Da persona responsabile e al tempo stesso controcorrente, mi freno dall’aggiungere i miei microbi all’inquinamento informatico di neo-virologi ed esperti di sanità pubblica, e continuo a coltivare il mio orticello, del quale, se non proprio esperto, sono quantomeno titolato a parlare.
Quindi, l’argomento di giornata è il possibile cambio di modulo di Conte e tutto ciò che gira intorno a questa novità tattica.
Anzitutto, chi scrive è sempre fautore della necessità di una certa apertura mentale da parte degli allenatori. Ho negli anni sviluppato un’intolleranza istantanea a qualsivoglia frase che contenga le parole “il mio calcio”. Il calcio non è tuo, ciccio, esiste da 150 anni ed esisterà anche dopo di te. Quindi, calma e gesso: qui nessuno inventa un cazzo.
Secondo: posto che a certi livelli tutti hanno ormai le stesse competenze tattiche e teoriche, a far la differenza sono i giocatori e, ancor di più, la capacità dell’allenatore di convincerli a fare quel che chiede.
Quindi, e a costo di sembrare pedante e ripetitivo: non esiste lo schema migliore di tutti gli altri in assoluto. Esiste quel che è meglio usare in un certo tempo e con certi giocatori.
Ora, per dire, la “moda” calcistica sembra aver abbandonato le ammalianti trame da tiki-taka per abbracciare il gegen-pressing di Klopp e il calcio turbo-orobico di Gasperini (pur con pochissimi italiani in campo, ma era l’Inter zeppa di stranieri ad essere una vergogna, loro sono un esempio per il nostro calcio, chiusa parentesi polemica). Che dire? Sono tipologie di gioco che incontrano il mio gusto in misura maggiore della fitta ragnatela di passaggi in orizzontale ma, ripeto, sono gusti personali. Nulla che abbia a che fare con l’efficacia in sé dello stile di gioco adottato.
In altre parole: con Xavi, Iniesta e Busquets anch’io avrei cercato di tener palla per il 70% del tempo. Con dei “cavalloni” che corrono a mille per 90’, anch’io me la giocherei uomo contro uomo a tutto campo.
E qui arriviamo a parlare di Conte. Lui stesso ultimissimamente ha ricordato di aver iniziato la sua carriera con un arrembante 4-2-4, per poi passare ad un altrettanto intenso 3-5-2. Con “la difesa a tre” ha vinto a Torino e pure al Chelsea, dove pure aveva alternato vari moduli. Con lo stresso schema ha preso l’Inter portandola in testa alla classifica ed a battersela punto a punto fino ad oggi con Juve e Lazio.
Però…
Però le idee, specie nel calcio, invecchiano presto. L’usura è addirittura maggiore del pur notevole dispendio psico-fisico richiesto ai giocatori, spesso “svuotati” dopo un paio di stagioni con Conte.
Il calcio italiano è ancora quello più tattico al mondo, quello in cui gli allenatori sono più bravi in assoluto a “giocarti addosso”. Da noi quasi nessuno è supponente al punto da non considerare l’avversario e giocare il proprio calcio in fotocopia a prescindere da chi si trova di fronte. Anche chi “fa il figo” facendo dichiarazioni simili, poi alla fine ha ben presente punti di forza e di debolezza della squadra che deve affrontare.
Quindi? Quindi i nostri avversari per i primi mesi della stagione hanno fatto fatica a contrastare un centrocampo finalmente pensante con Brozovic e Sensi ad alternarsi nella costruzione e Barella o Vecino a iniettare muscoli e pressing utili a servire il prima possibile Lautaro e Lukaku.
Dopo un po’, complici anche gli infortuni, le varianti allo spartito sono emerse in tutta la loro pochezza e agli avversari è stato facile capire che, fermato Brozovic, la nostra manovra faceva fatica a trovare un’alternativa al cazzo-di-giro-palla-tra-i-centrali-di-difesa.
L’avevamo già sperimentato negli ultimi anni con Spalletti: se il medianaccio di turno, quando non la punta che si sacrifica, va a pestare i piedi ad Ajeje Brozo, la luce si spegne e davanti il pallone arriva con una fatica tremenda.
La cosa si è palesata in tutta la sua evidenza già prima di Natale, accompagnata dalla scritta luminosa Piano “B” cercasi con urgenza, (già che ci siamo pure “C”).
Per fortuna, il calendario era dalla nostra parte, con la pausa natalizia e le strenne del mercato di Gennaio a disposizione.
Ora, sappiamo che il primo mese dell’anno è stato buttato nel cesso come in tante delle ultime stagioni, e che lo stesso calciomercato invernale ha visto i rinforzi arrivare in maniera forse inutilmente stitica (torno alla domanda polemica: perché prendere il pezzo pregiato a fine mese con la speranza di risparmiare qualche soldo, se poi l’hai pagato pure più di quanto ti avevano chiesto ad inizio mese?).
Ad ogni modo, cosa fatta capo ha: Eriksen è arrivato ed ora Conte pare avergli fatto terminare il rodaggio. La partita in Bulgaria di settimana scorsa, ben più che la pur importante vittoria e il si spera benaugurante primo gol del danese, ci ha portato in dono una bella mezz’ora giocata con un inedito 4-3-1-2, che pare cucito su misura proprio per il nuovo arrivato, posizionato nell’ideale posizione di trequartista libero di tirare in porta e servire le due punte, senza dover pensare troppo ai movimenti dei compagni di reparto.
Il cambio è salutato con favore dal sottoscritto (sono fin troppo diplomatico: mi piace davvero un bel po’), anche perché lascia impregiudicato il potenziale della coppia di attacco, portando al tempo stesso Skriniar e Godin a poter giocare nel loro ruolo preferito (De Vrij forse leggermente sacrificato, ma comunque in grado di contendere il posto ad entrambi: in sostanza tre titolarissimi per due maglie). Sulle fasce D’Ambrosio e Young parrebbero i migliori a disposizione, con Candreva alternativa spregiudicata (un’ala a giocare da esterno basso, come Cuadrado, come Cancelo, per la gioia di Adani), mentre a centrocampo Barella e Vecino ne giocherebbero tante, lasciando l’ultimo posto disponibile in palio tra Brozovic e Sensi.
In altre parole, il summenzionato “piano B” lo vedrei così:

C’è anche un “piano C”, forse meno di rottura rispetto al 3-5-2, che tuttavia permetterebbe come si dice in gergo di “rovesciare il triangolo di centrocampo” e lasciare Eriksen a ridosso delle punte, con Barella a spalleggiare Brozovic in mediana, avendo Sensi quale validissima alternativa ad entrambi, a seconda del match.
Una roba del genere:

Nulla di definitivo, ancora una volta: semplicemente un’alternativa che possa far salire il numero di frecce al nostro arco, che possa ampliare il repertorio e servire a scardinare partite che non vogliono sbloccarsi, che possa diminuire la nostra prevedibilità.
Che ne dite? Che ne dici Mister? Si può provare…