INTER-ATALANTA 7-1
Un bel godimento, non c’è che dire.
In primis nel vedere la tua squadra giocare bene in tutti i suoi effettivi, segnare in tanti modi diversi e dare la sensazione di una solidità crescente.
Ma anche nel vedere le tante penne che sbrodolavano le pur giuste lodi sull’Atalanta di Gasperini, animato da sete di vendetta come prima di ogni confronto con l’Inter e mestamente tornato a casa con una scoppola memorabile.
Parto da qui, per precisare che il “71” del titolo, che solo ai più distratti non è di immediata comprensione, non è riferito al Mister di Grugliasco. Sono forse influenzato dalla bella intervista di Paolo Condò in onda in questi giorni su Sky, ma sentendolo parlare ho capito che -e mi costa dirlo- c’aveva ragione lui. Sbagliò l’Inter, cioè il Signor Massimo, a ingaggiare un allenatore che non c’entrava niente col progetto -pur plausibile- del Presidente Simpatttico di spremere ancora gli usurati campioni del Triplete. Utilizzando la delicata metafora della Curva Nord in un immortale striscione del tempo:
“Comprare Gasperini e volere la difesa a quattro è come andare a mignotte e chiedere le coccole“
Ma torniamo ai giorni nostri. Paradossalmente la partita comincia con qualche pericolo, visto che le due squadre danno l’impressione di due pugili che dal primo gong fanno a chi picchia più forte.
Per nostra fortuna abbiamo un giocatore che si chiama Mauro Icardi e che in un quarto d’ora chiude quasi da solo la partita. E’ vero che i primi due gol sono rispettivamente frutto di un rimpallo e di un rigore, ma analizziamo le azioni: sulla prima lancio illuminante e millimetrico di Medel (lo riscrivo per i duri di comprendonio: lancio illuminante e millimetrico di Medel), sul quale il Capitano si invola verso la porta. Viene tamponato al limite dell’area con conseguente giallo che avrebbe potuto (e dovuto) essere rosso: nemmeno il tempo di finire il carniere di moccoli e Banega tira una mezza fetecchia che in qualche modo arriva sul sinistro di Maurito che da pochi metri non sbaglia.
Probabilmente la cosa più bella della partita avviene subito dopo, con l’autore del gol, il twittatore seriale, quello che cambia più macchine che mutande, il viziato con la villa con piscina, quello sposato con la biondazza dalle tette rifatte, quello lì insomma, che va a cercare in panchina il compagno Andreolli a cui in settimana è mancato il papà. Un gesto semplice e spontaneo, lontano mille miglia dalle magliette celebrative e dalle atmosfere mielose di Milanello Bianco.
Sul secondo gol, il modo in cui difende la palla facendola scorrere all’indietro e bruciando sullo scatto sia il terzino che il portiere -che non può far altro che tamponarlo in uscita- è da manuale del centravanti moderno.
Un po’ meno il successivo cucchiaio, che rimane alto nella sua traiettoria finendo in rete giusto un filo sotto la traversa e facendomi “smaltire” il pranzo in poco meno di due secondi.
Il terno secco si chiude con un bellissimo stacco di testa su cross di Banega, gol abbastanza simile a quello della seconda di campionato contro il Palermo.
L’Atalanta comprensibilmente non ci capisce una mazza, e i nostri possono imperversare con Candreva che riesce finalmente ad abbinare quantità di cross (mai mancata) a qualità e precisione degli stessi: Banega ringrazia e può firmare il 4 e il 5-0 poco dopo la mezzora.
Siccome sono un incontentabile -ancorchè simpatico- rompicoglioni, arrivo quasi ad arrabbiarmi per il 5-1 di Freuler, e per due motivi. Il primo è che conosco i miei polli e temo un rilassamento generale sotto forma di 5-3 finale, con mugugni e scrollamenti di testa all’insegna del “non cambiano mai ‘sti maledetti, mai tranquilli“. Il secondo motivo è che Medel sbaglia in modo goffo ed evidente la chiusura sull’atalantino, abboccando alla mezza finta e finendo chiappe a terra, e già pregusto il saporaccio dei detrattori del cileno. Se a ciò aggiungiamo che il gol arriva poco prima del recupero, ce n’è abbastanza per farmi vedere nero.
Invece -che bello- sono smentito da Pioli e dal suo gruppo di mestieranti, che sostanzialmente riprendono da dove avevano finito, continuando a correre e macinare gioco, consci probabilmente che è l’unica maniera per tenere la partita sotto formalina e non far venire strani pensieri ad un avversario che, a dir la verità, sta già pensando alla prossima.
Riusciamo quindi a far segnare l’inevitabile gol dell’ex a Gagliardini e a chiudere il conto ancora con Banega, che nelle mie profezie da tènnico non doveva giocare perché quelli là corrono come degli indemoniati e lui è lento e non la beccherà mai in 90 minuti…
Ma sono contento. Del resto sono quello che vent’anni fa ha urlato a Djorkaeff “machecazzofai!?!?” un decimo prima di vedergli fare quella rovesciata contro la Roma: il signore sì che se ne intende, insomma…
LE ALTRE
Che dobbiamo dire? Partitone, ai limiti dell’incredibile, anche se da solo non basta a farci recuperare punti su Roma e Napoli.
Su Juve Milan non posso che fare un’apposita seziuncella a parte, mentre la Lazio mentre scrivo raggiunge il 3-1 contro quel Toro a cui renderemo visita sabato prossimo.
La Champions resta lontana, possiamo solo vincerle tutte (che non è poco!) e sperare in sfighe altrui. Resta la consapevolezza di una proprietà che sta proseguendo e migliorando il risanamento dei conti e che a Giugno avrà sostanzialmente mano libera sul mercato. Insomma, dopo tanti anni, e complice la già ricordata riforma della Champions, possiamo dire con una certa sicumera che se non è quest’anno sarà l’anno prossimo.
LA PARTITA DEL MALE
Devo dire la verità: mi sono addormentato durante il secondo tempo. Non perchè la partita fosse brutta, no. Ero proprio stracco morto. Ho comunque fatto in tempo a vedere una Juve palesemente più forte eppure incapace di segnare vuoi per demeriti propri vuoi per alcune (alcune, non tutte, chè al ragazzo gli è pure andata bene) ottime parate di Donnarumma.
Anzi, con il proverbiale culo i cugini sono andati addirittura vicini al colpaccio grazie a un paio di contropiede beffardi (vedi Deulofeu che non riesce a approfittare dello sciagurato retro passaggio di Benatia a Buffon).
Ma proprio quando la palpebra era definitivamente calata sono stato ridestato dall’ennesimo singulto di Compagnoni “parata sssstrepitosa di Donnarumma“, seguito dal rigore più servile che io ricordi negli ultimi anni.
La prendo da lontano: già la designazione di Massa, dopo l’errore dell’andata che aveva penalizzato la Juve -assolutamente meno grave e più difficile da vedere- a mio parere aveva un sapore strano, come a dire “dài, ti diamo l’occasione per rimettere le cose a posto“. E difatti qualcuno dice, e mi piace pensare che sia così, che il rigore lo fischi lui su propria decisione, e non su indicazione dell’assistenza di porta.
Quel che accade dopo mi coglie impreparato, perchè non posso non stare dalla parte dei cugini, defraudati di un punto che poco avrebbe cambiato al loro campionato ma che era comunque più che legittimo. Che la Juve abbia giocato meglio è tanto evidente quanto irrilevante, essendo la storia del calcio piena di partite dominate da una squadra epperò finite con punteggio diverso.
Solo chi è in malafede (Massimo Mauro, tanto per dirne uno) o è abbarbicato al proprio credo integralista (Arrigo Sacchi, tanto per dirne un altro, e per di più contro il “suo” Milan) può propugnare cagate del tipo “il rigore non c’era ma la Juve meritava comunque di vincere“.
Epperò, vedo distintamente Donnarumma (che non chiamerò mai Gigio come la pletora di serve che commenta il Milan) urlare alla curva bianconera “siete delle merde“, con il succitato esercito di pennivendoli a non riportare il fatto, ma a limitarsi a raccontare il romantico bacio sullo stemma rossonero del giovane portiere.
Del resto, lo sappiamo, loro sono la Squadra dell’Amore, ontologicamente incapaci di arrabbiarsi e fare polemica. Ecco quindi Montella e Galliani arrabbiarsi con Bacca che -giustamente- vuol dirne quattro agli arbitri. Ecco di nuovo Montella fare il primo della classe e scusarsi per il parapiglia di fine partita che non fa bene al calcio. Ecco soprattutto l’assordante silenzio della Società nel non commentare i danni causati dai propri tesserati allo spogliatoio bianconero.
Ora, io dico, chiedendo perdono per la ripetizione di un concetto che ho già espresso tante volte: una Società che ha patteggiato la Serie B con penalizzazione, perchè conscia di rischiare decisamente di più, in pochi anni fa damnatio memoriae dei misfatti commessi e arriva al picco di protervia e cattivo gusto di far bella mostra della propria refurtiva (come altro chiamare i due scudetti revocati?) nello spogliatoio in cui ospita tutte le proprie avversarie.
Pure essendo io contro la violenza, sia essa contro persone o cose, ho trovato comprensibilissima la reazione dei calciatori del Milan, che paiono essersi accaniti proprio contro quei vessilli farlocchi. Se fossi tifoso rossonero -che Dio me ne scampi- avrei voluto che il mio club dicesse qualcosa a riguardo, e la smettesse di fare ciccìbubbùgnegné con quelli là (mi scuso per il gergo tecnico), che finalmente prendesse posizione di “alterità” rispetto a quel modo di essere e di fare.
Una delle pagine di cui sono più fiero, da interista, è il comunicato con cui l’Inter in piena gestione Thohir fece uscire il famoso comunicato in cui definiva la Juve “retrocessa insieme alla sua reputazione“. Ritengo che le capacità comunicative di Mediaset non avrebbero avuto problemi a partorire qualcosa di simile, senza ovviamente arrivare a giustificare atti di vandalismo dei propri tesserati, ma ponendo comunque un punto fermo e non negoziabile su quanto successo.
E invece, ancora una volta, si sono dimostrati non così lontani da quelli là.
Capito adesso a chi era riferito il 71 del titolo?
WEST HAM
Brutta e evitabilissima sconfitta esterna contro i carneadi del Bournemouth, che certifica la cristallizzazione di quella via di mezzo in cui gli Hammers paiono incastrati da qualche anno. Si cerca di fare il salto verso le grandi, ma ci si muove a gambero: un passo avanti, due indietro. Uottaffacc…