TOTTENHAM-INTER 1-0
Saranno contenti quelli che accusano l’Inter di avere sgraffignato qualche vittoria di troppo. I nostri, aldilà dei pomposi propositi della vigilia, vanno a Londra con il chiaro intento di portare a casa il punto che garantirebbe la qualificazione. E il piano, diciamocelo, era quasi riuscito.
Tirate le orecchie a Spalletti e Ninja per averlo riproposto da titolare e poi tolto dopo 40’, il resto della squadra mi pare solido e sufficiente per poter portare a casa il risultato.
Pare chiaro fin da subito che occasioni per segnare, nonostante la migliorabile fase difensiva londinese, non ce ne saranno molte, ed è per questo che esaurisco il bonus-madonne sull’occasione capitata a Borja Valero pochi minuti dopo il suo ingresso. Lo spagnolo, autore peraltro di una prestazione assolutamente dignitosa, cincischia col pallone tra i piedi senza trovare il decimo di secondo giusto per tirare una “pesciada al balùn” e farlo rotolare perlomeno verso la porta di Lloris.
Ma prima di analizzare la partita da un punto di vista tènnico, tocca davvero tornare sulla scelta di schierare il Ninja dall’inizio, soprattutto vista l’evoluzione della partita. Se l’ha fatto apposta, Pochettino è stato un mago a tenere la partita in equilibrio fino al 70’ per poi inserire i suoi incursori più pericolosi (Son e Eriksen) quando ormai le difese del nostro sistema immunitario erano cariche di acido lattico e obnubilate a livello neurologico. Il delitto perfetto, non c’è che dire.
Non posso però traslare il ragionamento ai nostri. Se hai uno come il Ninja, splendido tuttocampista che però appartiene alla genìa del calciatore prima di tutto fisico, e che senza quello perde il grosso della sua pericolosità, cerca di utilizzarlo al meglio. Mi spiego meglio per i duri di comprendonio (non voi, quindi, che mi avete capito al volo): parti con Borja Valero, fai girare palla, tieni la posizione e i ritmi bassi. Nella ripresa, se e quando necessario, dentro l’animalanza del tabbozzo belga e andiamo a comandare. Tenere in campo Nainggolan senza che possa correre a dovere è una pena da vedere anzitutto per lui: vederlo accennare la corsa e pensare una frazione di secondo dopo “no meglio di no se no mi scasso” mi fa pensare agli ultimi anni di carriera di Michael Owen e non rende giustizia al nostro numero 14.
Fine della polemica interna.
Anche perchè, per il resto, la squadra fa quel che deve fare. Ad esempio, parte da dietro col palleggio manovrato (almeno nelle intenzioni), che è una cosa che di solito mi manda ai pazzi, non avendo i nostri nel controllo di palla e nella visione di giUoco la specialità della casa. Però in quel caso è giusto insistere, visto che il grosso del pressing il Tottenham lo fa sulla nostra trequarti: saltato quello, poi loro sono assai morbidi e pavidi. Giusto quindi cercare di irretirlo e non sparacchiare lungo sull’isolato Icardi.
Dietro, sia Skriniar che De Vrij si comportano bene, sostanzialmente fino alla bella percussione di Sissoko che viene colpevolmente lasciato avanzare, prima di dar palla a Dele Alli che gira a sua volta per l’accorrente Eriksen: due gol in stagione, due gol con noi (contando che quello dell’andata era anche autorete di Miranda. Te possino).
Subìto il fischione è chiaro che non c’è modo di riprenderla, ed è un peccato per un certo numero di motivi.
Anzitutto la sconfitta ci costringe a giocarci il tutto per tutto contro il PSV in casa, con quel clima da ultima spiaggia che tanto volentieri avremmo evitato.
Secondariamente perchè un orecchio dovrà comunque essere sintonizzato dalle parti di Barcellona, tanto per essere sicuri che i catalani facciano le persone serie e non lascino campo aperto agli Spurs.
La terza e ultima paura è un mix delle prime due, che potrebbe paradossalmente portare a un Barcellona che fa anche il suo dovere, ma ai nostri che si perdono in un bicchier d’acqua.
Insomma, che Natale arrivi presto e con lui questa serie di verdetti di Coppa e Campionato, responsabili di insonnie già patite e ancora da gustare nelle settimane a venire.
LE ALTRE
Siamo al paradosso per cui la Roma ne becca un paio dal Real Madrid in casa, dopo essersi mangiata l’incredibile nel primo tempo, ma è comunque qualificata, mentre il Napoli batte 3-1 la Stella Rossa ma dovrà faticare come e forse più di noi per portare a casa la qualificazione. La Juve continua la sua serie e batte 1-0 il Valencia in un girone che riserva la gradita sorpresa finale di un Mourinho alle fasi a eliminazione per la quattordicesima volta su altrettanti tentativi, alla faccia di chi gli vuole male.
E’ COMPLOTTO
Noto che è bastata una sconfitta (quella di Londra) per dar fiato alle trombe e farci ripiombare negli intramontabili #crisiinter e #casointer.
Colpevoli di giornata Perisic e il papà di Lautaro Martínez. Il primo a rispondere a domanda precisa e ammettere che sì, gli piacerebbe giocare in Premier League ma che è all’Inter che pensa; il secondo a lamentarsi da chiagneffotte di professione del poco spazio riservato al figlio, pentendosi poco dopo e cancellando la sua scurreggia socialmediatica.
Spalletti risponde come deve, lodando entrambi i giocatori e circoscrivendo le loro uscite al rango di bagatelle o poco più, ma è tutto più che sufficiente per l’ennesimo paragone a distanza tra le due sponde del Naviglio. L’Inter, che tra pochi mesi dovrebbe finalmente uscire dal Settlement Agreement (è un’altra delle cose che dicono ogni anno sul ritornello di “stavolta è la volta buona”), sarà costretta a vendere uno dei suoi gioielli; il Milan con l’arrivo di Gazidis e dato per scontato quello di Ibra aggiunge al carrello della spesa Fabregas (un altro che sono 5 anni che deve arrivare in rossonero) e pare non preoccuparsi per nulla della sentenza in arrivo dalla UEFA. Ma non voglio ammorbarvi più di quanto già fatto recentemente.
Proseguo con una chicca già segnalata al volo in settimana tramite Facebook, riprendendo un sondaggio di European Football Benchmark. Nessuna sorpresa nell’apprendere che la Juve è la squadra più tirata in Italia e l’Inter (non il Milan, anche se dato parimerito) la seconda. La novità simpatttica è che i nostri sono primatisti di un’altra classifica: quella della squadra più odiata.
Commento la cosa riprendendo il laconico hashtag vergato sulla mia pagina FB: #ècompotto.
E’ in un certo senso inevitabile, essendo l’Inter sempre stata “altro” rispetto a tutto ciò che caratterizza il calcio italiano. Bene così, insomma.
Del resto, per continuare con gli slogan, #noinonsiamoquellarobalà.
Passando a cose più scandalose e tristi, sono inqualificabili le scritte apparse sui muri di Firenze prima del match tra Viola e Gobbi. Farmi essere d’accordo con Andrea Agnelli e Nedved è cosa difficilissima, ma quest’accozzaglia di craniolesi ci è riuscita.
Segnalo una chicca marroncina che stranamente nessuno ha fatto notare, e che secondo me invece dà la misura dell’ignoranza endemica di questa gente: il nome di Scirea era stato inizialmente scritto con la H invece che con la C (vedi foto tragicomica).
Siamo ai livelli di “Indipenza Padana” o “Integraliso leghista”.*
*scritte realmente esistenti tra Monza e Vedano al Lambro a fine anni ‘90.