Poco da aggiungere rispetto all’aggiornamento di settimana scorsa, se non un paio di cose “esogene”.
Internamente, continua (e anzi, spero finisca) il mese dell’invornito, con la terza partita sbloccata e poi buttata via a un quarto d’ora dalla fine. Forse un filo di intensità in più rispetto a Lecce, un paio di occasioni nette ma non concretizzate da Sensi e Lukaku, ma in generale un numero di giri che rimane troppo basso.
La novità di giornata, che -poi vedremo- novità non è, arriva appunto da fuori. Torniamo cioè ad essere snobbati da arbitri ed istituzioni, ovviamente stando al passo coi tempi. Faccio finta di credere che sia finito il tempo in cui ti fischiano dal nulla un rigore che non c’è o te ne negano uno palese, ma restano tanti altri modi per farti capire che in un’ideale scala di considerazione presso la classe arbitrale tu, interista, sei saldamente in zona retrocessione.
Provo quasi pena per Conte, geneticamente impossibilitato a capacitarsi di un simile trattamento. Personalmente, provo sempre una sorta di piacere perverso nel vedere il nuovo Mister di turno scontrarsi con la realtà che, a queste latitudini, viviamo con rancorosa rassegnazione da anni. Vedi i Ranieri, gli Spalletti, i Conte strabuzzare gli occhi e sacramentare increduli e per lo meno ti consoli: “ah, allora tutto quello che (ci) succede non è normale…”.
Nello specifico, l’arbitraggio di Manganiello non è macchiato dall’errore che falsa il risultato in maniera palese: io avrei dato il rigore su Young e avrei anche qualcosa da dire sul contatto Joao Pedro-Godin che precede il loro pari, ma devo confessare che la spintarella di Martinez sul gol è veramente al limite.
Il punto è un altro, e sta nel metro di giudizio e la strafottenza dell’arbitro. Segna El Toro, Manganiello convalida facendo ampi segni di aver visto e aver valutato la spinta come veniale, ciononostante attende l’ok del VAR (che, a quanto capisco, non potrebbe intervenire per una valutazione soggettiva dell’arbitro di campo, ma va beh…). Arrivata la benedizione dalle alte sfere, si riparte 1-0 per noi e, da lì in avanti, in buona sostanza smette di fischiare ogni tipo di fallo sui nostri.
Al 93′, e quindi dopo un’oretta di andazzo del genere, Martinez e in subordine gli altri ovviamente sbagliano a protestare in quella maniera, e Lautaro in particolare la combina grossa rischiando di rimanere seduto per più di una partita, ma siamo alle solite: il bambino petulante ti tampina per un’ora e alla fine tu salti per aria e becchi la nota.
La cosa che, al solito, mi fa inalberare ancor più della condotta arbitrale è il giudizio dei Crosetti di turno, tutti bravi a condannare la reazione esagitata dei nerazzurri, atteggiandosi a maestrini petulanti quando non a tifosi da Bar Sport. La Stampa a Torino per anni l’hanno chiamata La Bugiarda, ed evidentemente i soprannomi vanno meritati e mantenuti:

Il tutto nella stessa giornata in cui la Juve perde (e male) a Napoli, facendo vedere per l’ennesima volta i limiti del progetto Sarriano, per una volta nemmeno coperti dalle prodezze del singolo.
Anche qui, rapido ripasso di complottismo: CR7 segna per la millesima partita di fila e, con Dybala e Higuain, sta tenendo la Juve in testa alla classifica nonostante una manovra che di armonia e spettacolo ancora poco fa vedere. Eppure, nessuno che osi cedere ai tanto comodi Luoghi Comuni Maledetti. Del resto stiamo pur sempre parlando di Juve, di Sarri, di CR7, mica di Inter e del centravanti di turno: si vede che la frase “sfrutta i colpi del campione per supplire alle carenze di giUoco” non viene bene detta con accento torinese…
CALCIOMINCHIATA – LE ULTIME DAI CAMPI
Oggi, dopo settimane nelle quali “questo è il giorno giusto per Eriksen”, il danese dovrebbe ufficialmente diventare un giocatore dell’Inter. Gran colpo, non c’è che dire, prendi a 20 milioni un giocatore che ne vale serenamente il quadruplo. Però…
Però, puttanaeva: sei partito facendo il figo e offrendo 10 milioni, e come uno stillicidio sei passato a 13, 15, 17 per poi capitolare agli inamovibili 20 chiesti dal Tottenham (anzi, pure qualcosina in più).
Per tanto così, e sapendo che Levy è un osso durissimo, non era meglio accettare subito i 20 milioni e portarselo a casa due settimane fa? Capace che tra Lecce e Cagliari un paio di punti in più li avremmo fatti… E in ogni caso avrebbe già un paio di settimane di allenamenti in gruppo.
Va beh, meglio tardi che mai.
Per il resto, noto con piacere che Young, comprato come esterno sinistro, ha debuttato (a destra) e messo un ottimo assist per Martinez (sempre di destro). Attendo di vederlo sull’altra fascia per capire se, arrivato sul fondo, sarà altrettanto bravo col mancino o se farà il rinterzo effettato con sbiliguda veniale per rientrare sul destro e crossare.
Le ultimissimissime dicono di un Vecino che potrebbe restare, anche se più per mancanza di offerte all’altezza che per reale convincimento. Se così fosse ne sarei felicissimo: a parte il debito di un paio di gol passati alla storia, il Charrùa è superiore a tutti gli eventuali rimpiazzi di cui si è parlato in queste settimane.
Segnalo che la punta di scorta diventa ancora più urgente dopo la pazziata di Martinez: continuo a preferire Llorente a Giroud, ma uno dei due è necessario che arrivi il prima possibile. Ricordo che tre delle prossime quattro saranno con Milan, Lazio e Juve.
CARI FOTTUTISSIMI CUGINI
Rieccoli, i MeravigliUosi, e devo dire che (non) mi erano mancati.
Nell’ordine: dopo due considerevoli botte di culo con Udinese e Brescia, tutta la stampa è allineata nel ricordare le “quattro vittorie consecutive, se consideriamo anche la Coppa Italia“.
Non solo. Formati al divino insegnamento del Geometra Galliani, se consideriamo la media punti da Gennaio in avanti, il passo è addirittura “da scudetto“. La stessa Coppa Italia, da sempre terzo obiettivo stagionale per chi ha le coppe Europee, per i rossoneri (digiuni anche quest’anno da gite infrasettimanali) può valere 25 milioni di ricavi.
Che Piatek, Suso e Paquetà dal GreNoLi del 2020 siano passati ad essere tre pacchi che non si riesce a piazzare a nessuno è una verità scomodissima da ammettere; meglio dire che sono “il tesoro del Milan“. Il succo è lo stesso ma fa tutto un altro effetto.
Il “Giova” direbbe “intanto c’ho un capitale immobilizzato e gli interessi...”
Come dico spesso, sapendo di ripetermi: c’è una parte di Milano in cui splende sempre il sole.
Lascio alla fine quella che ritengo la cosa più insopportabile.
Il Milan, come sappiamo, è una grande famiglia, ma non solo. La strategia comunicativa rossonera prevede che tutti i personaggi di successo, le squadre più vincenti di un determinato periodo, i campioni presenti o passati, siano comunque assimilabili al Milan: il ragazzo tifa Milan fin da bambino, la tal squadra gioca proprio come giocava il Milan di Sacchi/Capello/Ancelotti, il tal campione ricorda gli anni del Milan come i migliori della sua vita.
Siamo tutti amici, ci vogliamo bene (cit.)
Ora: cerco di dirla bene sapendo che sto camminando sulle uova.
Una cosa del genere per me è da vomito:

Con questa roba qui il Milan ci dice: la morte di Kobe è una tragedia per tutti, ma per noi un po’ di più perchè tifava Milan, quindi era più amico mio che tuo. Manca solo il gnégnégné alla fine.
Non mi aspettavo niente di diverso da loro, solertissimi a postare l’inevitabile -e giusto, per carità- messaggio di cordoglio per la scomparsa di un tale campione.
La manfrina del lutto al braccio e del minuto di silenzio l’hanno proposta ieri, ed ero stato contento di sapere che in un primo momento la Lega Calcio avesse negato l’autorizzazione, come a dire: il calcio non c’entra una mazza. Kobe sarà doverosamente ricordato nel prossimo turno di campionato di basket, che era il suo sport.
E invece, grazie al combinato disposto tra potenza mediatica da tardo impero e scrivani di corte compiacenti, stasera assisteremo a questo atto di prepotenza emozionale.
Non che a Milanello Bianco siano nuovi a colate glicemiche del genere.
Nell’ottobre del 2011, con il povero Simoncelli appena scomparso, prepararono in fretta e furia la maglia per l’occasione, da esibire oltretutto in tutt’atro contesto, e cioè mentre Gattuso parlava dei suoi problemi all’occhio di quella stagione (peraltro curati tardi e male dal mirabolante MilanLab):

Chi mi sta vicino mi dice che quando fra cent’anni dovesse capitare la stessa cosa a un grande personaggio di dichiarate simpatie nerazzurre, anche l’Inter farà così.
Non credo, proprio perchè lo stile è qualcosa che hai dentro.
Se così dovesse essere, non avrei problemi a dichiarare il mio disgusto.
Dopodichè, l’ultima cosa che voglio fare è tirare il povero Kobe per la giacchetta. Che la terra sia lieve a lui, alla figlia e a tutti gli altri.
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