BILANCIO 2020/2021 pt.2

L’esercizio di oggi consiste nel cercare di capire meglio i numeri dell’ultimo anno finanziario dell’Inter, concluso sul campo con la conquista dello scudetto dopo 11 anni, per la gioia di grandi e piccini, ma anche con una serie di problemi contingenti se non strutturali, di cui ho parlato nel precedente post.

Ora, prima di addentrarmi nel compitino, credo sia giusto fare un paio di precisazioni o, come direbbero quelli bravi, di assumptions.

Primo: i numeri sono quelli attualmente conoscibili, visto che l’assemblea che dovrà approvare il bilancio non si è ancora tenuta;
Secondo: la mia è un’interpretazione, figlia di questi numeri e delle mie competenze in materia, e quindi al netto di eventuali sviste che il mio dottissimo pubblico mi segnalerà: se mi vestissi di bianco e avessi un ego ancor più sviluppato del mio, potrei dire “se sbaglio, mi corriggerete!“.

Facendo un po’ di spoiler, la tesi che voglio portare avanti è che il bilancio 2020/2021 contenga tante poste non ricorrenti, quelle che sempre quelli bravi chiamano one-off.

Sul perché si sia preferito caricare questo bilancio di zavorre in alcuni casi evitabili si gioca il grosso del futuro dell’Inter. Come detto nella prima parte di questo trattatello, spostare tutte le sfighe su un unico anno è quel che si fa quando si decide di vendere la baracca: di solito il compratore dice “sì va beh, fammi vedere come stai in mutande e non col vestito buono. Togli tutti i rischi, le opportunità, le incertezze e vediamo cosa viene fuori“.

Nel caso dell’Inter, è venuto fuori -245 milioni, che non sono proprio bruscolini.

C’è poi l’altra campana, secondo cui Suning non avrebbe interesse a vendere ora, avendo chiuso il prestito con Oaktree ed essendo prossima a rifinanziare i 350 milioni di bond in scadenza con una nuova obbligazione da circa 400 milioni, e di fatto assicurandosi una certa tranquillità finanziaria nel breve termine. A ciò si aggiunga l’enorme opportunità dello stadio nuovo, tutto quel che ne consegue: il mio parere è che Zhang, prima di passare la mano, aspetterà di aver chiuso almeno sulla carta la questione del nuovo San Siro, ma non voglio ripetere quanto già detto nell’altro post.

Ora, basandoci sui numeri conosciuti, cercherò di capire quanto di quel passivo è dovuto a problemi strutturali (ad esempio, il peso degli stipendi, che pure è calato) o quanto a cause contingenti (toccando ferro: l’assenza di ricavi da stadio).

Tante fonti hanno fatto previsioni per la chiusura dell’esercizio 2021/2022 ipotizzando una perdita intorno ai 100 milioni, ancora pesante ma comunque in netto miglioramento. Per una volta mi sono scoperto ottimista, perché buttando giù due numeri mi pare che, a parità di altre condizioni, il passivo potrà essere saldamente a due cifre:

Ecco, a me il disegnino è venuto così

Il gioco è capire, a parità di altre condizioni, e quindi senza calcolare variabili importanti come il calciomercato di gennaio e le compravendite estive fino al 30 giugno, quale potrà essere l’impatto dei maggiori ricavi e dei minori costi rispetto all’anno precedente.

Cerco di andare con ordine:

Ricavi da stadio: come sappiamo, la stagione è partita con una capienza del 50%. Dalla prossima partita si passera al 75% e, se tutto va bene, il prossimo step sarà la piena occupazione. Sono stato prudente rispetto alle stime che parlavano di 60 o anche 70 milioni di euro di mancati ricavi da stadio, ed ho previsto che il prossimo bilancio vedrà San Siro generare i 50 milioni portati a casa nel 2018/2019, l’ultima stagione pre-Covid.

Plusvalenze: qui parliamo delle vendite di Lukaku e di Hakimi. Sappiamo che i loro cartellini sono stati ceduti rispettivamente per 115 e 68 milioni. Quel che non sappiamo sono i termini finanziari di pagamento, e cioè in quante rate e in quanto tempo l’Inter incasserà questi soldi. Altra cosa che non sappiamo nei dettagli è quanto l’Inter avesse ancora da pagare ai vecchi Club dei calciatori in questione, e cioè Manchester Utd e Real Madrid (Hakimi infatti era al Dortmund in prestito). I calcoli li hanno fatti altri, e pare che il netto che l’Inter si porta a casa dalle due vendite sia superiore agli 80 milioni. Se poi consideriamo i costi di competenza dell’esercizio 2021/2022 per i cartellini dei nuovi acquisti estivi – la maggior parte dei quali è arrivata a parametro zero – il guadagno complessivo si assesta sui 70 milioni.

Sponsor maglia: come sappiamo Pirelli non è più lo sponsor principale e, aldilà dell’abitudine, se non affetto, maturata in venticinque anni di presenza sulle nostre maglie, il cambio di sponsor è vantaggioso per l’Inter.
Pirelli negli ultimi anni ha contribuito, tra sponsor principale e logo “Driver” posto sul retro della maglia, a circa 20 milioni annui. La cifra per l’anno 2020/2021 non è ancora nota; anche in questo caso, mi sono basato sul valore della sponsorizzazione dell’ultima stagione pre-Covid (19 milioni).
La nuova combo di sponsorizzazioni (Socios, Lenovo sul retro maglia e l’agenzia di criptovalute Digitalbits come sponsor di manica) porterà ad un totale di 30 milioni, con un delta positivo di 10 milioni rispetto all’anno precedente. Per la cronaca, l’accordo con Zytara/Digitalbits garantirà un totale di 85 milioni di ricavi per l’Inter, ma non è chiara la durata dell’accordo nè la “spalmanza” di questi 85 milioni negli anni. Il link precedente parla di 15 milioni a stagione garantiti da Zytara, ma in ogni caso non li ho considerati nei miei conticini.

Ricordo che questo specchietto vuole esaminare solo i ricavi in aggiunta a quelli già presenti nell’esercizio 2020/2021, motivo per cui non troverete introiti derivanti da diritti TV e merchandising.

Allo stesso modo, sui costi mi sono concentrato sulle spese che nell’esercizio 2021/2022 non dovrebbero esserci più. Vediamo nel dettaglio:

Svalutazione cartellini: non tutte le ciambelle riescono col buco, nemmeno alla premiata ditta Marotta&Ausilio. Joao Mario è stato uno dei peggiori affari portati a termine dall’Inter, e non tanto per le pur mediocri prestazioni del portoghese sul campo. L’acquisto per più di 40 milioni, ed il ricco contratto di 5 anni hanno rappresentato un fardello difficile da sopportare, seppur mitigato dai numerosi prestiti che hanno interessato il lusitano in questi anni. Ragionamento simile per Nainggolan, che pure ha reso più del collega di reparto (ci vuol poco, mi direte, e sono anche d’accordo), ma che è uscito dai radar nerazzurri con l’addio di Spalletti. L’ideale sarebbe stato trovare acquirenti disponibili a pagare il prezzo “giusto” per i due calciatori, in modo da scongiurare la temuta minusvalenza.
Non trovandosi compratori, l’Inter alla fine ha deciso di liberare i giocatori “a gratis”, chiedendo a lorsignori di cercarsi un’altra destinazione. La risultante di questa operazione è che il valore residuo dei loro cartellini viene azzerato, generando una perdita secca in bilancio pari a circa 15 milioni. La speranza è che operazione del genere non ce ne siano, ed è quindi ragionevole calcolare questi come costi non ripetibili.

Riduzione monte ingaggi: tra le gufate che, come ad ogni calciomercato, hanno accompagnato le manovre nerazzurre, non possiamo non ricordare l’accorato appello a “chiudere il mercato con un attivo di 100 milioni“, nonostante lo stesso Zhang ne avesse chiesti “solo” 70. Ma vuoi mettere che bello abbaiare “servono 100 milioni!”. Come visto, a conti fatti avrebbe potuto bastare la sola cessione di Hakimi, a cui si è aggiunto Lukaku nelle modalità che sappiamo.
Dal punto di vista degli ingaggi, l’altro anatema è stato l’assoluto bisogno di ridurre il costo della rosa di almeno il 15% rispetto all’anno precedente. Con grande scorno dei tanti gufi, anche questo è stato fatto, anche se comunicato a bassa voce e con colpi di tosse imbarazzati. Tra stipendi lordi e quote di ammortamento annuali, il risparmio dovrebbe essere intorno ai 31 milioni.

Messi insieme extra ricavi e minori costi, ed opportunamente shakerati, l’effetto dovrebbe portare a un beneficio di 176 milioni. Se il baratro di quest’anno è l’ormai tristemente noto -245,6, l’aritmetica dice che a giugno 2022 i numeri di chiusura potrebbero recitare -69,6 milioni.

Cosa non c’è dentro la tabellina?
Non ci sono i rinnovi contrattuali e gli aumenti di stipendio dei vari Martinez, Brozovic e Barella, che verosimilmente andranno a regime durante la stagione e porteranno ad appesantire nuovamente il costo della rosa.
Non c’è la svalutazione dei crediti con le sponsorizzazioni cinesi, di cui pure avevo parlato nella prima puntata: che sia pulizia contabile, o che siano effettivamente sponsorizzazioni legate all’hospitality di San Siro, un certo effetto positivo dovrebbe esserci in questa stagione, ma non sapendolo quantificare (Antonello parla di una cinquantina di milioni, mica bruscolini) non è stato considerato.
Da buon tifoso scaramantico, non è stato considerato l’impatto derivante dalla eventuale qualificazione alla fase successiva della Champions League, obiettivo sempre fallito negli ultimi anni e che, aldilà dell’importanza sportiva, porterebbe nelle casse dell’Inter una decina di milioni in più dall’UEFA e qualche altro di diritti TV. Il tutto limitando le nostre ambizioni al “solo” raggiungimento degli ottavi di finale.

Infine, visto che tutti si sono affrettati a fare i complimenti all’Inter per il rosso più rosso della storia del calcio, dopo che la Juve pochi giorni prima aveva comunicato il suo passivo di “soli” 209 milioni, è doveroso mettere qualche puntino sulle “i” e comparare i criteri con cui hanno lavorato Inter, Milan e Juve.

Marco Iaria sul Corriere è chiaro in merito: gobbi e cugini hanno sfruttato qualche “jolly” contabile, che ha contribuito a mitigare le perdite dell’esercizio 2020/2021.
E se per il Milan si tratta di pochi milioni, “la Juventus ha beneficiato di un risparmio di 90 milioni derivante da un accordo con la squadra sottoscritto durante il primo lockdown della primavera 2020, che ha consentito di alleggerire il conto economico ma che appesantirà l’esercizio 2021-22 perché gran parte di quei 90 milioni andranno conteggiati“.

Questo a proposito dell’Inter che non paga gli stipendi e son tutti brutti e cattivi e insomma è uno scandalo e alla fine non dovevano darglielo lo Scudetto…

Perché va bene giocare a fare i revisori contabili di ‘sto par de ciufoli e fingersi fini analisti, ma sotto sotto rimango il rancoroso complottista che si incazza come una bestia quando vede la stampa fare figli e figliastri.

BILANCIO 2020/2021 – pt. 1

Cerco di mettere un po’ d’ordine, in primis nella mia testa di tifoso, che però si picca di capirne un po’ di finanza e bilanci, i quali d’altra parte dovrebbero rappresentare una situazione oggettiva e come tale non interpretabile con visioni partigiane, imprescindibili invece quando si parla della propria squadra del cuore.

Insomma, un discreto casino.

-245,6 milioni è un numero che fa sudare freddo, poco da dire.

Ma è la fotografia di un periodo passato, e per la precisione chiuso il 30 giugno 2021. Ed è l’effetto dei rubinetti chiusi in Cina, delle difficoltà finanziarie di Suning e della pandemia.

Il tifoso interista deve preoccuparsi? Non troppo.

Come detto, il mix tra problemi con la politica economica cinese ed emergenza-Covid ha scatenato il massimo dei suoi effetti nella stagione 2020/2021. Gli stadi, incrociando le dita, stanno cominciando a riempirsi, per ora con il tetto del 50%, da dopo la sosta dovrebbe essere il 75%, che per San Siro vuol dire circa 55 mila spettatori: poco meno dei livelli pre-pandemia, quando l’Inter aveva una media da quasi 60 mila persone a partita.

Il bilancio presentato al CdA, che sarà approvato dall’Assemblea tra poche settimane, risente anche di quella che si chiama “pulizia contabile”: sono cioè state fatte delle svalutazioni che hanno riguardato sia giocatori (con l’azzeramento dei cartellini di Joao Mario e Nainggolan) che crediti. E se con le minusvalenze dei calciatori anche il più obnubilato dei tifosi ha ormai una certa familiarità, sui crediti la situazione è più nebulosa, perché se da una parte l’AD Antonello ha parlato di svalutazioni di sponsorizzazioni cinesi dovute all’assenza di hospitality allo Stadio, da altre parti si è ipotizzato che quei crediti fossero pendenti già da qualche anno, e che si sia preferito fare un po’ di “pulizia contabile”, visto che la loro esigibilità aveva destato parecchi dubbi già in fase di due diligence da parte degli inglesi BC Partners, il fondo che era arrivato a valutare il 100% dell’Inter 750 milioni. Di conseguenza, l’azzeramento di questi crediti potrebbe essere visto come una manovra per fare ordine, in attesa di nuovi acquirenti che si troverebbero davanti una situazione più chiara, per quanto con meno “ciccia”.

Il dilemma alla fine è sempre lo stesso: Suning che fa? Va? Resta? butta la palla avanti di un giro?

Difficile dirlo. Marotta e Antonello tranquillizzano dicendo che le operazioni degli ultimi mesi (leggasi prestito di Oaktree e cessione di Hakimi e Lukaku) hanno messo il Club in sicurezza e che la famigerata continuità aziendale è garantita.

D’altra parte, a domanda specifica fatta da Paolo Condò su quanto del prestito di Oaktree (dato a Suning, non all’Inter) sia confluito nelle casse nerazzurre e su quanto ancora potrà entrarne, in caso di bisogno, Marotta ha fatto la supercazzola, lasciando intendere che Zhang ha ben altri problemi e facendo capire che probabilmente quei soldi serviranno ad altro e non all’Inter. Tutto ciò tenendo presente che, in caso di mancata restituzione del prestito, Oaktree potrà rivalersi sulle azioni dell’Inter, quindi alla fine è il Club ad essere interessato alla cosa.

Suning ha quindi bisogno di soldi, questo è indubbio. Quello a cui non credo invece è una cessione a breve, visto che inevitabilmente oggi spunterebbe un prezzo più basso di quanto offerto l’anno scorso – i famosi 750 milioni di BC Partners – cifra peraltro molto vicina a quanto speso fin qui da Zhang negli cinque anni di presidenza. E se già Zhang aveva risposto “no” a quella valutazione, non si capisce perché dovrebbe accettarne oggi una al ribasso.

La recente rielezione di Sala a Sindaco di Milano apre il campo a una accelerazione sulla questione-stadio, che si rivela cruciale, e non solo in questa vicenda.

Da un lato il Comune vuole essere certo di chiudere un accordo con due proprietà che non cambino faccia a lavori in corso, ma che assicurino continuità di gestione dei rispettivi Club per tutta la durata dei lavori.

Dall’altra, Suning sa che anche la sola firma di un protocollo di intesa con le istituzioni per la costruzione del nuovo distretto sportivo farebbe impennare la valutazione nerazzurra e renderne più profittevole la vendita.

Quelli bravi direbbero che è un tema negoziale: riusciranno i nostri eroi a trovare un accordo tra la permanenza a lungo termine chiesta da Sala e quella in stile “macchina in doppia fila” di Suning? Molto, a mio parere, si gioca su questo.

Non sono da escludere ribaltoni dalla Cina: lo stesso Bellinazzo ipotizza che, con la fine della pandemia, la Cina riparta e torni a concedere spazi di manovra alle proprie aziende all’estero, ma il tema è enorme, basta pensare al crack di Evergrande che, tra gli altri, deve 2,6 miliardi (!) a Suning.

Morale: l’urgenza per l’Inter è stata tamponata, e nel prossimo pezzo cercherò di capire come potrebbe chiudersi il bilancio 2021/2022.

La situazione a medio/lungo termine resta invece ingarbugliata, e solo in minima parte dipendente dalla volontà di Suning. Questo, parlando da tifoso, andrebbe sottolineato: qui non c’è una proprietà che fa i capricci, o un Presidente che si impunta e non vuole più spendere. Qui c’è un colosso che, come tutte le aziende cinesi, è soggetto a indicazioni che arrivano direttamente dal Governo e che, come tali, devono essere seguite senza margine di manovra.

Raccontarla per quello che è non migliora la solfa, chè se Pechino non cambia le regole qui rimangono cazzi amari, ma almeno aiuta a sgombrare il campo dai tanti professori da bar del “va beh ma se il cinese non c’ha i soldi può anche tornare a casa sua“.

Giusto per far capire che è un pochino più complicato di così.

Come sta Suning? I numeri di un colosso in difficoltà | Calcio e Finanza
Rappresentazione grafica del concetto “Suning c’ha l’Inter

RIECCOLI

Urca… stavolta quello là chi lo tiene!

Lo so che lo state pensando. In effetti quanto successo nel weekend è benzina sufficiente a farmi borbottare per settimane, ma non posso dire di essere meravigliato di quanto successo.

Arrivo tardi, quando tanti hanno già detto molto, e spesso in maniera tanto estrema quanto corretta. Da parte mia aggiungo che la cosa non è nuova, che da sempre la Lega Calcio, lungi dall’essere portatrice di interessi della Serie A nel suo insieme, è in realtà prona agli interessi di pochi, (pochissimi, praticamente uno solo) anche quando questi vanno a scapito di quelli di molti.

La sola cosa che voglio rimarcare è questa: il rinvio di Juve-Inter da giocarsi domenica sera a porte chiuse è stato solo marginalmente spiegato con motivazioni relative alla situazione sanitaria. In realtà l’obiettivo principale -e arrivo a dire legittimo- della Juventus era non perdere un incasso plurimilionario. Sapendo che non sarebbe stato possibile far disputare il match a porte aperte, vista la situazione generale del Paese, ha fatto leva sul casino generale per procrastinare un incontro che avrebbe dovuto giocare in un momento di forma assai migliorabile: Sarri mai così in discussione, oltretutto autore di una gaffe involontaria ma gustosissima (“in Italia quei due episodi sarebbero stati due rigori per noi“), giocatori alquanto annebbiati, CR7 che mica può risolvere sempre da solo ogni partita, addirittura inediti “casi” in spogliatoio, come la più mestruata delle Inter degli ultimi anni.

Agnelli già nei giorni precedenti ha fatto di tutto per buttare la palla in avanti, avendo come unico obiettivo quello di non giocare. Non potendo motivarla così, ecco bella pronta la scusa ufficiale: non sarebbe stato bello per il calcio italiano trasmettere la partita più importante del campionato senza pubblico.

Tutto vero: la Serie A avrebbe offerto una versione migliore di sé con uno stadio pieno e festante.

Però, non potendo essere così per cause di forza maggiore, la sola risposta possibile da parte della Lega in un Paese civile avrebbe dovuto essere:

Mi spiace ragazzi, non è bello ma è il minore dei mali: si gioca domenica sera a porte chiuse“.

Del resto, e non occorrerebbe nemmeno doverlo ricordare, l’obiettivo principale della Lega è quello di garantire il regolare svolgimento delle partite e, conseguenza diretta, avere un campionato avvincente e attrattivo per tutti gli spettatori in Italia e all’estero.

Come reagisce l’Inter? Nemmeno malissimo, visto il pedigree dei soggetti coinvolti (Marotta e Conte erano a libro paga di quelli là fino a non molto tempo fa, che cacchio vuoi che ne sappiano di trovarsi dalla parte sbagliata della storia?).

Marotta in particolare definisce irricevibile e quasi provocatoria la proposta bianconera di giocare lunedì sera a porte aperte, ma solo con pubblico piemontese. Parla apertamente di Campionato falsato (come non citare Elio ed il suo capolavoro). Per una volta mi ha ricordato una delle poche uscite da applausi di Paolillo (mi pare fosse lui, purtroppo non trovo il link), vecchio dirigente nerazzurro di epoca morattiana:

Se non ricordo male c’era stata una richiesta da parte juventina di cambiare il campo per un turno di Coppa Italia (doveva giocarsi a Milano, chiesero di giocarla a Torino) e, quando comprensibilmente l’Inter aveva rifiutato, si erano inventati una soluzione del tipo “beh facciamo un sorteggio per stabilire dove si gioca”. A quel punto Paolillo -o chi per lui- aveva fatto un paragone azzeccato: È come se ti occupassero casa quando sei fuori, e al ritorno ti dicessero “tiriamo a sorte per vedere chi può rimanere”.

Battute a parte, fa bene Marotta a respingere qualsiasi ipotesi che possa rimediare a tale pasticcio, anche se proprio in queste ore sembra aprire all’ipotesi di un recupero da giocarsi lunedì prossimo a porte aperte.

Il mio sogno è banale e già auspicato da altre menti elette dell’interismo borbottante: schierare la Primavera contro quelli là, che si giochi domani, tra una settimana, tra due mesi. Che vincessero l’ennesimo scudetto da mani zozze, e chissenefrega.

Guarda caso, perfino in una situazione fuori da qualsiasi prevedibilità si è trovata la maniera di avvantaggiare qualcuno a scapito di tutti gli altri, in particolare di qualcun altro. Ma, al solito, a farlo presente passi per il solito rancoroso complottista. Ribadisco che anche 15 anni fa (non 150) ci dicevano così, e poi abbiamo visto quel che è successo.

Ma queste ultime giornate non ci hanno regalato solo le polemiche qui succintamente richiamate.

CR7 ad esempio ha colto al volo il rinvio della partita per precipitarsi al capezzale dei suoi ex compagni del Real ed assistere alla vittoria nel Clasico contro il Barcellona.

Devo essermi perso lo stracciamento di vesti della stampa che sindacava sulla professionalità del giocatore, che si reca a Madrid per una partita non appena saputo del rinvio della sua ed a pochi giorni dal ritorno di Coppa Italia col Milan.

Sì, il rimuginatore con memoria elefantiaca si riferisce al Superclasico River-Boca giocato a Madrid l’anno scorso e ad Icardi presente -insieme ad un’altra decina di giocatori di Serie A, CR7 compreso!– in tribuna a pochi giorni dal match contro il PSV, finito in pareggio nonostante un suo gol e valso la “retrocessione” dalla Champions all’Europa League.

Al solito: Maurito e signora insultati quali i peggiori terroristi, colpevoli a priori della possibile eliminazione dell’Inter dalla Champions (ce l’avete gufata voi, maledetti, chè lui aveva pure segnato!) silenzio assoluto per gli altri colleghi presenti al Bernabeu.

CR7 invece ha lasciato tanti amici che corre a salutare non appena ne ha la possibilità, e con cui magari un domani potrebbe anche riunirsi. Ah che bello l’amore…

Quasi meglio dell’aria frizzantina che si respira a Milanello Bianco.

Zorro Boban al solito non si tiene e spara dritto nei denti quel che pensa: difficile digerire certi affronti per uno come lui. Al solito: si può parteggiare per lui o per Gazidis se si è tifosi, non se si è giornalisti. Eppure, ancora una volta, il caso pare fatto apposta per l’ennesima suddivisione manichea. Da una parte i rimasugli della squadra dell’amore (Boban, Maldini, Ibra-che-vuole-solo-il-Milan), dall’altra i cattivoni che non rispettano il sarcofago di quel che fu una grande squadra (Gadizis il freddo contabile, Raiola lo stupratore di sogni).

In mezzo, la scomoda verità, che però nessuno sembra voler ricordare: che il Milan è messo male, ma male davvero, come Inter e Roma non sono mai state. Ha per ora accettato (senza in realtà poter far molto per evitarlo) un anno fuori dalle coppe, nella speranza di un piano di rientro più morbido, ma ancora non alle viste. Se nerazzurri e giallorossi hanno stretto i denti all’interno di un percorso tanto tortuoso quanto se non altro definito, i rossoneri continuano a tenere la testa sotto la sabbia, sperando in un indulto -forse formati al divino insegnamento del loro ex Presidente- o in una riforma pro domo loro del Fair Play Finanziario. Quello stesso complesso di regole salutato come unica medicina possibile per i Club spendaccioni a inizio anni ’10, è invece adesso -non senza ragioni- additata come il male assoluto. Guarda caso, proprio adesso che la sua mannaia dovrebbe abbattersi sulle verdi vallate (ma con conti rosso sangue) di Via Aldo Rossi.

Ribadisco: che sia il tifoso medio a bestemmiare contro la UEFA ci sta. Che la stampa faccia il coro, arrivando ad accusare velatamente Gazidis ed Elliott di avere il braccino corto, ci sta un pochino meno.

Ma saremmo bugiardi a dirci sorpresi…

Risultato immagini per juve inter rinviata

OTTOBRATA RANCOROSA

PUNTO TENNICO

Il momento che speravo di vedere il più tardi possibile, si è invece palesato nell’ultima settimana giocata: pur facendo due figure più che dignitose, l’Inter esce dagli incroci con Barcelona e Juventus con zero punti.

Hai voglia a smargheritare con i pronostici della vigilia chiedendoti “ma se dovessi vincerne solo una, quale preferiresti?”.

Siamo quindi alla pausa nazionali con una classifica che continua ad essere di tutto rispetto ma con morale e giunture un po’ cigolanti.

Se pensiamo alla partita con la Juve, è parsa diretta la correlazione tra uscita di Sensi e fine del gioco: troppo importante il piccoletto nel centrocampo nerazzurro. Non solo lo trovi ovunque a far la cosa giusta, ha anche il piacevole effetto collaterale di sgravare Brozovic di un po’ di lavoro. Sono in due a smazzarsi la costruzione della manovra, chè ormai tutti hanno capito che con uno schermo sul croato blocchi il grosso del traffico e riduci il possesso palla al ti-tic ti-toc tra i centrali di difesa.

Lunga vita agli adduttori di Sensi, quindi, che se non altro si risparmia la convocazione in Nazionale -che in compenso ci ha già omaggiati di una caviglia di Sanchez ed un dito di D’Ambrosio- ma che verosimilmente non vedremo alla ripresa del Campionato. Il calendario mette in programma la trasferta di Sassuolo, già indigesta ai nostri per definizione, e ancor più scomoda del solito vista la recente scomparsa del patron Squinzi.

Quale miglior occasione per i suoi giocatori di ricordare il loro presidente di note simpatie rossonere“. Già me la sento la canea mediatica…

Ecco: giocarsi quella trasferta senza (tra gli altri) il piccolo-grande ex sarà ancora più complicato, e sarà il primo vero banco di prova per gli uomini di Conte. Come ben sappiamo, già altre volte negli ultimi anni l’Inter aveva infilato una bella serie di vittorie, (Pioli e Spalletti arrivarono a sette), ma ai primi tentennamenti il castello di carte era crollato facendoci ricominiciare ogni volta dalle fondamenta o quasi.

Di più: ad ogni filotto di risultati nel passato si era puntualmente alzata la gufata massima “quel che è evidente è che l’Inter di (…inserire nome del Mister di turno) non ha più le amnesie di una volta e non ci saranno più blocchi mentali e montagne russe”.

E’ quel che dicono anche adesso e, se fossi un osservatore esterno, potrei anche essere d’accordo. Conosco però troppo bene le strisce nerazzurre per dormire sonni tranquilli, e vedo quindi nella ripresa post-Nazionali un ciclo di paratite solo apparentemente morbido.

Il tour emiliano (Sassuolo, Parma, Bologna), con incursioni sul Garda (Brescia, Verona) pare fatto apposta per fare filotto pieno e mantenersi ai piani altissimi della classifica. Vuole però anche dire zero margine di errore e tutto da perdere: basta un pari e torniamo alla solita Inter che butta tutto alle ortiche. Senza contare che in questo bel giretto autunnale c’è anche -se non soprattutto- il doppio incrocio col Borussia per giocarci le poche chances rimaste in Champions.

Andonio e il Gatto Pancrazio che si porta in testa non avranno bisogno di suggerimenti, ma quel che direi io ai ragazzi è “calma: non abbiamo fatto un cazzo. Anzi… testa bassa e pedalare“.

PUNTO COMPLOTTO

Ci sono alcune cose che non cambiano mai, ed altre invece che sono nuove ma che vanno nella stessa direzione. Cerco di spiegarmi partendo dalle certezze granitiche.

Zlatan Ibrahimovic ha giocato due stagioni con la Juve, tre con l’Inter e due col Milan. Questo vuol dire che, volendolo proprio tirare per la giacchetta, il Club italiano in cui è stato per più tempo è stata l’Inter.

Ciononostante, il suo triennio nerazzurro è costantemente lasciato in disparte, quando non ignorato in toto, ogniqualvolta i giornali parlano di lui. Foto di archivio in maglia gobba o rossonera, dichiarazioni relative al calcio italiano sempre rivolte alle altre due strisciate, condite da amarcord all’insegna di “quanto stava bene Ibra alla Juve e al Milan”.

L’ultima conferma in questo senso si è avuta nell’intervista rilasciata a margine dell’inaugurazione della statua a lui dedicata a Rosengard, in Svezia. Queste le sue parole:

Se posso venire in Italia non vedo il problema, faccio meglio di quanto facciano quelli che ci sono ora. Secondo me la Juventus sta facendo grandi cose, è il simbolo del calcio italiano per la squadra e i calciatori che hanno. Anche l’Inter sta facendo grandi cose con un grande allenatore, stanno spingendo molto. Le altre squadre stanno provando qualcosa ma non sono ancora a livello della Juve e più staccata c’è l’Inter secondo me. Mi dispiace tanto per il Milan, per me deve essere un top club per risultati e per investimenti, con i migliori giocatori del mondo. Ma al momento non è così.

Il grassetto l’ho aggiunto io di bellezza. Questo invece il modo in cui sono state riassunte sui giornali italiani:

Onore alla Juve, carezze malinconiche all’amatissimo Milan. Fine delle trasmissioni. Chi l’avrebbe mai detto? Del resto, la damnatio memoriae del periodo nerazzurro non è certo una novità: tra i millemila esempi, ecco come veniva descritto Zlatanasso in estate dall’ineffabile redazione sportiva di Repubblica:

Passiamo invece alle novità: la stampa plaude agli acquisti nerazzurri e riconosce il valore di alcuni di loro: nello specifico parliamo di Lautaro, Sensi, Barella e Bastoni.

Bene, direte voi, vedi che fanno complimenti anche all’Inter? Vedi che sei paranoico? Sì, certo, aspettate un attimo.

Di Sensi si riesce a dire testualmente che il suo rendimento altissimo per l’Inter è un limite. Non basta: altrove si parla dell’ottima accoppiata Sensi-Barella, aggiungendo prontamente che però mancano le alternative.

Ancor più interessante la disamina sul giovane difensore Bastoni: tutti entusiasti per l’esordio del ragazzo a Genova contro la Samp, ma altrettanto pronti a spegnere facili entusiasmi: occhio che col ragazzino che vien su bene, potrebbe anche partire Skriniar!

Concetto simile per il Toro Martinez: bravo, bene, tutto quel che volete… Certo che adesso la clausola è da ritoccare, c’è pur sempre il Barcellona che lo corteggia.

Concludendo: la novità è che si parla bene di molti giocatori interisti (a mio parere è un modo indiretto per fare i complimenti a Conte, ma ammetto che il mio è un processo alle intenzioni). La conferma è che il mercato è quella cosa che per ogni altra squadra rappresenta un’opportunità, e per l’Inter sempre e solo una minaccia.

PUNTO ORGOGLIONE

E’ di qualche giorno fa la notizia che l’Uefa ha premiato l’Inter quale miglior settor giovanile europeo. Mi piace anche in questo caso riportare il testo ufficiale perchè dice molto, soprattutto a chi vuol sentire:

“La Commissione Esecutiva della Uefa ha scelto di premiare FC Internazionale Milano per la categoria ‘Miglior Club Professionista’. Questo premio viene assegnato alle società che, oltre alla propria attività professionistica, si impegnano in un’agenda ricca di specifiche iniziative sociali a dimostrazione dell’impegno del club per le comunità locali e l’attività di base. La Commissione Esecutiva ha ritenuto che l’Inter meritasse di vincere questo premio.”

Questo in risposta ai tanti Arrighi Sacchi che hanno sempre sputato veleno su un Settore capace nell’ultima quindicina di anni di vincere campionati in quantità, di far esordire tanti giocatori nella massima Serie, e soprattutto di accompagnarne la crescita sportiva a quella umana, culturale e professionale (anche qui, tra i tanti esempi, prendo quello del giovane Natalino).

Tanto per essere chiari, e tornando alla motivazione: quelle poche righe dovrebbero tappar la bocca e far arrossire tanto i critici del “cosa conta vincere il Campionato Allievi, è più importante preparare questi ragazzi allo sport e alla vita in generale” quanto i cinici del “Bella la manfrina di Inter Campus e Inter Academy, ma l’Inter è una squadra di calcio e di tanti ragazzi non ce n’è uno che poi arriva ad alti livelli”.

Come contrappunto di puro dispetto ricordo ai più distratti che i nostri cugini, quelli che propongono giUoco (cit.), sono attualmente nella Serie B del Campionato Primavera.

Come si dice in questi casi: me so’ sfogato.

ICARDI SI ICARDI NO

L’imputato si alzi. A suo carico, leggo dal suo fascicolo, vedo:

  • Cattivi rapporti con parte dello spogliatoio. Solo i croati? Davvero? Quant’è grande la inevitabile zona grigia, che esclude i suddetti slavi ed altrettanto gli amici-amici? La possibilità di permanenza in nerazzurro dell’Icardi è a mio parere direttamente proporzionale all’ampiezza della succitata zona grigia;
  • Relazione con l’allenatore che pare compromessa, colpe e meriti di entrambi;
  • Scarsa o nulla collaborazione con la Società che, da Febbraio in poi, ha invano chiesto low profile e silenzio mediatico, a cui l’imputato ha risposto come visto in questi giorni;
  • Uno stato di forma sotto i livelli minimi di decenza, senz’altro complici i due mesi da scioperato, e la conseguente penuria di gol in stagione. Solo 10 finora, e non dimentichiamo che anche prima della querelle-fascia di capitano, il nostro era in astinenza da gol da qualche partita.

Certo, l’imputato ha anche le sue belle esimenti, oltre a qualche attenuante ed una fedina fin qui immacolata:

  • 100 e passa gol in 6 stagioni non è roba da poco, e tutti sono concordi nel ritenere questo 2019 come una sfortunata contingenza e non come un declino del giocatore (peraltro appena 26enne);

Forse con Marotta a bordo già da Luglio la questione avrebbe potuto risolversi in maniera più rapida e meno mediatica? Chi lo sa. Qui senz’altro non si è visto arrivare il bubbone… Cara Inter, ascolta uno ossessionato dai media: se la moglie-agente del tuo giocatore migliore ti informa che da Settembre sarà in TV tutte le domeniche a parlar di calcio, la cosa in qualche modo la devi tamponare.

  • Aldilà delle esternazioni del suo agente, che mi limito a definire inopportune, la ricerca della massimizzazione dei profitti da parte di qualsiasi professionista è un imperativo cui nessuno sfugge. Fa quindi parte del gioco tutta la tiritera legata al rinnovo del contratto ed all’aumento dello stipendio. Che la questione sia stata gestita male nell’insieme è pacifco, ma in questo caso è la Società a mio parere ad avere le maggiori responsabilità.

Raiola o Mendes non avranno labbra carnose e un metro di tette da mostrare a favor di camera (per quanto Raiola…), ma si sono mai visti ospiti fissi in una trasmissione che parla di calcio? Mai.

Solo una mente semplice o obnubilata può pensare di uscire indenne da 9 mesi di domande incrociate all’insegna “allora rinnova?” “perchè non ha ancora firmato?” “ma ci sono problemi?“.

In questo, torno a dire, Wanda fa il suo mestiere e difende gli interessi di famiglia, alternando polemiche, lacrime e scollature a seconda della convenienza. Non è il massimo in termini del già citato senso dell’opportunità o di understatement ma, hey, mica siamo a Buckingham Palace… Tu però, cara Società, cos’hai fatto davvero per evitarlo? E dopo che non l’hai evitato, cos’hai fatto per minimizzare entità e durata del danno.

Prima cagata che mi viene in mente: ti dò 100 lire in più di aumento ma basta ospitate in TV non concordate con il Club.

Odio concordare con Caressa, ma capita anche questo: domenica sera l’ho sentito auspicare una gestione più o meno dittatoriale dei diritti di immagine dei calciatori da parte delle società e questo, a un imperialista come me, suona come musica celestiale. Che tu sia Icardi o Piraccini, sei un calciatore dell’Inter e mi rappresenti anche quando sei sulla tazza del cesso. Ergo: dalle tue terga non esce nemmeno un peto se non l’hai prima concordato con me.

So’ poeta, checcevoifà

SI VA BEH MA ALLORA, ANDARE O RESTARE?

Sono un vecchio romantico, quindi alla fin della fiera vorrei che Icardi rimanesse. Fortunatamente ho superato la fase in cui il centravanti della mia squadra dev’essere il mio modello di vita (per quello restano i terzini biondi e tedeschi e i mediani pelati e argentini). Il mio ragionamento è assai più utilitaristico e poggia su due motivazioni discretamente nerborute:

Se Icardi lo dai via adesso, lo svendi. Troverai senz’altro soggetti interessati, ma scordati i 110 bomboloni della clausola. Verosimilmente lo puoi cedere per 70, forse 80 milioni.

Che, per carità, son gran soldi e, vista l’endemica necessità di plusvalenze, sistemerebbero i numeri del bilancio dell’anno. Però di fatto incassi la metà di quel che sarebbe stato il suo valore dopo una stagione all’altezza dell’Icardi che conosciamo.

Ragioniamo coi se e coi ma, per una volta: immaginiamo un Icardi con i “soliti” 25 gol in Campionato, cui sommare la buona figura fatta in Champions (6 partite e 4 gol, di cui 2 a Tottenham e Barça). Se ricordate, uno dei leit motiv di questo inverno, con acque ancora placide, era “aumentiamo la clausola! Anzi no: togliamola del tutto chè anche ad aumentarla comunque è come appiccicargli sopra il cartellino del prezzo, e il PSG di turno arriva e te lo porta via“.

Invece siamo al “diamolo via al primo che ci casca e se lo piglia”, come fosse un Balotelli qualsiasi; peggio; come nell’intramontabile scena di Amici Miei, tutti consapevoli che “chi si prende Donatella, deve per forza prendersi tutto il blocco”. E la cosa, in termini di valutazione del giocatore, non fa il bene del venditore.

Ma siccome ci piace ragionare coi se e coi ma, ammettiamo pure che l’Atletico di turno sia disposto a pagare la cifra in questione: 75 cucuzze e ciao-ciao Icardi (dall’esempio ho volutamente lasciato fuori l’ipotesi Juve, che complicherebbe ancor di più il dilemma). A quel punto, col portafoglio bello pieno, devi andare a trovare e successivamente comprare uno che faccia lo stesso mestiere, magari con un procuratore più tranquillo.

E qui casca l’asino: dove lo trovi?

Dybala? Non scherziamo. A parte che è una seconda punta, e poi fa a gara col nostro a chi ha fatto la stagione peggiore…

Dzeko? E dovrei portarmi in casa un 34enne che, per quanto elegante e che fa giocar bene la squadra, segna meno della metà di Icardi?

Lukaku? Forte, senz’altro lo strapaghi -ammesso che il Man Utd voglia venderlo- sia in termini di cartellino che di ingaggio, e poi non sai in che modo può ambientarsi in Italia.

Zapata? Sta facendo la stagione della vita, ma se andiamo su di lui gettiamo la maschera e dichiariamo che vogliamo vivacchiare e basta.

Quindi come la si risolve?

Il film che mi sono fatto -non ci vuole un genio per capirlo- è che vedo impossibile la contemporanea permanenza sua e di Spalletti. E, posto che nessuno dei due al momento gode del massimo della mia considerazione, mi tengo l’argentino e sacrifico il toscano.

Spalletti sente da mesi aria malsana intorno a sè, con la Società ancora una volta incapace di far quadrato intorno al proprio Mister e a lasciare passare spifferi e voci senza che nessuno senta il dovere di smentire.

Non è nemmeno escluso che Lucianino, capita l’antifona, abbia detto “beh se me ne devo andare allora mi tolgo qualche sassolino dalla scarpa”: nessuno ha capito e probabilmente non sapremo mai la esatta genesi di tutto il putanoire legato alla fascia. Chi dice che il fastidio sia partito dallo spogliatoio, chi dal Mister, chi da Marotta.

Quel che è certo è che subito dopo Parma-Inter, vinta con gol di Martinez su bel movimento di Icardi, Spalletti ha abbaiato contro tutti senza nemmeno essere interrogato sull’argomento dicendo “è ora dibbbasta con ‘sta manfrina del contratto, ora la devono chiudere!” mostrando insofferenza tanto verso il giocatore quanto verso la dirigenza.

Ora: facciamo l’ultimo ricorso ai se e ai ma, e ipotizziamo che effettivamente Spalletti venga giubilato a fine stagione. Il nuovo Mister (agghiacciante o meno) arriverà in una situazione per lui nuova, e potrebbe tranquillamente dire “io non so cosa sia successo e non me ne frega niente: io so che qui c’è un numero 9 che la butta dentro come un cecchino e questo io me lo tengo!”.

Se invece è proprio la Società a voler far fuori Icardi, allora vedremo il nuovo allenatore districarsi tra frasi fatte del tipo “ho accettato perchè l’Inter ha una storia e un progetto, che va aldilà dei singoli giocatori”.

So di essere incoerente con quel che blatero di solito: sono di norma uno strenuo difensore del Mister di turno, perchè come sapete vedo nella scelta di quel tassello l’architrave della strategia societaria.

Faccio però molta fatica a preferire un addio di Icardi affinchè possa rimanere Spalletti, per un semplice motivo: la Società dà l’idea di essersi rotta le balle di entrambi. Tenere Spalletti vuol dire che non si è riusciti a prendere Conte (che piaccia o no), quindi per Spalletti vuol dire vivere una stagione da “sopportato”. Al primo pareggio stupido in casa parte la canea, matematico.

Posto che al momento l’epilogo più probabile è l’addio di entrambi (esemplificazione plastica del bambino e dell’acqua sporca buttati via, e proprio per quello paragone assai applicabile a latitudini interiste), almeno fatemi sperare di poter conservare una garanzia di gol per la prossima stagione.

MALEDETTI (CIT.)

CAGLIARI-INTER 2-1

(cit.) il link devo metterlo qui, nel titolo non me lo prende. Mi scuserà il correttore di bozze…

Ecco l’Inter esprimere il massimo del suo potenziale autodistruttivo.

Dopo essersi fatta esplodere il caso Icardi tra le mani (con responsabilità varie, come vedremo infra), l’equipaggio della zattera di Cast Away approda nelle perigliose acque cagliaritane, uscendone con le ossa a pezzi.

Il fatto che la piccola di turno, in crisi di gioco e risultati, contro i nostri metta in mostra la miglior prestazione stagionale è oramai una non-notizia e, per una volta, che questo non suoni come una sorta di recriminazione: son proprio i nostri che giocano alle belle statuine e permettono a qualsiasi squadra dotata di gamba e grinta di surclassarla.

Non c’è infatti altra risposta che questa, alla pur legittima domanda “ma com’è possibile che quelli dell’Inter non la becchino mai?“. Il Cagliari gioca una partita mariana, soprattutto un primo tempo in cui i nostri non ci capiscono un beneamato cazzo, riuscendo di puro talento, culo e cinismo a trovare il pari con Lautaro dopo e prima dei gol cagliaritani.

Brozovic e Vecino fanno a gara a chi è più lento e svogliato, Perisic pare tornato quello di due mesi fa, se pure Skriniar toppa la partita siamo a posto…

Poi, ovvio, al solito nessuno ci vuole bene. La granitica presa di posizione della Società dopo il rigore di Firenze al 97′ porta Cigarini ad essere graziato di un secondo giallo meritatissimo dopo nemmeno un quarto d’ora di partita, oltre che ad un fallo serenamente inventato che costa l’ammonizione a Skriniar e il non irrilevante accessorio dell’1-0 del Cagliari sulla punizia conseguente.

Tutto secondo copione.

Ma se sugli arbitri sappiamo di non poter incidere minimamente, quantomeno sulla voglia di giocare a calcio -che poi sarebbe anche il vostro mestiere, benedetti fijoli…- Spalletti & Co. dovrebbero poter fare qualcosina.

Invece Barella pare Matthaeus strafatto di nandrolone, Pavoletti il Gigi Riva del 2020 e i nostri una mandria di inetti come nelle peggiori occasioni.

Si salvano solo Martinez e Nainngolan, che quantomeno ci provano, corrono e costruiscono dal nulla il gol del pari. Ovvio che la prima reazione allo scempio visto sia “beh, vedi a giocare senza Icardi?“.

Difficile però che l’ex Capitano potesse far meglio del Toro nella circostanza. Il delfino argentino ha tre palle gol in 90′ minuti: la prima la butta dentro di testa sul primo palo come il miglior Gigino di Biagio (vero Signor Carlo?), la seconda la spedisce sul palo girandosi in un fazzoletto, la terza -ancora de capoccia– la piazza fuori di pochi cm. Vero: sbaglia a non premiare l’unico inserimento di Vecino in area nei 90′, ma non è certo il nostro numero 10 ad avere sulla coscienza la sconfitta.

Nella ripresa in realtà riusciamo nell’apparente controsenso di far cagare, ma di produrre un certo numero di occasioni. Oltre a quelle di Martinez citate supra, Politano entra bene palla al piede in area ma non angola a sufficienza il tiro, mentre Borja Valero dopo una bella azione corale pensa bene di sparare alto un destro a giro che pareva facile-facile da piazzare sul secondo palo.

Spiace dover fare la gara degli stronzi, ma i due croati -sugli scudi nelle prime uscite senza Icardi- hanno dormito sonni tranquilli e profondi per 90′. Questo a ulteriore e non richiesta conferma del fatto che di innocenti e immacolati lì dentro non ce n’è.

MO’ V’O’ BBUCO ‘STO PALLONE!

Siamo quindi al redde rationem.

Ho già detto da che parte sto, da quella dell’Inter, che continua ad essere più importante di tutto e di tutti.

Proprio per questo, ritengo che non ci sia nessuno esente da colpe in questa storiaccia. Non Icardi, non Wanda, non Spalletti, non Marotta, non Perisic.

Tutti hanno sbagliato qualcosa, Mauro più di tutti. Marotta per ora meno di tutti, a meno di un piano diabolico di distruzione dall’interno in pieno Lippi-style che -se reale- non tarderà a dar traccia di sè.

Per il resto concordo con Bergomi e fin qui nulla di strano; già più scomoda la posizione di dover additare Fabio Capello a maitre à penser dell’interismo moderno; ai confini del lisergico dover ascoltare parole sagge ed esperte da Ando’ Cassan’. Sic transit gloria mundi…

Come si sistema ‘sto casino?

A mio parere in maniera molto utilitaristica e machiavellica: questo stallo non giova a nessuno. Anche volendo sorvolare sul bene supremo (l’Inter, of course), Icardi ha tutto da perdere nel continuare la manfrina del malato immaginario e permaloso.

Vuoi riprenderti la fascia? Non te la ridaranno mai, ma anche a volerci credere, non è senz’altro stando nella tua torre d’avorio che la Società e compagni faranno un passo verso di te.

Te ne vuoi andare? Occhio: chi ti compra, citando il Sassaroli, “deve per forza prendersi tutto il blocco“. E se la cameriera tedesca, due anni di contratto, severissima, in uniforme (cit.), non è compresa nel pacchetto, i post e la moglie/agente bombastica invece sì, e non me lo vedo il Real di turno (ma nemmeno la Juve) fare spallucce e dire “ma sì, che ce frega, va bene lo stesso“.

La Società stessa, se non risolve ‘sto troiaio, si trova il valore della propria stella polverizzato. Se già l’estate scorsa nessuno si era fatto vivo per pagare i 110 milioni di clausola, figuriamoci se ci pensano adesso.

Anzi: è più che plausibile uno scenario inverso, del tipo: “cara Inter, ti risolvo un problema: Icardi me lo prendo io” ma a quel punto sono gli altri a fare il prezzo, mica tu.

Vuoi tener duro? O 110 milioni o il ragazzo rimane qui fino a scadenza? Benissimo: ma o risolvi la situazione o ti tieni la serpe in seno pagandolo senza che nemmeno giochi.

La favola della squadra che senza il capitano reietto gioca e vince è durata quanto solitamente dura l’effetto cambio-allenatore: una scossa di nervi e orgoglio efficace nel breve periodo ma costoso in termini di tenuta mentale, e di questo Cagliari è la conferma empirica.

Che qualcuno si sia dato da fare proprio in concomitanza del caso-Icardi va ad ulteriore detrimento della sua professionalità (la sola cosa in cui do ragione a Maurito è la critica a chi gioca bene per voler andar via dall’Inter, sì Perisic, stiamo parlando di te…). Per il resto, di squadre in cui non tutti vanno d’accordo è pieno il mondo, ma come ben sappiamo è solo alla Pinetina che risuona da decenni il refrain #bruttoclimainspogliatoio #spogliatoiospaccato #squadradivisainclan #civuoleilbloccodiitaliani.

LE ALTRE

Anche quest’anno la Juve vince il Campionato tre mesi prima, e la sola consolazione è che davvero non ce la fanno a vincere pulito (vedi esplusione di Meret). Come ben sappiamo, per il Triplete anche quest’anno sarà per l’anno prossimo, ma è davvero un grattare il fondo del barile per consolarci.

I cugini, dopo non so nemmeno quanto tempo, ci passano in classifica. A questo siamo arrivati: a farci superare da una squadra con una rosa da sesto-settimo posto, che le proverbiali ondate di culo e allineamento planetario fanno rendere costantemente al 110%. Il Sassuolo del milanistissimo Squinzi non ha nemmeno bisogno di scansarsi, tanto contro il cul ragion non vale: ecco l’autogol di Lirola e tre punti di platino, che il bravo Ringhio ha se non altro il merito di intascare senza esaltarsi, al contrario di tutta la stampa che si pasce del sorpasso come se fosse l’unica cosa importante.

La Lazio vince il Derby e, con una partita da recuperare, apparecchia la volata finale con quattro squadre a litigarsi i due posti rimanenti sul treno Champions. Un treno, diobono, su cui eravamo seduti stravaccati e con la palpebra calante fino a due mesi fa, e dal quale rischiamo di scendere a calci.

Ma i nostri non temano: nel caso, di calci in culo e ceffoni in fazza, ce ne saranno altrettanti ad attenderli sul binario.

Chiudiamo come abbiamo iniziato:

DALL’ORSATO ALL’ABISSO

FIORENTINA-INTER 3-3

Le cose da dire sono tante, e non solo perchè ultimamente ho poco tempo per scrivere.

La squadra ha palesemente cambiato fisionomia e atteggiamento, (di)pendendo palesemente dalle accelerazioni e dall’intensità dei vari Perisic, Nainggolan e Brozovic. Non voglio soffermarmi sulla casualità o meno del risveglio di alcuni di loro. Voglio invece indagare due aspetti della partita.

Il primo è l’ennesima conferma di quella che nacque come sensazione ormai un lustro fa e che oggi è una realtà oggettiva: il nostro portiere ha un serio problema con le uscite. Aldilà di una certa imprevedibilità nell’azione che porta al vantaggio gigliato (in realtà assai lineare nel suo sviluppo, ma dopo appena 20 secondi dal fischio d’inizio e con un fastidioso vento contrario), un lancio come quello di Ceccherini pare fatto apposta per la prima corsetta del portiere che arriva al limite dell’area, aspetta il pallone e fa ripartire i compagni.

Oeh! Come no… Guardo lo schermo pensando tra me “quand’è che il nostro portiere compare nell’inquadratura?”, e quando in effetti appare lo vedo tentennare come il più pavido degli indecisi, rappresentazione plastica del “vado o non vado?” che suggerisce risposte poco educate al suo quesito esistenziale.

Al solito un po’ di culo mai, visto che la deviazione di Simeone Jr sul tocco di Chiesa sarebbe finita in fallo laterale, trovando invece lo stinco di De Vrij per il più beffardo degli autogol.

Ora: anche prescindendo dalla questione “fascia di capitano”, una papera così davvero non si può guardare, non è la prima e nemmeno la seconda. Ormai è un dato di fatto: il nostro portiere gioca con un guinzaglio legato al palo. Se non altro abbiamo tutta la partita per rimediare. E per quello rimediamo anche in fretta, con Vecino bravo a mettere in porta di destro al volo sugli sviluppi di un calcio d’angolo, pareggiando i conti dopo 5 minuti.

Sul come poi la partita si dipana nei successivi 97 (sì, in totale si è giocato per 102′) è quasi superfluo dilungarsi. La Viola per la prima mezz’ora è velocissima ed alquanto velenosa, con i nostri bravi a sfruttare le rare incursioni in avanti col bel gol di Politano e non altrettanti cinici ad approfittare di un paio di contropiede nel finale di primo tempo.

La ripresa vede il rigore di Perisic che ci porta sul 3-1, la ripetuta ignavia dei nostri ad andare a cercare il gol che chiuderebbe definitivamente i conti, stante anche una Fiorentina che accusa il colpo, e un quarto d’ora finale all’insegna del caghiamoci sotto.

La punizia di Muriel è tanto precisa quanto aiutata dal vento e forse è quello, oltre all’assenza di ulteriori insulti dopo il gol subito in apertura, a non farmi accanire sul nostro portiere, beffato sul suo palo con un tiro da 30 metri.

Eccoci così al maxi-recupero (quando cazzo arriveremo al tempo effettivo?) e all’ultima azione, nella quale io e mio figlio, assolutamente partigiani ma non per questo cecati, già in diretta gridiamo “fallo!” sul contrasto Chiesa-D’Ambrosio. Macchè. A quel punto vedere l’arbitro fischiare il rigore è la cosa più ovvia che mi aspettassi.

Già dai primi replay però l’intervento del nostro pare assolutamente legittimo, tuttavia percepisco, nel mio complottismo cronico, la ricerca spasmodica di Abisso di un appiglio che gli faccia tenere il punto, senza dover essere smentito per la terza volta in un’ora.

L’appiglio non lo trova, ma il nostro si trasforma nel mago di Segrate, in versione svulazzante, e riesce comunque ad aggrapparsi alla propria, scellerata decisione: è rigore. Handanovic ormai non ne para più da anni e il pareggiotto è cosa fatta.

E’ COMPLOTTO

La cosa che mi è piaciuta di meno, meno ancora dell’ennesima “svista arbitrale”, è il modo in cui l’Inter ha gestito la cosa.

Assordante il silenzio di tutta la dirigenza nerazzurra a fine partita (Marotta, Zanetti, Ausilio, Gardini, tutti zitti puttana eva!), il solo Spalletti mandato a fare la guerra da solo riuscendo a passare dalla parte del torto pur avendo ragione. Vero che l’Inter non è tutelata da nessuno, vero che tutti i giornalisti ed opinionisti hanno una squadra del cuore (Caressa core de ‘sta città ha poco da fare il permaloso, anche se sul caso specifico ha ragione, e non sapete quanto mi girino a dargliela), ma qualcuno ha evidentemente passato a Spalletti l’informazione sbagliata. Il Mister arriva e accusa tutti di aver messo in dubbio l’errore arbitrale, sfidandoli a riprendere la registrazione, che alla fine viene mostrata a pietosa chiusura dell’episodio.
Come passare da coglioni pur avendo tutte le ragioni del mondo.

Che poi debba essere Marotta, migliore amico degli arbitri fino a sei mesi fa, a combattere battaglie che in casa Inter sono ancestrali, fa parte dello scenario tragicomico di cui sopra, con il nostro che arriva a dichiarazioni di questo tipo:

Abbiamo subito un danno notevole, sarebbe stato diverso se fosse arrivato dopo 5 minuti e non a fine partita.

E ancora:

Davanti a una situazione del genere, dove si confonde l’oggettività con la soggettività, rimango basito e deluso per come viene usato questo strumento, però non me la sento di condannare l’arbitro.

No caro Marotta. Non devi dire che l’errore è grave perchè arriva a fine partita, perchè non c’entra un cazzo. E’ un errore grave punto e basta.
E non me ne frega un altro cazzo che non stia a te condannare l’arbitro.
Tu ti fermi un attimo prima di essere querelato, ma gli riversi addosso tutti gli insulti che il tuo ruolo ti permette.
Tu, nell’occasione, fai riferimento a questo come al picco di altri errori arbitrali già subiti quest’anno (vedi Parma e Sassuolo di inizio stagione).
Tu ricacci in bocca a tutti certe dietrologie compensatorie con la partita di andata, quella dei famosi polpastrelli, dicendo chiaro e tondo che il VAR ha dimostrato chiaramente che là il rigore c’era e qui invece no.
Tu, insomma, fai quello che non è mai stato fatto da queste parti, e che tu non hai nemmeno avuto bisogno di fare negli ultimi 8 anni, visto il tuo datore di lavoro.

Se poi davvero Marotta a fine partita è andato negli spogliatoi a chiedere spiegazioni all’arbitro, male: quello è un refuso juventino di cui avremmo fatto volentieri a meno. Però, ribadisco: se così è stato fatto, e se davvero ha ricevuto da uno degli arbitri l’ammissione dell’errore, allora a maggior ragione ti presenti davanti alle telecamere all’insegna del “lo dicono anche loro di aver sbagliato! Chiediamo il 3-0 a tavolino, un elicottero e la Kamchatka!“.

Invece, il solito palliativo inutile: due o tre giornate di sosta per l’arbitro, che verosimilmente quest’anno non arbitrerà più i nostri. Sai che ci frega…

Il peggio però, a livello giornalistico, non lo raggiunge nemmeno Zazzaroni con il suo già richiamato paragone tra i rigori di andata e ritorno, bensì il noto tifoso viola Sconcertante che si presta a tutti gli insulti possibili ed immaginabili.

Che da tifoso fiorentino difenda la sua squadra ci sta, lamentandosi dell’insistenza con cui il VAR è intervenuto (correttamente) a correggere decisioni sbagliate prese o non prese dall’arbitro (mi riferisco al rigore del 3-1, in effetti sfuggito a tutti ma effettivamente esistente e al netto fallo di Muriel su D’Ambrosio che porta all’annullamento del gol di Biraghi, inizialmente concesso). Tutto ciò fa parte del gioco.

Il nostro perà va oltre, arrivando -bontà sua- a riconoscere che
“L’Inter è storicamente poco protetta, sin dal rigore di Ronaldo.” Avrei da ribattere già qui, chè lo scudetto del ’64 allo spareggio col Bologna e il 9-1 con la Juve del ’61 sono segni evidenti dello scarso appeal nerazzurro presso il potere calcistico italiano, pure in periodi di gloria e vittorie.

Limitando l’analisi all’ultimo ventennio come suggerito dal nostro, è curioso constatare come in molte delle decisioni arbitrali “storiche” l’Inter sia sempre stata vittima. Cito a caso e con la certezza di non essere esaustivo:

Ad ogni modo, fatta questa premessa, il nostro si inerpica su uno sragionamento che ha davvero tanti punti da cui essere attaccato.

Una frase del genere meriterebbe paginate di piccate puntializzazioni e repliche puntute:

Gli interisti sono gli ultimi che possono parlare di complotti, visto lo scudetto assegnato a tavolino. E fu regalato da Rossi, tifoso interista. Serve aggiungere altro? Nei 10 anni di Moggi e Giraudo alla Juve, l’Inter ha preso 113 punti di distacco, arrivando due volte seconda. Però ne è stato fatto un continuo complotto.

Da buon complottista mi sento chiamato in causa. Cercherò di essere sintetico limitandomi a due punti:

Il primo: i due campionati cui si riferisce Sconcerti sono il 1997/1998 (quello “di Ronaldo”) ed il 2002/2003 (quello -si badi bene- successivo al 5 Maggio). E’ purtroppo e infatti noto che la disgraziata stagione 2001/2002 ci vide terminare terzi, superati all’ultima giornata anche dalla Roma. E’ altresì opinione diffusa che tutti e tre i campionati, con un regime arbitrale non alterato, sarebbero verosimilmente stati vinti dall’Inter di Moratti, che avrebbe così potuto vedere ripagati i suoi sforzi ben prima del quinquennio d’oro 2006-2011.
E tre Scudetti in 10 anni, caro Sconcerti, non sarebbero certo stati una media da buttar via.

Il secondo, ancor più sintomatico: che senso ha dire che l’Inter (o qualsiasi altra squadra estranea al cerchio magico bianconero) in quelle dieci stagioni ha accumulato cento e più punti di distacco? Quel periodo calcistico è stato oggetto di analisi, processi e sentenze della Magistratura sportiva e ordinaria, e mi piace riportare qui un passaggio della sentenza di Appello del tribunale di Napoli, che allarga il fetore nauseabondo (cit.) ben oltre ai due scudetti revocati alla Juventus:

Appare indubbio che sia emerso un sistema ben collaudato, peraltro già operante dagli anni 1999-2000, fra soggetti che sulla falsariga di «rapporti amichevoli» (…) ponevano in essere condotte finalizzate a falsare la reale potenzialità di alcune squadre di calcio.

Ora: in un contesto simile e così acclarato, che senso ha fare i conti sui punti di differenza tra una squadra e l’altra? Sarebbe come voler dimostrare che Ben Johnson era più forte di Carl Lewis, perchè nel lontano ’88 a Seul l’ha battuto (da dopato) nei 100 metri.

In altre parole, se mi metto in piedi sulla sedia anch’io sono più alto di Lebron James!

Anche i gestacci ci fanno…

DAL MORATTISMO AL MAROTTISMO E RITORNO

Quintessenze di Interismo tafazziano nelle ultime ore e alla vigilia di una a questo punto trascurabile trasferta europea.

Inutile riassumere i fatti, ormai noti anche a mammiferi privi di pollice opponibile.

Vado dritto sul come la penso.

Penso che sono anni che abbaiamo alla luna alla ricerca della società forte, che non cede ai ricatti del singolo e che tutela invece il Club contro tutto e tutti, e che -gradito o meno- è arrivato uno che fa questo di mestiere.

La pura analisi dei fatti mi fa quindi essere d’accordo con la scelta della Società. Della Società, non di Marotta. Lo so anch’io che se non ci fosse stato lui probabilmente l’Inter si sarebbe comportata in maniera diversa, ma Marotta non “è” l’Inter, è un suo manager che lavora in nome, per conto e sperabilmente per il bene dell’Inter.

Rileggendo a ritroso le dichiarazioni di Spalletti dopo Parma si capisce qualche cosa di più: ero stato inizialmente sorpreso dall’apparente autogol del Mister, che “esortava” i direttori a chiudere la questione aperta con Icardi. Mi era sembrata una mossa paracula del tipo “avete cominciato ‘sto casino, adesso risolvetelo voi, io ‘un centro nulla ma il ragazzo così ‘un mi ci si diverte“.

A questo poi segue l’ennesima esternazione evitabile di Wanda, che arriva sostanzialmente a denigrare i compagni del marito, incapaci di servirgli palloni decenti, ed ecc’allà, la goccia che fa traboccare il vaso. Forse già sabato Spalletti chiedendo “l’intervento” dei direttori, pensava a una “chiusura” non in senso di soluzione del problema, ma di taglio netto al passato e conseguente novus ordo saeclorum. Chi lo sa.

Fatto sta che dopo il Ninja e Perisic, anche Icardi fa la conoscenza dell’occhio che uccide. Comprensibile che l’argentino la prenda male, abbandonando il ritiro a fine seduta e non aggregandosi alla squadra in partenza.

Bene farà l’Inter se deciderà di soprassedere e non multarlo per l’assenza, in effetti non interpretabile come “non giustificata”.

Ancor meglio farà Icardi a riflettere sul come si sia arrivati a questa situazione. Lui continua ad essere un patrimonio della Società, e non mi schiero con tutti i verginelli che oggi sbraitano su concetti quali essere degni o meno di portare la fascia di capitano.

Icardi è e rimane un professionista esemplare, ma gli ultimi mesi hanno palesato una situazione che si è fatta sempre meno sostenibile soprattutto all’interno dello spogliatoio.

Che il tuo procuratore (che sia anche tua moglie è irrilevante) accetti di essere ospite settimanalmente in un programma che a livello neuronale se la batte col Processo del Lunedì e l’Appello del Martedì dello scorso millennio dovrebbe già dire tutto.
Non è opportuno, per non dir di peggio.

Se vi state chiedendo se la mia mente sia a tal punto disturbata da vedere in Tiki Taka, e quindi Mediaset, un co-responsabile di tutto il puttanaio in questione, vi rispondo dicendovi che la domanda coglie nel segno. Ma questo è un mio problema.

E’ altrettanto verosimile che, con Marotta già in sella in estate, la Società avrebbe esercitato una moral suasion presso il proprio tesserato per far cambiare idea a Wanda. Non essendo avvenuto nulla di tutto ciò, una volta che la collaborazione inizia, non è che quella vada lì a parlar del tempo. Quella fa il suo mestiere.

E mi fermo qui perchè so’ signore.

Ad ogni modo il frittatone è servito, e tutti hanno da perderci.
Se l’obiettivo di Wanda era spuntare un rinnovo con cospicuo aumento di stipendio, direi che ha fallito su tutta la linea.
Se voleva solleticare l’appetito di un Top Club Europeo a pagare la clausola di 110 milioni a Luglio, malino anche qui.
Icardi rischia di dover rimanere altri due anni all’Inter alle condizioni decise dal Club. Che, beninteso, potrà anche decidere di estendere la durata del contratto e di aumentare l’ingaggio, ma sulla base di rapporti di forza completamente diversi rispetto a una settimana fa.

Chissà che questo “rischio” (mi rendo conto dell’assurdità di concepire come rischio il giocare a calcio in una delle squadre più importanti d’Italia a 5 milioni di euro annui) non faccia addivenire a più miti consigli la coppia. La vedo dura, onestamente, perchè la cosa presupporrebbe umiltà e intelligenza, che non mi paiono abbondare a quelle latitudini…

Siamo quindi al crucifige? No, non esattamente. Non riesco a schierarmi 100% pro e 100% contro, nemmeno in questo caso.
Un po’ perchè Icardi continua a essere un centravanti della Madonna.
Un po’ perchè plaudere alla Società vuol dire anche fare il coro a quelli che battono le mani a Marotta, non all’Inter.
Un po’ perchè alla fine resto un complottista, e alcuni scenari da fantaspionaggio calcistico, con Marotta che arriva per scassare tutto e poi fuggire a missione compiuta come Lippi nel 2000 sono troppo vicini per non essere colti dalla mia mente malata.

Pensiamoci: valore del giocatore polverizzato, Paratici che conferma l’interesse della Juve di 12 mesi fa, Marotta che a Giugno “si libera di un calciatore scontento”. Madama ringrazia e noi bestemmiamo. Non ditemi che un esito del genere vi coglierebbe di sorpresa…

Certo, sentire che proprio chi per 18 anni ha gestito la baracca in maniera simpatttica senta l’esigenza di rilasciare dichiarazioni con-la-consueta-disponibilità-sotto-gli-uffici-della-Saras, è la degna conclusione della faccenda.

Cioè: siamo al Signor Massimo che si rammarica del fatto che le cose non siano state gestite con discrezione e siano state date in pasto alla stampa.

Siamo al meta-humour.

Azz… agge fatt’ ‘na strunzata…

GRAZIE THOHIR

EIn settimana è arrivata l’ufficialità della cessione delle quote da parte di Thohir a favore del fondo di Hong Kong LionRock. Prontissime le vedove del Morattismo* a denigrare il “cicciobello filippino” (copyright da dividere al 50% tra Evelina Christillin e il Pres della Sampdoria Ferrero), reo secondo loro di non aver mai pensato all’Inter in senso sportivo bensì solo in termini di business-ROI-IRR-Capital Gain e compagnia cantante.

*Morattismo: è del tutto ovvio che Moratti Massimo non abbia mai goduto di stampa amica, anzi. E’ noto a tutti gli addetti ai lavori ma anche ai semplici lettori che le dichiarazioni del Presidente Simpatttico, ”rese con la consueta disponibilità sotto gli uffici della Saras”, erano la perfetta insalata di rinforzo per qualsiasi paginata da completare, quando non il piatto principale allorquando si voleva scatenare un “Caso” o una delle mille “CrisiInter”.
Qui parlo del diverso concetto di Morattismo, e cioè del modo tipico del Signor Massimo di gestire l’Inter, che per vent’anni si è prestata alle critiche della stampa -in buona parte anche concettualmente corrette- scandalizzata per la facilità con cui il Presidente spendeva miliardi o milioni (a seconda del conio) di soldi suoi, dovendo rendere conto solo a se stesso.
Lo schema era noto: Moratti spende tanto, non vince niente. Silenzio totale sul perchè (Calciopoli? Non ci risulta), vagonate di letame sull’Inter. #nonvincetemai e compagnia cantante.
E la nostalgia del Morattismo? Eccola: lui vende a Thohir, che trova un Club in pesante dissesto finanziario, aggravato dalle nuove norme sul FPF. Deve quindi agire da ragiunatt e non da appassionato di sport. Eccolo, il peccato mortale: e noi adesso con cosa giochiamo? Ci hanno tolto il jolly con cui lavorare… ‘Sto qua fa il suo mestiere, spende quanto può (cioè poco) si arrabatta, non esterna cinque volte a settimana, quando lo fa lo fa tramite i suoi canali… è finita la pacchia, è finito il Morattismo.

Tocca per l’ennesima volta precisare la mia opinione o, meno modestamente, dire la verità.

Caro Daniele Dallera del Corriere della Sera, iniziare un articolo con una frase come “Nessun interista rimpiangerà Erick Thohir” vuol dire fare di una tua opinione un fatto oggettivo, oltretutto un falso storico. Vuol dire -soprattutto e purtroppo, visto che in teoria scrivi su un quotidiano autorevole e non sulla Gazzetta del Balengo- andare dietro ai Luoghi Comuni Maledetti mettendo a bagno il cervello.

Prendo atto che quel che era il quotidiano della borghesia pensante di questo Paese, preferisce andar dietro agli abbaiatori di semi-professione rinunciando in partenza ad un ragionamento nemmeno tanto complicato, e che è questo:

Thohir arriva, e tra le prime cose che fa, riorganizza la sede di Milano dove, narra la leggenda, siano state lasciate a casa 70 persone. Cambia direttore sportivo, dovendo pagare una buonuscita a Marco Branca, unico DS in Italia ad avere un contratto a tempo indeterminato. Insomma, in termini aziendali fa lo sporco lavoro di portare la ditta familiare a impresa organizzata. Il tutto non potendo spendere quanto sarebbe necessario, e questo a prescindere dalla sua volontà di farlo.

Lo scrivo più semplice, caro Dallera: Thohir ha fatto letteralmente tutto il possibile per rendere l’Inter più forte. Non tanto sportivamente, ma a livello societario.

Dico “tutto il possibile” proprio intendendo tutto ciò che le regole del tempo permettevano. Da sfigati cronici quali siamo, sempre in ritardo con gli appuntamenti cruciali e sempre puntualissimi quando c’è da centrare lo spigolo del letto col mignolino, siamo stati tra i primi ad accedere al Settlement Agreement, mancando di pochi mesi la possibilità di usufruire del successivo e decisamente più morbido Voluntary Agreement.

Ma evidentemente dirlo pareva brutto e rovinava il finale, vero Dallera?

Thohir non ha mai detto “Farò grande l’Inter”, anzi: citando Churchill ha promesso lacrime e sangue, ponendosi l’obiettivo di sistemare i conti e raggiungere la zona Champions entro 5 anni, cosa riuscita grazie alla vittoria all’ultima giornata in casa Lazio.

Ultima domanda, caro Dallera: secondo lei Zhang sarebbe stato interessato a rilevare le quote di un’Inter costretta, per mille motivi, a regalare i cartellini di Sneijder, Julio Cesar e Maicon? Glielo dico io: no, manco per il cazzo. Invece l’ ha fatto, cacciando un certo numero di milioni e consentendo all’indonesiano di intascare una faraonica plusvalenza (le cifre parlano di un totale di 150 milioni di guadagno). Questa è una colpa? No, questo si chiama lavorare bene.

Thohir, come ho già detto, è stato il dottore che ti prescrive la medicina cattiva ma che ti fa guarire. Lì per lì lo maledici –chè nemmeno io mi divertivo a vedere Kuzmanovic e Taider a metà campo- ma una volta guarito capisci che è stato bravo.

Non è difficile come ragionamento, ma presuppone onestà intellettuale e voglia di analizzare i fatti, tutte cose estremamente rare, ancor più se si tratta di Inter.

… CHE IO GLI HO VOLUTO PIU’ BENE CHE A TE

…Uguale… 

…concludeva la citazione.

Sorvolo sui trascurabili risultati della Nazionale, che da tempo ha smesso di solleticare le mie attenzioni. Registro per puro amor proprio l’ingresso con gol decisivo di Politano, ma nulla più di questo.

Rivolgo invece la mia attenzione alla stampa italiana, sicuro di trovare materiale organico in quantità.

Nella stessa giornata infatti, la Gazza riesce per l’ennesima volta ad equiparare i diversi destini di Inter e Milan. Anzi, a ben vedere stavolta riesce nel triplo carpiato.

Secondo la Rosea il Milan, ascoltato ieri a Nyon dalla UEFA e in attesa di vedersi comminare una multa (vedremo quanto salata), sta preparando un mercato di gennaio coi controcazzi: Ibra, Sensi, Paredes, magari anche Pato, oltre a un paio di difensori e al già acquisito Paquetà (35 bombolons).

Il tutto, ripeto, per una squadra che attende di sapere dalla Svizzera di che morte deve morire, e che però viene descritta quasi minacciosa nei confronti dell’autorità sportiva europea, della serie “sì va beh dammi ‘sta multa ma non rompere i coglioni” (vedasi riquadrino intimidatorio cerchiato di rosso):

Inked Gazza homepage 21 nov 2018

Un’offerta che non si può rifiutare

Sull’altra sponda del Naviglio, manco a dirlo, #benemanonbenissimo.

Pare imminente l’arrivo di Marotta -su cui ancora non mi sono pronunciato perchè ancora sto cercando di capire come la penso, vedete un po’ come sono messo…- e con lui l’accesso a tanti tavoli per i quali finora non avevamo l’invito, visto il sempre migliorabile appeal della nostra società in ambito PR.

La cosa porta vantaggi che sono teoricamente indubbi ma tutti da dimostrare. Peccato però che le speranze, quando a strisce nerazzurre, debbano sempre essere calmierate, chè mica si può illudere i tifosi: quella nerazzurra è e deve rimanere una valle di lacrime.

Ecco quindi immancabile l’ennesimo ritornello dei conti da far tornare, del Fair Play Finanziario che incombe, dei 40 milioni di plusvalenze da generare anche nel prossimo Giugno.

Ecco l’ennesima litanìa datata 21 Novembre, fonte Corriere dello Sport, forse irritato dal presunto interesse di Marotta per il laziale Milinkovic-Savic.

Il serbo piace ma costa. Lotito è storicamente una bottega cara. Ecco quindi che potrebbe servire un sacrificio:

E allora non si potrebbe più escludere che uno tra i vari Icardi, Skriniar, Brozovic, De Vrij e Perisic, ovvero i gioielli nerazzurri, anche per i rispettivi valori a bilancio, venga sacrificato.

Il gufaggio è sistematico ormai da quasi quattro anni, da quando Thohir sottoscrisse con scarsissimo margine di manovra quell’accordo che -per quanto vituperato da tutti- ha permesso all’Inter di essere ancora in piedi e di poter poggiare su basi solidissime.

La solita quota-sfiga associata ai nostri colori è tale per cui il cicciobello con gli occhi a mandorla (immortale cit. ovina) non ebbe neppure la possibilità di provare la più morbida opzione Voluntary Agreement, entrato in vigore pochi mesi dopo l’accordo siglato tra Inter e UEFA.

Di fatto l’Inter ha dovuto (e saputo!) sottostare al diktat UEFA passando per anni di purgatorio, che nondimeno le hanno permesso di mantenere in squadra i pochi giocatori validi acquisiti o già in rosa nel periodo (Icardi, Handanovic, Perisic, Brozovic), rimpinguandoli con operazioni intelligenti e mirate (Miranda, Skriniar, De Vrij, Politano).

Ciononostante, ogni finestra di mercato, estiva o invernale che sia, è costellata da pletore di uccelli rapaci notturni della famiglia degli strigidi (in italiano corrente “gufi”) che preconizzano addii forzati o sacrifici umani sull’altare del break-even.

Vedremo quel che succederà: è anche possibile che, a furia di gufare, o forse solo per fisiologiche necessità di rinnovo della rosa, qualcuno effettivamente venga ceduto dietro presentazione di una soddisfacente offerta economica. A quel punto mi aspetto una canea di mani alzate al grido di “ve l’avevamo detto!” sulla scorta delle bombe di calciomercato di Maurizio Mosca: basta dire che tutti vanno e tutti restano, qualcosa lo azzeccherai di sicuro.

E poi mica è vietato venderne uno forte per prenderne un altro altrettanto forte e magari più giovane. Del resto, e per rimanere a Marotta, la Juve ha negli anni rinunciato a Pogba, Tevez, Vidal, Pirlo, Bonucci (per poi riprenderlo), ma in quei casi tutto era parte di un piano ben preciso, operazioni lodate da tutti in maniera compatta e diligente.

Qui, al solito, siamo al si salvi chi può.

Ecco: sarà interessante capire quanto impiegherà Marotta a passare dall’infallibile stratega di mercato ad “azzeccagarbugli succube della proprietà cinese che non lascia fare il suo mestiere a chi è italiano e conosce il mercato come le sue tasche”.

Mettiamoci comodi, lo spettacolo sta per iniziare! (come se fosse mai finito…)