INTER-ROMA 1-0
Avete presente quando da bambini venivate beccati con le mani nella marmellata e non sapevate nemmeno dove guardare, tanto era l’imbarazzo?
Ecco, secondo molti, noi interisti dovremmo sentirci così.
La nostra irresistibile banda di Brighella ha osato battere la splendida Roma, addirittura impedendole di segnare per la prima volta in 21 gare, arrivando all’inqualificabile gesto di batterla ancora una volta col minimo scarto e con un gol segnato da quel mezzo giocatore che risponde al nome di Gary Medel.
Tornerò in seguito a sfogare la mia sindrome dì accerchiamento anti-nerazzurra. Prima la cronaca.
Alla lettura delle formazioni prescrivo il mio personalissimo T.S.O. al paziente Mancini Roberto, capace di tenere fuori il nostro unico centravanti di ruolo e di riciclare due terzini che, quando non all’esordio stagionale (vedasi D’Ambrosio) in campo han combinato più danni che altro (vedasi Nagatomo).
Kondogbia resta seduto e Guarin capitano di serata.
E invece, mi cospargo il capo di cenere di fronte al Mancio: chiamiamola classe o chiamiamolo culo (per dirla con il Commendator Catellami di fantozziana memoria), in ogni caso il duo di laterali imbriglia a dovere le saette Salah e Gervinho, con D’Ambrosio a salvare un gol fatto su Dzeko.
Là davanti l’obiettivo era non dare punti di riferimento alla Roma, e Ljiaic e Perisic il loro lo fanno, svariando tra fasce e trequarti. Jovetic è il meno ispirato della serata, riscontrando lo stesso problema di Icardi nella già ricordata penuria di rifornimenti in attacco.
Loro costruiscono di più, ed è persino banale evidenziarlo, ma il gol lo troviamo noi: Jojo gigioneggia sul pallone e con un tocco di classe serve il PitBull ai 25 metri. Rudiger si conferma stopper rivedibile, non uscendo a contrastare il cileno che può così liberare il destro. Sceszny (o come cazzo si scrive) parte tardi anche perché impallato dal maldestro compagno e la palla, pur non velocissima, va a morire in fondo al sacco alla destra del portiere.
Il colpo è -si spera- fatale per gli estei del bel giUoco che si masturbano davanti alla maledetta di Pirlo, e forse per questo viene accolto dal sottoscritto con ancor più entusiasmo
(leggasi urlo cavernicolo da lite condominiale).
Da lì in poi la fisionomia della partita è finalmente chiara, con loro a dover attaccare, e noi a difendere coriacei e ripartire rapidi e velenosi (almeno nelle intenzioni). La prima mezz’ora era invece stata all’insegna del “prego s’accomodi” o se preferite del “vai avanti tu che mi vien da ridere“, non volendo le due squadre lasciare campo al contropiede avversario.
Il nuovo canovaccio prosegue nella ripresa, con Handanovic salvato un paio di volte da prodigiosi recuperi dei compagni di reparto (oltre al già ricordato Nagatiello, va menzionata la premiata ditta Miranda-Murillo, di livello superiore). Allorquando i lupacchiotti arrivano al tiro, il nostro portiere è bravo e più che reattivo a dire di no, come nell’occasione delle quattro parate in cinque secondi.
Strano caso quello di Samir: non sono un esperto nel ruolo, ma a memoria non ricordo un portiere tanto valido e sicuro tra i pali -numero uno assoluto nel parare i rigori- quanto incerto e timoroso nelle uscite. Anche ieri sera ho contato una mezza dozzina di corner giallorossi a spiovere nell’area piccola, col nostro saldamente ancorato alla linea di porta.
Misteri della fede. Amen.
Tornando al match, distribuisco maledizioni in parti uguali a Ljiaic e Perisic per aver vanificato due contropiedi potenzialmente ferali, mentre mi scappello per l’ennesima volta davanti alla sapienza calcistica di Palacio, che rileva Jovetic per l’ultima mezz’ora conquistando falli, facendo l’elastico tra i reparti e tenendo in costante preoccupazione la coppia di centrali difensivi giallorossi.
Sottolineata la scomparsa dell’unico neurone superstite nella testa di Guarin – che decide di calciare in curva una punizione da 30 metri a 30 secondi dalla fine, concedendo alla Roma l’ultimo lancio della disperazione – non resta che godersi il boato di San Siro al fischio finale.
E scusate se siamo primi.
LE ALTRE
Perchè, di fatto, siamo primi, seppur in coabitazione con la Fiorentina reduce dalla scorpacciata di goals contro il Frosinone. Di contro il Napoli resta due punti indietro dopo il pari di Marassi, con un Grifone in versione “barcollo ma non mollo, anzi cerco di tirar due ceffoni anch’io“.
La Juve vince il Derby a trenta secondi dalla fine, propiziando la prima porzione di turpiloquio del weekend anche se -tocca dirlo- il culo va a compensare (in parte) la sfiga avuta in precedenti occasioni, con partite buttate nel cesso a furia di gol sbagliati e reti incassate al primo tiro in porta.
In serata Lazio Milan, con i cugini a sbancare l’Olimpicoanche grazie alla grave complicità di Marchetti nel primo gol. I Meravigliuosi sono a cinque punti da noi, e purtroppo cominciano a somigliare ad una squadra di calcio. Pur essendo al quarto o quinto modulo provato in undici partite, Galliani ci dirà che loro in realtà fin dall’inizio volevano giocare cosi, e che il Presidente ha suggerito alla squadra di proporre il prorprio giUoco su ogni terreno.
È COMPLOTTO
Caressa, commentando la partita dei nostri, inizia a rosicare al quarto d’ora del primo tempo, quando scambia per palo clamoroso una parata di Handanovic su Dzeko che a rivederla pare più plateale che altro.
Saccente e fastidioso come solo lui sa essere quando analizza al microscopio il colpo partita di Medel, contando i rimbalzi che la palla fa prima di entrare in porta e sottolineandone la scarsa potenza.
Reattivo al limite del permaloso quando ci ricorda che la Roma, per quanto fatto vedere nella ripresa, meriterebbe il pari e fazioso quando mette in dubbio l’involontarietà del tocco di Nagatomo a Handanovic, non volendo vedere la netta spinta di Salah ai suoi danni.
“Que la sigan chupando” disse l’inarrivabile neo-55enne, e il settenario è sempre valido.
Personalmente, oltre alla vittoria, sono epidermicamente euforico per il gol di Medel, che forse (forse) vedrà ora riconosciuti i suoi indubbi meriti. Raramente ho trovato una simile intransigenza nei confronti di un giocatore di Serie A, voluto da Mazzarri (e forse per questo bollato come fabbro ferraio inutile e ignorante) ma presto apprezzato anche dal più stiloso Mancio, che arrivò ad auspicarne la proliferazione in rosa.
Non ripeterò per l’ennesima volta che ogni giocatore va giudicato per quel che può dare, e che quindi è ingiusto pretendere da lui il genio e la maestrìa di un regista di ruolo. Il ragazzo però ramazza Il centrocampo come pochi, è di fatto il primo cambio della già ricordata coppia centrale difensiva, e mostra quella garra sudamericana che, associata ad altri piedi, tante volte è stata decantata dalla critica.
Ambrosini, che dovrebbe ricordare di essere stato un discreto mediano e nulla più, ne tesse ipocritamente le lodi volendo in realtà sottoliearne i limiti, mentre attendo da Boban (di solito illuminante e condivisibilissimo nelle sue analisi) un dietro front -quantomeno parziale- sui giudizi negativi indirizzati al Pitbull cileno.
Passando ad altro, prevedibile il risalto dato dal terzo quotidiano sportivo italiano alla sfida tra prima e seconda in classifica:
Infine, avremo comunque di che sollazzarci vista la prevedibile ed imminente deflagrazione del Caso-Icardi, chiaramente “scuro in volto” nell’accomodarsi in panchina e probabilmente ancor più abbacchiato avendo visto la squadra capace di vincere senza di lui.
WEST HAM
Dopo un mese di ebbrezza e soddisfazioni, perdiamo a Watford con la decisiva collaborazione di Andy Carroll: il nostro centravanti ne combina più di Bertoldo in Francia, regalando il vantaggio agli avversari e sbagliando l’impossibile sotto porta.
Finchè succede una volta ogni 10 partite…