PERFECT TIMING

FROSINONE-INTER 0-1

Non c’è che dire, i nostri amatissimi ci godono proprio a prenderci per il culo.

Quando ormai non conta più un cazzo, ecco qui puntualissima la vittoria frutto del culo più che del cuore, che vien buona solo per assestarsi al quarto posto (“dignitoso” solo per tua sorella, noi siamo l’Inter!) e rimpiangere quella quindicina di punti buttati nel cesso nei primi mesi di questo 2016 causa insipienza o sbadataggine.

In un certo senso riusciamo ad essere sfigati anche quando la sorte ci riserva le sue attenzioni, sotto forma di tre-legni-tre che i ciociari colpiscono prima e dopo lo splendido gol di Icardi, puntuale anche lui a capitalizzare la solita unica occasione capitatagli.

Andando con ordine, i nostri partono con i redivivi Melo e Jovetic al posto di Medel e Ljajc, con Biabiany sulla destra al posto di Eder. Il francese ha l’occasione d’oro ma spreca malamente l’ottima imbucata di Jojo, mentre poco dopo il suo tiro-cross è troppo forte per l’arrivo in scivolata di Perisic, che stava per timbrare l’ennesimo gol basato sullo stesso copione (palla lunga dall’altra fascia e piattone sinistro sul palo lungo).

I primi venti minuti non sono male, anche se qualche Santo viene giù nel vedere il guardalinee Preti (sempre quello di Juve-Inter 2012, chi ha buona memoria non dimentica) segnalare un fuorigioco inesistente di Jovetic che avrebbe spalancato la porta a Biabiany.

Forse compiaciuti di tutto ciò, piano piano i nostri affievoliscono la loro pressione, lasciando campo ai locali che, se nel primo tempo si limitano a un paio di tiri facili, nella ripresa iniziano con ben altro piglio trovando i nostri alquanto sorpresi.

Il Mancio ha un bel dire che i primi due pali sono frutto di un contropiede e di un calcio di punizione: sempre pali sono, e su entrambi ho sudato freddo.

Anzi, non è nemmeno vero: dopo il primo ho aspettato di vedere la palla carambolare in rete (San Palo Interno, invece, la dirigeva lemme lemme oltre la zona rossa); dopo il secondo invece, ho pensato “una squadra come si deve, dopo ‘sta botta di culo, la va a vincere“.

Per una volta è stato quindi premiato il mio insolito l’ottimismo stile Scarpini… per quel che conta! Mauro come detto timbrava il cinquantesimo centro il 100 presenze, dopo che Jovetic aveva tentato un paio di destri dal limite che almeno facevano muovere la casella “tiri in (o verso la) porta“.

La gestione del micro vantaggio è stata la classica via di mezzo tra il cinico controllo di inizio stagione e il caghiamoci sotto visto nel 2016: il Frosinone, è vero, colpisce un terzo legno con Ciofani, ma rispetto ad altre occasioni concediamo meno.

Ecco quindi che, giunti al terzo abbonante dei quattro minuti di recupero, con la palla tra i piedi apparentemente saldi dei nostri eroi in mutande, i residui del fideismo scarpiniano di cui sopra mi fanno dire “dai che è andata!“. Da quel momento riusciamo nell’ordine a perdere banalmente palla (addirittura con Brozo e Palacio, mi pare…), concedere l’immancabile mischione nella nostra area, e e ribadire il concetto con Biabiany: il ragazzo, a cui il padre eterno ha dato una velocità da centometrista e poco altro, anzichè abbassare la testa e pedalare verso la porta avversaria, regala una palletta stupida a cavallo di centrocampo, che mi fa esaurire il bonus-Madonne appena prima del fischio finale.

Non ci sono molte analisi filosofiche da fare: come detto in apertura, giochiamo nè meglio nè peggio che nelle ultime partite, ma talvolta dice bene perfino a noi. Certo da qui a poter aspirare al terzo posto servirebbe un tipo ancor più ottimista di quello che va a mangiare le ostriche sperando di pagare il conto con la perla che troverà nel piatto.

Sto finendo di scrivere con il Bologna in vantaggio a Roma, ma rientro nei panni realistici che mi competono per affermare che financo una inopinata sconfitta dei lupacchiotti contro i rossoblù lascerebbe i nostri a cinque punti di svantaggio, dovendo oltretutto ospitare il Napoli sabato prossimo.

LE ALTRE

La Juve batte un buon Milan in rimonta, vanificando le gufate di mezza Italia (me compreso: per la prima volta in vita mia ero arrivato ad augurarmi qualcosa che somigliasse ad una vittoria del MIlan) e sterilizzando gli effetti della prevedibile vittoria napoletana contro l’Hellas.

La Fiorentina dimostra (a chi lo voglia capire, chiaro) quanto il bel giUoco fine a se stesso sia inutile e dannoso, tanto quanto il peccato mortale dell’affidarsi alle prodezze dei singoli anzichè affidarsi a un gioco ragionato.

I Viola con Paulo Sousa stanno continuando le stagioni di Montella, velleitario e inconcludente nei suoi ghirigori sulla trequarti (tranne contro di noi, ovvio, chè contro l’Inter son tutti fenomeni!). Così facendo perdono a Empoli, concedendoci per ora il quarto posto solitario a due lunghezze di distanza,

E’ COMPLOTTO

Settimana ad ampio raggio, con tanti argomenti apparentemente slegati tra loro, epperò accomunati dalla solita benevolenza verso i nostri colori.

Come di dice in questi casi, andiamo con ordine.

Pur senza più Fabio Monti, valvassore morattiano della prima e dell’ultima ora, il Corriere della Sera continua la celebrazione (postuma, s’intende) della presidenza Moratti.

Criticato come e più di quanto meritasse ai tempi della sua guida, ora il Signor Massimo e l’allora dirigenza, emanazione della di lui simpatttìa, vengono rimpianti da più parti, arrivando a falsi storici quali la millantata solidità del Club a far da sponda all’allenatore, la presenza della Società nel gestire le crisi e compagnia bella.

Ringraziato il figlio di Angelo per i 18 anni di Presidenza (questo quel che pensavo e ancora penso del quasi ventennio morattiano), aggiungo solo che lo stesso monarca illuminato è passato alla storia per esoneri di allenatori secondi solo a quelli di Zamparini, e a casi e crisi di spogliatoio non gestiti nella maniera più assoluta.

Però, dice il Corriere, “ Quando Mancini ha sbandato la società non c’era, non l’ha aiutato nella gestione dei giocatori e delle crisi che si sono ripetute con frequenza da Natale in poi“.

Prima invece…

Spostandoci dalle beghe di cortile alla cronaca giudiziaria internazionale – nella fattispecie i Panama Papers, si tenta di far di tutta un’erba un fascio, sbiascicando di sfuggita e a mezza voce nomi e cognomi di persone espressamente citate nell’inchiesta (Clarence Seedorf e Luca Cordero di Montezemolo), e sparando invece ai quattro venti non meglio precisati “proprietari attuali o del passato dell’Inter“.

Tempo pochi giorni e si scopre che, al solito, l’Inter non c’entra nulla, e , casomai, il nome implicato è quello del fratello di Thohir. Però intanto per due giorni abbiamo avuto uno strano rimbombo nelle orecchie che risuonava come “Panama-Inter”.

C’è da dire che rispetto alla settimana precedente ci è andata meglio: lì eravamo praticamente a capo di Daesh: la solita Pazza Inter, insomma…

Ai tempi si sarebbe concluso con l’immortale #morattispieghi.

Infine, non sprecherò altri KB per aggiungere la mia opinione sulle ultime mirabolanti avventure della nostra classe arbitrale alle prese con la capoclassifica: leggete qui, dove al solito Settore vi dice quel che penso meglio di come potrei farlo io.

CHI MANGIA DUE POLLI E CHI NESSUNO: LA STATISTICA DE STOCA

Restringendo la visuale alle nostre trascurabili sventure, è curioso che la Gazzetta si soffermi sui tanti (troppi?) cartellini rossi comminati all’Inter: nel pezzo si mette dentro un po’ di tutto, dalle ingenuità ai falli cattivi, alle sviste arbitrali, ed è giusto che sia così essendo un pezzo “panoramico”. Scrivere però una frase come “da squadra che a novembre faceva meno falli in assoluto di tutto il campionato, alla seconda con più cartellini in A” vuol dire fare disinformazione, caro Matteo Dalla Vite.

La sproporzione potrà non essere evidente come a fine Novembre (quando ce la giocavamo bene anche come cartellini gialli), ma i numeri continuano a parlare di una notevole sproporzione nel rapporto falli/espulsioni. Siamo penultimi nella classifica dei falli commessi (solo il Napoli ne ha fatti di meno), siamo invece secondi per numero di espulsioni ricevute.

E, per quanto il numero di ammonizioni sia analogo alle altre grandi  (a parte il vrtuoso Napoli, coerente con il basso numero di falli fatti), ai nostri continuano a bastare 5,8 falli per essere ammoniti, contro i 6,6 delle nostre rivali.

Morale: non è cambiato un cazzo.

La frasetta copincollata è tendenziosa e sembra voler dire che adesso l’Inter picchia come un fabbro ferraio, invece all’inizio se ne stava buona buona.

Un par de cojoni!

ALEGHER ALEGHER, CHE IL ….

Alex Frosio, sulla Gazza di venerdì, verga un pezzo che sottoscrivo quasi al 100%, lodando le doti di Allegri, sapiente gestore di uomini e schemi e capace di alternare schemi e moduli a seconda della circostanza, addirittura nell’arco degli stessi 90 minuti.

Tutto bene, tutto giusto. Forse un tantino agiografico quando dice che i cambiamenti del Mister livornese nell’ultimo anno di Milan, chiuso a metà stagione con un esonero, “vengono presi per confusione. Sono invece i prodromi del lavoro allegriano alla Juve“.

Eccola, la malafede pur all’interno di un pezzo condivisibile: due soggetti (Mancini e Allegri, nella fattispecie) si comportano in maniera identica (e cioè cambiando spesso uomini e moduli), ottenendo però risultati opposti. Mi pare di tutta evidenza che la differenza tra i due potrà risiedere in tanti elementi (uomini a disposizione, innanzitutto) ma non nell’identica scelta di voler cambiare tanto e spesso.

La stessa scelta, in altre parole, non può essere considerata un pregio o un difetto a seconda del colore della maglia, a meno di non voler mettere in dubbio la buona fede di chi porta avanti questo ragionamento. Ragionando per assurdo, s’intende!

WEST HAM

I martelli sfiorano la partita epica per definizione, pareggiando in casa contro l’Arsenal dopo essere stati sotto 2-0 già dopo mezz’ora.

Carroll ribalta la situazione prima dell’intervallo e addirittura mette il triplone a inizio ripresa, prima che i Gunners mettano la parola fine a questa divertentissima giostra e fissando il punteggio sul 3-3 finale.

Peccato perchè il City vince, mentre lo Utd perde, lasciando impregiudicate le chances europee.

Chissà quanti ne farebbe in una squadra seria...

Chissà quanti ne farebbe in una squadra seria…

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