INTER-GENOA 4-0
La bella sensazione della pagina bianca da riempire. L’aria, ancora estiva eppure fresca, che ti accarezza la faccia e ti fa respirare un vento nuovo.
La prima di Campionato assomiglia alle sirene di Ulisse: bellissima da vedere, tentatrice nelle sue mille possibilità, ma da maneggiare con assoluta cautela. Un po’ come a capodanno, questo è periodo di propositi ambiziosi, comunicati in pompa magna e spesso rinfoderati poco dopo nel taschino fidando nella distrazione degli astanti. Tornare a vergare le mie bagatelle informatiche a strisce neroblù mi provoca sensazioni simili, come una vecchia cicatrice che torna a prudere e che quasi inconsapevolmente ti trovi a massaggiare di continuo.
Via quindi: insieme al pubblico di San Siro anche queste pagine riprendono vita, nella speranza di divertire me stesso in primis – non ho mai fatto mistero della autoreferenzialità di questo blog – e magari qualcun altro.
Il match
La sintesi estrema, anche se poco raffinata, è che gli abbiamo fatto un buciodiculo così.
Inzaghi sceglie Dzeko unica punta più per mancanza di alternative che per reale convinzione, alternando Sensi, Calhanoglu e Perisic a supporto. Se a questo aggiungiamo che lo stesso bosniaco tende a uscire spesso dall’area di rigore per fraseggiare coi compagni, siamo in una di quelle situazioni che personalmente accrescono la mia percentuale di sacramenti, all’insegna del “a questo gioco qui bisogna tirare in porta!” solitamente seguito da un rafforzativo volgare a piacere.
Le cose per fortuna si mettono bene fin dall’inizio, con il turco ex Milan che pennella un cross bello quanto banale – leggasi: forte, teso a rientrare poco oltre il dischetto del rigore – che Skriniar capoccia in rete dopo appena cinque minuti di partita. Strada in discesa e largo alla fantasia lì davanti. Il raddoppio arriva poco dopo con un bel destro dal limite del nuovo numero 20, preceduto e seguito da una manciata di altre occasioni dei nostri.
Piccola nota polemica e rancorosa: devo essermi perso i commenti del tipo “Da caso irrisolto al Milan a campione nell’Inter!”
Il Genoa è – almeno in questa prima versione – poca cosa, e nemmeno la coppia Pandev-Kallon crea grossi problemi. Il giovane africano non può non suscitare la mia personale simpatia visto il Paese di provenienza, che per fortuna non viene macchiata dal gol all’esordio che l’avrebbe resa più indigesta.
Tatticamente, Ballardini continua a difendere a tre, o meglio a cinque, nonostante l’area genoana sia poco popolata, visto il continuo entra-ed-esci di Dzeko che non dà punti di riferimento. La cosa non può che farci piacere e agevolare la manovra dei nostri, che arrivano pressoché indisturbati alla trequarti avversaria.
La ripresa vede qualche cambio nei liguri che però non alterano la solfa della partita: ci sono solo una decina di minuti nei quali i nostri sembrano accontentarsi del doppio vantaggio e che solleticano la mia pazienza. Ma è roba minima, chè Inzaghi inizia a sbraitare dalla panchina e i ragazzi rimettono il muso sul libro e vanno avanti con la lezione. I cambi danno linfa a qualche titolare in riserva e portano al gol di Vidal, dopo geniale assist di tacco di Barella. Nel finale, sempre il cileno pennella un bel cross su cui anche Dzeko si iscrive a referto.
Commento tènnico
Bene, bravi, bis.
Ribadita la pochezza dell’avversario e con tutte le attenuanti della prima di Campionato, mi pare di poter dire (cit. Pizzuliana) che la spina è ben inserita e la corrente arriva senza sbalzi. La cosa che mi è piaciuta di più è stata proprio la costanza, il non accontentarsi, il gestire la partita cercando di trovare altri goals. E questo non perché improvvisamente sia diventato amante del bel giuoco. Se sei in vantaggio e tieni palla, vinci la partita. E siccome non siamo ancora – e forse non lo saremo mai – la squadra capace di fare torello per mezz’ora e addormentare la partita, tanto meglio approfittare dei cinque cambi e continuare a schisciare il piede sull’acceleratore.
Finché ce n’hai, stai lì.
Detto questo, mi dichiaro colpevole in anticipo e non mi accoderò ai peana per Edin Dzeko. Gusto personale, niente di specifico contro il calciatore, che è molto bravo e, con le dovute differenze e senza voler essere blasfemo, come tipologia di attaccante può essere accostato a Van Basten: pennellone, forte fisicamente, molto intelligente e sempre pronto a dialogare coi compagni. Detto ciò, l’olandese rimane di due o tre categorie superiori e quindi dimenticate il paragone azzardato. Mi serviva solo per far capire che non lo sto paragonando a Petagna o Pennellone Silenzi.
E’ un gran giocatore, ma segna poco, aldilà della fredda contabilità che gli assegna 200 gol (in più di 500 partite). Nei sei Campionati giocati alla Roma ha avuto una stagione della Madonna in cui ha fatto 29 gol, ma in tre degli altri cinque non è arrivato in doppia cifra.
Certo, grazie a lui in tanti hanno segnato tanti gol perché è molto bravo a far segnare gli altri ma, come dire, il mio gusto personale preferisce un numero 9 bello ignorante, che prima segna e poi pensa a come servire il compagno. Tra lui e Lukaku, anche se avessero la stessa età, non c’è paragone per me. Dico di più: se devo scegliere, tra lui e Icardi, prendo sempre l’argentino.
Però Lukaku non c’è più, Icardi da mo’ che se n’è andato, Dzeko l’Inter lo cercava da anni, e alla fine è arrivato. Viva Dzeko, quindi. Spero che la decina di gol in meno di quelli a cui ci aveva abituato il belga, e prima di lui l’argentino, possano essere distribuiti tra Martinez e gli altri compagni d’attacco, in modo che il risultato finale non cambi.
E’ Complotto
Attenzione perché qui il ragionamento è sottile.
Nei commenti alla partita troverete tanti paragoni tra la prima Inter di Conte e la prima di Inzaghi, fatto inevitabile dovendo riempire pagine di giornale. Prevedibile che gli applausi siano tutti per lo Spiazel One e per la sua manovra più ariosa e meno essenziale rispetto a quella del tecnico salentino.
Dico “prevedibile” non perché il giudizio tecnico sia corretto, ma semplicemente perché così si comporta la stampa con l’Inter: se c’è da lodare qualcuno, è sempre quello meno “organico” al mondo Inter. Il nuovo arrivato, giocatore o Mister, è sempre quello che può portare novità e miglioramenti in un sistema fallato per definizione.
Altre volte ho fatto cenno ad una sorta di luna di miele di cui beneficia il nuovo allenatore dell’Inter, chiunque esso sia, per il solo fatto di arrivare da altre realtà ed essere in un certo senso “immacolato”. Dategli qualche partita e anche Inzaghi diventerà l’allenatore che privilegia il risultato allo spettacolo, che non fa divertire il pubblico, che si aggrappa a Dzeko per vincere le partite.
La mia previsione – faziosa, paranoica e con altre qualità che lascio a voi definire – è che contemporaneamente monterà la corrente revanchista e nostalgica di Conte, all’insegna del “va beh, ma se deve giocare male tanto valeva tenere Conte che almeno il Campionato l’ha vinto“.
Una hit estiva di fine anni ’80 si intitolava “Sit and Wait“. è quel che faremo noi, inflessibili censori di ogni commento inopportuno sui nostri eroi in braghette.
Bentornati! (a loro e a voi)
