L’ERBA CATTIVA NON MUORE MAI

INTER-PSV 1-1

Andiamo a casa, o peggio, nell’Europa dei poveri, come è giusto che sia.

Inutile recriminare su quello che fanno gli altri, assai più opportuno leccarsi le ferite e constatare che, come da titolo, certi difetti sono davvero difficili da eliminare.

Ancor più della maglia a strisce verticali nerazzurre, il tratto distintivo di questa squadra è da sempre quello di sbagliare le rimesse laterali e -ben più grave- le partite decisive, quelle senza margine di errore, quelle in cui (porcoildemonio) “dipende tutto da te”.

Era infatti assai improbabile che il Tottenham potesse sbancare il Camp Nou e, in sostanza, il Barça ha fatto quel che doveva. Non si può fargli una colpa se in una partita per loro totalmente inutile fanno riposare un po’ di titolari: in ogni caso segnano dopo pochi minuti e apparecchiano la serata come meglio non potrebbero.

Noi invece il gol lo becchiamo, pure da polli, e pure dal solo giocatore che -a sentire i sedicenti esperti- aveva già esperienza e dimestichezza con i palcoscenici internazionali, vista la pluriennale esperienza in bianconero. Oh! Come no… dribbling della minchia sulla trequarti, palla persa e sifulotto che si accomoda tra le nostre terga.

Il nostro equilibrio, psichico prima ancora che tattico, va a farsi benedire: come se mancasse una manciata di minuti e non quasi tutta la partita, i nostri sparacchiano palloni in avanti alla cazzo, azzardano dribbling e giocate in verticale (Asamoah ancora capofila) che sono la totale antitesi di un approccio alla partita che pure era stato convincente. Ottimo il cross di Icardi che trovava Perisic sul secondo palo: colpo di testa e manata del portiere aiutata dal legno della porta. Insidioso il cross basso dalla sinistra, pochi minuti dopo e sempre sullo 0-0, su cui D’Ambrosio in avviamento colpiva fuori di poco.

Le premesse insomma c’erano tutte. Buon inizio, ottime notizie in arrivo dalla Spagna. Però Tafazzi è in agguato e colpisce.

Tocca fare un rimando al cosiddetto “giorno che non esiste”: al 44′ del primo tempo di “quel” Lazio-Inter, vendemmia 2002, i nostri stavano sopra 2-1 ed in sostanziale controllo del match. Il terzino sinistro di allora (talmente inviso a chi scrive da non volerlo nemmeno nominare) pensò bene di combinare la minchiata del secolo servendo il pari che avrebbe portato alla nostra sconfitta. Ho sempre pensato che, andando al riposo in vantaggio, quel Campionato l’avremmo vinto, a prescindere dal come si fosse arrivati a quell’ultima giornata.

Singolare che ieri sera, in una partita per alcuni versi ancor più importante di quella, sia stato ancora il terzino sinistro a farsi rubare palla e condannarci all’antinferno.
Torno ad un concetto già espresso più volte: quando le tue forze -fisiche ma soprattutto mentali- sono al lumicino, il margine di errore è minimo e, di contro, lo sbaglio rischia seriamente di far saltare le residue energie e gli equilibri così precariamente assemblati.

Detto, fatto. Oltretutto Asamoah è recidivo, visto che da analoga posizione (min. 2.00 di questo nostalgico filmetto) ci fece il graditissimo regalo di perder palla nell’Inter-Juve gestione De Boer, vinta proprio grazie a quell’errore ed alla conseguente capocciata di Perisic.

Torniamo all’oggi. L’intervallo di Inter-PSV arriva come una dose di psicofarmaco, almeno nelle speranze di chi scrive. Che Spalletti faccia capire a questi qua che tempo e modo di riprenderla c’è. Forse…

E le occasioni per quello arrivano, soprattutto con l’andar del tempo: Borja trova benissimo Icardi in area, che spara di sinistro sul palo lungo trovando il mezzo miracolo del portiere. Poco dopo i due si scambiano il favore, con Icardi a servire di testa lo spagnolo per quel che sembra un facile rigore in movimento: la girata è però “masticata” e la palla finisce docile in mani olandesi.

Poco dopo ancora Icardi protegge palla al limite e la scarica per quel che vorrebbe essere il destro a giro di Brozovic, ma che si tramuta in un’arma impropria lanciata all’omino delle bibite.

Politano, anche ieri tra i migliori, mette alla mezz’ora una bella ma difficile palla sul secondo palo, sulla quale il festeggiatore seriale, spregevole frequentatore di stadi iberici, si arrampica riuscendo a capocciarla in porta. Non irreprensibile il loro portiere nella circostanza ma chissefrega, l’1-1 è cosa fatta.

Mancano venti minuti nei quali -è ovvio a tutti tranne che agli 11 in campo- c’è da continuare a spingere per trovare il 2-1. I nostri invece hanno un altro black-out, dopo quello successivo al gol del PSV: si rendono infatti conto che sic stantibus rebus sarebbero qualificati e di fatto traccheggiano senza affondare il colpo.

Ancora una volta, la cosa che fa più incazzare non è tanto questa (anche se già così…) quanto il fatto che l’inevitabile pareggio del Tottenham all’85’ ha l’effetto pavloviano di far riversare i nostri nell’area avversaria, facendo spiovere cross e passaggi come in un disordinato temporale estivo. Ecco Icardi avere un’altra bella occasione (fermato bene dai difensori), ecco Martinez librarsi nell’area piccola per quel che pare essere il cabezazo vincente e si tramuta invece in uno squassante e forte peto (cit.)

Ancora una volta finiamo con un pugno di mosche in mano, a rimuginare sulla sfiga e sul fatto che fino a 5 minuti dal 90′ eravamo qualificati. Tutto vero per carità… Il Barcellona poteva far giocare Messi Suarez e compagnia, darne 4 agli inglesi e tutti contenti.

E’ però abbastanza miope e puerile (vero Scarpini?) attaccarsi a questo o ad altri episodi. E’ un po’ come lasciare tutti i regali di Natale al 24 pomeriggio e poi lamentarsi perchè non riesci a far tutto. Andateaccagare e usate Amazon!

Come vaticinato, temo l’onda lunga di questa eliminazione, che davvero ci fa ripiombare a un anno e mezzo fa. Bravo deve essere Spalletti, e bravissimo Marotta, a far capire alla squadra che -è vero- son delle teste di cazzo, ma che questo girone di Champions ha consentito all’Inter di voltare pagina. La società ha comunque incassato tra tutto una quarantina di milioni che verranno utilissimi in sede di mercato, e l’imperativo categorico dev’essere quello di non disperdere nulla di quanto ottenuto.

Per il resto, ripeto, dell’Europa League poco mi importa. Quand’anche riuscissimo ad andare avanti (usque tandem?), avrei preferito uscire contro il Real Madrid agli ottavi in Champions piuttosto che col Chelsea di turno un giro dopo nella coppetta di consolazione.

SFIGHE, MERITI E COLPE

Molto sinteticamente: Icardi e Politano bravissimi, con un particolare quanto effimero godimento per le critiche preventive rivolte al nostro Capitano, puntualmente rispedite nei deretani dei rispettivi mittenti. Ma su questo vi ammorberò infra.

Politano, e in misura minore la coppia di difensori centrali, sono al momento con Icardi i nostri punti di forza. Brozovic ieri sera non mi è piaciuto, ma è un’altra risorsa fondamentale per quest’Inter.

L’altra metà della squadra galleggia nel mare placido del “senza infamia e senza lode”, o rientra nella categoria “sfighe” o “colpe”. Nel primo gruppo iscrivo gli infortunati Ninja e Vecino, che tanto comodo avrebbero fatto nelle ultime gare. La scelta di escludere Gagliardini e Joao Mario dalla lista di Champions è facile da criticare adesso, ma a mio parere era il minore dei mali.

Le colpe della partita a mio parere vanno distribuite tra Asamoah (spiace ma l’errore è lampante e purtroppo decisivo), Perisic per il perdurante stato di catatonìa e -solo dopo- Spalletti.

Non ho particolari critiche tecniche da rivolgere al Mister sulla formazione schierata e i cambi fatti ieri sera (forse Politano l’avrei tenuto dentro, ma era cotto, mancavano 10 minuti e non è per quello che abbiamo mancato la qualificazione), nemmeno per quel Candreva ripescato un po’ a sorpresa e che invece nel primo tempo ha creato problemi al PSV alternandosi con Politano e D’Ambrosio sulla destra. Un Perisic più pronto, ad esempio, avrebbe potuto sfruttare il bellissimo cross a metà primo tempo che invece è sfilato lungo stante il ritardo del croato.

Volendo trovare il pelo nell’uovo nella gestione tattica di Spalletti, mi ha incuriosito il fatto che Vrsaljko sia subentrato al “Poli” schieradosi a sinistra (lui destro naturale) lasciando il più eclettico D’Ambrosio sulla destra. Ma è una roba che ha sistemato dopo 5 minuti invertendo i due terzini.

Le critiche piuttosto si concentrano sulla parte “motivazionale” e di preparazione alla partita. Non riuscire a reagire dopo l’errore di Asamoah (per quanto importante) vuol dire che la squadra è fragile, e che le energie mentali -come detto- erano al minimo. Aldilà dell’agitare le braccia urlando “Calma! Calma!“, il Mister non è riuscito a convincere i nostri che l’impresa fosse comunque fattibile. E questo, per che è il capitano della baracca da un anno e mezzo, è grave.

L’ostruzionismo degli olandesi ha fatto il resto, con un Van Bommel ancor più intollerabile del solito a istruire perfettamente i suoi all’ammuina e all’infortunio sistematico: il famoso calcio totale orange… Il minchione oltretutto continua a recriminare sulla mancata espulsione di Handanovic nella partita di andata, dando prova di ignoranza calcistica oltre che di innata simpatia.
I nostri hanno solo sperato nella tenuta del Barcellona, anzichè cercare di risolvere la questione in proprio. Il che la dice lunga sulla loro autostima.

NO TAFAZZI PLEASE

Detto questo, che a nessun essere senziente venga in mente di dar seguito alle tante puzzette informatiche che cianciano di allenatore da cambiare e cagate simili. Assodato il fatto che Repubblica, e Andrea Sorrentino in particolare, hanno qualcosa di personale contro l’Inter e contro Spalletti (probabilmente i lupacchiotti de sinistra ancora non gli perdonano l’eccidio di Totti), mi aspetto che Marotta nelle prime uscite da nuovo AD si dichiari entusiasta di lavorare con Spalletti, indipendentemente dal fatto che lo sia o meno. La fiducia tra Società a Mister mai come in questo momento è da ribadire e dare assolutamente per scontata.

La testa va messa al Campionato per un paio di mesi, cercando di difendere quanto conquistato e recuperare sul Napoli, il che vuol dire vincere lo scontro diretto di Santo Stefano. Quella è la -nuova- partita della vita, che passa però da un paio di fermate intermedie (Udinese e Chievo) nelle quali è doveroso farsi trovare lucidi e cattivi.

E’ COMPLOTTO

Avrei da scrivere per settimane, chè gli ultimi giorni sono stati di una simpatia ancora maggiore del solito nei confronti dell’Inter. Tocca per forza saltare di palo in frasca.

I giorni e le ore precedenti al match sono state all’insegna della polemica e del gufaggio preventivo. L’endoscopia cui è stato sottoposto Icardi, tra compleanno della moglie e blitz a Madrid meriterebbe una lenzuolata all’uopo.

Mi limito a segnalare il taglio basso dell’edizione cartacea della Gazza di lunedì, nella quale si ripete l’effetto-scoop già magistralmente notato anni fa dal prode Stefano Massaron quando si volle spacciare come notizia sensazionale la paparazzata di Wesley Sneijder che fumava una sigaretta fuori da un locale. I soliti olandesi cannaioli…

Immagini sgranate anche in questo caso, con tanto di “tondini” a incorniciare i visi e arditi parallelismi sullo sguardo di Zanetti -per una volta alquanto accigliato e rivolto in basso- e l’umore della Società per la trasferta del proprio Capitano ad una partita cui hanno assistito cani e porci di stanza in Italia e Spagna. Vedere per credere:

Ma ovviamente è solo uno il calciatore che avrebbe fatto bene a non esserci.

Oltretutto la Gazza è recidiva anche nell’edizione odierna: non potendo pubblicare le articolesse sicuramente già pronte, con cui accusare Icardi di scarso impegno, di non aver nemmeno fatto gol (visto che si limita a fare solo quello…) e avendo invece dovuto riconoscere che è stato il migliore in campo, non solo per la rete segnata ma per gli assist non capitalizzati dai compagni, non potendosi dedicare a questo -dicevo- ecco che il prode Andrea Di Caro trova comunque il modo di tornare al blitz di Madrid, chiedendosi retoricamente:


Già, Icardi: al di là del gol segnato e della prestazione, ci chiediamo ancora se sia stato opportuno che il capitano della squadra sia andato a Madrid a vedere il Superclasico River-Boca come un tifoso argentino qualsiasi, sobbarcandosi un viaggio notturno a meno di 48 ore dalla gara più importante dell’Inter. È questo l’esempio da dare ai compagni? Si prepara così una partita di vitale importanza? Il problema non è quanto quel viaggio abbia inciso: è una questione di immagine, regole, comportamenti.

Per chiarire: ne vorrei undici di tabbozzi tatuati come lui, che in campo e in allenamento si fanno un culo quadro e che poi senza vergogna sperperano milioni di euro per fare regali alle mogli. E per fortuna non sono l’unico a pensarla così. Voi tenetevi i finti bravi ragazzi, semplicemente più furbi o più protetti dai media, e accomodatevi cordialmente al furgoncino diretto in discarica.

Icardi è un modello di vita e di stile? Assolutamente no, ed è altrettanto lontano dal prototipo di calciatore che mi piace (Ince, Simeone, Cambiasso, Zamorano, Milito… in questo sono un romantico). Però segna con regolarità impressionante e, non dovendone fare il mio idolo da adolescente, mi va benissimo così.

L’altro giochino cui si sono dedicati i vari scribacchini di corte è stato  il festival del “tanto è facile”: una partita di Champions, ultima e decisiva, per quanto contro l’avversario meno forte del girone, è comunque roba da stringiculo. Oltretutto il PSV è sì meno forte di Tottenham e Barça, ma non è ad ogni modo paragonabile ad uno Young Boys, un Viktoria Plzen e nemmeno ad una Stella Rossa. Ma fa niente: siamo al festival del “non vedo perchè l’Inter non dovrebbe vincere“. Di più, qualcuno si dichiarava “sbalordito se l’Inter non vincesse“. Grazie della fiducia, davvero.

Dopo aver visto “il perchè l’Inter non ha vinto”, il giornalista sconcertante asfalta di marrone anche quanto fatto di buono fin qui, riuscendo a contraddirsi da solo quando scrive:

Nell’Inter la conferma di un limite di gioco apparso chiaro sia col Barcellona che con il Tottenham. Fino all’imprevedibile pareggio col Psv.

Caro Sconcerti, delle due l’una. O l’Inter a Wembley e in Spagna non ha poi fatto così male, e allora era lecito aspettarsi di più col PSV, oppure l’Inter già con Tottenham e Barcellona aveva mostrato limiti di gioco, ma allora il pareggio col PSV non può essere considerato imprevedibile. Ci fai o ci sei?

Questo pezzo della Gazza segna invece una nuova vetta dell’arcobazia giornalettistica: ecco fuse insieme gemme di Same but Different (mezza Juve è a Madrid ma va bene perchè hanno un giorno in più di riposo) e balle inventate di sana pianta:

la delusione per una partita senza tiri che ha portato l’Inter a meno 14 punti dai bianconeri dopo appena quindici giornate di campionato, confermando che il gap tecnico tra le due squadre è ancora decisamente rilevante per provare a insidiare il dominio Juve in Italia”.

La “partita senza tiri” poteva essere 2-0 all’ora di gioco se Gagliardini e Politano (ah.. i nostri ragazzi italiani) avessero avuto piedi e neuroni ben allacciati al resto del corpo. Nessuno poi ha chiesto all’Inter quest’anno di insidiare il dominio Juve in Italia: non si capisce perchè, a sobbarcarsi questo dovere morale, dovrebbe essere la squadra che ha acciuffato il quarto posto negli ultimi minuti dell’ultima partita della stagione scorsa, e non Napoli e Roma che stabilmente da un lustro stazionano tra il secondo e il terzo posto. Ma va beh…

C’è poi tra le critiche post-match un ultimo e assolutamente trascurabile aspetto, che rientra nella solfa del “non è vero però ci sta bene quindi lo scrivo lo stesso“. Come probabilmente sapete, non tollero chi piange (in generale) e ancor meno chi lo fa per una partita di calcio. Le eccezioni concesse sono pochissime. Ora, titolare un pezzo “Icardi in lacrime” per poi leggere nel pezzo stesso che a piangere non è stato lui, semmai -forse- la moglie, non ha di certo contribuito a migliorare la mia giornata nè la reputazione dei giornalisti sportivi ai miei occhi. But nobody says anything…

Infine, ho notato da più fonti una rigida separazione nei commenti alle eliminazioni di Inter e Napoli, accomunate da gironi assai difficili e dalle rispettive sorti legate all’ultimo match.
E’ chiaro a tutti che il compito più agevole ce l’avesse l’Inter, e nessuno qui sta recriminando sulle giuste e copiose critiche arrivate ai nostri.

Però un minimo di onestà intellettuale ci vuole: il Napoli, già con Sarri, figuriamoci con “Carletto”, è nelle grazie di tutti per il bel giUoco, e ci mancherebbe. Sono una gran bella squadra da ormai tre-quattro anni, mica come l’Inter che “non migliora mai” e che è endemicamente incapace di “avere un giUoco”.
Non è allora logico aspettarsi più da Ancelotti & Co.che dalla solita Inter pazza e balbettante? Perchè bisogna accusare l’Inter di aver subìto lezioni di calcio a Londra e Barcellona e tacere pietosamente sui primi 70′ di Liverpool, nei quali i Reds avrebbero potuto dilagare? Perchè, come summa di tutto ciò, Sky titola rispettivamente e incoerentemente “Disfatta Inter” ed “EuroNapoli” il passaggio delle due squadre in Europa League?

La risposta nel titoletto di questa allegra seziuncella.

Aveva sbagliato già nella foto iniziale… che cacchio ci fa nella fila dei perticoni in piedi?


SHIT HAPPENS. AGAIN. AND AGAIN. AND AGAIN…

INTER-JUVENTUS 2-3

Leggete questo.

E questo.

Aggiungete qualche parolaccia a piacere, cuocete a fuoco lento ed avrete servito tutto il mio disappunto per la partita di sabato.

Che non segna solo l’ennesimo anno di mancata qualificazione alla Champions da parte della mia amatissima squadretta, ma anche -se non soprattutto- la restaurazione di un regime che, se mai davvero scomparso, è tornato in tutto il suo splendore a dar traccia di sé.

Poi è ovvio che, nel gioco delle cose, noi si reciti la parte della vecchietta totalmente estranea ai fatti che si trova nel bel mezzo della rapina in banca e finisce scaraventata a terra con le mele che rotolano fuori dalla sporta della spesa.

La Juve rischiava di non vincere il Campionato, e qualcosa andava fatto: noi abbiamo recitato la parte di quelli che in tempi bellici moderni vengono chiamati cinicamente effetti collaterali.

[Mi scuso in anticipo per l’infelice paragone, lo so anch’io che le vere tragedie sono altre.]

Questo fa parte di quella fisiologica quota-sfiga che pare essere connaturata ai nostri colori, perfetto contrappasso dell’ancestrale buciodiculo dei colleghi cittadini, buona giusto per far abbaiare i luogo-comunisti di turno nel dire “vedi che alla fine tutto si compensa?”.

Da dove cominciare, dunque?

Da un’ammissione di colpa, o forse di merito. Sono da sempre attratto dalle liste, dagli elenchi, dalla quantità, dalla produzione -anche ridondante- di prove a supporto della propria tesi. Penso che il labor limae sia un lodevole strumento artistico e ancor più letterario, ma che utilizzarlo in determinate occasioni faccia perdere di vista importanti dettagli.

Ci torno, come diceva la mia Prof di italiano al liceo, quando si riprometteva di dare una risposta (che evidentemente al momento non le sovveniva…) ad una domanda posta dallo studente incuriosito di turno.

L’altro punto di partenza ha un retrogusto di déjà vu: stiamo leggendo in questi giorni tante frasi che girano nell’aere mediatico e calcistico da decenni, e alle quali abbiamo finito nostro malgrado per abituarci.

Ci arriva anche il Corriere, a chiedere uniformità di giudizio e dando la sveglia al Palazzo arbitrale.

Io, paranoico e rancoroso, reagisco pavlovianamente a frasi equivoche quali “…il sospetto… non fa gioco alla stessa Juve, perchè non ne ha bisogno“. Ecco l’ennesimo elemento di contatto con il ventennio scorso: quante volte abbiamo sentito i Tosatti di turno dire che “tanto la Juve vincerebbe comunque, non ha bisogno di questi aiuti“? Quindi in buona sostanza perché lamentarsi? Tanto avresti perso in ogni caso.

Diobono, la favoletta di “al lupo al lupo” dovrebbe insegnare che occorre diffidare da chi abbaia alla luna senza prove nè indizi, e invece -per deduzione- a dare ascolto a chi mostri una realtà pericolosa e deviata con dovizia di particolari.

Certo, a patto di essere in buona fede e non avere interessi confliggenti.

Hai detto cotica…

Odio autocitarmi, ma qui non posso non farlo: ecco il sunto di quel che scrivevo in stagioni decisamente più fertili delle ultime:

Per non sporcarsi le mani e giocare alla verginella che dice “io sono più forte di tutto e tutti” devi essere -appunto- molto più forte dei tuoi avversari. Un po’ come quando alla Play giochi col Real Madrid contro la Civitanovese e decidi che vuoi vincere facendo segnare solo il portiere.

Questo è quel che quella Inter era: molto-più-forte-di-tutti. Non per questo “potente” e “amica del palazzo” (e quando mai…), ma comunque corazzata per respingere anche i loro tranelli.

In condizioni diverse da quella, e quindi con un divario tra le squadre assai più contenuto, le eventuali bucce di banana su cui una squadra può scivolare (infortuni, sviste arbitrali, tutto ciò che è esogeno rispetto al Club) giocano ahimè un ruolo decisivo.

Ha un bel dire Massimo Mauro al Club a sostenere con pervicacia l’irrilevanza degli errori arbitrali, “perchè tanto l’Inter la stava vincendo e meritava i tre punti“: quello è talmente ottuso che potrebbe davvero credere a quello che dice, poveretto, ma è ovvio che giocare un’ora e un quarto in 10 vs 11 non può non lasciare effetti su chi in campo ci resta.

Ecco quindi perché rischia di essere limitante identificare l’arbitraggio di Orsato con la sola (per quanto grave) mancata seconda ammonizione di Pjanic.

Così come la stagione 1997/1998 è passata alla storia come “quella del rigore di Iuliano su Ronaldo”, e quella del 2001/2002 come “quella del 5 Maggio”, dimenticando una dozzina di episodi altrettanto clamorosi, il rischio della estrema sintesi è che tutto si riduca ad un -pur importante- singolo errore di valutazione.

Vi chiedo pazienza, ma l’elenco delle malefatte non può ridursi alla punta dell’iceberg.

Mettetevi comodi, e perdonate lo stream of consciousness. Non ho la lucidità, la capacità ed il tempo per fare l’analisi precisa, puntuale e ordinata che il momento richiederebbe.

Orsato è noto a tutto l’ambiente calcistico per essere “uno che fa giocare e fischia poco”. E infatti il colpo di Vecino lo vede, lo fischia e lo punisce con il giallo. Scelta per me corretta. Poi apprendiamo che Mandzukic sanguina e che questo potrebbe essere il motivo per cui è lui stesso a chiedere di poter rivedere il fallo al VAR.

Salcazzo. Come al solito l’omertà di tutta la classe arbitrale ha l’unico effetto di alimentare quanta più dietrologia possibile a seguito di ogni loro decisione. Due parole al Capitano che spieghino ‘sta cosa no? Due parole dopo la partita nemmeno? Sembra di essere tornati alle prime edizioni di Amici di Maria de Filippi, quando l’ineffabile Chicco Sfondrini annunciava di settimana in settimana nuove aggiunte al regolamento, totalmente ignote fino a quel punto e capaci di stravolgere la gara in corso.

Ma quello, checcazzo, era un mediocre talent show, di dubbio gusto come tutti i suoi esemplari.

Questo dovrebbe essere sport, non intrattenimento.

Vabbuò, cosa fatta capo ha: ci tocca giocare 75’ in 10 vs 11 (non dico 12 o più perché so’ signore).

Resta un fatto, chiaro, incontrovertibile: l’espulsione dice a tutti che siamo in una partita con una conduzione arbitrale severa, rigida, inflessibile. Signori non mi fate incazzare perché qui fischio tutto e vi faccio un culo così.

Oh! Come no…

E se con immenso sforzo posso anche essere d’accordo nel vedere differenze tra l’intervento di Vecino e quello di Barzagli su Icardi a metà ripresa, nulla mi toglie dalla testa che l’intervento di Higuain su Rafinha sia del tutto simile, e come tale passibile di rosso diretto. Se la memoria non mi inganna, nemmeno fallo perché il prode fischietto (fratello di cotanto genio) dà il vantaggio.

Ci sono poi due altri interventi totalmente ignorati dall’arbitro nel primo tempo: Cancelo punta Alex Sandro ma non riesce a saltarlo perché quello gli mette un gomito in faccia (fallo+giallo per qualunque bipede pensante, nel dubbio il prode Orsato lascia giocare). Da notare che, al 77′, Alex Sandro vedrà comunque sventolato in faccia quel che avrebbe dovuto essere il secondo giallo della serata. Poco dopo Perisic fa la stessa cosa con Cuadrado -già ammonito-, che fa palese ostruzione. Intervento furbo e non cattivo, quindi non da giallo, ma punizione solare non fischiata.

La cosa mi fa vieppiù incazzare perché mi costringe ad essere d’accordo con Caressa quando dice che Orsato, sicuro di sé fino a sconfinare nella presuntuosità, decide di non voler dare il minimo adito a sospetti di “cartellini riparatori” o fischi in cerca di compensazione. Inutile dire che nessuno chiede questo: si vorrebbe semplicemente che episodi simili venissero giudicati in maniera simile.

La certezza dell’impunità è tale che Allegri, tutto fuorchè uno sprovveduto, non fa quel che ogni altro allenatore di buon senso farebbe. Fiutata puzza di bruciato, mi sarei aspettato un paio di cambi già nell’intervallo: fuori Cuadrado e dentro Lichtsteiner, fuori Pjanic e dentro Bentancourt. Sono in vantaggio di un uomo e di un gol, i miei rischiano di farsi cacciare, fammi correre ai ripari prima che sia troppo tardi.

Macché… i nostri avversari giocano con la serenità e la certezza con cui convivono da sempre. A loro, in Italia, nessuno fa del male.

E non servono i sorrisini nel dopo partita per avere conferma…

Tornando a Pjanic, il nostro si becca il primo giallo per un fallo commesso subito dopo intervento falloso fischiato a Higuain in attacco e per successive proteste. Ha quindi poco da lamentarsi del fatto che “Il primo giallo è eccessivo” e da plaudere al “buon senso” di Orsato che parrebbe non averlo cacciato come gesto riparatore. Questo è quel che dice lo juventino, all’insegna di quel margine di interpretazione, di quella sensibilità che abbiamo capito essere tanto cara alla Vecchia Signora.

Oltretutto, quando ha la geniale pensata di saltare in braccio a Rafinha, il centrocampista bianconero dovrebbe essere negli spogliatoi già da un po’, avendo fatto a inizio ripresa un secondo intervento da giallo, già preoccupantemente rimosso dalla memoria collettiva di molti di noi (voi).

Il fatto che Orsato, in occasione della “madre di tutti i falli” si tolga la soddisfazione di ammonire per proteste il nostro unico giocatore diffidato (D’Ambrosio), ci riporta alla considerazione iniziale della nostra quota-sfiga che in qualche modo dobbiamo sempre pagare.

Andando avanti, gravissimo il rigore non fischiato a Barzagli che frana su Icardi in piena area di rigore dopo l’anticipo dell’argentino che tocca nettamente la palla. Ma ancor più di questo, è incredibile che ancora a 48 ore dalla fine del match siano pochissimi a ricordarlo.

MORALE DELLA FAVOLA?

Scusate la banale semplificazione, ma il sunto di questo sfogo disordinato è questo: Vecino è da rosso? Forse, per me no ma diciamo di sì.

In ogni caso, con un arbitraggio normale, Pjanic va sotto la doccia ben prima dell’11’ della ripresa, lo stesso capita a Higuain (vedi pestone a Rafinha) e Barzagli, che abbandonerebbe il campo avendo anche causato un sacrosanto rigore. Da buon ultimo, al 77′ anche Alex Sandro sarebbe sotto la doccia. Tutto a-stretti-termini-di-regolamento.

Questo quel che ha detto la partita.

Una partita che, come tante altre contro la Juve, arrivo ad essere orgoglioso di aver perso, se perdere significa vedersi presi per il culo da chi dovrebbe garantire equità e rispetto delle regole.

Onestamente, non capisco come facciano certi juventini a festeggiare dopo vittorie del genere. Dico “certi” perché ho già avuto dimostrazioni dirette di bianconeri imbarazzati o quantomeno autoironici sulle ultime malefatte degli arbitri nostrani.

Eppure guardo Agnelli e Nedved in tribuna e non so se provare più pena o disprezzo per loro. Evidentemente non si rendono conto di vivere in un mondo parallelo. Lo dimostra l’incapacità di gestire situazioni avverse nelle poche occasioni in cui si sentono in credito con il fato o le scelte arbitrali (credito millantato, come sappiamo).

Torniamo alla partita per dire che poi, poi e solo poi possiamo parlare degli sciagurati cambi di Spalletti, del fallo non sanzionato a Skriniar su Higuain lanciato a rete e della facilità con cui la Juve, trovato il pareggio, è riuscita a segnare il 3-2.

Lungi da me voler difendere un giocatore palesemente inadeguato come Santon (vattene via Davide, fallo per il tuo bene e anche per il nostro), non può essere lui il colpevole della sconfitta. Lui fa quel che -purtroppo- gli capita spesso: è al posto sbagliato nel momento sbagliato, ma è come criticare l’ultimo frazionista per una staffetta corsa da tutti col freno a mano tirato.

Arbitra ‘sta partita come Cristo comanda, Orsato maledetto, e siamo in vantaggio di uno o due gol e uno o due uomini in campo.

Arbitra ‘sta partita come Cristo comanda, e col cazzo che Spalletti si trova 4 giocatori coi crampi e un cambio solo da poter fare.

La verità è che l’Inter ha fatto una partita mariana per 80 minuti. Ha sbagliato all’inizio (Cancelo deve crescere e tanto in fase difensiva), ma ha piano piano preso campo e controllo del match, arrivando meritatissimamente al vantaggio. Il 3-1 di Icardi su cross di Candreva non si concretizza -qui come nel Derby- per una questione di centimetri, e vedendola in retrospettiva il cetriolo brucia ancora di più, nefasto presagio del sifulotto che si stava accomodando tra le nostre terga.

Resta l’orgoglio di aver giocato da grande squadra per quasi tutta la partita, e di aver soccombu…soccor… di aver perso solo per scelte arbitrali dolose e per energie psico-fisiche che sono inevitabilmente mancate nei minuti finali.

Non è con questa partita che manchiamo l’obiettivo stagionale. Il bimestre gennaio-febbraio è stato da incubo, così come il trittico Torino-Milan-Atalanta del mese scorso. Fatto sta che il quarto posto pare definitivamente andato.

Ora c’è da vincere a Udine e col Sassuolo, sapendo che le due succursali juventine contro i nostri faranno la partita della vita e non solo per esigenze di classifica. Oltre a quello, ci sarà da gufare senza troppa convinzione sperando in un mezzo passo falso della Lazio che ci possa riproporre il jolly dello scontro diretto all’ultima giornata.

 

DEI CONTI SE NE OCCUPA MIO ZIO ANTUNELLO (cit.)

La montagna pare avere partorito l’ennesima scureggetta. Dopo la giusta giornata di silenzio di domenica, ecco il temutissimo attacco della Società alle istituzioni arbitrali e calcistiche.

 

 

Lo spazio vuoto lasciato fotografa l’effetto delle dichiarazioni del dirigente nerazzurro.

Che dice cose buone e giuste, per carità. Ma sono cose che diciamo da anni e non cambia mai niente. Bello sarebbe che tutte le squadre che negli anni si sono viste sfilare di mano partite o campionati per decisioni “dubbie” mettessero da parte gli interessi personali e cercassero la maniera di affrontare il problema insieme.

Caro Napoli, benvenuto nel poco invidiato Club di squadre che hanno visto una scudetto che già assaporavano scivolare via non solo e non tanto per meriti agonistici, quanto per “due o tre sviste arbitrali”. Con i migliori auguri di buona permanenza e con simpatia (nel senso greco del termine “sun pathein“), Inter, Roma, Fiorentina e Milan.

A titolo di provocazione: come lo vedreste un Campionato in cui tutti, sistematicamente, contro la Juve schierassero la Primavera?

COMPLIMENTI PER LA TRASMISSIONE, VI SEGUO SEMPRE

Due righe di annotazione personale: voi non lo sapete, ma nella sola giornata di ieri avete fatto registrare tanti contatti quanti solitamente ne arrivano in una settimana buona. Che dire: grazie davvero, anche se ho il fondato sospetto che Orsato ci abbia messo del suo.

Avrei preferito la metà dei contatti e tre punti in classifica in più…

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senza parole

 

 

 

CLEAN UP THE MESS

Parlare delle ultime partite è davvero accanimento terapeutico. Che cazzo vuoi cavare da due partite inutili, completamente prive di qualsiasi senso sportivo e purtroppo nemmeno capaci di palesare la presenza tanto agognata di “uomini” prima ancora che di “calciatori”?

Accanto al raccapriccio sportivo, sta la deriva ormai inarrestabile della Società, totalmente allo sbando e senza nessuno -che sia il comandante in capo o l’ultimo degli sguatteri- che sappia quale rotta tenere.

Gli ultimi giorni hanno segnato un netto “liberi tutti” a livello mediatico, che ha allarmato e non poco lo psicopatico che scrive. Arrivo anche a dire che i media per una volta non sono nemmeno i principali colpevoli di questa storia, trovandosi nella comodissima posizione di dover semplicemente riportare dichiarazioni di terzi, senza quasi dover aggiungere nulla di proprio per insaporire la pietanza, già succulenta di suo.

E del resto che cacchio devono fare, i servi mediatici, se un giocatore come Eder si permette di dare consigli alla Dirigenza e ai compagni, dal basso di un rendimento che in una squadra normale sarebbe da insufficienza piena, e che solo la diffusa mediocrità nerazzurra fa ergere a “uno dei meno peggio”?

Di più, e assai più grave: come è possibile che il tuo Direttore Sportivo esterni -“col coeur in man” diremmo a Milano- tutti i propri sentimenti senza un minimo di filtro istituzionale, stupendosi poi perché pensava che il contenuto delle sue dichiarazioni sarebbe rimasto riservato?

Riservato… quel che dici in un’aula universitaria… nel 2017…

Ausilio nelle sue funzioni secondo me ha fatto quel che poteva, ma per questa sola cosa va cacciato all’istante. Non puoi lavorare nel calcio (per di più nell’Inter!) da vent’anni ed essere così ingenuo. Arrivo infatti ad augurarmi che ingenuo non lo sia stato per nulla, e che abbia volutamente provocato questo putanoire per farsi cacciare, lui fresco di rinnovo triennale, ed incassare una ricca buonuscita, vistosi ormai degradato a secondo di Sabatini.

Sia quel che sia, gli ultimi giorni ci hanno dato la conferma non richiesta del fatto che, bartalianamente parlando, “gli è tutto sbagliato“, e che non potrà certo essere il solo allenatore (fosse anche Conte, fosse anche Gesù Cristo, dico di più: fosse anche José da Setubal) a raddrizzare la situazione.

Torno ad ammorbare me stesso prima che voi, ricordando le tante volte in cui ho segnalato l’importanza di una organizzazione solida e coerente nelle varie funzioni, che parta da un Proprietà ricca e consapevole dei propri mezzi e dei propri limiti, che passi da una Dirigenza snella (due, tre persone, non di più) che goda della fiducia della proprietà e che sia di indiscutibile competenza, e che arrivi ad un allenatore conseguente alle idee dei primi due soggetti.

Questo a prescindere dai nomi da mettere nelle caselle testé abbozzate.

Se mi si passa il paradosso, i giocatori vengono dopo, e co e conseguenza di tutto ciò. Parlerò anche di loro, e spero di riuscire a farlo in termini non troppo scurrili, ma non in questa sede.

I calciatori passano, l’Inter resta, insieme ai suoi problemi ancestrali e accanto a peculiarità uniche nel panorama mondiale. Noto ad esempio una corrente di pensiero che ha ne IlMalpensante e in Stefano Massaron i principali esponenti, e che vede nella cosiddetta “Dirigenza italiana” il principale problema di quest’Inter.

In buona sostanza, il vuoto di potere conseguente al cambio di proprietà Thohir-Zhang ha visto il trio Zanetti-Ausilio-Gardini guadagnare posizioni all’interno e soprattutto all’esterno del Club. FozzaInda, dopo aver cacciato Bolingbroke, non ha ancora scelto il suo sostituto, limitandosi a sostituirlo con un proprio uomo ad interim.

Ciò ha lasciato campo libero ai tre succitati, stranamente (per essere tesserati nerazzurri) sostenuti dalla stampa quasi a prescindere, nonostante a loro siano state affidate le chiavi della macchina che ora contempliamo accartocciata contro il guard rail.

Ecco finalmente l’anima italiana a riportare l’Inter dove deve stare, ecco l’arrivo di Pioli, che -lui sì- conosce il nostro calcio, ecco l’acquisto di Gagliardini chè così giocano gli italiani…“. Questa la litanìa, stucchevole e melensa, che le nostre caste orecchie si devono sorbire da Ottobre scorso.

…eppure, proprio con la presenza di tanti italiani -in campo, in panca e in tribuna- come non se ne vedevano da lustri, ecco che all’iniziale gasamento generale consegue un tonfo dagli effetti devastanti: due punti in otto partite.

Tonfo che, con passaporti diversi, avrebbe causato la chiamata alle armi dei vari MassimiMauro del mondo, ad accusare ancora una volta l’Inter di eccessiva esterofilia, e che invece viene raccontato come fallimento della proprietà straniera e di un “gruppo che non c’è per questioni di etnie” (cit.)

Ma andate a cagare voi e le vostre bugie (cit.)

Su questo è difficile dar torto a Stefano e a IlMalpensante. Non li seguo nel loro amore per De Boer, vittima innocente di questa stagione (vero) ma a mio parere scelta lontana dalla storia dell’Inter. Ma questi sono punti di vista tènnici, assolutamente legittimi.

Torno invece al loro fianco per segnalare come sia stato trattato l’olandese nei due mesi di permanenza e quanti alibi -giusti o sbagliati che fossero- siano invece stati concessi a Pioli e ai tre dirigenti italiani nel semestre successivo.

[Piccolo inciso: non riesco nè voglio riferirmi a loro come alle Triade, perché va bene tutto, ma certi paragoni non si devono nemmeno pensare.]

In tutto questo, giornalisticamente, abbiamo una notizia, perché è innegabile che i tre succitati, e Pioli in quanto loro emanazione diretta, abbiano goduto di buona stampa. Un unicum nella storia nerazzurra, che in realtà se fossi il padrone della baracca cercherei di sfruttare a mio favore. Capisco che sia alquanto cervellotico tenere nella tua azienda gente incapace solo perché all’esterno ne parlano bene, ma la cosa fa pensare.

Di più: il mio animo complottista porta a chiedermi retoricamente:

Non è che ne parlano bene proprio perché incapaci, e come tali garanti di una perdurante mediocrità dell’Inter, così ben sfruttabile a livello mediatico?

(È così, fidatevi).

Morale, come la risolviamo?

Io continuo a vedere in Leonardo l’uomo ideale a cui affidare la ri-costruzione della Società. Uno come lui a fare il Direttore Generale, espressione diretta della proprietà, quel che dice lui è come se lo dicesse FozzaInda. So che verrebbe identificato come “Uomo di Moratti”, visto il feeling con l’ex Presidente, ma correrei il rischio ad occhi chiusi.

Sotto di lui, Sabatini a fare il mercato e Oriali a supportare il tecnico in tutte le esigenze di campo e di raccordo con il Club.

Infine, un mio pallino: un cazzo di Direttore della comunicazione che imponga regole ferree ai tesserati e limiti le fughe di notizie, vere o false che siano.

Ausilio come detto si è messo -volontariamente o meno- in condizioni di farsi cacciare. Gardini nessuno sa cosa sia lì a fare e la sua perdita non credo verrà rimpianta da molti. Zanna deve fare quel che sa: l’Ambasciatore dell’Inter nel mondo, il tagliatore di nastri, il messaggero della Società quando c’è un argentino buono da prendere.

Poco altro.

Hai detto niente…

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