VERONA-INTER 3-3
Un amico di famiglia, rimandato a Settembre con tre materie -uno dei nostri, insomma- si era presentato davanti ai professori nel giorno degli esami apostrofandoli con una frase passata alla storia:
“Io ho studiato tutta l’estate: vediamo di non fare scherzi…”
Traslando la storia di quei vent’anni ed arrivando quindi ai giorni nostri, ieri mi sono sorbito una giornata tra neve, nebbia, vento e sci, cosa che non facevo dallo scorso millennio e che -ho scoperto- non mi mancava per nulla.
Uscendo di casa e andando incontro a questo popo’ di divertimento, ho alzato gli occhi al cielo parafrasando l’amico di cui sopra e facendo notare il sacrificio a cui mi stavo sottoponendo, sperando di ricevere una qualche forma di ricompensa.
Non avevo bisogno di ulteriori conferme del mio migliorabile feeling con le nostre divinità, e infatti le mie implicite preghiere sono state coerentemente inascoltate.
Del resto, ricordo ancor oggi il principale motivo per cui abbandonai dopo poche settimane la frequentazione dell’oratorio che, a inizio anni ’80, era stato aperto a pochi passi da casa.
Più ancora dell’incomprensibile divieto di giocare a calcio durante il momento di preghiera, quel che pose fine a una potenziale carriera da chierichetto fu la inopinata sconfitta casalinga dei nerazzurri con un Cagliari tutt’altro che irresistibile proprio in concomitanza con una domenica pomeriggio passata tra preti, suore e tiri in porta.
Da ‘ste parti, quindi, non funziona il do ut des in salsa calcistica, della serie “io faccio questo ma Tu fai vincere l’Inter”.
Volendo vedere il lato positivo, mi sono risparmiato le dormite delle nostre belle statuine sui tre gol da calcio da fermo segnati dal peggior attacco del campionato, con l’ulteriore e paradossale beffa di poter fare i fighi e rivendicare con orgoglio “oh, tre gol di testa e nessuno segnato da Toni o Pazzini“.
Leggo di una squadra ancora apparecchiata secondo il suggerito 4-3-3, pur con il decerebrato Melo come perno di centrocampo. È curioso quanto tutti si stupiscano dell’instabilità mentale del brasiliano, di come abbia una sorta di calamita nell’attrarre cartellini che forse ad altri sarebbero perdonati, della sostanziale pericolosità per i compagni nell’averlo in squadra.
Non voglio farmi bello e grosso per averlo ripetuto fin dall’estate: mi pare anzi un concetto abbastanza semplice da desumere, visti i trascorsi del giocatore e la maglia che si apprestava ad indossare.
Leggere che, nel mercato di Gennaio, il prescelto fosse stato individuato in Biglia, mi fa masticare amaro e arrivare alle inevitabili conclusioni di squadra sfigata, sempre al posto giusto ma nel momento sbagliato: la squadra simpatttica, insomma…
Apparentemente, la ripresa con Perisic al posto del brasiliano psicopatico vede i nostri recuperare parte del danno creato, lasciando di contro l’amaro in bocca per le occasioni sbagliate sotto porta –quoque tu Palacie!– e per l’ennesimo portiere che con noi fa le uova (ditemi voi chi, parenti esclusi, avesse sentito parlare di tal Gollini, eroe di giornata tanto quanto i terribili arieti scaligeri).
Non avendola vista non posso distribuire insulti o carezze (tanti i primi, poche le seconde mi pare di capire); resta una media punti raccapricciante e l’incombente scontro per il terzo posto di domenca prossima a Firenze, al quale arriviamo col morale sotto i tacchi.
LE ALTRE
Non che ad altre latitudini si stia meglio: Viola e Milan pareggiano contro le rispettive non irresistibili avversarie (Bologna e Udinese), mentre la Roma ne approfitta battendo la Samp con quache brivido nel finale. Ormai scontate le vittorie di Juve e Napoli che si affronteranno nel prossimo turno.
È COMPLOTTO
Non ci siamo, Mancio, non ci siamo. Avevamo ancora nelle orecchie il lamento dei gol che avresti segnato anche a 50 anni (e non avevamo bisogno di queste recenti dimostrazioni per sapere che dicevi la verità) ed eccoti di nuovo a parlare di difensori che dormono e che alla fine mica è colpa tua se vanno in campo col cuscino dietro la testa.
Qui non è questione di dire o no la verità. Qui sta, a mio parere, l’essenza di un allenatore, o meglio ancora di un gestore di uomini. Tu, caro coach, nel chiuso dello spogliatoio puoi lasciarti andare ad esecuzioni sommarie e punizioni di massa, ma all’esterno l’ultima cosa che devi fare è dare l’impressione di una frattura nel gruppo.
Ancor di più, aggiungo, se quel gruppo ha la maglia a righe nere e blu.
Perché, a far così, il primo risultato che ottieni è avere una pletora di pennivendoli che raglia all’unisono: “Visto? È lui il primo a non credere nei suoi uomini! È crisi! È spogliatoio spaccato! Morirete tutti!” sindacando sulla formazione schierata, sui cambi e perfino sui giorni di riposo accordati alla squadra.
WEST HAM
Inciampiamo in una brutta sconfitta a Southampton, allenato dall’odioso Ronald Koeman, ma restiamo comunque sesti a un passo dal Man Utd.

Lui almeno il suo lo sta facendo…