INTER-CAGLIARI 2-2
Weekend strano e solito al tempo stesso, seppure su fronti diversi.
Dopo essermi violentato l’anima, sperando che i cugini rimontassero il doppio svantaggio a Napoli, ho assistito quasi “nasandola” all’ennesima prestazione da Pazza Inter. Mi sono in realtà risparmiato il primo tempo che, credo, sia riassumibile nel bel gol di Palacio su cross di Cassano, in una gragnuola di parate di Handanovic e nel meritato pareggio sardo con Sau, bravo a infilarsi tra Samuel e JJ.
La ripresa invece ha visto i nostri procedere a sprazzi, col Cagliari bravo a ripartire e approfittare degli inevitabili buchi che si aprivano dietro. Milito ha fatto riapparire la prima delle megére evocate nel titolo, sparando alto un sapiente assist di Nagatiello a non più di 3 metri dalla porta.
La spinta “ragionata” dell’Inter in realtà finiva lì: da quel momento in poi i nostri cercavano il gol più col casino organizzato che con manovre ragionate. La dura legge del gol (sbagliato-e-quindi-subito) non ha tardato a trovare applicazione, con Pinilla bravissimo a centrare il palo su girata acrobatica, e ancora Sau bravo e fortunato a trovarsi in zona, controllare e fintare prima di mettere in buca l’1-2. Dopo qualche Madonna tirata a dovere, ho pensato al classico dei classici: Inter che deve vincere per approfittare degli acciacchi altrui e che invece viene beffata sul più bello.
I fantasmi di Phil Masinga, Evair e Dely Valdes si sono messi a ballare davanti a me, mentre uno strano mantra di Morettiana memoria riecheggiava nella mia testa: “tutto dipende da me, e se dipende da me, sono sicuro che non ce la farò”.
Quando poi vedo l’inutile Riky Alvarez prendere il posto di Cassano capisco che la giornata da scura può solo trasformarsi in nera, e invece è una botta di culo sesquipedale a rimetterci in carreggiata, sotto forma di cross di destro (di destro, lo devo scrivere due volte perché possa capirsi l’eccezionalità dell’evento) proprio del neo entrato che incoccia su Astori per il più classico degli autogol. Pareggio e una manciata di minuti da giocare, tentando quel che, a seconda del colore delle strisce della maglia, viene definita “vittoria di carattere” o “somma ingiustizia calcistica”. Nel dubbio, non si applica né l’una né l’altra definizione, visto che il casino organizzato di cui sopra produce qualche flipper in area che causa solo picchi di pressione arteriosa, fino all’inguacchio del 90’. E lì che appare la seconda strega di giornata, allorquando Ranocchia è palesemente cianghettato a cavallo dell’area, tra le urla degli spettatori e nel silenzio assordante dell’arbitro, che fa proseguire. Il fatto che sia Cassano, rimasto in panca dopo il cambio, a dover calmare Stramaccioni, dà la misura dell’incazzatura del Mister, che viene inevitabilmente cacciato.
Rimandando a poco più sotto i commenti de panza sul succitato fattaccio, qui mi limito a rivendicare il sacrosanto diritto di una squadra di vincere, pareggiare o perdere partite per esclusivo merito o demerito proprio e degli avversari, ma senza dover mettere sul piatto della bilancia la decisione sbagliata dell’arbitro.
Se Milito sbaglia da due passi posso smadonnare fino a domani senza capacitarmi di come un campione come lui possa calciare alto da quella posizione, ma se un arbitro non segnala un fallo chiaro e solare come quello su Ranocchia, il tifoso, sì fazioso ma non fesso, si incazza. E si incazza ancor di più quando gli viene fatto notare che, stante l’errore del proprio centravanti, non ha diritto di lamentarsi. A stronzate del genere finge di credere Marotta quando dice “il loro gol era buono, il nostro in fuorigioco, ma ai punti avremmo vinto comunque noi” oppure il fideista sacchiano che pensa che solo giUocando bene puoi meritarti di vincere, e che se invece osi giocare male, e il Dio del calcio decide di non incenerirti con un fulmine a metacampo, il minimo che ti puoi aspettare è di perdere.
Cercando di tornare al solo calcio giocato, è vero che, dopo la vittoria di Torino, probabilmente i nostri hanno accusato un calo di tensione: è qui che però deve intervenire un allenatore come Stramaccioni, bravo nell’aspetto motivazionale: al netto degli errori arbitrali, che in due partite ci hanno tolto 3 punti (1 a Bergamo e 2 ieri), le ultime partite ci hanno visti in calo, incapaci di riproporre lo schema “massicci e incazzati” che tanto veloce ci ha fatti marciare a Ottobre. La speranza è che lo svuotamento dell’infermeria e l’applicazione calcistica del sommo principio dell’informatica (spegni e riaccendi) possano portare benefici alla squadra.
LE ALTRE
Come detto, Juve-Lazio e Napoli-Milan avevano apparecchiato la domenica come meglio non si poteva sperare: due pareggi, accompagnati da una nostra vittoria, avrebbero voluto dire 2 punti recuperati su tutte e quattro le suddette. Forse troppo bello per essere vero, o troppo vero per essere bello. Di tutto questo stallo ne approfitta la Fiorentina che demolisce l’Atalanta e appaia il Napoli al terzo posto, ad una sola lunghezza dai nostri. Bello e intenso come al solito il Derby di Genova, che vede la Samp prevalere sul Grifo, lasciandogli anche la poco invidiabile coda della classifica. Nonostante Clouseau Delneri, spero sempre per il meglio quando si tratta di Zena.
E’ COMPLOTTO
Lampante e palese dimostrazione di prostituzione intellettuale ieri nel dopo partita.
Protagonista principe, la terza strega della nostra favoletta, sotto forma di calabrese cantilenante (Massimo Mauro), la cui faccia di tolla riesce a rimanere impassibile nel suo mezzo sorriso anche dicendo che secondo lui quello su Ranocchia non è rigore. Non mi stupisco dell’affermazione in sé, perché conosco il soggetto e la sua “non simpatia” per i colori nerazzurri. Quel che mi fa ribrezzo è il suo discorso da finta-vergine, nel quale accusa Moratti di essere troppo tifoso per essere obiettivo, invitandolo a fidarsi di giornalisti e commentatori imparziali, che, proprio perché tali, sarebbero più lucidi mentalmente e quindi più attendibili in sede di giudizio. Il figuro aggiunge che adombrare sospetti fa male al calcio, che non è giusto farlo “perché la Juve è andata in B ed ha pagato ed è stata l’unica a pagare”, e che così facendo lo costringono a ricordare il rigore non fischiato al Catania, che lui non vorrebbe ricordare perché l’errore dell’arbitro fa parte del gioco, e che invece si vede costretto a tirar fuori di nuovo, a ulteriore riprova del fatto che, alla fine, torti e ragioni si compensano. (Il fatto che quello sia il solo episodio che viene tirato in ballo a favore dell’Inter, e che comunque quella partita sia stata vinta 2-0 poco conta ovviamente…).
Non starò a dirvi quanto soave sia sembrata la musica uscita dalla bocca inferocita del Signor Massimo, infuriato nel dopo gara e unico a parlare ai giornalisti, e polemizzando anche con lo stesso Mauro e la sua tesi negazionista. La speranza, in termini di governance aziendale, è che l’incazzatura continui e non sbollisca come tante altre volte nelle dichiarazioni del Lunedì rese-dal-sempre-disponibile-presidente-all’ingresso -degli-uffici-della-Saras.
Soprattutto perché, se non è bello subire torti sul campo, ancor più “antipatttico” è essere presi per il culo nei giorni seguenti. Facendo finta di parafrasare Giovenale, e volendo invece citare un sommo ancorchè bianconero Matteo Brambilla di bionda età, mi chiedo retoricamente quis custodiet custodies? e cioè chi garantisce della buona fede di commentatori e giornalisti, quando questi negano l’evidenza o promuovono una sostanziale omertà come stile di vita? Ritorna ancora una volta la saggezza Mourinhana del ‘bassiamo i toni e delle nefaste conseguenze che ciò ha portato al nostro Calcio. Evidentemente si sbaglia a lamentarsi, perchè il nostro piangere fa male al Re. Dovremmo pigliarla in culo e ringraziare, dovremmo credere a chi ci dice che piove dal basso in alto e che quello su Ranocchia non è rigore, perché Ranocchia è alto 1.90 e per un tocco così non può cadere (non posso chiedere a Mauro di conoscere le basi della fisica e quindi il concetto di leva, ma cazzo, questo ha giocato 10 anni in Serie A e non può non riconoscere in quella dinamica un chiaro fallo di gioco).
Del resto, nelle mie orecchie risuona ancora l’ex arbitro Chiesa che, commentando in diretta il famoso Juve-Inter di Iuliano nel ‘98, sosteneva che “non tutti i contatti sono rigore” e che quello, secondo lui, non lo era. Eppure si dichiarava imparziale, eppure era competente, come Tosatti, come Biscardi, come il moviolista Silvio Sarta e tanti altri che solo io e pochi altri, rancorosi dall’elefantiaca memoria, ricordiamo ogni sera nelle nostre preghiere.
E noi, poveri bimbi rimasti scottati dall’acqua bollente, dovremmo fidarci ciecamente di quel pentolone di acqua calda che cuoce sul gas, senza far troppe manfrine su quel che è stato, chè se no qui non se ne esce più!
In tutto ciò, la Juve con la sua reazione pesta una cacca di mucca, visto che –se conosco il mio presidente- le sue parole di ieri non erano rivolte a Torino. Non che voglia assolvere i gobbi (anzi), ma quando Moratti dice di non voler rivivere esperienze già vissute, non si limita a tirare in ballo banalissimi favori dati alla Juve. Si riferisce a un sistema non solo finalizzato ad avvantaggiare gli amici, ma anche a danneggiare chi a quel cerchio magico non apparteneva. Come a dire che non bastano due partite senza aiuti alla Juve per far sparire il problema, perché il problema c’è e persiste, addirittura indipendentemente dalla Vecchia Signora: così come contro la Juve, per un arbitro, è bene non sbagliare, con l’Inter ogni arbitro –mi vien da dire soprattutto quelli giovani- può dimostrarsi “di personalità”: l’Inter è la classica grande con la quale si può anche sbagliare, perché tanto alla fine non succede niente. Loro tanto piangono sempre e io, arbitro, posso dire di non aver subìto la famosa sudditanza psicologica e di aver avuto le palle per non fischiare un rigore al 90’ a favore della la grande squadra. Se poi il rigore a guardar bene c’era, c’è sempre la poesia dell’errore dell’arbitro che va accettato come quello di un Milito qualsiasi…
WEST HAM
Monday night contro lo Stoke per mantenere una classifica da sogno.