INTER-FIORENTINA 3-0
Partiamo dal risultato: non potevamo sperare in nulla di meglio. Tre gol fatti, un’altra mezza dozzina di occasioni (molte delle quali clamorose), nessun gol subìto grazie a una botta di culo tanto inusitata quanto gradita, addirittura -udite udite- un rigore fischiato a favore dopo 3 minuti di gioco.
Prodigi della tènnica, sui quali tornerò ad annoiarvi infra.
La lettura delle formazioni mi lascia alquanto perplesso (blasfemicamente perplesso, per essere precisi) alla visione di Nagatomo e Brozovic tra i titolari.
Noto invece con piacere che il doppio mediano è composto dagli ex viola Borja-Vecino. Per il resto, tutto secondo pronostico.
Bella l’accoglienza riservata da parte dei 50mila di San Siro a Pioli, vittima pressoché incolpevole del troiaio dell’anno scorso. Del resto chi nasce quadrato non può morire tondo, e non era da lui che potevamo aspettarci il discorso da capitano coraggioso o da Al Pacino de noantri per invertire una rotta segnata in massima parte dall’inedia dei nostri amatissimi ragazzi in braghette.
Come anticipato, pronti via e Nagatomo (ipse!) pesca Icardi con un lancio in verticale di 40 metri. Regolare la posizione dell’argentino, opportunamente a seguire il suo controllo, ingresso in area e contatto da rigore con quel nasone maledetto di Astori, stopper da me odiatissimo in quanto “tifoso rossonero fin da bambino” e autore di gol e falli da rigore non sanzionati in dose industriale nelle passate stagioni (non sto a linkare chè ce n’è a strafottere, fidatevi…)
Tagliavento addirittura assegna il rigore sua sponte, chiedendo e trovando conferma della sua scelta dal VAR.
Icardi spiazza Sportiello e al terzo minuto siamo già avanti.
I nostri continuano come hanno cominciato e macinano gioco grazie alla crapa lucente di Borja Valero, a mio parere già faro imprescindibile del nostro centrocampo.
A fianco (e non “affianco”, le vacanze stanno facendo crescere ancor di più la carogna di grammar nazi che mi porto sulla spalla), Vecino recita la una parte con diligente costrutto, tappando la bocca alla pletora di italioti che “eh però così toglie il posto a Gagliardini, un giovane italiano…”.
In realtà emula il collega italiano nella scarsa sensibilità col goal, allorquando riceve un altro illuminante assist di Nagatiello (per una volta non sono ironico nei confronti del nippico) e allarga troppo il piattone spedendo largo il facile 2-0.
Il raddoppio arriva comunque negli stessi minuti, figlio di una combinazione sulla destra dove staziona anomalamente Perisic. Cross preciso a centro area e Maurito mostra a tutti come si capoccia in mezzo ai due centrali avversari: frustata sul secondo palo e due a zero prepotente.
Acquisito il doppio vantaggio il numero di giri fatalmente cala; non per questo diminuiscono le occasioni per andare in rete: velenoso il destro di Brozovic deviato in corner dopo bella combinazione in area, clamorosa la palla che Perisic serve -male- a Icardi e che vanifica un più che probabile tre a zero.
Se si esclude un contatto Miranda-Simeone in area, su cui Tagliavento sorvola, anche qui confortato dal VAR, la Viola si rende pericolosa solo con un bel colpo di testa del Cholito Simeone e qualche velleitario tiro dalla distanza, e con ciò si arriva al riposo.
Spalletti riparte con gli stessi 11, verosimilmente strigliati nel quarto d’ora accademico con passeggiate sui testicoli all’insegna di “testa in campo, facciamo il terzo e teniamo palla”. Se l’intenzione era quella, la messa in pratica lascia a desiderare: i nostri sono meno pronti al pressing e anche alla costruzione, ancor meno con l’uscita dal campo di Borja Valero, evidentemente a corto di benzina. Per quello è anche ben sostituito da Joao Mario, che imbecca i nostri attaccanti un paio di volte e si dimostra attento nel verticalizzare l’azione. Manca la fase di gestione della palla, nella quale lo spagnolo è maestro e che mi spingerà a ricordarne l’integrità fisica nelle mie preghiere della sera.
Con i cambi la fisionomia del centrocampo si modifica: Gagliardini rileva Brozovic (non male invero anche la sua prova) e ha tempo per mangiarsi un gol anche lui. Siamo nella fase centrale della ripresa, nella quale la Viola spinge col nuovo entrato Babacar e meriterebbe il gol.
Come detto in apertura, invece, la Dea Eupalla è per una volta dalla nostra parte e il tiro del possibile 2-1 si stampa sul palo interno ad Handanovic battuto, dopo che lo stesso sloveno si era esibito nella sola vera parata della serata, deviando in angolo una pericoloso rasoterra alla sua destra.
“Gol sbagliato-gol subito” è uno dei pochi luoghi comuni non maledetti del calcio e, un minuto dopo la succitata botta di culo, il cross dalla destra è puntualmente raccolto dalla capoccia di Perisic che in tuffo sigla il 3-0. Il croato resta a terra prostrandosi a pelle di leone, probabilmente rimuginando sulle poche ma evidenti leggerezze che avrebbero potuto macchiarne la buona prova.
La partita sostanzialmente finisce lì, con Icardi a lasciare il posto a Eder per gli ultimi minuti, non essendogli riuscita la tripletta personale. Ci possiamo comunque accontentare, vista la doppietta all’esordio e la sensazione di pericolo costante per la difesa avversaria ogniqualvolta è entrato in possesso di palla.
Sabato sera rendez-vous all’Olimpico per Spalletti con i suoi vecchi amici/nemici. Non poteva che iniziare così, con il nostro ex allenatore ospitato alla prima stagionale e l’attuale Mister a rendere visita alla sua ex squadra nella settimana seguente.
Tocchiamo ferro, legno o altri ammennicoli a scelta.
LE ALTRE
Vincono più o meno tutte, tranne la Lazio inopinatamente bloccata sullo 0-0 dalla matricola Spal. Juve, Milan e Napoli rifilano tre pappine ai rispettivi avversari, mentre la Roma si accontenta di una furba punizione di Kolarov, che da ex laziale trova la maniera migliore per farsi accogliere dai nuovi tifosi, fieramente intransigenti come tutti i tifosi e in quanto tali disposti a dimenticare i trascorsi in maglia rivale in cambio di un paio di gol al momento giusto.
Quando si dice la coerenza…
E’ COMPLOTTO
Inevitabile un corposo excursus sul VAR (che userò al maschile in quanto fieramente maschilista). Parto dalle facili battute e dico che là dove non sono bastate decine e decine di partite “vecchia gestione”, sono stati sufficienti 30 minuti di nuovo corso per vedere assegnato un rigore contro la Juve a Torino.
Che poi quell’interdetto di Farìas se lo sia fatto parare da Buffon è cosa secondaria, e non fa che alimentare le mie farneticanti supposizioni all’insegna del “gli avranno caldamente consigliato di sbagliarlo”.
Certo, il raddoppio di Dybala è figlio di un controllo astuto quanto dubbio, e lo stesso primo gol di Mandzukic beneficia del mestiere del croato che si libera dell’avversario come solo lui sa fare… ma non è il caso di sottilizzare.
Siamo tutti consapevoli che il VAR non sarà la panacea di tutti i mali, anche se probabilmente io e il resto del mondo partiamo da due presupposti antitetici.
“Gli altri” pensano che la tecnologia non potrà mai superare l’intelligenza umana e che, quindi, ci saranno sempre casi in cui l’arbitro sarà sempre il miglior giudice.
L’assunto è astrattamente condivisibile, se non fosse pericolosamente affine al fallace ragionamento del fascino del calcio che è anche figlio di errori arbitrali.
Io, che son da solo ma c’ho ragione, parto da un diverso ragionamento: il ricorso all’ausilio tecnologico è comunque sempre lasciato alla discrezionalità del Tagliavento di turno, quindi non potremo stupirci se -contrariamente a quanto fatto ieri, non ho problemi ad ammetterlo- si riterrà sicuro a sufficienza “ad aree di rigore alterne”, chiedendo quindi un supplemento di giudizio a seconda di dove tira il vento.
E’ un processo alle intenzioni, me ne rendo conto.
Ecco perchè “son da solo” a pensarla così.
Ecco perchè “c’ho ragione”.
WEST HAM
Male perdio…
Se l’esordio contro il Man Utd (4-0) aveva messo in chiaro il peso specifico delle due squadre, la successiva sconfitta contro il Southampton (3-2 all’ultimo minuto) lascia l’amaro in bocca per come è arrivato, ma al tempo stesso la consapevolezza della strada da recuperare dopo sole due giornate di campionato.