Uno normale di mente dedicherebbe una ventina di righe a commentare la recente pronuncia dell’UEFA che, quantomeno al momento, esclude il Manchester City dalle coppe europee per i prossimi due anni. Volendo fare il raffinato, accompagnerebbe il link della Gazza a quello più tecnico del sempre valido Marco Bellinazzo.
Io, fazioso, tendenzioso, rancoroso ed altri aggettivi in rima a scelta, decido invece di allargare l’inquadratura e fare un ardito -ma neanche tanto- parallelismo.
Ma andiamo con ordine. Tanti se non tutti sono comprensibilmente soddisfatti della sanzione inflitta al City: non tanto per antipatia calcistica -mica siamo tutti tifosi dello United- quanto perché con questo gesto la UEFA pare dimostrare per una buona volta che il Financial Fair Play non colpisce solo i “figli di nessuno”, bensì anche quelli che fino a poco tempo fa erano unanimemente considerati intoccabili mammasantissima.
La domanda che tanti di noi si sono fatti leggendo la notizia è stata: “E il PSG invece?” La risposta pare stare in un diverso atteggiamento dei soggetti inquirenti nel caso dei francesi, oltre ad una difesa basata su elementi di pura natura procedurale. Questo, più una sorta di buona condotta da parte del Club di Parigi negli ultimi esercizi contabili, avrebbe portato la squadra di Neymar e Mbappé a sfangarla, quantomeno per il momento: nello specifico, la percentuale dei ricavi derivanti da società riconducibili al fondo proprietario del PSG sono scesi grazie ad accordi siglati con aziende esterne alla proprietà, quali Nike e Accor, ma sono in tanti a pensare che i francesi siano “i prossimi della lista”.
Il punto a mio parere non sufficientemente sottolineato, tanto nel caso del CIty quanto in quello del PSG, è quello che tecnicamente è definito “fair value” di una sponsorizzazione: nel caso dei Citizens, la UEFA pare aver dimostrato che i ricavi ottenuti da alcune sponsorizzazioni del City fossero eccessivi rispetto ad un valore “normale”. Non solo: buona parte degli introiti derivanti dalla sponsorizzazione di Etihad in realtà paiono essere conferimenti in conto capitale del padrone (della squadra e della compagnia aerea), come tali in palese violazione dei principi cardine del FPF, secondo i quali la proprietà può finanziare il Club solo entro certi limiti, dal momento che il Club stesso deve potersi sostenere da solo.
Ecco: se fossi una persona normale il pezzo sarebbe completo così (cit.)
Invece, viviamo in un Paese che da anni celebra una realtà di provincia (il Sassuolo) nata unicamente come emanazione di un imprenditore (il compianto Commendator Squinzi) che ha perpetuato proprio quel mecenatismo che il FPF si proponeva di debellare.
Ecco il complottista che arriva al punto: Moratti era un annoiato miliardario che buttava i soldi dalla finestra per la sua Inter. Scandalo! Indegno! Immorale e antistorico.
Squinzi ha per anni piazzato lo sponsor della sua Mapei sulle maglie neroverdi versando al Sassuolo cifre degne di ben altri colori e palcoscenici, ma tutti ne hanno sistematicamente lodato lo spirito imprenditoriale e l’amore per la squadra, oltre alle sempre applaudite simpatie rossonere. Se ci pensate, la manfrina non è molto lontana da quella per cui oggi il City viene punito, e la mia sensazione da profano è che il Sassuolo non sia finito sotto la lente di osservazione dell’UEFA unicamente per non essere mai arrivato a disputare le Coppe Europee.
Ma se parliamo di Sassuolo, non possiamo non parlare di Milan.
Come sappiamo, anche i cugini sono alquanto impelagati con sanzioni UEFA, tetti di spesa e vincoli di mercato. Detta in termini prosaici: non c’è una lira da spendere, soprattutto dopo l’ingaggio di Ibra.
Potrà essere dura da accettare, ma non mi pare difficile da capire.
Eh, ditelo alla solita stampa italiana. Gli ultimi giorni sono stati costellati di notizie, che sarebbe più corretto chiamare speranze se non utopie, che tratteggiavano colpi mirabolanti e strategie espansionistiche per il club di Milanello Bianco, come se i meravigliosi anno ’90 fossero ancora tra noi.
Pronti? Via!
Il mio caffè del mattino di mercoledì scorso mi è quasi andato di traverso leggendo queste zuccherose righe dedicate a Boban e Maldini:


Tutto il pezzo era una contrapposizione manichea tra Gazidis il cattivone ed i due ex campioni che vogliono tanto bene al Milan e si fanno in quattro per portare avanti trattative all’altezza della nomea rossonera. Il fatto che, per l’appunto, non ci sia un soldo da spendere a leggere la Gazza è secondario, anzi, testuale:
“il duo Boban Maldini è stato stoppato su molte cose. Da Modric in poi, molte iniziative sono finite sotto la scure di Gazidis, direttamente autorizzato dal fondo Elliott”.
Fino alla speranza finale: il possibile ritorno in rossonero di Allegri che, Gazza dixit “vuole allenare in Serie A ma con un grande progetto“, definizione che ipso facto dovrebbe escludere il Milan dall’orizzonte.
Macché. I nostri arrivano anche a vette inesplorate, e con questo chiudiamo il cerchio. Il City rischia due anni senza Europa? Se il TAS confermerà, è presumibile una diaspora dalla sponda azzurra di Manchester verso altri lidi di giocatori e managers, Guardiola compreso.
La Juve parrebbe farci un pensierino: vero? Falso? Boh, quantomeno plausibile.
Ma perché limitarsi alla Juve? Ecco l’azzardo, buttato lì per vedere l’effetto che fa.

E comunque si lancia il sasso e si nasconde la mano: “Nonostante le tante difficoltà, in Inghilterra puntano anche sul Milan“.
Oh lo dicono gli inglesi eh, mica noi: però intanto…
A Milano dicono: se la va, la g’ha i gamb…