INTER-ATALANTA 3-4
Incredibile (per gli altri) ma vero.
Del resto, nella settimana che ha visto la scomparsa del povero Presidente bergamasco Ruggeri, quale occasione migliore per passare da buoni samaritani, dando il la alle retoriche dediche a chi ci segue da lassù, e al suo intervento provvidenziale nello scacciare la minaccia all’ultimo secondo di partita.
La nostra accozzaglia di gente bollita o mediocre ce la mette tutta per avere ragione degli orobici e, di riffa o di raffa, pare pure riuscirci, finché non si arriva alla frase che funge da titolo (in realtà andrebbe pronunciata con la cadenza italo-elvetica del buon Rezzonico, al minuto 3.35 del seguente link: http://www.youtube.com/watch?v=VgEIo-04GiE) .
Se l’1-0 di Rocchi, nella modalità e per il peso specifico quasi nullo della partita, mi aveva ricordato un dignitosissimo Marco Ferrante in un’Inter-Udinese di più di dieci anni fa, a fine partita la memoria va ancora più indietro: 1997 (credo), ultimo gol di Berti in nerazzurro che ci porta sul 3-1 in casa contro la Samp, con Montella che poi si incazza e ci fa perdere 4-3.
Ieri però c’era la succitata merdina, ultimo bagolino di una stagione disseminata di sterco ovino, sotto forma di rigori non dati da una parte e gentilmente omaggiati dall’altra. Una squadra con mille difficoltà, senza centrocampo, con una tenuta fisica raccapricciante soprattutto nei suoi attaccanti (infortunati 3 su 3 dei teorici titolari, due terzi dei quali spremuti oltre la lecita decenza stante l’insussistenza di alcun piano B), ha già sufficienti difficoltà ad avere ragione di una onesta ma modesta squadra che lotta per la salvezza. E poiché la tenuta mentale è strettamente collegata allo stato fisico generale, ecco che quell’episodio è davvero cruciale, chè riapre una partita in qualche modo messa in sicurezza (doppietta di Alvarez e gol di uno che non segnava da più di un anno… ho detto tutto) e fa saltare definitivamente i nervi a tutti i nostri. Non volerlo vedere, e condannare l’Inter dicendo “va beh ma anche contando il rigore vinceva comunque 3-2” vuol dire non capire nulla di (psicologia applicata al) calcio o, peggio ma più probabile, non voler capire.
Vero che allenatore, calciatori e dirigenza nel dopopartita sono monocordi nel sorvolare sulle proprie colpe e nell’insistere sulla direzione dell’arbitro, ma c’è poco da fare: questo è quel che ti capita quando non conti un cazzo in Serie A, quando hai un nome da grande squadra ma lo stesso spessore di uno zerbino, che chiunque può calpestare sapendo che nulla gli capiterà.
Il riferimento al girone intero trascorso senza avere un rigore a favore è legittimo anche se forse fuorviante (ieri Ranocchia e Rocchi sono stati sodomizzati su un paio di cross, ma purtroppo i nostri occhi sono abituati a ben di peggio); la polemica incredulità per il rigore fischiato all’Atalanta (con Denis che va a battere il calcio d’angolo ignaro del regalino che gli sta arrivando) è invece sacrosanta, ed andrebbe personalmente fatta seguire da azioni concrete: col Cagliari (e perché no, fino a fine stagione visto che ormai non c’è niente da perdere) si schieri la Primavera, iniziando con anni di ritardo quella guerra alle istituzioni che avrebbe dovuto iniziare dopo il 2006 e che si è colpevolmente deciso di non perseguire, con i risultati che vediamo sotto i nostri occhi. Si è a torto pensato di fare buon viso a cattivo gioco, visto che negli anni seguenti si è vinto e si è preferito non provare a “stra-vincere”. Si è pensato che il risultato del campo bastasse ad acquisire credibilità e soprattutto rispetto presso classe arbitrale, Lega e Federazione. Dire 7 anni dopo che “non si crede alla buona fede degli arbitri” è la scoperta dell’acqua calda per quanto mi riguarda, ma soprattutto significa chiudere la stalla quando i buoi sono altro che scappati. Anche perché millemila altre volte abbiamo visto uscite a caldo del Signor Massimo venire annacquate -quando non smentite- nei giorni successivi, preparando il terreno a panzane del tipo “torti e favori alla fine si compensano”. Qui non si compensa un cazzo. Qui si va avanti ad esser presi per il culo: cercare quantomeno di non essere complici di questo sollazzo sarebbe il minimo per una Società che voglia dirsi capace e dotata di intelletto e amor proprio.
LE ALTRE
Riusciamo a buttare l’ennesima occasione, in vista del Derby del Cupolone da giocarsi e stante il pareggio tra cugini e Viola che ci porta a perdere un punto anziché guadagnarne due su entrambi. L’addio al terzo posto pare ufficialmente sancito, anche se non ancora matematicamente certo. E’ giusto così, perché la nostra scarsa qualità non merita di essere premiata aldilà dei nostri meriti. Vederla punita oltre i nostri demeriti è però inaccettabile.
E’ COMPLOTTO
Oltre al sarcasmo con cui vengono prese le dichiarazioni dei nostri nel dopo partita, (Crosetti in primis, che continua a dimenticare che anche prima del 2006 si dicevano le stesse cose), fa specie l’assenza di un bello specchietto riepilogativo dei torti lamentati dall’inter che –sulla fiducia- immagino assai più corposo delle veline di volta in volta sventolate dal Geometra Fester (attendiamo aggiornamento dopo la direzione dadaista di Tagliavento, quella sì negativa in toto e non solo contro una squadra).
Interessante nel frattempo l’evoluzione del fenomeno-Balotelli, a partire dalla “leggerezza” della sigaretta fumata nel cesso del treno e riportata come una sostanziale goliardata dai media italici, con tanto di foto-simpatia di Galliani con cappello da capotreno. Il tutto come degno seguito della foto del trio delle creste sdraiato sui portabagagli solertemente fatto diventare tormentone mediatico sui siti di ogni colore e spessore.
Il nostro ha poi fatto di meglio in campo, prendendosi la classica ammonizione “alla Balotelli” (cioè da minus habens calcistico quale è sempre stato), impedendo di battere un calcio di punizione a metacampo, e poi regalando un “cazzo guardi?” all’arbitro di turno che lo osservava sfancularsi con Viviano a fine partita.
Attendo il solerte Tosel ricordando l’espressione provocatoria e il tono indimidatorio di Guarin e Ranocchia…
In questo contesto ho trovato incredibile, nel vero senso della parola, un articolo di Panorama (anche l’orologio fermo 2 volte al giorno segna l’ora giusta) in cui viene acutamente descritta la parabola mediatica del Bresciano Nero, passato dall’essere il “teppa “ che se le va a cercare e va rieducato, all’orgoglio di una nazione ed esempio per le nuove generazioni. (For further info: http://sport.panorama.it/calcio/Balotelli-Time-razzismo-Milan-nazionale?fb_action_ids=10200874613572452&fb_action_types=og.likes&fb_source=aggregation&fb_aggregation_id=288381481237582)
Il fatto che l’articolo stesso non sia firmato mi fa pensare a imminenti casi di lupara bianca in redazione…
WEST HAM
Punto tripallico ad Anfield Road contro il Liverpool e media inglese rispettata.