EIn settimana è arrivata l’ufficialità della cessione delle quote da parte di Thohir a favore del fondo di Hong Kong LionRock. Prontissime le vedove del Morattismo* a denigrare il “cicciobello filippino” (copyright da dividere al 50% tra Evelina Christillin e il Pres della Sampdoria Ferrero), reo secondo loro di non aver mai pensato all’Inter in senso sportivo bensì solo in termini di business-ROI-IRR-Capital Gain e compagnia cantante.
*Morattismo: è del tutto ovvio che Moratti Massimo non abbia mai goduto di stampa amica, anzi. E’ noto a tutti gli addetti ai lavori ma anche ai semplici lettori che le dichiarazioni del Presidente Simpatttico, ”rese con la consueta disponibilità sotto gli uffici della Saras”, erano la perfetta insalata di rinforzo per qualsiasi paginata da completare, quando non il piatto principale allorquando si voleva scatenare un “Caso” o una delle mille “CrisiInter”.
Qui parlo del diverso concetto di Morattismo, e cioè del modo tipico del Signor Massimo di gestire l’Inter, che per vent’anni si è prestata alle critiche della stampa -in buona parte anche concettualmente corrette- scandalizzata per la facilità con cui il Presidente spendeva miliardi o milioni (a seconda del conio) di soldi suoi, dovendo rendere conto solo a se stesso.
Lo schema era noto: Moratti spende tanto, non vince niente. Silenzio totale sul perchè (Calciopoli? Non ci risulta), vagonate di letame sull’Inter. #nonvincetemai e compagnia cantante.
E la nostalgia del Morattismo? Eccola: lui vende a Thohir, che trova un Club in pesante dissesto finanziario, aggravato dalle nuove norme sul FPF. Deve quindi agire da ragiunatt e non da appassionato di sport. Eccolo, il peccato mortale: e noi adesso con cosa giochiamo? Ci hanno tolto il jolly con cui lavorare… ‘Sto qua fa il suo mestiere, spende quanto può (cioè poco) si arrabatta, non esterna cinque volte a settimana, quando lo fa lo fa tramite i suoi canali… è finita la pacchia, è finito il Morattismo.
Tocca per l’ennesima volta precisare la mia opinione o, meno modestamente, dire la verità.
Caro Daniele Dallera del Corriere della Sera, iniziare un articolo con una frase come “Nessun interista rimpiangerà Erick Thohir” vuol dire fare di una tua opinione un fatto oggettivo, oltretutto un falso storico. Vuol dire -soprattutto e purtroppo, visto che in teoria scrivi su un quotidiano autorevole e non sulla Gazzetta del Balengo- andare dietro ai Luoghi Comuni Maledetti mettendo a bagno il cervello.
Prendo atto che quel che era il quotidiano della borghesia pensante di questo Paese, preferisce andar dietro agli abbaiatori di semi-professione rinunciando in partenza ad un ragionamento nemmeno tanto complicato, e che è questo:
Thohir arriva, e tra le prime cose che fa, riorganizza la sede di Milano dove, narra la leggenda, siano state lasciate a casa 70 persone. Cambia direttore sportivo, dovendo pagare una buonuscita a Marco Branca, unico DS in Italia ad avere un contratto a tempo indeterminato. Insomma, in termini aziendali fa lo sporco lavoro di portare la ditta familiare a impresa organizzata. Il tutto non potendo spendere quanto sarebbe necessario, e questo a prescindere dalla sua volontà di farlo.
Lo scrivo più semplice, caro Dallera: Thohir ha fatto letteralmente tutto il possibile per rendere l’Inter più forte. Non tanto sportivamente, ma a livello societario.
Dico “tutto il possibile” proprio intendendo tutto ciò che le regole del tempo permettevano. Da sfigati cronici quali siamo, sempre in ritardo con gli appuntamenti cruciali e sempre puntualissimi quando c’è da centrare lo spigolo del letto col mignolino, siamo stati tra i primi ad accedere al Settlement Agreement, mancando di pochi mesi la possibilità di usufruire del successivo e decisamente più morbido Voluntary Agreement.
Ma evidentemente dirlo pareva brutto e rovinava il finale, vero Dallera?
Thohir non ha mai detto “Farò grande l’Inter”, anzi: citando Churchill ha promesso lacrime e sangue, ponendosi l’obiettivo di sistemare i conti e raggiungere la zona Champions entro 5 anni, cosa riuscita grazie alla vittoria all’ultima giornata in casa Lazio.
Ultima domanda, caro Dallera: secondo lei Zhang sarebbe stato interessato a rilevare le quote di un’Inter costretta, per mille motivi, a regalare i cartellini di Sneijder, Julio Cesar e Maicon? Glielo dico io: no, manco per il cazzo. Invece l’ ha fatto, cacciando un certo numero di milioni e consentendo all’indonesiano di intascare una faraonica plusvalenza (le cifre parlano di un totale di 150 milioni di guadagno). Questa è una colpa? No, questo si chiama lavorare bene.
Thohir, come ho già detto, è stato il dottore che ti prescrive la medicina cattiva ma che ti fa guarire. Lì per lì lo maledici –chè nemmeno io mi divertivo a vedere Kuzmanovic e Taider a metà campo- ma una volta guarito capisci che è stato bravo.
Non è difficile come ragionamento, ma presuppone onestà intellettuale e voglia di analizzare i fatti, tutte cose estremamente rare, ancor più se si tratta di Inter.
