…Boh, non lo so. Da buon trapattoniano, preferirò sempre un 2-0 ad un 4-2. Aggiungiamoci anche che, per quanto allenate, le mie valvole cardiache hanno subìto un duro colpo nei novanta minuti di domenica sera.
Però… vedere quelli là prima sfotterci anche simpaticamente (cit. per i soli soci del circolo culturale di Piazza Aspromonte), poi tirare fuori tutto il loro livore di donna che dopo anni riconquista il proprio uomo conteso alla rivale, e infine vederli sprofondare dove meritano sotto i colpi dei nostri, è senz’altro un bel modo di concludere il weekend.
Facciamo ordine: formazione sbagliata nel primo tempo. No, Conte non c’entra. C’entriamo io e mio figlio, e sinceramente mi stupisco della leggerezza di entrambi, solitamente così attenti alle scaramanzie domestiche. Io allungato sul divano, il rampollo poltronizzato in pole position. Inizia il match e -cazzo- quelli là giocan bene. È palese la loro dipendenza da Ibra, giocatore immenso (si sapeva) ed anche saggio (questo si sapeva meno) nel capitalizzare i suoi punti di forza a vantaggio della scarsa mobilità data dai 38 anni suonati.
La cosa -interessante da un punto di vista sociologico e comportamentale- è come anche altri compagni trovino giovamento dalla sola presenza dello svedese in campo. Sembrano veramente bambini sperduti a cui serve il cuggino gruosso per farsi coraggio e giocar bene.
Merito di Zlatanasso o colpa del nostro invornimento, il primo tempo del Milan è nettamente il migliore delle ultime stagioni, palese rimprovero all’atteggiamento nerazzurro.
E dire che, per una volta, ai nostri avevo dato fiducia: la sconfitta della Juve e la vittoria della Lazio sembravano fatte apposte per spingere i nostri all’ “oggi o si vince o si vince“, e sappiamo bene come tante altre volte una situazione simile si sia tramutata nella classica tafazzata sotto forma di sconfitta in casa con l’Udinese di turno o pareggio insipido con l’ultima in classifica. Ecco: uno dei meriti di Conte è stato quello di farmi uscire questi pensieracci dalla testa, al punto da fregarmene perfino delle scaramanzie da divano.
In altre parole: chi scrive pensava: stasera li massacriamo!
Ecco, ben ti sta! mi sono detto da solo nell’intervallo, dopo aver visto Ibra segnare di fatto due gol da solo (con Padelli ben più determinante di Rebic) e i nostri non capirci il resto di un cazzo per buona parte del tempo. Certo, avremmo potuto confermare le litanìe di squadra cinica e bla bla bla con l’unica bella azione dei primo tempo: Lukaku scatta sulla destra e lascia indietro Alessietto Romagnoli, la mette in mezzo dove Vecino spara un rigore in movimento tra le braccia di Donnarumma.
Stomachevole il bordocampista rossonero che subito dopo frignava allertando gli spettatori che “Gigio non ce la fa! Gigio si è fatto male!” e apostrofando Romagnoli nell’intervista a fine tempo “Ale“, manco fosse suo fratello. Potere della grande famiglia rossonera
Con le squadre negli spogliatoi, espletiamo le funzioni alimentari in men che non si dica e cambiamo formazione in salotto: io in poltrona presidenziale col rampollo di casa ai distinti divanati a mugugnare a mezza voce “qui bisogna fare subito il 2-1 e poi vediamo“.
Detto fatto: nemmeno il tempo per maledire il solito tiro del cacchio di Candreva che Brozo pensa bene di piazzare un sinistro al volo che esaudisce il desiderio di Jimmy Wikipetula (uno dei mille modi in cui chiamo mio figlio: sto già mettendo da parte i soldi per lo psicologo). Il tappo della bottiglia è saltato, e tempo due minuti Vecino la prende ancora, capitalizzando al meglio l’imbucata di Godin e l’assistenza di Sanchez. Lunghi secondi di suspence per il giusto controllo del VAR (il cileno da una prima immagine a me sembrava in drammatico fuorigioco), e quando l’arbitro fischia, Sky allunga il dramma per qualche altro secondo, indugiando su un primissimo piano del sorriso di Lukaku che poteva sembrare tanto sincero nella gioia quanto amaro nella beffa per un ipotetico annullamento. Una finezza tecnica degna di mamma RAI.
Si riparte dal 2-2 e, contrariamente a quel che pensavo, passa del tempo prima del nostro vantaggio. Loro sono appassiti in concomitanza con Ibra, ma noi abbiamo impiegato più di quanto lecito per incartare la partita e portarla a casa.
Ci pensa il miglior difensore della Serie A, Stefan De Vrij (arrivato a parametro zero, lo ricordo per quelli che “l’Inter non azzecca un acquisto dai tempi di Ronaldo“) con quella che Pellegatti ai tempi chiamava torsione scopadea. Gol della Madonna con il buon Alessietto a guardare. Ibra dà un ultimo segnale di esistenza tentando di brutalizzare il pur robusto Skriniar e colpendo un palo de capoccia (ma sarebbe stato fallo in attacco), Barella si mangia il 4-2 arrivando esausto dopo 60 metri lanciati, e quando tutti implorano Vecino di tener palla e guadagnare l’angolo, il Charrùa pesca invece Moses che a sua volta la mette in mezzo per Lukaku che timbra il cartellino in coda ad una partita di grande sacrificio.
La goduria è massima, e prosegue in una ragionata rassegna del pre e post Derby alla quale non posso sottrarmi.
PRIMA
DOPO
Del -19 prima della partita, fatalmente diventati -22 al 90′, tutti zitti o quasi. Resta fondamentale ricordare di un primo tempo in cui i 19 punti in più sembravano a favore del Milan, e ripetere che con Ibra la media punti è raddoppiata.
Quando però era all’Inter, pur con l’Inter che vinceva a mani basse, si parlava di Ibradipendenza.
Interessante poi leggere come la gloriosa rimonta sia partita da un “tiro sbagliato” di Brozovic. Giudizio tecnico nientemeno che Mario Sconcerti, forse noto per le gragnuole di gol da trenta metri nei tornei di redazione negli anni ’70 ed endemicamente incapace di fare un complimento all’Inter che sia netto, perentorio. No: ci vuole sempre il “però” il ridimensionare, il non eccedere in facili entusiasmi. È pur sempre quello che riuscì a definire mediocri o giù di lì l’ultimo scudetto di Mancini e i due di Mourinho perché conquistati con meno punti rispetto ai 97 dell’anno di grazia 2006/2007.
Del resto il giochino, da me anticipato ma assai prevedibile, è ormai chiaro: l’Inter va male? Che ci vuoi fare? È fatta così. L’Inter vince? Quanto conta Conte (cit.)
Infine, il pensiero della buonanotte che ci fa sentire tutti persone migliori: sempre consolatorio, anche quando non ce ne sarebbe motivo, ricordare che il mondo è un brutto posto unicamente per colpa di Mauro Icardi, che spaccava gli spogliatoi. La battuta è perfino banale: facile far danni in quello dell’Inter, “spaccato” per definizione.
Anche un innocuo commento di Perisic all’amico Brozovic, capitano nel Derby complice l’infortunio di Handanovic, diventa un buon gancio per ricordare che lui e l’altro non si sono mai amati.
Grazie, rischiavamo di dimenticarcene.
