi (anche lì un altro 1-3 casalingo), colpa più probabilmente di un incantesimo bellissimo ma necessariamente a tempo determinato. Siamo quindi arrivati alla domanda delle domande: che ne sarà di noi adesso? Presto detto: battete Sassuolo e Lazio e nessuno potrà eccepire alcunchè sui primi mesi spallettiani.

In caso contrario…

LE ALTRE

Specularmente ad una settimana fa, Napoli, Roma e Juve vincono entrambetttre e recuperano ciascuna tre punti sui nostri eroi.  Nulla da dire sui tre fischioni rifilati da azzurri e bianconeri ai rispettivi avversari, il contrappasso più evidente sta nella vittoria al 94’ della Roma in casa col Cagliari proprio quanto a tutti il pari a reti bianche sembrava scolpito nella roccia. E invece, i due punti lasciati per strada a Chievo sette giorni fa sono diligentemente tornati nella Capitale sotto forma di gollonzo di Fazio,

Nel marasma generale, ci va bene che la Lazio non vada oltre al pari con l’Atalanta, brava a portarsi sul 2-0 e poi sul 3-2 ma poco caparbia nel difendere il risultato.

In tutto questo tourbillon di risultati, la costante che mette tutti d’accordo rimane la sconfitta del Milan nell’ennesima ma sempre gradita replica della Fatal Verona.

Pare che Ringhio a fine partita si pari davanti a Fassone & co con dimissioni firmate e pronto a sbattere la porta. Milanello Bianco prontamente smentisce, controbattendo con un ritiro che ai bei tempi sarebbe stato descritto come “non imposto ma facoltativo, anzi richiesto dagli stessi ragazzi che avevano proprio voglia di stare insieme”, ma certe vette di zuccherosa perfezione si raggiungevano solo con la pratica e con un sapiente uso di lingua.

E’ COMPLOTTO

Devo riconoscere che, a parte le giuste considerazioni di Icardi che allude a tanti sorrisi dopo la nostra sconfitta, il mood generale dopo il ko casalingo sono stati all’insegna del “prima o poi doveva capitare” “sono stati anche un po’ sfigati” “la stagione finora era stata perfetta”.

Niente o poco di cui lamentarsi insomma. E siccome continuo a pensare che la coerenza sia una virtù e non una vetusta convenzione, non mi iscriverò al club della giaculatoria contro il VAR.

Come ho detto, ritengo che l’intervento di Santon sia stato scellerato, ancor di più se si ritiene che la palla stia uscendo. Forse sono io ad essere prevenuto col butterato del Delta del Po, ma non mi sono sorpreso per nulla nel momento in cui il dito dell’arbitro ha indicato il dischetto del rigore.

Posto che nessuno ha ancora capito precisamente in quali casi il VAR possa essere applicato, personalmente continuo a cavalcare la mia visione illuministica che vede questo come un possibile rimedio a quanti più errori possibili.

Fosse per me lo userei anche per invertire le inutili rimesse laterali a metà campo (tanto più che sul fuori nostro sistematicamente perdiamo palla!), quindi poco mi cale del fatto che il segnalinee avesse o meno assegnato la rimessa dal fondo.

Vero che, in occasione del famoso contatto in Roma Inter, in molti censurarono la rigidità della regola che avrebbe impedito all’arbitro di intervenire stante la rimessa dal fondo già accordata.

Ad ogni modo, è tanta e e più che legittima la suspicione che ho verso gli arbitri italiani, che arrivo a tenermi stretto l’errore da regolamento sull’utilizzo del VAR rispetto alla solita litanìa del “contatto come se ne vedono tanti” o come “nel dubbio è giusto far giocare”, sapientemente alternato -secondo le circostanze- a “l’arbitro non deve interpretare, deve applicare la regola”.

 

CUGINANZA

Il periodo che stanno passando sulla riva sbagliata del Naviglio è assai godibile e, per quel che mi riguarda, tutt’altro che inaspettato,

Non tanto per le fatiche di campo (lì in effetti mi sarei aspettato qualche sconfitta in meno da una squadra che comunque schiera in campo cinque o sei giocatori di buon livello), quanto per i palesi -e prontamente palesati- limiti di proprietà e dirigenza.

Le miniere chiuse coi sigilli, il voluntary agreement prima presentato come una formalità e nulla più, poi respinto al mittente in un clima di “tutto tranquillo, sistemiamo due excel e poi glielo rimandiamo” e infine bocciato in toto, con Fassone addirittura a fare il sostenuto e dire “ci hanno chiesto delle cose impossibili”, il nuovo caso Donnarumma.

L’elenco potrebbe andare avanti ad libitum, e non perderebbe di fascino nè di divertimento.

Paranoico e complottista quale sono, inizio a pensare che sotto sotto ci sia ancora lo zampino di Zio Silvio, occulto regista di una sceneggiatura tra l’horror, il trash e il demenziale, che riservi però un melenso lieto fine con lui e il Geometra nuovamente in trincea a fare dei giri immensi e poi ritornare (cit.) al capezzale dell’amato Clubpiùtitolatoalmondo.

Quel giorno sarò lì, pronto come sempre a insultarvi e ricordarvi quanto siete prevedibili e meschini.

 

WEST HAM

Buon periodo per gli Hammers, che nelle ultime tre partite hanno battuto il Chelsea, pareggiato con l’Arsenal, e in ultimo rifilato tre pere allo Stoke City in trasferta. La classifica continua ad essere deficitaria, ma almeno oggi saremmo salvi.

Ineccepibile il coro dei nostri, che spiegavano ai tifosi avversari il perchè Arnautovic, ex di giornata e nuovo idolo dell’East End avesse preferito cambiare aria.

Per chi avesse difficoltà a comprendere la cadenza cockney, di seguito il distico elegiaco:

He left ‘cos you’re shit

He left ‘cos you’re shit

Marko Arnautovic,

He left ‘cos you’re shit.

 

IL GATTOPARDO

INTER-MILAN 2-2

Lo so che la metafora è più che abusata, ma davvero non credo esista paragone più calzante per descrivere l’apparente novità di giornata (primo derby totalmente cinese, orario anomalo per accontentare il di cui mercato, nuova possibile èra del calcio meneghino) e la reale immnutabilità dei cliché storicamente associati alle due squadre di Milano: incorreggibili pasticcioni gli interisti, incapaci di venire a patti con se stessi e forse per questo mai meritevoli di uno sguardo benevolo dalla buona sorte, portatori sani di buciodiculo i nostri cugini, che capitalizzano ben oltre i propri meriti la coglionaggine dei nerazzurri.

Pioli parte con Nagatiello per Ansaldi sperando di contrastare la veloctà di Suso e Joao Mario al posto di Banega dietro al solito tridente.

La formazione può dirsi azzeccata, col ritorno di Gagliardini in mediana, anche se è proprio il bergamasco a regalare il primo infarto ai tifosi, perdendo una palla velenosa sulla trequarti e dando il via a una rumba che porta tre milanisti al tiro in pochi secondi, per fortuna senza alcun esito.

I rossoneri spingono di più nella prima mezz’ora, -il dato è inconfutabile-: a ben vedere, però, il “merito” delle loro azioni sta quasi sempre in palloni persi banalmente dai nostri che innescano Suso e soprattutto Deulofeu, contro il quale Medel è in palese difficoltà.

Bacca per fortuna è non pervenuto, mentre Handanovic è in giornata di grazia anche sulle uscite (almeno fino all’ultimo corner…) e quindi lo stringiculo peggiore è un palo dello spagnolo in prestito  a metà frazione.

Nemmeno il tempo di dire “oh ma noi quand’è che cominciamo a giocare?” che Gagliardini fa la prima (e credo unica) cosa bella della partita, pescando Candreva sulla corsa in area di rigore: De Sciglio e Donnarumma giocano al Signor Tentenna, e l’87 nerazzurro è bravo a fare la cosa più semplice, ovverosia il pallonetto sul secondo palo, che passa a pochi cm dalle mani per nulla protese del portierino milanista. Uno a zero per noi e boato da lite condominiale in zona divano.

Il Milan subisce il colpo e i nostri sono bravi a prendere forza dal vantaggio, obiettivamente figlio di una giocata estemporanea. Joao Mario inizia a distribuire muscoli e fosforo su tutto il campo, e Icardi e Perisic duettano bene al limite dell’area: il croato si invola sulla sinistra e centra forte e rasoterra sul secondo palo, Romagnoli è in ritardo così come Donnarumma –oh no…Gigio…- mentre Maurito è puntualissimo a insaccare di piatto destro a porta vuota il primo gol in carriera contro il Milan, che vale il 2-0.

La botta per i cugini è tremenda, nè la ripresa pare dare nuove idee a Montella.

Il secondo tempo inizia infatti con i nostri in controllo della situazione, con la chiara e palese intenzione di piazzare il terzo gol e chiudere i conti. La palla giusta arriva a Perisic con bella imbeccata di Icardi, ma il destro è debole e non crea pericoli. D’altra parte ormai il 44 lo conosciamo: mi piace e molto, ma ogni volta può creare il massimo pericolo per gli avversari (vedi assist per Icardi nel primo tempo) così come sprecare tutto dopo aver fatto la giocata della Madonna. E’ quel che gli capita dopo aver saltato un paio di avversari sulla sinistra, allorquando tenta un destro al volo più che improbabile invece di allungare la boccia per il Capitano solo soletto nell’area piccola.

Loro, ribadisco, nun ce stanno a capì un cazzo fino a metà tempo, allorquando sono i nostri cambi a ridargli ossigeno. Eder è ormai abbonato al ruolo di 12° uomo, e quindi il primo cambio è il suo, in questo caso proprio per Perisic. Onestamente avrei aspettato un’altra decina di minuti, ma la solfa cambia poco.

Assai più discutibili gli altri due cambi, con Biabiany che non vedeva il campo da mesi a subentrare a Candreva e -ancor più grave- con Murillo a dare il cambio a Joao Mario.

E proprio quest’ultima sostituzione è quella della resa “concettuale”, in primis perchè toglie dal campo l’unico vero giocatore “pensante”, che ha l’ulteriore merito di garantire comunque corsa e contrasto. Non voglio scomodare paragoni blasfemi con Cambiasso, ma nella pochezza attuale della nostra mediana il portoghese riluce quanto la crapapelada del Cuchu nel lustro d’oro. E invece no, Pioli lo toglie per inserire Murillo, il che equivale ad appendersi alle traverse e sperare in bene.

Grave errore a mio parere, e non certo per le minchiate massimaliste del “bisogna sempre giUocare all’attacco per regalare spettacolo ai nostri tifosi“. Molto più semplicemente, mettersi alle corde e dire all’avversario “dài picchia duro, mia nonna me le dava più forte” è un’arte e presuppone palle quadre e capacità di incassare superiori alla media. Qualità che i nostri non hanno, mentalmente ancor meno che tecnicamente. Ecco quindi che il cambio vuol dire via libera al “caghiamoci sotto!“, che porta istantaneamente al loro 2-1 di Romagnoli, con Miranda a tentare un contrasto di testa con il pallone a meno di mezza altezza, e non a caso girato dal difensore senza particolari problemi alle spalle di Handanovic.

Il gol arriva all’83°, ed è di tutta evidenza che i minuti restanti saranno lunghissimi. La fredda determinazione del primo tempo è bella che andata, e la nostra titubanza dà coraggio a un Milan generoso e affastellato in avanti con cinque tra punte e rifinitori. Curioso che alla fine siano i due difensori centrali a segnare, ma come si dice in questi casi “questo è il calcio“.

Ma non anticipiamo i tempi: prima della tragicommedia finale c’è il tempo per vedere Biabiany, al 51° minuto della ripresa, farsi ingolosire da un passaggio filtrante ed entrare in area. Scelta condivisibile a patto di mettere il pallone in gol. Il tiro invece va alto, e l’insulto che gli tocca è accompagnato dalla -vana- speranza di sentire il triplice fischio finale dell’arbitro sul rinvio del portiere.

Nulla di tutto ciò: si gioca e i nostri di fatto fanno di tutto per concedere l’ultimo calcio d’angolo ai cugini, lamentandosi poi perchè Orsato lo fa battere.

A quel punto, sinteticamente, smettono tutti di giocare, facendo le belle statuine (Handanovic in testa, che torna insicuro e balbettante proprio sull’ultimo traversone del match) e permettendo a Bacca di prolungare la traiettoria e a Zapata di azzeccare il sinistro della vita che sbatte sulla traversa e rimbalza oltre la linea.

L’annegamento in un bicchier d’acqua è perfettamente riuscito, e personalmente non ho nemmeno le parole per insultare o maledire cose o persone. Saranno contenti i vicini…

Constato che, come prontamente uozzappato all’amico milanista, cambiano i presidenti ma il buciodiculo rimane immutato.

CHE NE SARA’ DI NOI

Il pari nel Derby, e soprattutto il modo in cui è maturato, credo costeranno la conferma a Pioli ben più delle due sconfitte con Samp e Crotone. E’ stata palese la paura di vincere, l’incapacità di gestire la invidiabile pressione data dal doppio vantaggio. Più di tutto, è ormai evidente l’incapacità della squadra tutta di avere una strategia alternativa al “tutto per tutto”. Ripeto un concetto già espresso di recente: Pioli è uno dei tanti (penso a Strama, penso a Ranieri) ad aver azzeccato una bella striscia di risultati figlia dell’adrenalina e della motivazione di un obiettivo contingente lontano ma ancora possibile. Il fascino e lo stimolo della sfida sono come quelle candele che bruciano da entrambi i lati, durando fatalmente la metà.

Svanito quindi l’effetto “dagagré” o “daje” (a seconda dell’idioma) con il pur plausibile pareggio col Toro, la tenuta mentale di Mister e squadra si è squagliata, inanellando tre partite che hanno avuto come comune denominatore l’incapacità di mantenere la concentrazione per 90°: da suicidio la ripresa con i blucerchiati, da psicanalisi il primo tempo col Crotone, da manicomio giudiziario l’ultimo quarto d’ora nel Derby.

Tornando per un attimo all’analisi della partita, ecco a mio parere la gravità dell’aver rinunciato a Joao Mario: non perchè sia un fuoriclasse, ma in quanto uno dei pochi a rimanere freddo e concentrato sempre o quasi. L’altro è Icardi, implacabile se gli arriva un pallone giocabile, bravo a prender falli e far salire la squadra, migliorato assai nel fornire assist ai compagni ma non ancora trascinatore alla Ibra; inutile aspettarlo, non lo sarà mai, ma per lo meno non è tra quelli che nelle difficoltà si tira indietro. Tutti gli altri sì, e il risultato si è visto.

La cosa che mi fa più incazzare? Non l’ennesimo anno senza Champions (quello fuor di favoletta era chiaro fin dalle partite con De Boer), nè il rischio assai concreto di ciccare pure l’Europa League. Piuttosto, il fatto che, salutato Pioli, non avremo il conducator che ci possa trascinare rapidamente fuori dalla melma. Accettare una panchina come la nostra da parte di un Conte, un Simeone, un Klopp o un Mourinho mi farebbe dubitare e molto delle loro capacità mentali. Ovvio che sarei disposto all’ennesimo cambio di allenatore per uno di questi quattro top, ma semplicemente non accadrà.

Ecco quindi che saremo, per l’ennesima volta, davanti all’ineluttabile necessità di dover cambiare allenatore per rimpiazzarlo con un’altra mezza figura: o c’è qualcuno che crede davvero che Spalletti o Jardim (chi??) potrebbero svoltare la nostra storia?

Infine, il beffardo ed epidermico fastidio di aver perso tutto il vantaggio temporale teoricamente guadagnato sui cugini. Questi hanno aspettato Godot per due anni, di fatto bucando le ultime sessioni di mercato ed avendo una rosa oggettivamente nemmeno paragonabile alla nostra. Eppure eccoli, due punti avanti a noi, con un calendario assai più agevole, con il solito culo e col vento in poppa che a ciò consegue.

Avevamo tutto il tempo e tutta la possibilità di stargli a 10 punti di distanza e sputargli in testa; ci ritroviamo nella situazione -squisitamente nerazzurra- di rimpiangere le occasioni perdute e di annaspare per stare a galla.

LE ALTRE

La Lazio viene bloccata sul pari dal Genoa, così come la Roma con l’Atalanta. Questo vuol dire che tutto resta come prima, ma con una partita in meno da giocare. Delle sei rimaste, noi ne avremo tre contro Fiorentina, Napoli e Lazio.

S’adda ride… (cit.)

E’ COMPLOTTO

Quando una squadra è così cogliona da farsi rimontare come i nostri, c’è poco di cui lamentarsi al di fuori del nostro orticello marrone.

Certo, il peso specifico della nostra maglia si palesa nella più che educata protesta di Icardi a fine primo tempo che- da capitano e quindi con tutti i diritti di interloquire con l’arbitro- chiedeva conto di un mancato giallo a Romagnoli, alla quale protesta l’arbitro rispondeva con un tono a metà tra la mamma nevrotica e incazzata e la velata minaccia del bullo di periferia (conto fino a cinque…).

Inevitabile, visto il clima, che il nostro faccia battere il calcio d’angolo a recupero concluso da 20 secondi. Possiamo fare il processo alle intenzioni e scommettere cifre a sei zeri che a maglie opposte si sarebbe andati tutti a casa spaccando il minuto, ma è una consolazione da poco.

Non fa notizia nemmeno la coerenza del Geometra che dapprima dichiara ai quattro venti che “per rispetto della nuova dirigenza” non si sarebbe fatto vedere a San Siro per un po’ di tempo, e poi assicura la sua presenza sugli spalti già per la prossima partita interna di quelli che resteranno sempre i suoi ragazzi.

Sintomatico poi il tempismo di Fabrizio Bocca su Repubblica, che nota come nonostante l’orario anomalo e le dirigenze dagli occhi a mandorla, il Derby sia comunque stato avvincente e seguitissimo, concludendo poi che lo spettacolo viene fatto dai calciatori, e che di dirigenze e proprietà alla fine chissefrega.

Quindi, finchè c’è il cicciobello con gli occhi a mandorla o finché si grida FozzaInda, tutti a ridere e darsi di gomito, o in alternativa a gridare allo scandalo. Non appena l’altra sponda del Naviglio accoglie i suoi salvatori della patria ancorchè forestieri (con solo due anni di ritardo e un certo numero di situazioni che vanno dalla figura di merda al rientro di capitali dall’estero), allora tutto va bene e l’importante è che ci sia il giUoco.

Del resto, la tiritera del closing durata mesi e mesi ha dato nello stesso periodo a Zio Silvio e Zio Fester -come se ne avessero bisogno!- un paio di giri gratis sulla giostra della retorica e dell’amarcord, con scribacchini pronti a riproporre gallery fotografiche di vecchi successi e agiografie trite e ritrite che mi guardo bene dal linkare, avendo dovuto esibirmi in uno slalom telematico degno di Pirmin Zurbriggen per poterlo evitare.

Poi, per chi ha ancora l’insano vezzo di voler pensare con la propria testa e documentarsi da solo, c’è questo.

Ma non ditelo a nessuno, chè il nostro piangere fa male al re.

WEST HAM

Insipido pareggio in casa del Sunderland ultimo in classifica, con ennesimo gol subito al 90° (tanto per rimanere in tema…) da Borini, uno che il primo gol in Serie A l’ha fatto -guarda caso- proprio contro di noi.

Tutto torna.

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Qui ognuno la vede come vuole. Io ci vedo un Capitano che soffre per la propria squadra, in culo a quelli che “è un mercenario, non gliene frega niente, è indegno”.

LO ZINGARO, QUANDO GLI GIRA…GIRA! (CIT.)

INTER-SAMPDORIA 1-2

Che a nessuno passi nemmeno per l’anticamera del cervello di vedere nel titolo un intento di tipo razzista verso Marcelo Brozovic, che ho ripetutamente insultato nell’arco dei 90′ ma che dovrebbe solo ringraziarmi per averlo appaiato all’immortale risposta dell’Architetto Melandri a un polemico Mascetti (min.1.05 di questo link da mandare a memoria per il volgo plebeo non ancora acculturato in materia).

Fatta la excusatio non petita, al succitato Brozo va bene che nelle precedenti stagioni abbia fatto vedere anche roba buona, perchè altrimenti, dopo l’accozzaglia di minchiate squadernate in un’ora e mezza, sarebbe finito a far compagnia a Gresko, Burdisso, Muntari e pochi altri immondi che ricordo ancora nei rosari blasfemi della sera.

Faccio il sempliciotto e carico lui di tutte le responsabilità per questa sconfitta insensata quanto ferale: gioca novanta minuti di rara inedia, lui che manca dall’11 titolare da due mesi e che come tale dovrebbe mangiarsi l’erba coi piedi. Va a contrasto sul corner che porta al loro pareggio con la stessa voglia di un siderurgico che timbra per il turno di notte, resta immobile poco dopo tenendo in gioco Schick che può così beffare Handanovic, e conclude la serata di gala col fallo di mano più stupido del West che causa il rigore del 2-1 finale.

Non tutta colpa sua, sia chiaro, ma lui si mette di buzzo buono!

In realtà mi aveva sorpreso in positivo la voglia di Pioli d inserire qualità già dal doppio mediano, sacrificando il pur positivo Kondo delle ultime uscite per il più talentuoso croato. Beffardamente, l’inizio gli dava anche ragione, visto che una splendida imbucata di Ajeje nostro liberava Icardi solo davanti al loro portiere: tutto fermo per un fuorigioco che non c’era (la famosa leggenda metropolitana del “nel dubbio lasciate giocare“).

Vero che un quarto d’ora dopo il nostro gol nasce da un corner che non avrebbe dovuto esistere, visto che arrivava dopo un fuorigioco dei nostri non sanzionato, ma -come dire- avrei fatto volentieri a cambio trovandomi prima in vantaggio e con un Brozovic autore di un pregevole assist, che avrebbe anche potuto destarlo dal torpore mostrato per tutta la serata.

Siamo a livelli altissimi della disciplina olimpica “se mio nonno pisciava benzina aprivo un distributore“, me ne rendo conto, ma lasciatemi almeno sfogare.

Se è per quello, anche sul già menzionato pareggio doriano ho qualche dubbio, visto che il loro corner arriva dopo un ruzzone di Schick su Medel che in tutta franchezza era molto più fallo che no, ma che ce voi fà?

Grattugiando giudizi sui nostri come cacio sui maccheroni, definirei parossistica la partita di Candreva, capace di sbagliare un gol facilissimo in apertura (a mio parere ancor più facile di quello di Icardi), di piazzare i soliti 20 cross di cui 18 preda della difesa, e ciononostante di servire (con i restanti due) le migliori palle della ripresa sulla capoccia di Perisic (ben parato da Viviano) e sul sinistro esecrando di Icardi, che da 0 metri riesce a mettere fuori.

Ma è tutta l’Inter in generale a non combinare granchè, onestamente anche nel  tanto celebrato primo tempo (forse perchè seguito da cotanta ripresa…); basti dire che, IMHO, il migliore è stato Ansaldi, finalmente continuo nella sovrapposizione a Perisic e finalmente a suo agio nel calciare con entrambi i piedi.

Sull’altra fascia D’Ambrosio ha trovato non senza fortuna il gol che mancava da un po’ e che ha illuso i 47.000 di San Siro e il sottoscritto.

Tornando a Pioli, e datigli i giusti crediti per la scelta iniziale, c’è invece da tirargli le orecchie per come ha poi gestito i cambi: sarò una persona ipersensibile su certi argomenti, ma che per Brozo non fosse serata l’ha capito anche Panchito dopo 20 minuti. Ok, Gagliardini deve uscire e ti giochi il cambio di Kondogbia, ma diavoloporco, che cacchio aspetti a far entrare Joao Mario al suo posto? Macchè, “lui era fisso come un palo nella notte“, diceva il poeta, e il croato ce lo siamo ciucciato fino all’ultimo.

Guardando avanti, fin troppo scontato l’addio a qualsivoglia residua speranza di terzo posto: ormai purtroppo dovremmo esserci abituati, visto che negli ultimi anni, più o meno in questo mese, pestiamo l’ennesimo merdone della stagione che rende vana la rincorsa ai piani che contano. Ci resta il solito rebus del “quanto mi conviene andare in Europa League? Devo fare i preliminari? Quanti turni?” che sinceramente è una litania che speravo di poter dimenticare.

Tant’è.

Pioli tornerà in bilico (ammesso che abbia mai smesso di esserlo) e tutto sommato spero che a lui sia data la possibilità di lavorare per un paio di stagioni, contrariamente a quanto successo a troppi dei suoi predecessori.

Conte poi, non capisco proprio quanto dovrebbe ubriacarsi per accettare la proposta di Zhang, rinunciando alla vetrina della Premier e alla prossima Champions con ambizioni concrete di poter andare avanti.

Ci sarebbe il Cholo, che nel cuor mi sta, ma sarebbe l’ennesima rifondazione e sinceramente comincio ad avere ‘na certa età…

 

LE ALTRE

Napoli e Juve pareggiano, lasciando le cose quasi immutate là davanti. La Roma vince senza grossi problemi con l’Empoli in casa se escludiamo il clamoroso rigore+rosso negato ai toscani in apertura, anche lì con un fuorigioco inesistente segnalato dal guardalinee.

I cugini pareggiano a Pescara grazie alla papera della Domenica da parte di Donnarumma e del solito culo sesquipedale con cui riacciuffano il pareggio (triplo rimpallo con carambola incorporata). Le stesse carambole fruttano poi un paio di conclusioni che sbattono sui legni abruzzesi, a conferma del fatto che, anche quando gli va di culo, hanno comunque modo di lamentarsi con la buona sorte.

Li odio, insomma. Le consolatorie certezze di una vita.

 

E’ COMPLOTTO

Li odio anche perchè tanti altri sono quelli che li amano e che non vedono l’ora di giustificarli. Ecco il Corrierone nazionale a venire in soccorso del povero Gigio che, per carità, fa una cappella non da poco, ma che non è nè il primo nè l’ultimo portiere a sbagliare coi piedi.

Giusto concetto, inutile buttare la croce su un giovane di così grande talento: arrivo quasi a essere d’accordo con il concetto, poi vedo questo:

E te pareva… L’Inter ancora non era salita sul banco dei cattivi (lo screenshot è di lunedì prima della partita con la Samp) ma comunque è sempre l’ora dei Pavesini, quindi sotto con gli interisti anche se nel caso non c’entrano un’emerita mazza.

Stessa cosa per glorificare l’ennesimo cambio di tavoli connessi al fantomatico closing dell’amore. Quindi, per capire: il Closing del Milan ricorda un po’ l’acquisto di Thohir, ma a tassi quasi da usura.

Però al cicciobello con gli occhi a mandorla tirano il culo ancora adesso con la manfrina del prestito all’Inter, qui invece “c’è un po’ più di ottimismo“.

Punti di vista…

Infine, non posso che riprendere un opportuno articolo di Fabrizio Biasin che elenca i risultati raggiunti da FozzaInda in un anno di “vita” nerazzurra, con la solita stampa prezzolata e prevenuta a percularlo e ad accorgersi solo adesso dell’effettiva potenza di fuoco del nostro.

Però Yonghong Li ha trovato il fondo giusto,e SES era tutta una finta.

Ma va bene così. Abbracciamoci forte e vogliamoci tanto bene (cit.)

 

WEST HAM

Quando piove, diluvia: passati in vantaggio con l’Hull City grazie a Carroll, subiamo ben presto il loro pareggio, per poi soccombere con un gol che personalmente vivo come una beffa: ecco l’immancabile Primo Gol (stavolta in Premier League e non in Serie A) del redivivo Andrea Ranocchia.

Ma cazzo, ce l’avete con me?

self explaining

 

AJO!

CAGLIARI-INTER 1-5

Non che io sia in cerca di sconfitte nerazzurre che diano ulteriore conferma all’assunto, ma pare che i nostri, dopo aver preso un ceffone, alla partita dopo reagiscano bene.

Me ne compiaccio, assistendo a 90′ di quasi assoluta tranquillità, se escludiamo la bonza in cui cadiamo a fine primo tempo, che dà modo al Cagliari di accorciare le distanze, e la sveglia che suona tardi, regalando qualche minuto di terrore all’inizio: per fortuna l’immondo, indegno e impresentabile Medel ci mette la proverbiale pezza, in culo a chi gli vuole male.

Andiamo con ordine: Miranda-Medel centrali di una difesa a 4, con Murillo diffidato in panca, Kondo-Gaglia in mediana, Banega dietro i tre punteros. Il resto è business as usual.

L’argentino è ormai oggetto noto: non un mostro di velocità nè di consistenza, ma piedi buoni e cervello fino (quando non insiste nella giocata inutile): l’assist per l’1-0 è notevole quasi quanto il controllo-di-esterno-destro-e-tiro-di-interno-sinistro di Perisic.

Brunone Pizzul (auguri) avrebbe chiosato con l’immarcescibile #tuttomoltobello.

Poco dopo è ancora il Tanguito a farsi notare con una punizia alquanto a voragine che si insacca al quasi angolino, dandoci l’effimera impressione di un match già chiuso.

Ecco però riemergere la minchionaggine dei nostri, e di Kondogbia nell’occasione. Stupido, inutile e vistoso il fallo sull’avversario girato di spalle sul limite laterale dell’area: piazzargli due manone sulla schiena e spostarlo di peso non è esattamente una genialata. Da lì Di Gennaro impegna Handanovic con conclusione beffarda sul primo palo e -sullo sviluppo del puttanificio- il tronista Borriello capoccia in rete, dando ulteriore dimostrazione a una mia tesi ormai decennale: fosse stato un po’ più brutto, questo era fisso in Nazionale.

Se non altro il ceffone ci desta, perchè a inizio ripresa Icardi e Perisic ristabiliscono le giuste distanze. Corretta e nemmeno difficile la giocata di Maurito che alleggerisce indietro il pallone al croato, per il quale destro o sinistro non fa differenza: stavolta sceglie il destro a giro sul palo lungo e fa 3-1. As simple as that.

Il Cagliari ci rimane male, e sostanzialmente non si ripiglia più, se è vero che i nostri si procurano e segnano un rigore solare (novità di giornata), colpiscono una traversa più difficile da sbagliare che no (vero bomber?) e portano al gol perfino Gagliardini.

Per una volta il tag PrimoGolInSerieA è dedicato a uno dei nostri, con tanto di esultanza da girapolenta.

Bene così, come già detto, anche se per recuperar punti dovremo fare i bravi e aspettare la prossima giornata, con lo scontro diretto (anche in senso cromatico) con l’Atalanta.

LE ALTRE

La Roma, corsara solo pochi giorni fa contro i nostri, in 5 giorni piglia due schiaffi dai cugini in Coppa Italia e altrettanti in casa dal Napoli nello scontro diretto per il secondo posto, da cui la Juve riesce ad uscire vera vincitrice complice il pur scialbo pareggio di Udine.

Il Milan beneficia di non uno ma due rigori assai dubbi (onestà impone di segnalare anche l’inesistenza di quello concesso agli avversari) e spezza le reni al Chievo, con Sorrentino -abituale eroe di giornata contro i nostri- a beccare il solo gol su azione a centro porta tuffandosi di lato.                                            Spazio per parolaccia a piacere.

E’ COMPLOTTO

Interessante e sintomatico l’involontario paragone fatto negli ultimi giorni di settimana scorsa tra le situazioni vissute dai due centravanti delle milanesi:

Bacca, che prima della doppietta farsa col Chievo non segnava su azione da un girone, per la propaganda rosa aveva già svoltato la stagione col rigore segnato di rabona (cit. assai pertinente del Sanga). Ovviamente il feeling con Montella e lo spogliatoio era rinato e tutto il Milan si aspettava da lui i gol per tornare in Europa. Si è arrivati anche a sottolineare il modo in cui ha esultato verso i tifosi in occasione di un gol annullato. Siamo a questo. Vedere per credere:

“Carlos aveva già scavalcato i cartelloni della pubblicità per avvicinarsi ai tifosi e far festa insieme”. Nel nome dell’Amore

In contrapposizione, la crisi Icardi, che in trasferta prima di Cagliari non segnava da settembre e insomma non si capisce mica come sia possibile che questo ragazzo in trasferta si trasformi da leone ringhiante a micino spaurito.

1 gol (su rigore!!), 1 assist, 1 traversa.

Proseguendo nell’analisi mediatica delle due milanesi, simpatica come suo solito l’accoppiata Zazzaroni-Caressa che da Radio deejay avevano fatto i loro personalissimi pronostici sulla trasferta nerazzurra in terra sarda:

Zazza Caressa Cag Int

In contrapposizione, poche ma tutto sommato civili domande sull’ennesimo ritardo nel closing dell’operazione Cina-Milan, senza che nessuno faccia la domanda più banale: ma com’è che continuano a tirare in ballo difficoltà burocratiche a portar fuori i soldi dalla Cina, quando solo pochi mesi fa Suning è arrivata e ha comprato in un attimo in perfetto stile-cumenda milanese quando chiede “cia’…s’el custa?”?

Niente di tutto ciò, anzi: Silvio ha l’ennesima occasione per fare il capopopolo fingendosi inferocito e dicendo “potrei anche decidere di tenermi tutto!“, mentre nessuno si è cagato il quarto d’ora di celebrità dell’Avvocato La Scala che l’ha toccata piano e non per la prima volta.

Di più: le odierne notizie rosee dicono che non ci sono problemi, che un accordo tra gentiluomini (eh???) si trova sempre, che una stretta di mano vale ancora qualcosa: e quindi vai di terza tranche da 100 milioni in settimana, ma se anche si sfora a settimana prossima non c’è problema perchè -signora mia- quando c’è la fiducia…

 

WEST HAM

Ci svegliamo molto tardi nel Monday night contro il Chelsea: finisce 1-2 e il nostro è più che altro un consolation goal.

Come si dice in questi casi? “Non sono queste le partite che dobbiamo vincere…”

cag int 2016 2017

Zingari o Latin Kings, purchè nerazzurri