No, non sto delirando. Non più del solito, almeno.
Tenterò di spiegare perchè l’Inter è fatta in una certa maniera, contrariamente alle altre big strisciate italiane, e perchè -come conseguenza di ciò- abbisogni di un certo tipo di allenatore.
Farò del mio meglio per non cadere nella più che fallace tentazione di buttarla in vacca, sunteggiando il tutto con il più classico degli #ècomplotto.
Bon, ci si prova.
L’Inter è storicamente un Club fragile. Sad but true.
Le proprietà che si sono succedute nel corso dei 100 e più anni raramente hanno dimostrato quel peso specifico, quella forza, quel carisma che solitamente accompagna squadre con il nostro palmarès.
Se limitiamo lo sguardo alle due epoche Moratti, per distacco le migliori a livello di risultati sportivi, possiamo notare come la prima delle due sia riuscita nel ’64 a perdere allo spareggio col Bologna uno scudetto che pareva già vinto, buttando via per demeriti propri quello del ’67 a Mantova con la papera di Sarti. Per la seconda gestione della Famiglia mi taccio per tener fede al fioretto fatto in apertura, scrivendo solo la parola Calciopoli per rendere sommariamente l’idea.
Con queste premesse, e in questo contesto, è sintomatico constatare come i soli allenatori interisti a portare a casa vittorie convincenti dal dopoguerra in avanti siano tutti accomunati da un carisma e da una personalità fuori dal comune. Herrera, Trapattoni, Mourinho e in misura minore Mancini sono tutti professionisti che hanno fatto della grinta, della capacità di comunicare e di plasmare il gruppo il proprio tratto distintivo, ben più degli schemi di giUoco o dei moduli adottati.
Dopo il lustro d’oro 2006-2011, ho più volte detto che i risultati di quella Inter erano stati ottenuti non grazie ma nonostante la Società, e che solo la carta bianca data a Mancini prima e a Mourinho poi ave a permesso alle vittorie di arrivare copiose.
A costo di farmi sanguinare gli occhi, se guardo ai cicli vincenti delle nostre dirette rivali, scopro in Milan e Juve uno dei molti tratti che le accomunano: Società solide, capaci di dettare una linea, forti e coerenti nel mantenerla. Soprattutto, una dirigenza magari fatta da sgherri pregiudicati o da traffichini sopravvalutati (anche senza il “magari”), ma comunque in grado di mostrarsi come vera forza motrice del Club. Più dei calciatori. Più del Mister.
E qui parte il gioco all’incastro: quando hai le televisioni al tuo servizio e un datore di lavoro che di mestiere fa il battutista e il tuttologo, la cosa migliore che puoi fare è rispondere “Grazie al nostro Presidente che ci aiuta sempre e a cui vogliamo tutti tanto bene“, come Sacchi, Capello e Ancelotti hanno imparato a ripetere nel corso degli anni. Grandi allenatori, nessuno lo discute (io discuto Sacchi e ho ragione, ma qui faccio finta di no), ma anche intelligenti e furbi nel capire che non erano nel Club in cui poter dire “qui il capo sono io“.
Oppure: arrivare alla Juve vuol dire arrivare nel maggior centro di potere calcistico italiano. Le motivazioni sono diverse da quelle rossonere, ma la conclusione è sostanzialmente la stessa: Lippi, Conte e anche Allegri sono nati “gobbi” o comunque si sono calati appieno nel ruolo di ingranaggi importantissimi ma non imprescindibili nell’universo bianconero, proprio perchè è il Club stesso ad essere il pivot del tutto.
L’Inter -come detto- non è mai stata così: mi auguro che con Suning la musica cambi, e viste le premesse non è nemmeno così impossibile, ma fino a oggi l’anello debole nel trittico Club-Allenatore-Giocatori è stata proprio il primo.
Ecco che quindi, per supplire alle mancanze “della casa”, si è sempre avuto bisogno di un uomo che non si limitasse a fare il suo mestiere -allenare- ma che fosse anche direttore sportivo, ufficio stampa, psicologo, o un mix di tutto questo: un uomo di lotta e di governo.
Traslando il tutto ai giorni nostri, e ipotizzandoci una squadra normale, io personalmente non avrei grossi problemi a confermare Stefano Pioli per la prossima stagione. E’ un allenatore normalmente capace, conosce la squadra, darebbe continuità e eviterebbe l’ennesima ripartenza da zero.
E’ però il profilo giusto per un Club ancora sprovvisto di una forte governance interna? Probabilmente no.
Lo può essere, aldilà dei risultati del finale di stagione, solo se Suning deciderà di accelerare il processo di “controcazzizzazione” dell’Inter, facendo capire a tutti e coi fatti che la musica è cambiata. Se è così, che FozzaInda in persona vada davanti alle telecamere e annunci urbi et orbi che Pioli sarà l’allenatore dell’Inter per i prossimi tre anni.
In alternativa, testa bassa e avanti con la corte serrata a Simeone, il solo nome che possa portare entusiasmo tra i tifosi e giustificare l’ennesimo “anno zero” a tinte nerazzurre.
Pregi e difetti del Cholo sono in un certo senso complementari a quelli di Pioli: da una parte uno stimolante e grintosissimo reset, al cui altare sacrificare la continuità degli ultimi sei mesi e l’eventuale abbozzo di progetto per l’anno nuovo; dall’altra la rassicurante (?) tranquillità del Mister parmense, che non scalderà mai i cuori del nostalgico Sciur Ambroeus, ma che non ha molti colleghi con capacità tecniche superiori alle sue. E’ tutt’altro che un fuoriclasse, intendiamoci, ma ha il vantaggio di essere in una classe di studenti mediocri.
Gli allenatori ov-ze-màdonn non sono al momento disponibili, e non credo che i milioni di Suning sarebbero sufficienti per far accettare a uno di loro il periglioso percorso di rinascita nerazzurra.
Simeone sarebbe diverso, proprio per i ricordi agrodolci del suo biennio interisti di fine anni ’90.
Probabilità di un suo arrivo? Obiettivamente basse. Il solo scenario che potrebbe vederlo lasciare Madrid è una sua inaspettata (ma sperata!) vittoria in Champions, che gli permetta di uscire di scena tra gli applausi. A quel punto il Cholo potrebbe tuffarsi in una nuova sfida, con una squadra messa male, come male era messo il “suo” Atletico all’epoca del suo arrivo.
Questo sarebbe il mio scenario preferito. L’allenatore convesso, in attesa che lo diventi anche la Società
Il mio timore, invece, è che l’Inter si dimostri per l’ennesima volta il Club volubile e incoerente che tante volte è stato. E cioè che decida comunque di sostituire Pioli semplicemente perchè non può più restare, dando più importanza al suo addio che alla sua effettiva sostituzione. In altre parole: che arrivi chiunque, purchè quello se ne vada.
E quindi, temo l’arrivo di Spalletti, Paulo Sousa, Jardim…
Uno dei tanti allenatori concavi sul mercato.
Chi vivrà, vedrà.
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