TORINO-INTER 3-3
Il Caronte calcistico ci fa fare un giro di tutti i gironi dell’inferno, addirittura deviando verso lidi a lui ignoti (il purgatorio del pareggio e addirittura uno scorcio di paradiso) per poi approdare al mare marroncino di questo pareggio che personalmente accolgo come una sconfitta.
Una partita nata con il solito “riguardo” riservato dalla classe arbitrale alla grande di turno (sentite il vento dell’ironia scompigliarvi i capelli?), proseguita con minchiate difensive in serie, ribaltata a proprio favore in maniera inopinata e infine buttata nel cesso con tanto di catena tirata.
Avendo appreso quasi incredulo della presenza di Palacio in attacco, nonostante la zampa malconcia ed il doppio impegno in Nazionale oltreoceano, mi faccio scivolare addosso le assenze di Campagnaro (tornato sano anche lui ma stiratosi in allenamento ieri) e Alvarez (congedato dal ritiro argentino per curarsi, e puntualmente in tribuna ieri sera). Nemmeno il tempo di prender posto tra i pali che Handanovic vede San Pietro sul secondo palo respingergli il diagonale velenoso di Cerci. Scampato pericolo? Macchè: il nostro due minuti dopo esce a valanga sull’11 granata che tocca la palla quel tanto da essere travolto dal portiere. Rigore ineccepibile per tutti – non per me, spiegherò infra – e soprattutto rosso per il nostro portiere. 86 minuti da giocare in 10, per fortuna ancora sullo 0-0 visto che il nuovo entrato Carrizo bagna il suo esordio con la paratona dagli undici metri.
Proprio quando i nostri danno cenni di risveglio dal coma vigile che li ha visti rientrare in campo, il Toro piazza un’azione talmente rapida e lineare da paralizzare i nostri, probabilmente fermi a contemplare cotanta bellezza. Tal Farnerud segna l’inevitabile primo gol in Serie A con l’Inter, e come vedremo non sarà l’unico nella serata.
Mazzari giustamente sbraita ai suoi “dovete svegliarvi”, ed in mancanza di Alvarezza -in questa stagione nelle vesti del guerriero-coraggioso-che-non-ti-aspetti – è Guarin a suonare la carica. Il ragazzo invero è un po’ stonato, e non è una novità: i due tiri scagliati da 40 metri con due o tre compagni pronti a ricevere il passaggio è la palese conferma del soave venticello che soffia indisturbato tra le sue orecchie. Ciononostante il nostro cerca un paio di volte la giusta imbucata per il compagno a centro area, e soprattutto ha il grande merito di piazzare la rovesciata dell’1-1, spettacolare quanto importante nel mandarci a riposo con un insperato pareggio.
Il secondo tempo è un po’ la gara del chi picchia più forte: loro con l’uomo in più ovviamente spingono forte, inserendo prima Immobile e poi Bellomo. Noi siamo tutti nella nostra metacampo, pronti però a ripartire veloci e incazzati. Il napoletano Immobile, pochi minuti dopo il suo ingresso, sfrutta un tiro di Cerci rimpallato da Ranocchia per piazzare la palla là dove Carrizo non può arrivare e riportare i suoi in vantaggio. Dicesi gol di culo, non “tocco di Cerci per Immobile”, come ho dovuto sentire… La mia serie di improperi non fa però nemmeno in tempo ad esaurirsi che Taider scodella una palla apparentemente innocua in area granata: Padelli non è dello stesso avviso e, forse spaventato dal piedone di Guarin a mezza altezza, fa il frittatone che consente a Palacio di inzuccare in rete il 2-2 con irrisoria facilità.
Mazzarri la vuole vincere, togliendo proprio Taider per Belfodil, messo in fascia per aiutare Palacio. La mossa mi spaventa, ma il neo-entrato corre che è una bellezza, nonostante venga fermato un paio di volte dal guardalinee per “ruzzate” che reagivano a precedenti falli dell’avversario. Poco male, perchè poco dopo metà ripresa il nostro piazza un’accelerazione che mi ha ricordato -non vorrei essere blasfemo- un Gullit al San Paolo di fine anni ’80, lasciando sul posto il proprio avversario e piazzando la boccia a centro area per il Trenza che timbra il 2-3.
Troppo bello per essere vero? Purtroppo sì. Del resto, contrariamente ad altre squadre, è destino non dover raccogliere nulla più di quanto strettamente meritato (il riferimento ad altre squadre uscite con un pareggio rocambolesco dalla trasferta granata è puramente voluto). Così succede che Bellomo, nuovo talentino di Bari Vecchia, disegni al 90′ una parabola nemmeno così beffarda, che però il buon Carrizo battezza fuori,o forse non battezza neanche, limitandosi a vederla morire sotto la traversa sul secondo palo. Ovviamente: primo gol in Serie A per il novello ‘A Cassano e lacrime di gioia alternate a bestemmie in sanscrito, a seconda delle latitudini.
Concludendo: in astratto, ci può stare pareggiare una partita in trasferta avendo giocato quasi 90′ con l’uomo in meno. In concreto: non si può buttare al vento una vittoria prendendo un gol così.
LE ALTRE
La Roma batte anche il Napoli proseguendo il suo percorso netto (8 vittorie su 8 partite) e scavando un piccolo solco tra sè e le inseguitrici (+5 su Juve e Napoli).
Detto del Milan che fa la sua onesta partita e vince, dedico la solita maledizioncina all’Udinese, prona e supina come e più del solito con i diversamente strisciati. I friulani avranno comunque tempo e modo di riprendersi, sfornando l’ennesimo partitone massiccio e incazzato contro i nostri il 3 Novembre prossimo. Uno di questi giorni darò sfogo al mio istinto autistico e complottista, e controllerò i precedenti della Pozzo-Gang contro le tre squadre strisciate negli ultimi anni: non credo incontrerò sorprese né smentite alla mia tesi rancorosa.
Passando a temi decisamente più divertenti, Tevez e Pogba non trovano di meglio che esultare come Batistuta dopo i loro gol a Firenze, dovendo però subire lo splendido rimontone viola negli ultimi 10 minuti. Soave il sonetto che si è alzato dalla città culla del Rinascimento, che suggeriva inesplorate destinazioni per la mitraglietta mimata dai bianconeri. Ancor più bella la faccia di Conte dopo il quarto fischione: mancava solo il fumetto “è agghiaggiande!” .
E’ COMPLOTTO
Rimandando altrove per esempi empirici sul “cordiale benvenuto” dato ai nuovi soci indonesiani (e precisamente qui http://www.repubblica.it/sport/calcio/serie-a/inter/2013/10/15/news/inter_a_thohir_il_giorno_degli_annunci-68622277/) ho assistito in questi giorni a commenti sulla gestione quasi ventennale del Signor Massimo, scorgendo inevitabili chicche quali:
“Ha vinto, nemmeno tantissimo in verità” (S. De Grandis, Sky). 16 trofei, tra cui 5 scudetti e una Champions in 18 anni. Nello stesso lasso di tempo i cugini hanno vinto 4 scudetti e due Champions (e lasciamo perdere il come…), venendo costantemente e diligentemente definiti come “il-grande-Milan”, mentre la Juve in questi 18 anni ha conquistato 1 Champions e 6 scudetti (non conto ovviamente i 2 revocati e calo un velo pietoso su quelli del ’98, 2002 e 2003). Volendo potremmo aggiungere anche il Campionato 2006/2007 in Serie B.
Abbiamo quindi vinto sostanzialmente come le nostre due rivali in questi 18 anni. Non mi pare di aver mai sentito dire che i bianco-rosso-neri “abbiano vinto tanto ma non tantissimo“. Non solo: “Calciopoli ha favorito le vittorie nerazzurre“, senza nemmeno accennare al fatto che le sconfitte degli anni prima fossero -almeno in parte- dovute a quel sistema che Calciopoli ha scoperchiato.
Tutto ciò è niente se paragonato a cantonate quali “L’Inter cedè (sic) Pirlo per Centofanti, mi pare” e “Vieira è stato uno dei più grandi acquisti dell’Inter” (M.Sconcerti, Sky). Levateje er vino…
Tornando alla partita di Torino, curioso il fatto che il nostro portiere si becchi una ginocchiata in testa, e debba uscire sanguinolento ed espulso. Concordo sul fatto che, con le regole attuali, questo sia rigore, ma mi domando -non da oggi- quanto sia giusto permettere ad un attaccante di speculare su un tocco di palla che ha l’unico scopo di farsi abbattere dall’avversario. Proprio per questo, e cioè per il fatto di toccare la palla con quell’unico fine, viene qui a cadere il presupposto per l’espulsione, non palesandosi la “chiara occasione da gol”. Nella fattispecie la palla sarebbe rotolata comunque a fondo campo, senza che Cerci potesse arrivarci e appoggiarla in rete.
Detto quindi che l’arbitro ci ha penalizzato, tocca citare uno dei pochi gobbi non juventini e cioè il “Divino Giulio” quando diceva: “non basta aver ragione, tocca anche avere qualcuno che te la dia”.
E quindi, caro Mazzarri e cara Inter, a dire (male peraltro) queste cose non mandi il balbuziente e vanitoso Branca, che non parla con un giornalista da più di un anno. Mandi il Mister, che lo voglia o no, in modo da non passare mediaticamente dalla parte del torto. Che messaggio è passato dall’intervento del Cigno di Grosseto? Che l’Inter ha dei doveri nei confronti dei media, che si sarebbe potuto parlare tranquillamente della vicenda, che -addirittura!- alcuni giornalisti erano d’accordo con le querimonie nerazzurre. Riusciamo a farci del male anche da soli…
WEST HAM
Severa lezione in casa contro il City: 1-3 e colonna di destra della classifica a ingabbiare i nostri sogni di gloria.